Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: Saku90    20/09/2017    1 recensioni
Tratto dal prologo
Avevamo sconfitto Kaguya. Quindi penso sia comprensibile pensare di aver finalmente eliminato ogni minaccia e di poter sperare di godersi almeno mezzo secolo di pace, no?
Purtroppo non avevamo fatto i conti con quello che viene definito il terzo fattore, un fattore imprevedibile, e per questo spiazzante e catastrofico come non mai.
Sapete già di chi parlo, perché per quanto la sua dichiarazione di voler difendere Konoha abbia in parte acquietato le nostre paure, non aveva ingannato i nostri cuori.
[...] A un certo punto l’atmosfera si fece più tesa. Le intenzioni di entrambi si consolidarono nella volontà di concludere quello scontro. Entrambi erano pronti a sferrare il colpo decisivo, e proprio come quel giorno, di un sacco di anni fa sul tetto dell’ospedale, corsi a frappormi tra loro.
Posso ancora ricordare perfettamente la faccia sconvolta di Naruto, e lo sguardo determinato di Sasuke, disposto a trapassare il mio corpo pur di uccidere il suo migliore amico.
Vi starete giustamente chiedendo: cosa accadde? Da chi fui salvata?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden, Dopo la serie
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sasuke

Non appena mi resi conto di trovarmi ancora nel corpo di Sakura un brivido di terrore mi percorse la schiena.
Ero imprigionato nel suo corpo.
Cosa sarebbe accaduto quando lei sarebbe morta?
Poi realizzai: lei morirà per mano mia.
Non riuscivo a ragionare in quel miscuglio di passato, presente e futuro.
Volevo solo ritornare alla mia vita.
«Buongiorno», mi disse una calda e cortese voce, distogliendomi dai mei dilemmi.
Mi voltai verso la porta, e vidi Sai, con in mano una tazza fumante.
Rimasi in assoluto silenzio, non sapendo in quali rapporti fosse la rosa con quello lì.
«Non mi guardare così, Sakura. Ecco, ti ho portato la tua tazza di tè, senza la quale non riesci a carburare».
Tirai un sospiro di sollievo nell’appurare che non avesse usato il diminutivo che era solito usare Naruto, ma non appena il mio cervello elaborò il resto della frase, mille sospetti si fecero avanti, infestando la mia già labile mente come uno stormo di pipistrelli in fuga.
Come faceva a sapere che senza la tazza di tè non carburava?
«Perché mi guardi in quel modo sospettoso? Non l’ho mica avvelenato!».
«Sakura-chan! Guarda cosa ti ho portato per colazione! Anpan appena sfornati! Me li ha regalati quella gentile vecchietta di ieri sera…».
Non appena Naruto ebbe nominato la vecchietta mi si accese una lampadina: lei aveva tagliato il filo, quindi avrebbe saputo sicuramente riportare tutto alla normalità.
Smisi di ascoltare il cicaleccio di Naruto, e uscii di corsa alla ricerca della vecchietta.
Non appena la vidi l’afferrai bruscamente per una spalla e la tirai all’interno di un vicolo, per parlare senza correre il rischio di essere interrotti dal baka.
«Ahi! Che modi!», esclamò.
«Devi rimettere tutto a posto», le ordinai.
«Di grazia, cosa dovrei rimettere a posto?».
«Voglio ritornare nel mio corpo».
«Non ti piace il corpo della tua amica?»
«Non è mia amica!», ringhiai.
«No? Apri gli occhi Sasuke, il bivio si avvicina», mi bisbigliò.
«Quale bivio?».
«Credi davvero che tu non stia modificando l’avvenire? Solo tu puoi salvarla!».
«Non mi interessa salvare nessuno: non sono un eroe!».
«Non sei stato in grado di tagliare il bracciale, perché ti ostini così tanto a rinnegare i tuoi sentimenti?».
«Io non ho sentimenti».
«Arriverà il giorno in cui sarai in grado di vedere il futuro che meritavi, e sarà troppo tardi per riaverlo indietro».
«Blateri, vecchia».
Di fronte al mio insulto mise una mano dentro una tasca. Mi misi in posizione di difesa, convinto che stesse per attaccarmi, ma ciò che fece, a suo modo, fu ancor peggio.
Infatti estrasse un pugno di polvere che mi soffiò dritto in faccia.
 
