Dio se ci sei…
Batti un colpo mi
verrebbe da dire. Ma non vorrei sembrare irriverente.
Ma dove sei?
Che cosa sei?
Sì, lo so.
Sono secoli che
l’umanità ti pone sempre le stesse domande. Sarai anche stufo di sentirle e di
rispondere sempre allo stesso modo a gente che non capisce niente, io mi
annovero tra quelli che non capiscono niente.
Cosa vuoi farci sono
un po’ testarda.
Zuccona forse è la
parola esatta.
O forse arrivo con
l’ultimo treno e non ho sentito quello che hai detto fin’ora e devi ripetere tutto
da capo.
Ma sono troppe le
cose che avrei da chiederti, troppi i dubbi, troppe le perplessità.
Si dicono tante cose
su di Te, si sono dette e chissà quante ancora in futuro se ne diranno. Però
devi ammettere che tante, troppe sono assurdità. Anche la Bibbia è piena di
contraddizioni; in fondo, è stata scritta da uomini che hanno solo tentato di darsi delle risposte... oh Dio, non è che io l’abbia letta con attenzione, solo qualche
brano qua e là. Ma gli uomini sono fallaci. Sempre. Anche quando sono ispirati da Te, o pretendono di esserlo.
La parola ispirata
da Dio.
Parola divina.
Parliamone di questa
ispirazione che giungerebbe da te.
Sono quasi certa che
sia vera, anzi ammettiamolo pure; l’ispirazione, intendo quella che fa produrre
all’uomo capolavori come la Cappella Sistina di Michelangelo, o fa costruire le
piramidi, o scrivere tomi di letteratura e poesia è una scintilla che arriva da
altrove. Che cos’è questo altrove?
Esiste una regione
dello spazio, dell’universo, un’ energia che contiene tutto?
Dove tutto si
genera?
E perché io sto qui
a pormi domande che sono incomprensibili?
Sì, forse la parte
migliore di noi viene da Te.
Non in questo caso
però, io non mi sento particolarmente ispirata e forse sto usando l’ironia per
tentare di avvicinarmi a un essere che mi pare distante dal mio mondo.
Chissà se Tu
apprezzi l’ironia.
Devi apprezzarla per
forza, visto che è una componente umana.
Sei Tu che ci hai
creati così, dicono.
Ma non divaghiamo,
perché con Te è facile uscire fuori tema, mi è successo troppe volte.
A noi in realtà che
cosa arriva? Quale parte del messaggio?
Forse non arriva
tutto, perché tra noi c’è un filtro non facile da superare, insito nella stessa
natura umana così come Tu l’hai creata. Forse non è canonico come pensiero,
forse è poco spirituale, ma mi capita di pensare a Te come a una radio che
manda dei messaggi; le tue “onde sonore” arrivano a noi filtrate e forse
distorte dal nostro limite, da un canale troppo stretto perché possa passare
tutto quello che Tu ci mandi. Ed ecco che a noi arriva il messaggio, ma è
distorto, frammentato a causa della nostra limitata capacità di “sentire”.
Noi cosa sentiamo in
realtà? Quanto siamo in grado di sentire e soprattutto, quale organo dovrebbe
sentire questo messaggio che arriva da Te? Se di organo si può parlare… anima
forse?
È la prima volta che
penso all’anima come a un organo, qualcuno penserà che sono pazza.
Un organo che non si
vede e non si sente.
Perché, i nostri
organi noi li vediamo? Li sentiamo? Solo quando fanno male, quando il cuore
batte furiosamente come dopo una corsa o per un emozione. L’anima la sentiamo
quando fa male.
Come se potessimo
avere coscienza di noi solo nel dolore.
In effetti le sensazioni
più forti si hanno quasi sempre attraverso la sofferenza.
Sto di nuovo
divagando. Ma neppure tanto, in realtà.
Stavo dicendo che a
tutti noi arriva una parte del messaggio e tutti crediamo che sia quella vera,
giusta. Tutti crediamo di avere la verità in tasca. E siccome siamo tutti
convinti di questo, ecco che pretendiamo di portare agli altri la “nostra”
verità, pensando che sia l’unica possibile e reale.
E troppe volte gli
uomini si sono vantati della convinzione di aver capito tutto, di possedere
tutte le risposte. Allora, forti di tale certezza, tutto diventa legittimo,
imporre un’ idea o un concetto pensando che sia assoluto. Perché gli uomini non
si rendono conto di essere solo un canale imperfetto. Anche la teoria secondo
cui la creazione divina era perfetta in origine, Signore concedimi, fa acqua da
tutte le parti.
Come fa una cosa che
è perfetta a guastarsi col tempo?
Allora non era
perfetta…
Per definizione, la
perfezione è qualcosa che non si evolve, è immutabile e statica.
Ma se per perfezione
noi volessimo intendere altro? Evoluzione magari?
Se perfetto fosse
qualcosa che si evolve, che muta, si adatta, cambia forma, colore e pensiero?
Io sono più
d’accordo con Darwin che con le teorie bibliche sull’origine del mondo.
La verità.
Che cos’è questa
benedetta verità?
La verità vi renderà
liberi.
Già… ma da cosa
dobbiamo liberarci?
Di noi stessi
magari? Di cosa siamo prigionieri? Dell’illusione che governa tutto il nostro
mondo?
Dalle forme e dagli
archetipi che la società ci impone? Dal fare tutto quello che fanno gli altri?
Amare come amano gli altri? Vivere come tutti, nello stesso modo, interessarsi
alle stesse cose?
Ma poi esiste
davvero la libertà? Non è forse anche lei un’ illusione?
Ci penso spesso al
libero arbitrio, che per comune definizione è la libertà di poter scegliere tra
bene e male.
