Lettera
Al contrario di Mihir che appena aveva toccato il
cuscino si
era addormentato, lei era rimasta a lungo a rigirarsi nel letto e
adesso ne
pagava le conseguenze. Aveva uno stramaledettissimo sonno!
-Un altro giro bellezza!-
Assottigliò gli occhi mentre riempiva tre boccali
e li
portava al tavolo. Quella mattina pareva che tutti gli abitanti di
quella
lurida fogna avessero deciso di darsi appuntamento li dentro,
razionalmente
parlando sapeva che era impossibile, ma che diavolo era decisamente
irritabile
e assonata, e ciò non favoriva le sue capacità di raziocinio.
-E caso mai un giro c’è lo facciamo anche io e te
dopo! Che
ne dici bellezza?-
Sorrise mefistofelica poggiando il boccale davanti
al
cliente, i cui amici erano ben muti ad ascoltare quella che sarebbe
diventata
una delle migliori figure di merda di quel bastardo.
-Ma certo! Sarà un vero piacere accompagnarla a
mostrarle la
nostra bellissima porta d’uscita-
L’uomo batté le palpebre un paio di volte cercando
di
afferrare il significato della sua risposta, ma quando lo fece,
accompagnato
dalle risate dei compagni, lei si era già allontanata per servire
qualche altro
cliente. Le sue proteste e grida ingiuriose vennero coperte facilmente
dal
chiacchiericcio degli altri avventori e non passarono che per i deliri
di un
ubriaco. A volte faticava davvero a non prendere a pugni certa gente.
Continuò a lavorare incessantemente fino a quando
il locale
non si iniziò a svuotare, sapeva che di lì a qualche ora si sarebbe
riempito
nuovamente per l’orario del pranzo, i clienti affamati avrebbero
preteso del
cibo da mettere sotto i denti oltre alla birra e al pane, che già
scarseggiava,
per questo rientrò in casa.
-Mihir!- chiamò mentre si dirigeva in cucina,
sentì i passi
frettolosi del bambino scendere le scale e schiacciare le assi del
pavimento
per raggiungerla
-Che c’è?- chiese curioso sedendosi al tavolo
-Carta e penna, devo dettarti una cosa-
-Ma mi sono appena seduto!- si lamentò, Mie girata
di spalle
per tirare fuori le pentole sbuffò
-Su, io sono occupata a preparare il pranzo-
Il bambino ridiscese dalla sedia per andare a
prendere
l’occorrente e lo sentì borbottare distintamente quanto fosse dispotica
e
prevaricatrice. Scosse la testa non domandandosi nemmeno dove avesse
imparato e
cosa significassero quei termini, era più che sicura che non si
trattasse di
complimenti, e mise le pentole sul fuoco iniziando a pensare.
O meglio, a riordinare le idee. Aveva già in mente
cosa
rispondere a quella lettera e sentiva lo stomaco stringersi in una
morsa a quel
pensiero. Ci aveva pensato a lungo ed era giunta a una sola
conclusione: i
benefici erano di gran lunga più certi e numerosi dell’eventuale
svantaggio.
