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Autore: Urban BlackWolf    28/09/2017    4 recensioni
Inesorabilmente trascorse settimane da quella giornata di fine giugno, di Haruka e Michiru non si hanno più notizie. Le hanno cercate ovunque, interminabili ore passate tra le sponde di quel corso d'acqua quasi irriconoscibile, ma di loro non c’è più alcuna traccia.
Ma quando la speranza sembra ormai stata vinta dalla rassegnazione, un giovane dalla zazzera dorata e gli occhi verdi come i prati delle montagne ai quali appartiene, comparirà al servizio di una delle famiglie più in vista di Berna deciso a scoprire cosa realmente sia accaduto dopo quella maledetta sera.
-Sequel de: le trincee dei nostri cuori-
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Makoto/Morea, Michiru/Milena, Minako/Marta, Setsuna/Sidia | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Fino alla fine del mondo

La mia promessa a te

 

Sequel del racconto

le trincee dei nostri cuori

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Setsuna Meiou, Ami Mizuno, Usagi Tsukino, Makoto Kino appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

Un salto nel passato

 

 

Quando il chiaro dei loro occhi si incrociò, Haruka ebbe l’impressione che il tempo rallentasse e lo spazio tutto intorno a lei prendesse a dilatarsi a dismisura incontrollato e deformante. Corrugando la fronte sentì l’istante esatto nel quale i suoi battiti cardiaci iniziarono a correre veloci, come tamburi di una galea sotto attacco, mentre una specie di leggerissimo fischio prendeva a ronzarle nelle orecchie avvertendola del balzo vertiginoso appena compiuto dalla sua pressione.

Come un palo piantato nel fango ormai arso dalla calura, lui se ne stava dall’altra parte della strada mentre due soldati parlottavano a poca distanza. Le iridi dilatate, la bocca semi aperta, la classica espressione di una naturale sorpresa ad un’apparizione grottesca e priva di sostanza. Uno spettro, si perché per lui Haruka Tenou era solo e semplicemente questo; uno spettro da scacciare dagli anfratti viscidi di quel che rimaneva della sua coscienza. Perché era li, a guardarlo, vestita in abiti maschili, lei che dopo la pistolettata datale l’estate scorsa avrebbe già dovuto essere all'inferno?

Una spinta e l’uomo iniziò a camminare attraversando con i suoi compagni di sventura la massicciata stradale. Aveva certo vissuto momenti migliori, ma la prigionia non gli aveva arrecato poi tutto questo gran danno, anzi, se non fosse stato per le catene ai piedi e i ceppi alle mani, l’uniforme un po’ sgualcita, la capigliatura priva dell’immancabile cera e la leggera balba, nessuno avrebbe scommesso sulla sua attuale condizione di carcerato. Salendo i primi gradini che lo avrebbero portato all’entrata della stazione, continuò a tenere gli occhi sulla ragazza fino a quando non le fu abbastanza vicino per poterle parlare.

La ragazza deglutì avvertendone perfino l’odore. Non poteva essere! Non così. Haruka non era assolutamente pronta a questo. Aveva sempre avuto il timore che se un giorno il destino li avesse posti nuovamente l’una di fronte all’altro, lei avrebbe commesso un’umana sciocchezza, una follia che sarebbe andata a compromettere tutto il suo futuro. Ed ora quella stessa paura andava via via concretizzandosi nel sorrisetto beffardo messo su dall'uomo. E lei era armata.

Farsi giustizia da sola, farlo per i Kaiou, per Giovanna, ma soprattutto per Michiru, la sua dolcissima ragione di vita che la stava spingendo avanti e ancora avanti, nonostante lui, il suo egocentrismo, la sua gelosia ed il folle gesto che le aveva divise, forse per sempre.

“Muovetevi! Non siamo hai vostri comodi!” Lo strattonò nuovamente uno dei due soldati affidati alla sua custodia mentre lui continuava imperterrito a sorriderle.