 
Era notte, l’aria frizzantina era satura di risate e spensieratezza, impregnata dall’odore delle vivande che venivano offerte per pochi yen ai passanti. Le strade erano affollate di bambini, e famiglie che passeggiavano con addosso i loro variopinti kimoni. Le lanterne, appese tra i vari edifici, gareggiavano con le stelle nel loro immenso splendore.
Osservavo Sakura e Naruto passeggiare per quelle vie, i loro corpi talmente vicini che le loro spalle, ad ogni passo che compievano, si sfioravano in una timida ed impacciata carezza.
Li osservai mentre venivano fermati dalla vecchia. Scrutai ogni movimento di quella befana mentre intrecciava quegli innumerevoli fili tra loro. E poi… poi vidi Sakura piangere, e Naruto scuotere la testa e poggiarle una mano sopra la spalla in segno di conforto.
Cosa era accaduto?
I miei occhi erano calamitati su quelle lacrime che, silenziose e veloci, facevano risplendere quelle candide gote della lucente luce argentea della luna.
Poi la vecchia le domandò qualcosa, il tono conciliante e persuasivo di chi vuole convincere a fare qualcosa che altrimenti non avrebbe fatto. La condusse dentro un locale.
Non so con esattezza quanto tempo rimasero chiuse dentro quella stanza, ma a giudicare dal camminare avanti e indietro di Naruto, dovette essere un bel po’.
Quando uscì, tutto si cristallizzò, ogni cosa andò al suo giusto posto, come le tessere di un puzzle che mostrano un intricato disegno. Uscì indossando un tipico abito da cerimonia shintoista.
Anche il baka era sbalordito da quella apparizione, lo si poteva benissimo capire dai suoi occhi luccicanti di stupore e velati di rimpianto.
Si diressero verso un piccolo giardino privato.
 Ero curioso di scoprire cosa stessero architettando, ma una mano invisibile non mi permise di avvicinarmi, anzi, con un poderoso strattone mi rispedì nel corpo di Sakura.
 