Si girò mentre Mihir intingeva il pennino
nell’inchiostro,
gli si avvicinò posizionandogli alle spalle
-Pronto?-
-Quando vuoi!- gli rispose concentrato
Socchiuse gli occhi appoggiandosi allo schienale
della sedia
con gli avanbracci, poi parlò:
-Accetto la proposta che mi avete fatto. Vi
fornirò ogni
informazione in cambio di un adeguato pagamento che potremo contrattare
insieme
al nostro primo incontro, sapete dove trovarmi. Mi conservo il diritto
di
interrompere queste trattative o di annullare l’eventuale accordo in
ogni
momento avendo cura di avvisarvi in maniera adeguata-
Osservò le linee nere che con cura vergavano il
foglio, la
scrittura di Mihir non era certo fine e leggera come quella della
lettera che
gli aveva consegnato, ma era comprensibile e accurata. Il bambino ci
metteva
concentrazione e impegno nell’imprimere su carta ogni lettera di quel
messaggio
e si girò verso di lei una volta finito di scrivere
-Finito?-
-Credo di sì- osservò le righe nere, erano poche e
neanche
raggiungevano la metà del foglio -Dovremmo aggiungere altro?- chiese
Il bambino diede una rilettura veloce prima di
sollevare le
spalle -Non lo so. Di solito nei libri le lettere si chiudono con i
saluti-
-Ma loro non ci hanno salutato- pensò a voce alta,
Mihir
l’appoggiò
-Vero, che si fa?-
-Chiudila qui-
Annuii poggiando la penna affianco al barattolo
che
conteneva l’inchiostro e iniziò a soffiare appena sulla carta perché la
scritta
si asciugasse in fretta. Mie prese a tagliare le verdure per poi
buttarle nella
pentola piena d’acqua
-Mihir? Prendi i ceci e le patate, facciamo il
pane-
Il bambino lasciò perdere la lettera poggiata sul
tavolo
per aprire uno degli stipiti della cucina e tirarne fuori un sacco di
farina di
ceci e tutte le patate che riusciva a tenere tra le braccia
-Ancora?- chiese poggiano tutto sul tavolo
Mie osservò con la coda dell’occhio annuendo
mentre finiva
di tagliare
-Non c’è ne è bisogno. Basta quello- mise tutto a
bollire
-Però prima porta via penna e inchiostro, sempre ammesso che tu non
voglia
mangiare del pane al carbone1-
Mihir mise su una faccia schifata mentre prendeva
il tutto
per rimetterlo a posto, andava tutto bene. Allora perché continuava a
sentire
quella morsa allo stomaco?
Erano circa le tre del pomeriggio, l’aria era
pesante e
afosa, l’umidiccio si attaccava alla pelle e ai capelli dando a tutti
un
aspetto unto e lercio. I piccoli mendicanti stavano appostati ai lati
delle
strade, cercando di passare il più possibile inosservati, come ratti
pronti ad
assalire la preda per assicurarsi tutto il possibile fino alla prossima
vittima.
Strinse più forte la mano di Mihir nella sua
voltandosi a
guardarlo, camminava tranquillo affianco a lei osservando le bancarelle
e le
persone che si affaccendavano davanti a essere cercando di strappare i
prezzi
migliori, ai lei non apparivano altro che ripugnanti carogne morte che
cercavano di tirare avanti e quei mercanti, così ben pasciuti nei loro
vestiti
di seta sgargiante, erano avvoltoi con gli occhi straripanti di
cupidigia.
Distolse velocemente lo sguardo serrando le labbra
per
impedire alla bile di risalirle oltre la bocca e continuò a camminare.
Le
persone erano pigiate l’una con l’altra e continuavano a prendersi
contro, era
impossibile camminare senza essere colpiti da un gomito o senza che il
lembo
superiore di un mantello ti colpisse in viso.
Non era la prima volta che veniva al mercato e non
sarebbe
stata l’unica, allora perché certe cose sembrava notarle solo adesso?
Si scostò verso destra evitando un cavallo che
trainava un
carretto coperto da una cerata verde e sentì, con somma angoscia, la
manina di
Mihir scivolare via dalla sua presa, si girò di scatto cercandolo fra
la folla
e le mancò il fiato quando l’angolo di legno del cassone la colpì
appena sotto
al costato. Indietreggio prendendo un grosso respiro cercando di tenere
sotto
controllo il panico crescente, qualcuno le tirò l’orlo della gonna e
immediatamente riconobbe la voce
-Tutto bene?-
Afferrò in un battito di ciglia il polso di Mihir
tirandolo
vicino a se
-Non ti allontanare-
-Non mi sono allontanato!- borbottò il bambino
ricominciando
a seguirla mentre si faceva strada in mezzo a quel marasma di corpi
sudati e
vestiti sudici. Tossì quando una zaffata di odore acre gli raggiunse le
narici
e allungò il passo riconoscendo la puzza dolciastra della mescalina2.
“Informazioni e protezione in cambio di denaro e
una vita
più giusta e sicura in questo distretto”, scosse la testa reprimendo un
grugnito. Le pupille continuarono a saettare prendendo nota di quei
dettagli
cosi raccapricciati.