“Aspettate un attimo. Vedo che qui c’è una vecchia conoscenza.” Disse l'ex graduato gonfiando il petto.

Haruka stava tremando, ma non lo avrebbe mai dato a vedere. Non staccando il contatto visivo si mise entrambe le mani nelle tasche dei pantaloni andandogli incontro.

“Se qualcuno mi avesse detto della vostra sopravvivenza non gli avrei mai creduto. Evidentemente quel giorno devo aver commesso uno stupidissimo errore di valutazione.” Ora aveva capito che sotto quella diga avrebbe dovuto ucciderla.

“Evidentemente.” Rispose lei stupendosi di quanto pulita fosse la sua voce. Nessuna increspatura. Nessuna esitazione, come se quel continuo tremore che le stava squassando le carni non esistesse.

“Vi trovo in splendida forma, Tenou.” Aggiunse squadrandola con uno strano scintillio di soddisfazione negli occhi, preludio all’inesorabile frase che da li a pochi istanti avrebbe pronunciato.

“Trovo bene anche voi… Nonostante tutto.” E aspettandosi il peggio la bionda strinse la mascella alzando i pugni del suo cuore.

“Possiamo dire la stessa cosa della signorina Kaiou?”

Haruka cercó di schivare quel colpo bastardo, ma andò a segno lo stesso facendola barcollare. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Mentire? Tacere? Forse temporeggiare per evitare un’altra stoccata?

“Non è cosa che vi debba interessare.” Ma il timbro solo un attimo prima tanto fermo, tremò leggermente e lui lo colse.

“Oh… Allora le voci giuntemi in questi mesi erano dunque vere. Nulla si è salvato da quel crollo… In tutta onestà... non me ne dispiaccio.”

“Avanti Sottotenente, muovetevi!” Ordinò il soldato all’ufficiale allontanandolo.

Con gli occhi iniettati di sangue la ragazza estrasse la destra dalla tasca lasciandola scivolare dietro la schiena. Le dita afferrarono l’impugnatura della Luger pronte a far leva per estrarla dalla cinta quando altre dita, determinate al pari delle sue, ne bloccarono il movimento. Puntando lo sguardo al pavimento Haruka continuò a far sforzo fino a provare dolore al polso, perché la mano di Giovanna si era trasformata in una morsa nervosa.

Avvicinandole la bocca all’orecchio la maggiore cercò di essere il più chiara possibile. “Non fare idiozie! Cosa credi di risolvere ammazzandolo?”

“Lasciami.” Ringhiò.

“Così che tu possa rovinarti la vita? No, sorella.”

“Lasciami ho detto!”

“No! Stammi a sentire; se veramente ami Michiru come dici non puoi permetterti di cedere alla vendetta. Ti ricordi? Non fosti proprio tu a dirmi parole simili quando, quel giorno vicino ad Altdorf, stavo per sparare all’uomo che volva violentarti? Allora io capii. Ora cerca di farlo tu!”

Giovanna si vide puntati contro due smeraldi infuocati, ma non si scompose, perché conosceva fin troppo bene quell’espressione al limite della disperazione per averne paura o soggezione.

Prima di lasciarle definitivamente il polso, passarono svariati secondi nei quali le sorelle Tenou rimasero l’una di fronte all’altra, immobili, occhi negli occhi fino a quando la bionda non pose la sua fronte su quella dell’altra pregando che tutto finisse al più presto.

"Che bel quadretto!"

"Credo che sia il caso che il prigioniero si allontani di qui!" Consigliò Giovanna ai due militi che con noncuranza e non avendo assolutamente compreso la situazione, tornarono a camminare verso una delle banchine.

Così i prigionieri salirono nell’ultimo vagone del treno che li stava aspettando sul primo binario che li avrebbe condotti a Malles e da li, con molta probabilità, a Vienna. Sentito il fischio della partenza, la maggiore lasciò finalmente la pelle bollente dell’altra ritenendo la questione chiusa.