Sai, io dubito che
esista. Non la vedo questa libertà, non la sento.
Di fatto non ce
l’ho. È un illusione, una bella illusione che forse è necessaria a farci vivere
un po’ meglio di come vivremmo altrimenti. Ho troppi vincoli nel contesto in
cui vivo che non mi permettono di essere libera.
Godiamo di una
libertà finita, limitata, ristretta dalle regole e dal nostro stesso limite
fisico. Il tempo stesso in cui siamo collocati ristringe la nostra libertà
d’azione; quante volte sento dire - vorrei che la giornata avesse trentasei ore
- Eppure ancora non ci basterebbe.
Liberi di fare,
liberi di pensare, di parlare. Troppo educati per dire veramente quello che
pensiamo, troppo legati al mondo e ai suoi ritmi imposti da altri, per agire
come veramente vorremmo.
Almeno questa regola
vale per la maggior parte di noi.
Vale anche per me in
realtà.
Io credo di essere
libera, ma troppo spesso mi accorgo di non esserlo.
Troppo spesso vorrei
ciò che non posso avere, non faccio quello che vorrei e faccio ciò che non vorrei.
Ma come si fa a
gioire delle piccole cose quotidiane? Perché non ci bastano le piccole gioie e
cerchiamo quelle più grandi, più lontane? Perché stare male per ciò che non si
può avere?
Perché desideriamo,
perché tendiamo costantemente verso altre sponde e non ci accontentiamo mai del
luogo in cui siamo, nasciamo, viviamo?
Cos’è quest’ansia di
sapere, di conoscere l’inconoscibile, se poi non è alla nostra portata?
E dobbiamo
accontentarci di questa spiegazione; tu uomo non puoi sapere…
Non puoi capire…
Non puoi concepire…
Non puoi immaginare…
E ci resta questo
grande ignoto davanti che ci inquieta, un grande buco nero dove cadono i nostri
sogni.
Sì, lo so, potrei
pormi queste domande per sempre, per il resto della mia misera vita e non
troverei mai le risposte. Lo so che non le troverei, ma sono masochista e
continuo a chiedere, a chiedere senza trovare qualcuno che mi dica qualcosa… o
forse trovo tante risposte diverse e io devo solo scegliere quella che mi fa
più comodo, che mi sembra più adeguata, più sensata in quel momento, che poi
tra un anno, un mese, un ora o un giorno, tutto cambierà di nuovo per me.
Dove sta il senso di
tutto? Il senso della vita?
Ha un senso la vita?
Qualcuno è pronto a
dire di sì.
Fare tanti soldi,
vivere nel lusso, avere sempre il meglio.
Ma non è per tutti…
Già… troppo
scontato, lo so.
Non sarai d’accordo
con me, ma la vita non ha senso tranne quello che gli diamo noi.
La vita di un
missionario ha senso finché può andare in Africa ad aiutare gli altri, quella
di un politico ha senso finché può fregare il prossimo, magari con la scusa di
aiutarlo. Ma non tocca a me, giudicare le vite altrui…
la mia vita ha
senso… perché?
Perché mi alzo la
mattina e vado a lavorare, faccio il mio dovere, pago le tasse, preparo il
pranzo e tante altre cose banali e quotidiane?
Io dovrei trovare un
senso in tutto questo?
L’amore, sì.
L’amore.
Mi pare di sentirti,
io che non sento niente.
Sì, l’amore è
l’unica cosa che da senso a tutto.
Ammettiamolo sono
d’accordo.
Ma per me il fatto
non cambia; la vita fine a se stessa non ha senso.
Non ne ha proprio, o
forse sono io che non lo trovo?
Forse ha senso solo
perché esiste la morte?
L’hanno già detto
altri prima di me…
In fondo non dico nulla
di nuovo…
Forse siamo liberi
solo col pensiero, che spesso non mostriamo, resta chiuso dentro i confini del
nostro cervello per i motivi più diversi; paura, incomprensione, magari poco
coraggio.
Quindi, di fatto non
siamo liberi. Almeno non totalmente.
Poi, della libertà
di scegliere tra bene e male che me ne faccio?
Io non sceglierei
mai il male volontariamente.
Forse è la volontà
di comprendere che mi manca. Eppure ci sono persone che scelgono il male di
proposito.
Che godono nel
vedere gli altri soffrire… perché hanno bisogno di questo?
Perché il mondo ha
bisogno di questo per capire la differenza?
Pace e guerra, amore
e odio, potrei continuare all’infinito con i contrasti e gli opposti.
Il bianco senza il
nero, capiremmo che è bianco?
Oppure non sapremmo
dare un nome a quel colore?
Ho pensato spesso
alla verità come a un puzzle; tante tessere sparse in giro per il mondo qua e
là. Frammenti che Tu hai sparpagliato come briciole di pane a questa umanità
che corre, si danna, si dispera nel vano tentativo di cercare chissà cosa. E
noi, convinti di avere nelle mani il frammento giusto, quello mancante per
risolvere tutto, per capire ogni cosa e svelare tutti i misteri. Ci affanniamo,
lottiamo uno contro l’altro da secoli.
Siamo come piccioni
che lottano per le briciole di pane che un vecchio, seduto tranquillo alla
panchina di una stazione, ci elargisce.
Forse ti diverti ad
osservarci, siamo il tuo passatempo.
Penserai; ma guarda
quanto sono stolti! Ma li ho fatti io così?
Così presuntuosi da
credere di essere i soli custodi della verità, abbiamo sprecato il tempo a fare
guerre sante, crociate, abbiamo bruciato donne come streghe e condannato chi è
diverso.
Non è un bel
pensiero questo.
Ma è quello che
sento adesso…
Dov’è questa
evoluzione? A me sembra che il mondo vada avanti sempre nello stesso modo…
Continua, forse…