Perché adesso poteva vederlo, quel ragazzino
disperato che
puntava un coltellaccio alla gola di quella donna. Il mercante che,
avido,
osservava le forme acerbe di quella bambina così minuta che arrancava
affianco
alla bancarella. I gendarmi che passeggiavano a coppie lungo la strada
e la
gente che, timorosa come lei, si faceva da parte e abbassava lo sguardo
deviandolo ai loro mantelli senza toppe e strappi, ai pantaloni puliti,
alle
scarpe lucide e, inevitabilmente, alle spade saldamente ancorate al
loro
fianco. Riusciva a vederlo, ma non voleva; voleva continuare a
ignorarlo, come
aveva sempre fatto, come facevano tutti.
“Una vita più giusta e sicura”.
Sentiva la bile acida risalirgli l’esofago e
soffocarla,
l’aria putrida strappargli l’ossigeno dai polmoni, lo stomaco e le
budella che
si dimenavano nello stretto spazio a loro concessogli, attorcigliandosi
e
avviluppandosi l’uno nell’altro.
Buttò fuori la poca aria che ancora gli rimaneva
in gola per
poi aprire gli occhi
-Sicura di stare bene?- la voce stridula e
preoccupata,
angosciata, di Mihir la riportò bruscamente alla realtà e si accorse
solo ora
di come fosse ferma in mezzo alla strada con uomini e donne che la
spintonavano
per passare.
Girò la testa di scatto guardandolo allucinata e
lui
sussultò spaventato -Mie…-
Poteva leggere l’inquietudine nel suo sguardo e
l’ansia
nella sua voce, si chinò sui calcagni, rischiando di perdere
l’equilibrio a
causa dello spintone di qualcuno, e gli accarezzò dolcemente una
guancia -Sto
bene Mihir, tranquillo-
I suoi occhi si schiarirono di sollievo alla sua
voce calma
e rassicurante, gli si lanciò addosso avvolgendogli le braccia intorno
al collo
-Ho avuto paura, pensavo che stessi male come la mamma-
Sentì un tuffo al cuore a quelle parole e strinse
più forte
a sé il corpicino del fratello consolandolo e consolandosi -Sto bene,
davvero-
ripeté dolcemente lasciandogli una carezza sulla schiena. Si rialzò con
la
schiena indolenzita dalle piccole botte che aveva ricevuto mentre era
stata
piegata, troppo bassa per essere notata. Strinse la mano del bambino
sorridendogli e riprendendo a camminare.
Non doveva farlo preoccupare, non a lui che aveva
ancora il
privilegio di non vederle certe cose.
-Coraggio, dobbiamo arrivare all’entrata
occidentale il
prima possibile!- lo spronò.
Mihir annuii riprendendo a camminare di buona lena
accanto a
lei; erano passato dall’entrata a nord, la più vicina alla locanda, e
avrebbero
dovuto superare più di metà del mercato per raggiungere la loro
destinazione,
l’entrata occidentale. Sentì la carta ruvida stropicciarsi dentro la
sua tasca
e piena di una rinnovata determinazione superò l’ennesimo mercante che
le si
piazzava davanti per vendergli la sua “Ottima merce a bassissimo
prezzo,
un’offerta signorina!”.
-Per una vita più giusta e sicura- mormorò.
Ignorò lo sguardo corrucciato di Mihir continuando
la sua
marcia, gli occhi catalizzati da un futuro che non poteva ancora vedere
-Più giusto e sicuro- mormorò il fratello
Si spostarono lentamente verso il bordo della
strada, si
trovavano all’ingresso, esattamente dopo l’ultima bancarella che
avevano
incrociato. Li la ressa pareva farsi meno soffocante e speravano di
poter
individuare più facilmente il ragazzo a cui dovevano consegnare la
lettera.
Si guardarono attorno per un po’ senza notare
nulla. Mie
sentiva l’ansia invaderle nuovamente la mente, erano troppo esposti.
Loro due,
in piedi, sul ciglio della strada. Strinse più forte la mano di Mihir
cercando
di ritrovare lucidità.