“Scusami Haruka, ma non potevo lasciartelo fare. Lo capisci? Coraggio, andiamo. Il nostro treno arriverà in stazione tra cinque minuti.” Disse allontanandosi di un passo.

“Haruka Tenou non è mai venuta meno ad un debito e ritengo che oggi io abbia saldato con il destino quello che dovevo a quell’uomo, ma Giovanna… sulla tomba di nostra madre..., ti assicuro che se un giorno il caso me lo metterà nuovamente davanti, io gliela farò pagare.”

Ma quella fu l’ultima volta che le strade di Haruka e di Daniel Kurzh ebbero modo di incrociarsi. Non si rividero mai più.

 

 

Nydeggasse Strasse, centro storico di Berna.

Svizzera settentrionale – 19/12/1914

 

“Ben tornata signorina Michiru. Spero che il viaggio sia andato bene.” Amorevole come al solito la Governante le prese la borsa a mano aggiungendo al saluto una carezza lieve sulla guancia.

“Benissimo, grazie Clementine, anche se ammetto di essere un po’ stanca e parecchio affamata.” Rispose la ragazza guardandosi intorno. Dei suoi genitori neanche l’ombra. Come al solito non erano riusciti a liberarsi in tempo per venirla ad accogliere al suo ritorno a casa per le vacanze natalizie.

“Non preoccupatevi Michiru, Maria sta preparando il vostro piatto preferito.”

“Meraviglioso. - Esclamò contenta seguendola su per le scale. - Ma i miei genitori?”

“Il signore è stato chiamato al Ministero della Difesa e la signora è dai Roswell per organizzare la raccolta fondi di Natale.”

Ecco, come da programma. Evidentemente non è servito a nulla mandare tre giorni prima il telegramma con data e ora del mio arrivo. Pensò sospirando sommessamente.

“O su via Michiru, non crucciatevi. Li vedrete entrambi questa sera a cena.”

Arrivando sul pianerottolo la ragazza si fermò meditabonda. “Non è questo. Ho una notizia da dargli e mi aspettavo di potergliela comunicare subito.” Brontolò riprendendo a camminare fino alla porta della sua stanza.

“E’ tanto urgente da non poter aspettare?” Chiese la donna sorridendo mentre apriva una delle due ante laccate di bianco lasciandola passare.

Michiru respirò a pieni polmoni sentendosi nuovamente protetta. Finalmente tra le sue cose. Era dall’estate che era lontana e le mancava tutto della sua Berna, della sua casa, ma soprattutto della sua stanza. I libri ordinati sulla scrivania, gli spartiti, le bambole di porcellana che tanto le avevano fatto compagnia da piccola e il quadro sul cavalletto dipinto fino al giorno precedente la sua partenza per Merano.

“No, certo che non è urgente, ma…” Girandosi verso la Governante con le mani serrate dietro la schiena illuminò il viso con un sorriso radioso.

“Signorina Rostervart… vorrei annunciarvi una novità!” Stentorea continuò a guardarla notando con gusto la sua espressione stupita.

“O perbacco. Sono tutta orecchi!” Disse imitandola in quella posa di finta ufficialità.

“L’ho incontrata!”

“Chi, di grazia?”

“Come chi?! La mia anima gemella!”

Dilatando gli occhi Clementine sciolse le mani lasciandole lungo i fianchi. “Mio Dio, ma è fantastico!”

“Lo so! Il nostro incontro è stato incredibile. E’ successo questo autunno, durante un ballo, ma non avrei mai creduto di ritrovarmela davanti al San Giovanni.”

“In Collegio?”

“Si. E' il nuovo medico. O Clementine, credo che presto verrà qui a dichiararsi a mio padre.”

Medico? Pensò la donna interdetta mentre Michiru le afferrava le mani stringendole nelle sue.

“E’ un uomo incredibilmente affascinante. Alto, bello, intelligente e gentile. Credo che i miei genitori ne saranno entusiasti anche se non viene da una famiglia agiata.”

