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Autore: piccolo_uragano_    25/09/2017    2 recensioni
“Perché ogni volta che c’è in giro Lord Voldemort facciamo figli io e te, Martha?”
Martha accennò un sorriso. “Perché ogni volta che io e te facciamo figli c’è in giro Lord Voldemort, Sirius?”
Remus trattenne una risata. “Ed è per questo che sono vent’anni che ti ripeto che è quella giusta.”
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Non è una di quelle storie tutte miele e amore in cui Sirius trova la sua perfetta metà e vissero tutti felici e contenti. Martha darà a Padfoot del filo da torcere, insegnandogli ad amare e a restare.
(Si parte dal 1976 fino a poco dopo la battaglia di Hogwarts; in teoria è finita, dopo anni, ma in pratica.....)
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio | Coppie: James/Lily, Remus/Ninfadora
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Più contesti
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- Questa storia fa parte della serie 'Ti amo più di ieri e meno di domani.'
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Agli "amici di giù", senza fare nomi o liste, 
per farmi sentire a casa a centiamia di chilometri dal posto a cui dovrei senitre di appartenere. 
A Reggio Calabria, per accogliermi e sorprendermi ogni volta come se fosse la prima.
"Casa" può essere un gruppo di persone attorno ad un tavolo a parlare della vita. 
Voi siete la mia casa.


Kayla si teneva le ginocchia tra le braccia, mentre Fred, con il completo da lavoro, tirava sassi nel Lago Nero.
“Io non c’entro niente, con questo Principe Mezzosangue. E tantomeno George.”
Kayla annuì. “Non ne hai mai nemmeno sentito parlare?”
Fred si voltò per guardarla e scuotere la testa. “No.” affermò. “E credimi, un libro del genere ci sarebbe tornato utile. Avremmo il doppio dei prodotti, ora, se avessimo saputo la metà dei segreti che ci sono in quel libro.”
Kayla si perse a guardare il contrasto che Fred creava con il panorama.
“Lumacorno ha un circolo di studenti prediletti.” Lo informò.
Lui sorrise. “Me ne ha parlato Ginny. Ha detto che siete dentro perché vi ha viste sistemare delle serpi con un paio di Fatture ben assestate.”
“Tutti gli altri sono dentro perché sono figli di qualcuno di importante.”
“E Harry?”
“Beh, Harry è Harry.”
Lui voltò di nuovo il viso per scrutare l’espressione di Kayla. “Che intendi?”
“Harry! Harry Potter! Il Prescelto! Il Bambino Che È Sopravvissuto! Harry sarà sempre nel circolo dei prediletti, nel giro di quelli importanti, Harry sarà sempre Harry.”
Fred lanciò l’ultimo sasso per poi strofinare le mani una contro l’altra e sedersi accanto a Kayla. “Non sarà sempre così.”
“Ah no?”
“No.”
“E quando non sarà così?”
“Quando sarà tutto finito, sai, e sarà passato un po’ di tempo, Harry sarà solo un ragazzo che un tempo era sulla bocca di tutti.”
Fu Kayla a scuotere la testa. “Quando sarà tutto finito.” Ripeté, guardando il Lago. “Credi che tutto questo finirà?”
“Se con ‘tutto questo’ intendi Voldemort e tutta la merda che sta portando nelle nostre vite, si, finirà.” Poi passò un braccio attorno alle spalle di Kayla e le baciò i capelli. “Se intendi me e te, no, non finirà.”
Lei si rannicchiò sul suo petto. “Mi manchi.” sussurrò.
“Anche tu. La casa fa schifo senza di te, e il letto è troppo grande. George dice che sono …”