-È lì- il sussurro accompagnato da uno strattone
della gonna
le fece riaprire gli occhi di scatto. Segui lo sguardo del fratello e
lo vide
anche lei. Qualche bancarella più avanti, appoggiato accanto al muro,
le
braccia incrociate e i vestiti leggermente troppo larghi. Spostò
febbrilmente
gli occhi alle caviglie del ragazzo e la prima cosa che notò fu anche
quella
che le interessava maggiormente, intorno alla caviglia sinistra era
avvolto un
logoro e consunto fazzoletto rosso che spiccava intenso sulla pelle
bianca e
cadaverica. Si avvicinò a lunghi passi con Mihir affianco fermandosi a
pochi
passi dal giovane.
Lo fissò per qualche secondo prima che lui gli
schioccasse un’occhiata dura e curiosa al contempo -Chi siete?-
Mie ingogliò il groppo che aveva in gola, ma non
fu abbastanza svelta
a prendere parola
-Sei Marcus?-
Mihir era scivolato via dalla sua presa
posizionandosi tra
lei e il ragazzo, lo fissava in viso sicuro e deciso, lui alzò un
sopracciglio
-E se anche fosse? Voi chi siete?- richiese
abbandonando la
posizione appoggiata al muro per assumerne una decisamente più tesa,
spalle
rigide, schiena dritta, gambe leggermente divaricate, le mani in tasca
e Mie
sentì distintamente, nonostante la confusione che c’era attorno a loro,
lo
scattare di un coltellino. Sbiancò mentre tremante allungava una mano
verso il
fratello
-Mihir non-
-Sei Marcus?- chiese testardo ignorando la sua
supplica
-Abbiamo qualcosa da darti-
Marcus sbuffò sonoramente tirando una mano fuori
dai
pantaloni e passandosela tra i capelli rossicci -Sapete scrivere?-
Mie, ancora timorosa, afferrò Mihir per una spalla
portandoselo più vicino -Sì- rispose, non capiva cosa c'entrasse la
domanda -Lui sa scrivere-
Il ragazzino passo stupito lo sguardo tra lei e il
bambino
prima di storcere la bocca in un leggero sorriso
-La lettera?- chiese con uno sbuffo divertito
Mie infilò una mano nella gonna tirando fuori il
foglio
ripiegato in tre parti e sigillato con un po’ di cera, la allungò al
ragazzo
che con uno scatto la afferrò infilandosela sotto la maglia, nella
cintura dei
pantaloni.
-Passate per l’esterno, evitate il mercato nel
tornare
indietro- e dopo l’ultima raccomandazione li superò scomparendo in
pochi passi
tra la folla
-Abbiamo fatto bene Mie?-
Rafforzò la presa sulla spalla del fratello
fissando il punto
in cui era scomparso -Lo spero Mihir. Lo spero-
Quando rientrarono nella locanda la trovarono
molto più
piena di quanto Mie si aspettasse. Solitamente non si riempiva
completamente se
non verso sera dopo il calare del sole, invece adesso, nonostante fosse
appena
pomeriggio e il sole si vedesse ancora attraverso il buco nella volta,
ogni
singolo tavolo era occupato e le persone erano accalcate al bancone. Il
parlare
era concitato, troppo rispetto ai pochi bicchieri e boccali sui tavoli.
-Mihir vai in casa-
Il bambino la guardò confuso prima di annuire e
svicolare
tra sedie e gambe raggiungendo la porta, Mie si incamminò verso il
bancone
ascoltando gli stralci di conversazione che le arrivavano alle orecchie
e capì.