“Ma… non è un po’ troppo presto per accogliere una proposta di matrimonio?”

“E’ per questo che esistono i fidanzamenti.” Rispose ridendo euforica.

La Governante non l’aveva mai vista tanto eccitata e sulle prime rimase parecchio interdetta. Conosceva il cuore di Michiru e le latenti inclinazioni che aveva iniziato a manifestare subito dopo l’adolescenza con conoscenze e letture al limite del proibito. Possibile che si fosse sbagliata tanto, che della sua ragazza non avesse capito nulla?

“Be, se è un uomo tanto perfetto sono contenta per voi.” Espresse semplicemente ricambiando quella felicità e pregando intimamente che non si trattasse di un tremendo abbaglio.

Giunta la sera e salutati i suoi genitori Michiru fece ritorno in camera sentendosi esausta. Il viaggio, la felicità di essere tornata a casa, la novità di quel fantomatico medico finalmente rivelata anche a Flora e Viktor, le avevano prosciugato ogni energia. Così si ritrovò presto in camicia da notte e vestaglia seduta alla sua scrivania, con il tepore del caminetto acceso e la luce della lampada elettrica a scrivere nel suo diario le sensazioni che quell’interminabile giornata le aveva donato.

 

Berna – Palazzo Kaiou – 19/12/1914

 

Sono nuovamente a casa. Ho detto ai miei di Daniel. Sono rimasti di sasso.

Mio padre ha mantenuto un certo decoro, mia madre invece, dopo un primo momento nel quale ho spiegato loro come ci siamo conosciuti e soprattutto il suo lavoro, è esplosa in commenti sfavillanti e ricchi di complimenti, il che mi fa davvero tanto, tanto felice.

In un primo momento devo ammettere di essere stata io a stupirmi. Non credevo che, avvalendosi solamente delle mie descrizioni, reagissero nei confronti di Daniel con tanta benevolenza e se da una parte lo trovo stupefacente, dall’altra mi dà da pensare.

Alla mia rivelazione si sono comportati come se intimamente avessero sempre avuto il terrore che io rimanessi zitella. Soprattutto mia madre. Eppure sono abbastanza graziosa, anzi, a detta degli uomini che mi hanno circondata fino ad oggi, oserei dire anche bella e non immaginavo il fatto che non avergli ancora presentato nessuno li potesse preoccupasse tanto.

Sono perciò contenta anche per loro. Daniel è la scelta migliore che potessi fare. Ammetto di non aver maturato così tanta esperienza da riuscire a fare comparazioni con altri uomini di egual spessore, ma sono sicura di quello che provo e sono incoraggiata dal periodo di fidanzamento che mi servirà per capire meglio il suo carattere.

A volte mi vergogno di me stessa. Quando quella sera i nostri occhi si sono incrociati, ho avvertito un brivido ghiacciato strisciarmi lungo la schiena ed ho provato come una sorta di paura. Poi il valzer in sottofondo, il suo sorriso ed i modi gentili mi hanno convinta che la prima impressione non sempre e' quella che conta. Sono una stupida. Cosa dovrei temere?

Sono certa che più conoscerò il suo essere e più quella sensazione provata quella sera rimarà solo un lontanissimo ricordo.

M.K.

 

 

Tratta ferroviaria Bellinzona - Locarno

Svizzera meridionale – 19/9/1915

 

A volte mi vergogno di me stessa. Quando quella sera i nostri occhi si sono incrociati, ho avvertito un brivido ghiacciato strisciarmi lungo la schiena ed ho provato come una sorta di paura. Poi il valzer in sottofondo, il suo sorriso ed i modi gentili mi hanno convinta che la prima impressione non sempre e' quella che conta. Sono una stupida. Cosa dovrei temere?

Sono certa che più conoscerò il suo essere e più quella sensazione provata quella sera resterà solo un lontanissimo ricordo.