“ … nauseante!” esclamò George. “Ci sono le salviette di Kayla in bagno, e non le vuole togliere!”
Tonks alzò le sopracciglia. “George, tuo fratello è innamorato! È normale che si comporti così!”
Gabriel, seduto sulle ginocchia di George, giocava a scacchi con Remus, in silenzio.
“No, a me fa schifo che si comporti così. Sai dov’è adesso? Al castello! È domenica, per Godric, dovrebbe essere qui da nostra madre, invece rischia la pelle al castello!”
Remus alzò gli occhi per guardarlo con malinconia. “Lo faceva anche Rose, al tempo, per stare con me. È normale.”
“Non possiamo dargli delle pastiglie o qualcosa?”
“Ma sei completamente scemo?!”
Ninfadora!” la richiamò Remus.
“Scusa. Gabriel, non si dice scemo.”
“E cosa si dice?” domandò il ragazzino.
Troll. Si dice troll.” Rispose Remus.
“Ecco, ecco, Fred è un troll. Muovi il cavallo, Gabriel.”
“Non dirgli cosa deve fare.” Gli disse Tonks. “Scemo di un troll. Fred è a posto, sei tu che passi la domenica qui che non hai tutte le rotelle che funzionano, per Tosca!”
Remus alzò gli occhi al cielo. “Con te non c’è speranza.”
“Che c’è?” domandò lei.
“Fred e George sono abbastanza grandi per decidere da soli dove passare la domenica.”
“Ma Fred rimane un troll.” Si difese George, facendo dondolare Gabriel sulle gambe. “Non è vero, ometto?”
“Non mettergli in testa queste fesserie!” sorrise Remus.
Gabriel sorrise e mosse il cavallo, mentre Molly Weasley faceva il suo ingresso in cucina. “George!” esclamò felice. “E Fred?”
“Fred è un troll!” disse Gabriel, ridendo.
Molly rimase dubbiosa, mentre Remus e Tonks roteavano gli occhi e George faceva segno a Gabriel di battergli il cinque.

Robert non fece in tempo a svegliarsi, quando si ritrovò a dover spalancare gli occhi. Era appeso per la caviglia, lo sentiva bene, e stava fluttuando in mezzo alla stanza.
Ci mise meno di un secondo ad individuare il colpevole: Harry se ne stava seduto sul suo letto con il bacchetta in mano e il libro del Principe sulle ginocchia. Lo guardò, mostrando terrore puro negli occhi verdi, sottolineati da pesanti occhiaie.
Robert, semplicemente, scoppiò a ridere. “Bel colpo, fratello!” gli disse, tra le risate.
Era passato a dormire nella loro stanza, facendo cambio con Dean Thomas. Aveva bisogno di qualcuno che combinasse guai, aveva detto, ora che Fred e George non c’erano più. Una stanza con Ron, Harry, Seamus e Neville gli era sembrata la soluzione migliore.
Fece in modo di fluttuare fino alla porta del bagno, nuotando nell’aria, facendo segno a Harry di rimanere in silenzio. “Ron! Ron!” si mise a gridare.
Ron, con lo spazzolino tra i denti e una salvietta verde sulle spalle, aprì la porta del bagno. Quando trovò Robert a testa in giù, sputò lo spazzolino, facendolo finire dritto sull’occhio di Robert.
Morgana!” gridò il primogenito Black. “Aaaargh! Sono cieco!”
Fu Ron a scoppiare a ridere. “Come sei finito lì?”
“Harry! Harry, fammi scendere!”