«Cos’è successo?», boccheggiai in ginocchio sul sudicio lastricato.
«Hai osservato quello che è accaduto a Sakura».
«Sei stata tu a darle quel bracciale».
Annuì.
«Che cerimonia avete svolto?».
Rimase in silenzio ad osservarmi con un’espressione triste e sofferente.
«Non posso rivelartelo».
«Eccome se lo farai!», la minaccia afferrandola per la gola e sollevandola di mezzo metro da terra.
«Tu non la meriti, non meriti nulla di ciò che ti ha donato».
Ha ragione, non merito nulla, ed è proprio questo a infastidirmi, a rendermi ancora più scorbutico e asociale.
Ogni gentilezza, ogni sacrificio che altri compiono in buona fede per il bene altrui non sono altro che un debito da ripagare per chi ne è il destinatario.
Non voglio avere nessun debito.
Nessuna questione di onore mi impone di salvarla: ha fatto la sua scelta, e tra l’altro, una scelta sbagliata. Ha deciso di donare il suo cuore a chi non sa che farsene, a chi ha rinchiuso da troppo tempo i suoi sentimenti in un piccolo e oscuro angolo di sé.
«Non le ho chiesto io di mettermi in questa scomoda posizione. E poi un sacrificio non dovrebbe prevedere alcuna pretesa di contraccambio, non sono vincolato a lei in nessun modo… a parte occupare il suo corpo», mi affrettai a rettificare non appena vidi la sua eloquente occhiata scivolare lungo le gambe di Sakura.
«Sakura-chan! Ecco dov’eri finita, volevi ringraziare la nonnina per gli anpan», s’intromise Naruto.
Lasciai andare la vecchia e senza proferire nessuna delle maledizioni che mi risuonava nelle orecchie, ma che di certo quella vecchia babucca aveva intuito, vista l’occhiata di biasimo e rimprovero che mi lanciò poco prima che mi allontanassi da entrambi.
«Andiamo Naruto, dobbiamo fare ritorno a Konoha», gli dissi prima di uscire da quello stretto e angusto vicolo.
Aprii la porta della stanza in cui avevo passato la notte, e vi trovai Sai intento ad ammirare dei disegni sparsi sul tatami. In silenzio mi avvicinai alle sue palle e scrutai quell’accozzaglia di colori festosi che riempiva il foglio.
«Li hai fatti tu?», chiesi senza riuscire a celare del tutto il mio stupore.
Annuì.
Erano davvero molto belli, raffiguravano ogni minimo dettaglio, c’era anche…
No! Non era possibile! Come aveva fatto a ritrarre Sakura in quel piccolo giardino?
«Quando lo hai fatto questo?», gli chiesi picchiettando un dito sul disegno incriminato.
«Non lo so, l’ho trovato stamattina dentro il mio zaino».
Che scherzo era quello?
Afferrai il disegno cercando di carpire quanti più dettagli mi era possibile non potendo usare lo sharingan.
La scena era rappresentata alla perfezione, non solo per i dettagli che riproduceva, ma anche per la tempistica con la quale veniva immortalata la scena.
Infatti l’immagine riprendeva una giovane con le mani protese in alto davanti a sé, nell’atto di offrire un pegno alle divinità.
Era decisamente Sakura, vestita come una giovane miko con il tipico kimono shintoista.
Nelle mani teneva un pezzo di carta rettangolare, che sicuramente stava poggiando dentro la scatola in legno che le stava di fronte.
Cosa avrà mai deciso di donare, e perché?
Presi il disegno e lo portai lontano da quel villaggio, sulle alture che lo sormontavano dalle quali era stata immortalata la scena.
Sotto un cielo plumbeo, carico di pioggia, mi misi a studiare ogni minimo dettaglio di quel ritratto.
Mi dava enormemente fastidio non poter tornare al mio tempo e interrogare quel baka di Naruto al riguardo.
«Eccoti, sono ore ce ti cerco!», esclamò il baka sedendosi accanto a me.
Rimasi in silenzio, troppo preso a lambiccarmi il cervello nel tentativo di trovare una soluzione a quel dilemma.
«Ehi, cosa c’è che non va?», mi domandò con evidente preoccupazione.
Davanti al mio ostinato silenzio osservò anch’egli il quadro.
Quando vidi le sue sopracciglia convergere al centro della sua fronte aggrottata seppi che anche lui aveva notato quella coincidenza inspiegabile.
Il suo dito indice accarezzò la figura ritratta di Sakura; amorevolmente tracciò i contorni del kimono shintoista che indossava, per poi arrestarsi sul foglio di carta che porgeva al cielo.
Una goccia d’acqua cadde sul disegno annacquandolo e sfocandolo.
 Di riflesso alzai lo sguardo al cielo, ma mi accorsi che non pioveva.
Erano le lacrime di Naruto, quelle che silenziosamente gli accarezzavano il volto per poi cadere sulla tela.
Non seppi come reagire, né cosa dire.
Dopo tutto il male che avevo rigurgitato su quella terra, e che ostinatamente avevo rivolto contro di lui, il mio migliore amico, l’unico che ancora credeva in me, non sapevo come rimediare, come fare ammenda.
«Cosa significa questo?», mi chiese in sussurro spezzato.
«Cosa vuoi che significhi? È un ritratto».
I suoi occhi, solitamente tersi come un cielo estivo, ora rannuvolati da rabbia e confusione, mi scrutavano con grande attenzione.
«Dobbiamo fare ritorno a Konoha, conviene sbrigarci», mi informò trovando una parvenza di compostezza.
Lo osservai alzarsi, afferrare il disegno e allontanarsi senza più degnarmi di uno sguardo.
«A proposito, stavi dimenticando questo», mi informò lanciandomi il diario di Sakura.
Distrattamente lo aprii, troppo concentrato ad analizzare lo strano comportamento del baka.
Solo quando i miei occhi si posarono su una pagina in cui compariva la mia calligrafia mi resi conto di un particolare chiaramente importante.
«Che giorno è oggi?», gli chiesi urlando per farmi sentire.
«Giovedì 13 luglio».
Freneticamente presi a sfogliare quelle pagine traboccanti di pensieri, ricordi ed emozioni, fino a quando non trovai quello che cercavo.
 
13 luglio
Oggi ho dovuto compiere una scelta: la scelta.
In questa serata di festa, illuminata da variopinte lanterne e gioiosi sorrisi, mi è stato predetto il mio destino.
Non posso nascondere quanto mi ha sconvolto ciò che l’anziana sacerdotessa mi ha rivelato.
Non potrò mai dimenticare lo sguardo sconvolto di Naruto, i suoi occhioni blu riempirsi di lacrime e di rifiuto.
Sì, rifiuto, perché lui ha rigettato la previsione di ciò che avverrà, confidando nel fatto che Sasuke rinsavisca.
Io no.
Ho accettato il mio destino, perché so che Sasuke non tornerà più da noi, il suo cuore è rimasto troppo a lungo cieco e sordo ai richiami della vita per poter rinsavire.
Così, come in realtà ho sempre e costantemente fatto, gli farò dono del mio cuore, nella speranza che, almeno stavolta, possa bastare a ridagli un briciolo di pace.
 