-Come ti sei fatto quel taglio?-
-Avessi idea del casino che hanno fatto al
mercato, sono
caduto e zac!-
-Caduto?-
-Tre hai
detto?-
-Sì, ti
garantisco che
era una ragazza!-
-Hanno rubato dei movimenti da un carro degli
Unicorni!-
-Impossibile ti ripeto!-
-Quindi
anche quel
mantello…-
-Era
quasi mezz’ora che
contrattavo sul prezzo!-
-Quei
ragazzini sono
arrivati al momento giusto e tu ne hai approfittato eh!-
-Chi vuoi
che si
accorga di un mantello in meno-
-Quei diavoli hanno buttato tutte le casse per
terra ti
dico! Assurdo!-
-E i mercanti?-
Le voci si sovrapponevano in una cacofonia
concitata e
dovette alzare la voce per parlare con Chayse
-Papà!-
-Finalmente sei tornata- l’uomo la guardò con la
gratitudine
negli occhi -Mihir?-
-È in casa- l’uomo annuii -Che succede qui?-
chiese
osservandosi attorno
-Sono arrivati tutti in pochi minuti, sai che
appena succede
qualcosa la gente vuole parlarne. E le locande…-
-Sono il luogo perfetto- completò la frase lei
Il padre la guardo curioso -Qualche dettaglio in
più da
riferire? Qui ognuno ha la sua versione!-
Corrucciò le sopracciglia -Che intendi?-
-Quello che è successo al mercato! Te ne eri già
andata?-
chiese stupito.
Sgranò gli occhi ripensando all’avvertimento del
ragazzo
-Che è successo?-
-Oi Jael! Che ne dici di raccontare a mia figlia
che è
successo?-
Un uomo sulla trentina si girò verso di lei, gli
avventori
attorno a loro si erano fatti muti e anche i più lontani avevano
abbassato le
voci
-Prima passami un boccale Chayse!-
L’uomo riempì un boccale fino all’orlo per poi
passarlo al
cliente, Jael ne bevve un sorso leccandosi le labbra, si era seduto sul
bancone
e sembrava dominare l’intero locale
-Io ero lì, proprio sotto di loro. Diavolo avreste
dovuto
vederli in viso, erano… erano…- prese un nuovo sorso -È stata questione
di un
battito di ciglia, il secondo prima ero con mia moglie a litigare con
uno dei
mercanti, Ian, quel bastardo fa dei prezzi dannatamente troppo alti per
delle
mele marce!-
Si alzò un mormorio di approvazione
-E un attimo dopo il caos! Erano in tre e una era
una
ragazza, ve lo dico io che l’ho vista, era una ragazza Sant’Iddio! È
volata giù
e ha rovesciato tutte le casse qualche metro più avanti, Ian ha
iniziato a
urlare come una gallina a cui prendono le uova-
Nel locale si sollevarono risa e fischi di
approvazione,
qualcuno ardì a imitare il mercante e le risate si fecero ancora più
forti.
Jael bevve in un baio si sorsi tutto l’alcool rimasto nel boccale
mentre le
risate scemavano
-E lo stesso hanno fatto gli altri due. Poi due
Unicorni
hanno provato a prenderli-
-E com’è finita! Diccelo!- urlò qualcuno dal fondo
della
sala con una nota divertita nella voce, Jael ridacchiò tra se e se
-Secondo voi? A me pare ovvio! Quegli idioti non
sono
riusciti a fare più di qualche metro prima di cadere a terra con i fili
tagliati!-
La folla proruppe nuovamente in risa e urla,
neanche fosse
stato lui stesso il protagonista di ciò che stava raccontando. Si alzò
in piedi
sullo sgabello mimando in impacciato inchino prima di tornare a
sedersici
sopra. Mie non riusciva a trattenere un sorriso, gli occhi che
brillavano al
pensiero dell’umiliazione subita da quei soldati.
-Al lavoro!- il richiamo del padre che le passava
un boccale
vuoto la rianimò e sorrise allegra riprendendo a lavorare.
Mihir nascosto dietro la porta socchiusa aveva
ascoltato
tutta la storia, sentiva l’adrenalina pompargli nelle vene e la voglia
matta di
urlare. Chiuse la porta con attenzione correndo poi in camera da letto
e
scostare i vestiti in fondo all’armadio, prese il libro e lo aprì
rivelando un
foglietto di carta che aprì con cura. Le lettere non erano chiarissime
e in
alcuni punti l’inchiostro non aveva preso bene, ma era normale; infondo
quando
aveva scritto la lettera aveva tenuto conto che il foglio messo sotto
non
sarebbe venuto benissimo nonostante avesse usato apposta una quantità
maggiore
di inchiostro per far passare le lettere.