“Hai usato un incantesimo sconosciuto, probabilmente non approvato dal Ministero, e …”
“Hermione, il mio occhio nero non è colpa di Harry.”
“Lo è, indirettamente!” sbuffò lei, sedendosi al tavolo Grifondoro in Sala Grande.
“No, piccola, è direttamente colpa di Ronald che ha direttamente sputato lo spazzolino sulla mia faccia!”
“Perché tu eri appeso a testa in giù!”
Nel momento in cui lo disse, i tre scoppiarono a ridere, e Kayla scosse la testa.
Hermione sbuffò, guardando l’amica. “Tu da che parte stai?” le chiese.
Kayla accennò un sorriso. “Dovresti prima accertarti di cosa siano gli incantesimi che trovi su quel libro, Harry, perché poteva andare peggio. Però …” sfoderò lo sguardo Malandrino. “… teniamolo a mente, questo.”
Robert smise di ridere e fissò Hermione per qualche secondo. “Piccola, ho il dovere morale di tenere d’occhio Harry. In più, l’ho promesso a mia madre. Nel momento in cui questo libro dovesse diventare un pericolo, per lui o per noi, farò in modo che se ne liberi immediatamente.”
Hermione lo scrutò, dubbiosa.
Lui le prese le mani. “Ti fidi di me?”
“Non mi fido di quel libro.”
“Beh, credo di avere quel poco di potere decisionale in più di un libro, quindi: ti fidi di me?”
Lei annuì. Questa volta senza esitare.
“Ha rischiato di morire! E lo ha solo sfiorato!”
“Martha, calmati!”
“Non dirmi di calmarmi!” sbraitò Martha, al centro del Quartier Generale degli Auror. “Kingsley non osare dirmi di calmarmi, ci sono i …”
“I tuoi figli, lo so, lo so, ma …”
Ma cosa? La prossima volta potrebbe essere Kayla! O Robert! E non voglio neanche pensare a quante persone stiano progettando di fare del male a Harry proprio in questo momento!”
Le due bionde apprendiste Auror guardavano Martha, immobili. Kingsley stava davanti a lei, con la solita espressione calma. Aaron White osservava la scena, seduto su una scrivania.
“Nessuno aveva in mente di fare del male alla ragazza, Martha. Quella collana era indirizzata a qualcun altro.”
“Così non mi aiuti.”
“Martha, respira.”
“Chiudi il becco, Aaron!” poi si voltò verso le ragazze. “Voi due.” Le appellò. “Trovate tutto quello che potete sulle collane stregate. Andate a chiedere a Sinister stesso se serve, non mi interessa, ma trovate qualcosa che possa essere d’aiuto.” Loro, terrorizzate dallo sguardo di Martha, si dileguarono. “Tu!” disse poi, appellando un ragazzo con una camicia a fiori. “Trova mio marito. Digli che lo aspetto all’ingresso. Accio cappotto.”
“Dove vai?”
“A Hogwarts, a cercare qualcuno di più intelligente di voi!”

“Credo che Draco Malfoy abbia dato a Katie la collana, professoressa.”
Martha fece il suo ingresso nell’ufficio della McGranitt proprio in quel momento.
“Oh!” esclamò la Capocasa. “Menomale che sei arrivata.”
Si sentì sprofondare. Nell’ufficio c’erano Harry, Ron, Hermione, Robert e Kayla. erano tutti coinvolti. Di nuovo.
Martha le rivolse un sorriso di cortesia per poi passare a scrutare Harry. “Ne abbiamo già parlato.”
“Non c’è altra soluzione!”
“Smettila di giocare al piccolo investigatore, Harry Potter, e dimmi cosa è successo.”
“Katie e Leanne erano ai Tre Manici di Scopa.” Esordì Kayla. “Katie è andata in bagno, ed è tornata con il pacchetto, anonimo. Ha litigato con Leanne che le ha detto di non accettare pacchetti ignoti, e mentre litigavano, il pacchetto si è aperto, Katie lo ha toccato con il guanto e si è alzata in aria, urlando.”
“Malfoy! È stato Malfoy!” continuò Harry.
“Non c’è accusa peggiore che tu possa muovere contro una persona, Harry.” Gli disse Martha, mentre anche Sirius entrava in ufficio.
“L’ha comprata da Magie Sinister e l’ha portata qui, per poi portarla ad Hogsmeade!”
“Ma se è uscito a mani vuote!” esclamò Hermione.
“E poi” esordì Sirius, sull’uscio “con l’Ordine, abbiamo attivato moltissime misure di sicurezza, anche sui bagagli degli studenti. Quella collana non sarebbe potuta entrare.”
“Dove sei stato?”  gli chiese Martha, ferita dal silenzio glaciale adottato da Robert in sua presenza.
“Ho visto la collana.” Rispose Sirius. “E ti assicuro che mai e poi mai sarebbe riuscita a varcare la soglia del cancello.”
“Papà?”
“Si, principessa?”
“Ho paura.”
Anya aveva un anno e mezzo, ormai – lui non contava i mesi come Martha, lui diceva un anno e mezzo – dei folti ricci color rame e dei grandi occhi grigi. Camminava, correva, parlava e rideva. Forse, si disse, capiva più di quanto avrebbe dovuto. Di sicuro, si sarebbe assicurato che qualcuno un giorno le raccontasse tutto questo. Si guardò attorno: non era possibile, si rese conto, vivere pensando che qualcuno dimenticasse il freddo di quei mesi. Faceva così freddo che mettersi i guanti o il berretto era inutile, perché il freddo entrava nelle ossa e in pochi secondi raggiungeva il cuore.
Anya dormiva stringendo il suo pupazzo a forma di cane, mentre suo padre, che la guardava con i suoi stessi occhi, si domandava cosa stesse sognando, augurandole di non sentire mai il freddo che le arrivava al cuore.