Nel leggere quelle parole, spoglie di fiducia, ma ancora speranzose, un senso di nausea mi bruciò l’intestino. Con i battiti cardiaci che risuonavano alle mie orecchie come tamburi impazziti, girai pagina.
Era stata strappata. Presi a spogliare le altre nella speranza di trovare qualcosa che mi desse qualche ulteriore indizio riguardo a quanto avvenuto dopo quella sera, ma c’era solo bianco, accecante e assordante.
 Il diario si interrompeva.
Un senso di lugubre sconforto mi invase costringendomi a piegarmi su un fianco e liberare lo stomaco da quel po’ che conteneva.
Non so quanto tempo stetti lì, accasciato sul quel suolo straniero, prigioniero di quelle pagine bianche che mi lasciavano in bocca un sapore fin troppo amaro, anche per uno come me.
Perché mi interessava così tanto la sorte di Sakura?
Perché proprio io dovevo trovarmi nel suo corpo?
Ripensai alle parole della vecchia: il bivio si avvicinava.
 Sakura aveva fatto una scelta, e la storia da quel giorno in poi sarebbe toccato a me scriverla.
Come un automa feci ritorno al villaggio, presi il mio zaino, e ritornai a Konoha. Filai dritto nella mia vecchia casa al quartiere Uchiha, e per due giorni rimasi immobile, sdraiato su un futon ad ammirare il soffitto pieno di ragnatele, spiazzato dalla responsabilità che gravava sulle mie spalle.
Dovevo salvare Sakura?
Potevo salvarla?
Ma soprattutto, come potevo salvarla intrappolato nel suo corpo?
«SAKURA-CHAN!».
«SAKURA!».
Nell’udire le voci di Naruto e Sai chiamarmi così concitatamente mi alzai dal futon e gli andai contro. Non appena vidi le loro facce sconvolte capii che era accaduto qualcosa di brutto.
«Cos’è successo?».
«Sasuke… a quanto pare è entrato a far parte dell’Akatsuki».
«È stato emesso un mandato per la sua uccisione. Ha rapito l’ottocode».
Ricordavo chiaramente quel momento: avevo da poco ucciso Itachi.
«Dev’essere accaduto qualcosa che l’ha spinto a fare tutto ciò», cercò di consolarmi Naruto.
Rimasi stupito della sua convinzione che in me ci fosse del bene.
«Come fai ad esserne così sicuro?», gracchiai.
«È il nostro Sasuke. Chissà quanto sta soffrendo per aver ucciso suo fratello», mi spiegò con il suo solito sorriso ottimista, ma al tempo stesso triste e pensieroso.
Non seppi rispondere. Per la prima volta nella mia vita mi vergognai di me stesso, rimasi incerto riguardo ad ogni mia convinzione e sentimento.
Loro lottavano per me, andavano contro tutto e tutti per riportarmi da loro, mentre io cercavo di distruggerli, di ucciderli.
«Ho bisogno di riflettere», mi giustificai, per poi chiudere la porta e rinchiuderli, per l’ennesima volta, fuori dalla mia vita.
Mi sdraiai nuovamente per terra e ripresi a fissare il soffitto fino a quando non crollai per la stanchezza.
 
 
«Sasuke-kun… Sasuke-kun…io…io ti amo. Farò qualunque cosa per te, Sasuke-kun, anche abbandonare il villaggio».
 Avevo dimenticato quella scena, gli occhi lucidi di lacrime di Sakura, le dolci e confortevoli parole, capaci di farmi esitare dal mio intento, e poi… e poi il banale e sconclusionato grazie.
Perché, cosa puoi dire a colei che ti professa amore quando non sei in grado di amare?
Già allora era disposta a far di tutto per salvarmi.
Di colpo la scena onirica cambiò: siamo io e Sakura alla valle, i nostri corpi stretti in un abbraccio consolatorio illuminati dal crepuscolo.
«Sasuke-kun, come hai potuto dimenticarmi?», mi urlava piena di oltraggio e rabbia.
In realtà non l’avevo mai dimenticata, è sempre stata lì, nel mio cuore, silenziosa e rassicurante.
Impotente osservavo il suo bel viso distorcersi per la sofferenza, la mia mano che le oltrepassava il petto perforandole il cuore, quel cuore che con tanto amore mi aveva donato innumerevoli volte.
La sua sofferenza veniva ripagata dalla mia indifferenza.
Un unico suono produssero quelle labbra: il mio nome, dolce armonia di un sospiro d’amore.
«Sasuke-kun…».
 
Mi svegliai di soprassalto, il mio nome che come una preghiera risuonava ancora nelle mie orecchie.
Sapevo cosa fare, dovevo solo mettermi in viaggio, prima che fosse troppo tardi.
 
NdA: Salve! Ecco che il nostro adorato Sasuke inizia a fare i conti coni propri sentimenti: ne vedremo delle belle!
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Saku90