Si sedette sul letto rileggendola.
1 Okay,
qui ho messo un asterisco perché mi rendo conto che
la risposta di Mie può non essere chiarissima e vi meritate qualche
spiegazione, andiamo con ordine dunque. Tanto per cominciare il “pane”
del
sottosuolo io me lo sono sempre immaginata diverso dal nostro e vi
spiego il
perché: ovviamente, come si intuisce dal nome, il Distretto Sotterraneo
si
trova sotto terra, quindi tutte quelle belle cose che crescono qua da
noi grazie al sole per ovvi motivi li sotto
non crescono o, comunque, crescono in quantità molto limitate. Tra
queste cose
c’è il grano. E, come tutti sappiamo, senza il grano non si fa la
farina. Con
questo non dico che non esiste la farina, non fraintendetemi,
sicuramente è
possibile comprarla, ma a prezzi molto elevati poiché ne esiste poca
visto che
proviene solamente dalla superficie. Per questo immagino che, molto
probabilmente, gli abitanti di questo distretto si saranno arrangiati
nel corso
del tempo con quello che potevano coltivale la sotto, ovvero tuberi e
radici
(come le patate, barbabietole, rape, pastinaca, carote, rafano,
zenzero, etc
etc) e legumi (ceci, lenticchie, fagioli, fave, etc etc). Ecco spiegato
perché
quando Mie dice di dover fare il pane Mihir prende ceci e patate e non
farina e
acqua. Seconda cosa, perché dice “pane al carbone”? Semplice,
ricordatevi che
Mihir aveva sul tavolo ancora la boccetta d’inchiostro che si poteva
rovesciare
e quindi finire nell’impasto, inoltre l’inchiostro è formato
principalmente da
acqua e nerofumo (la sostanza residua che di ottiene quando si brucia
il
carbone, appunto, o il petrolio), ecco spiegata la frase di Mie.
Scusate se
sono stata un po’ prolissa, ma non ero sicura che fosse di intendimento
immediato e per questo ho preferito spiegarla, grazie della pazienza (:
2 La mescalina è una sostanza
stupefacente che esite davvero e proviene da uno specifico cactus
messicano (il peyotl). Ha l'aspetto ti una polverina bianca-marroncina
che si può sciogliere in acqua, essere bevuta o mangiata, oppure fumata
(come nel nostro caso). Gli effetti sono allucinazioni, eccitazione,
insonnia, logorrea, sensazioni di onnipotenza e così via, da dipendeza
psichica. Ho prefeito insierire questo tipo di droga più per motivi
strettamente stilistici che altro, infatti, almeno a me, suonava molto
meglio nella frase rispetto a marijuana, oppio o hashish.
E ora passiamo alle note vere e proprie! Spero che
il capitolo vi sia piaciuto, perchè è stato un po' un'ispirazione del
momento. Infatti quando ieri ho aperto word per rileggere il capitolo
mi sono accorta che era orrendo quindi ho cancellato tuttoe
ricominciato a scrivere. Spero di essere riscita a trasmettervi quello
che ho provato io mentre lo scrivevo e, soprattutto, che non sia
risultato noioso, come invece era la prima stesura. Sono davvero
curiosa di sapere che ne pensate!
Inolte entra in scena, anche se indirettamente, un'altro personaggio
che tutti noi conosciamo molto bene... chi ha indovinato chi è? Chissà
se almeno stavolta sono riuscita a mantenere un po' di suspance.
La nostra Mie ha deciso di accetare l'accordo con Levi e Farlan
(ringrazio tanto Saira KH per aver votato a tal proposito), cosa ne
pensate? Avra fatto bene? o andrà tutto a rotoli? Lo scopriremo insieme
leggendo XD E il nostro vecchio e caro Chayse? Lui è ancora all'oscuro
di tutto, ma per qunto ancora? Mie forse non è l'unica a nascondere
qualcosa. E L'ultima domanda del capitolo lascia molti quesiti aperti,
tra cui:
Mihir sta
davvero nascondendo qualcosa a Mie?
A- Sì
B- No
Alla prossima settimana,
Imoto-chan