 

Haruka richiuse il diario stringendolo tra le dita di entrambe le mani mentre spostava lo sguardo dalla pelle scura al panorama in movimento fuori dal finestrino. Iniziando ad inalare ossigeno cercò di calmare l’ennesima esplosione di rabbia. Era solo il primo pomeriggio e si sentiva stanca come se avesse lavorato tutto il giorno all’aria aperta. Quelle continue botte d'adrenalina le avevano regalato un mal di testa feroce ed un vago e permanente senso di nausea.

“Avevi detto che ti fa male leggere i suoi pensieri. Allora perché stai continuando a macerarti l’anima?” Sedutale di fronte, Giovanna si sporse accarezzandole una mano.

“Voglio capire. Devo capire come possa essersi innamorata di un bastardo simile.”

“Il cuore di noi donne è complicato e certe volte capita di sbagliare. Purtroppo è un fatto, altrimenti al mondo non ci sarebbero tanti rapporti infelici.”

“No, Michiru l’aveva intuito subito che quell’uomo era pericoloso.”

“Lo ha scritto?” E ad un assenso l’altra posò i palmi sulle ginocchia della sorella scuotendo la testa.

“Alcune di noi sono più intuitive di altre, ma tutte portiamo dentro una sorta di mutuo soccorso o non so, forse d’incoscienza, ed una volta riconosciuto in qualcuno un pericolo, invece di fuggire pensiamo ad un salvataggio.”

“Michi non è così stupida!”

“Non si tratta di stupidità, ma della femminilità insita nella nostra natura. E poi devi contare anche l’ambiente dove è cresciuta e la famiglia. Tu lo sai meglio di me che i nostri genitori, anche dopo i miei vent’anni, non mi hanno mai spinta più di tanto a cercarmi un marito. Forse quelli di Michiru non sono stati altrettanto pazienti.”

“No, non credo sia neanche questo.” Sospirando chiuse gli occhi poggiando la schiena al legno della seduta.

“Allora cosa pensi?”

“Da come si comportò con me praticamente fin da subito, penso che sotto sotto Michiru sapesse bene quale fossero le sue inclinazioni, come lo aveva capito la signorina Rostervart, la donna che l’ha praticamente cresciuta e con molta probabilità anche sua madre. Almeno da quello che leggo qui. Forse è per non deludere i suoi o per sentirsi una ragazza normale che ha accettato la corte di Kurzh pur avendo intuito in lui qualche cosa di oscuro.”

“O forse la combinazione di tutti questi fattori.”

“… Forse.”

“Questo ti fa sentire meglio?”

Haruka torno' a guardarla. “No.”

Giovanna stirò allora le labbra comprensiva. “Povero il mio cavallino di fanteria. - Disse ravvivandole la frangia. - Non sarà questo che ti fermerà, giusto?”

La bionda gonfiò il petto sorridendole a sua volta. “Giusto!”

“Mi auguro veramente con tutto il cuore che la ragazza che stiamo cercando sia lei. Se aveste la possibilità di amarvi sareste una coppia stupenda.” Confessò tornando a sedersi più comodamente.

Haruka arrossì un poco cercando di nascondere l’imbarazzo in quella sua classica posa da finta dura. A braccia conserte accavallò le gambe alzando leggermente le spalle imbronciando il suo bel viso.

Allora per stemperare Giovanna ripensó ad un aneddoto divertentissimo. “Ruka, ti ricordi prima dello scavallo del San Gottardo, quel giorno nel quale Usagi non riusci' a pescare nulla e non avendo trovato di meglio, portasti a Makoto quel ratto gigante facendolo passare per una piccola marmotta?”

Haruka sbotto' a ridere seguita a ruota dall’altra.