Kayla posò la testa sulla spalla di Martha, sedute ad ammirare il tramonto di quel giorno terrificante. La Torre di Astronomia era il posto preferito di Rose: non ci aveva mai pensato prima, Martha, a tornare lì. Così, dopo aver litigato con Harry e averlo tranquillizzato, aver ignorato Robert mentre lui ignorava lei, e dopo aver dato un’occhiata terrorizzata a quella collana maledetta, aveva chiesto alla McGranitt il permesso di poter restare tra le mura del castello ancora per un po’; lei, senza esitare, aveva acconsentito. E Martha, camminando tra le spesse mura di pietra come se non fosse passato neanche un minuto da quando anche lei e Rose studiavano lì, aveva raggiunto la Torre. Era stata Kayla, poi, a raggiungere lei.
“Cosa ti turba, principessa?” le chiese, con un tono dolce che Kayla non la sentiva usare da molto tempo.
“Il cambiare delle cose.” Rispose, senza pensarci troppo. “E mi sembra di non avere più una casa, un posto a cui appartenere; persino il castello, sai, mi sembra estraneo.”
“Oh, bambina mia.” Disse la madre, scuotendo la testa. “Una casa non è un posto a cui appartieni. ‘Appartenere’ non è un nobile concetto, lascia intendere che dall’altra parte ci sia qualcuno che possiede. Una casa è un posto dove sai di poter tornare, sempre, in ogni momento, senza sentirti mai fuori posto.”
Kayla ci pensò qualche secondo. “Noi però non ce l’abbiamo più una casa, mamma. Nella casa dove siamo cresciuti non possiamo tornare, così come alla villa, Grimmauld Place non è più sicura e ora stiamo tutti ammassati alla Tana.”
“Torneremo alla villa, principessa, ci torneremo molto presto.”
“E nel frattempo?”
“Nel frattempo, lascia che siano Robert e Harry il tuo posto dove tornare. O Fred, Hermione, o Ginny. Affidati alle persone che ami e che ti amano.”
“Perché?”
“Perché con loro non sarai mai fuori posto.”
Kayla si morse un labbro. “Quindi è per questo che stai con papà da così tanto tempo?”
Martha le baciò i capelli. “Credo di sì, sai? Perché con lui accanto, che fossimo alla villa, alla Tana o in Grimmauld Place, non mi sono mai sentita fuori posto.”
“Credo che Fred sia la mia casa, allora.”
Martha la abbracciò, lasciando che una lacrima le rigasse il viso. Stava crescendo, e con lei, il tempo stava passando. Cresceva la lista delle cose che Rose non avrebbe mai visto. Fissò il sole mentre spariva dietro gli alberi, e in quei colori sempre caldi, ci vide sua sorella che sorrideva guardandole.

Martha entrò nella stanza da letto con aria distrutta. Levò le scarpe, i pantaloni e le calze, e mentre si stava sfilando il maglione, si accorse che Sirius, steso sul letto con le mani sulla pancia, la stava fissando.
“Sei uno straccio, bimba.” le disse, con un filo di voce.
“Che ci fai ancora sveglio?”
“Gabriel non riusciva a prendere sonno. E … mi ha chiamato ‘zio’.”
“Damian era di turno?” Sirius annuì. “Non ne sta facendo troppi?”
“Credo che sia abbastanza grande per gestirsi i suoi demoni come meglio crede.”
Martha si infilò la camicia da notte e poi su buttò sul letto, con la testa sulla pancia di Sirius. Lui le accarezzò i capelli.
“Padfoot?”
“Si, bimba?”
“Sei la mia casa.”


Mi scuso per il capitolo breve, la mancanza del banner, la mia assenza e tutto il resto. Vi amo immensamente comunque. 
C
   
 
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