Al sapere di avere per cena una marmotta, Kaiou aveva storto il naso cercando di non dare a vedere quanto schifo le facesse l’idea, ma per quieto vivere e vinta dai morsi della fame, aveva dovuto abbassare la testa e fare buon viso a cattivo gioco. Quando pero' si era venuta a scoprire la verità, i quattro cavalieri dell’Apocalisse si erano abbattuti sulla terra.

“Ma tu… tu… tu non sei normale Tenou!” Aveva urlato alzandosi di scatto portarsi una mano alla bocca.

“Perché scusa? E' comunque carne. Non fare la schizzinosa Kaiou."

“La schizzinosa? La schizzinosa! Non si sta parlando della differenza tra un bue ed un asino. Ci hai dato da mangiare un ratto!”

“Ecco, lo sapevo che non avrei dovuto dirti la verità. Guarda Usagi… Lei si che mi da soddisfazione.” E la biondina aveva sorriso continuando a cibarsi della zuppa pietra dello scandalo.

“Usagi!”

“Ma Michiru.... è buona.”

“Per tutti i Santi del Paradiso… è un ratto!” E l’insegnante era schizzata lontana dal fuoco e non si era mai capito se per rimettere il piatto incriminato o sfogare al cielo tutta la sua collera senza più freni inibitori.

Giovanna si asciugò le lacrime. “Quel giorno Michiru uscì proprio di senno, anche se sono convinta che la cosa che più le diede fastidio, non fu ne la tua “innocente” bugia, ne tanto meno il fatto di aver mangiato un ratto, ma la tua faccia di bronzo.”

“Lo so. Glielo feci apposta per vendicarmi delle uova.” Ammise candidamente.

Le uova…

La questione delle uova era nata due giorni prima, sul finire della mattina, quando il gruppo si era reso conto che le gallette ed il pesce non sarebbero più riuscite a sfamare decentemente nessuna di loro. Michiru aveva allora sospirato visibilmente affranta e nel vederla così Haruka era scesa in modalità salvatrice della patria. Chiamando la sorella avevano confabulato per svariati minuti dileguandosi poi verso una fattoria poco distante con un piano ben preciso nella testa.

 

 

Fiume Ticino.

Svizzera centrale – 3/6/1915

 

“Lo vedi?”

“Si. E’ incustodito.” Giovanna tornò ad accovacciarsi tra l’erba dietro un enorme balla di fieno.

“Ottimo. Già che ci stiamo, io ne approfitterei.”

“Haruka non saprei. Finché si tratta di qualche uovo passi, ma addirittura rubare una gallina intera mi sembra eccessivo.”

Alzandosi nuovamente per osservare il pollaio ed i pennuti che ci stavano razzolando intorno, la bionda controbatté a quella reticenza con un tanto sempre di furto si tratta che convinse la maggiore a procedere. Così sgattaiolando fuori dal loro nascondiglio, si mossero furtive fino al recinto e da li, aperto il cancelletto, con due balzi arrivarono alla porta della struttura che ospitava le galline covatrici.

Avendo già notato come quella piccola fattoria fosse tranquilla, ed ipotizzando che gli abitanti fossero ancora nei campi, forti della loro destrezza di giovani donne si avvicinarono pronte per razziare le gabbie quando Giovanna cacciò un grido di dolore alzando velocemente una gamba.

“Sta zitta, vuoi richiamare tutto il vicinato?!” Disse Haruka guardando gli occhi atterriti dell’altra.

“Mi ha beccata!”

“Che?”

“Quella gallina mi ha beccata.” Indicò un pennuto che tranquillamente si stava aggirando a qualche centimetro da lei.

“Ma dai, non dire stupidaggini. Credi forse siano polli da guardia?!”

“Guarda che dico sul… Ahu!” Barcollando colpita una seconda volta, Giovanna franò sulla sorella che si ritrovò sul pavimento del pollaio.

“Dannazione stai più attent… Ahi…” Arpionandosi la mano sinistra con l’altra Haruka si girò sulla schiena. Davanti a loro un piccolo e variopinto plotone d’esecuzione.

“Hai visto!?”

“Ma stiamo scherzando!? Forza! Via, sciò! Levatevi dai pied… Ah!”

Alzandosi di scatto spalle alle gabbie le due si sentirono in trappola.

“Va bene, abbiamo capito. Noi togliamo il disturbo… E’ stato un piacere…” Disse la bionda al fronte dei piccoli occhietti vacui.

“Perché ci fissano così?”

“Giovanna non fare domande cretine. Muoviti!” Afferrandole un lembo del maglione e saltando il drappello inferocito, la minore strattonò l’altra fuori per correre poi verso il cancelletto mentre una massa fulminea di polli iniziava a seguirle rapidi sulle zampette tripartite.

“Corri Giò, corri!” Urlò voltandosi in dietro per controllare la situazione, ma traditore, il suo scarpone destro arpionò una radice schiantandola nella polvere.

Inciampando nel suo corpo, Giovanna la seguì a ruota. “No! Ferme, no!" Implorò, ma fu inutile.

Quando circa quaranta minuto dopo Michiru Kaiou tornò al campo con un sorriso vittorioso stampato indelebilmente sul viso, si trovò a combattere contro l’impulso fortissimo di non scoppiare a ridere di fronte alla scena di due povere anime perse ed una Ami incredula, che armata di disinfettante in una mano e garze nell’altra, poneva rimedio a tagli sanguinolenti e carne viva. Giovanna stravolta e una bionda dallo sguardo omicida sedute in terra come due fanti catturati in battaglia.

“Io me le mangio tutte. Questa notte ritorno li e me le mangio tutte. Una strage. Faccio una strage!" Masticò Haruka boriosa.

“Non ti è bastata?! Io non ho mai visto polli reagire così. Non saranno mica stati addestrati?”

"Nostro nonno diceva sempre che sono bestie intelligenti. Avrei dovuto ricordarmelo." Rispose prima che Michiru non le si parasse davanti stringendo tra le braccia un paniere ricolmo di uova.

Sgranando gli occhi Haruka si alzò lentamente seguita dall’altra. “Dove le hai prese queste?”

“Alla fattoria qui sotto.”

“Come hai fatto?” Fece eco Giovanna contandone una dozzina.

“Come vuoi che abbia fatto? Sono andata a chiederle ai proprietari. C’era una graziosissima nonnina che non ha avuto remore ad offrirmi queste. - E non appena voltatasi concluse con una sonora stoccata. - Io non ho bisogno di rubare per ottenere le cose.”

“Lei non ha bisogno di rubare per ottenere le cose.” Cantilenò Haruka con vocina stridula ripiombando sull’erba per farsi finire di medicare.

L’odore di frittata con erba cipollina serpeggiò tra il campo in men che non si dica e naturalmente ad Haruka e Giovanna fu dato solamente il permesso di odorare.

 

 

Ospedale riabilitativo di Muhleberg

Svizzera settentrionale

 

Nascondendo il naso nell’incavo della mano Michiru starnutì una seconda volta. Sigmund se la guardò sorridendo.

“Qualcuno ti sta pensando Milena.”

“Dici? Io credo sia più plausibile che mi sia presa un’infreddata dopo tutta la pioggia che ci siamo presi ieri sera.”

“Io sto benissimo!” Annunciò impettito continuando a camminarle al fianco lungo il corridoio che li avrebbe portati allo studio della Dottoressa Maiou.

Alzando un sopracciglio la ragazza guardò dall’alto quella zazzera bionda scarmigliata che quasi mai si pettinata a dovere. Quanta pazienza ci voleva con lui e la sua smisurata competitività. Ma Kaoiu aveva più volte dimostrato di saperci fare con lui, perché anche se ancora non riusciva a ricordare, l’esperienza maturata con Haruka la stava portando ora ad essere l’unica, assieme a Setsuna, a saper gestire lo spirito mai domo di quel piccolo teutone. Ma mentre lei cercava di arrivare al suo cuore mediante la comprensione, la dolcezza e la simpatia, il medico aveva scelto una strada diametralmente opposta. Come ogni uomo lasciato ad uno stadio quasi brado, privo perciò della famiglia e degli affetti più cari, Sigmund era poco avvezzo a dar retta al sesso opposto o all’autorità in generale, soprattutto visto la naturale predilezione che dimostrava nel comandare e pretendere obbedienza, ed una volta capitolo, Setsuna aveva semplicemente applicato la regola dell’inversione, cosa che non soltanto le riusciva benissimo, ma la divertiva da matti. Certo “giocare sporco” con un paziente, per di più di quell’età, non avrebbe dovuto procurarle così tanta soddisfazione, ma non poteva farci nulla. Sigmund era diventato per Setsuna una sorta di passatempo ludico – lavorativo.

Bussando alla porta dello studio, Michiru attese risposta e poi entrò seguita dalla buona educazione del bambino che le tenne l'antagonista aperta con fare da uomo navigato.

“Buon pomeriggio Dottoressa Meiou. Voleva parlarci?” Chiese la ragazza osservando la pila di documenti e schede che troneggiavano sulla sua scrivania.

“Si Milena. Prego accomodatevi. Finisco di firmare questi documenti e sono subito da voi. intanto sedetevi pure.” Disse con non curanza pregustandosi la conversazione.

Un paio di minuti e si dedicò interamente ai due.“Bene vi ho chiesto di venire per parlare di quello che è successo ieri sera.” Chiudendo l’ultima cartella poggiò la schiena alla poltrona sorridendo.

Quella donna riusciva a trasmettere una serenità impressionante a tutti coloro che avevano occasione di poterne ammirare la bellezza. Michiru invidiava un po’ questo suo dono.

“C’è poco da dire dottoressa. Abbiamo un ladro e bisogna prenderlo. Quello si sta arricchendo alle spalle dell’ospedale.” S'intromise Il ragazzino.

“Sigi…” Lo riprese Michiru non staccando gli occhi dal calore che emanavano quelli dell’altra.

“Naturale, ma cosa pensi accadrebbe se in giro si venisse a sapere che in una struttura rinomata come questa, avvengono furti che con molta probabilità vanno ad arricchire il mercato nero?”

E mentre lui rimaneva spiazzato iniziando a pensare, Setsuna spostò nuovamente le iridi in quelle di Michiru. “Potremmo pensarci noi tre… e basta. Senza l’aiuto di nessun’altro. Senza interpellare il Dottor Grafft o le autorità competenti. In tal modo limiteremmo eventuali fughe di notizie e scandali vari.”

“E questo vi permetterebbe di studiare i nostri comportamenti in un ambiente non controllato come quello del vostro studio. Non è così?” Aggiunse Michiru modificando radicalmente la sua postura.

Le mani si spostarono dal grembo al petto intrecciandosi saldamente alle braccia. All’altra non sfuggì la chiusura.

“Non ci sto! Non mi faccio studiare io!” Si agitò il bambino penzolando le gambe dalla poltrona.

Setsuna capì di dover cambiare immediatamente strategia o la coalizione tra quei due l’avrebbe schiacciata. Allungando con disinvoltura il braccio sulla scrivania ed iniziando a far tamburellare le dita sul piano, guardò Sigi da sotto la frangia tornando a sorridere. Un sorriso di sfida.

“Molto spesso la psicanalisi ci suggerisce che il rifiuto è solo la sintomatologia di un’insicurezza.”

Lui sgranò gli occhi abboccando con tutte le scarpe. “Io non ho certo paura!”

Ragazzino molto perspicace, pensò lei consigliandogli di non trarre conclusioni affrettate.

“Non ho detto questo. Certo è che dovremmo fare lunghi appostamenti notturni e privarci di parecchie ore di sonno.”

“E allora? Per me non è un problema non dormire o muovermi nel buoi.” Dichiarò tronfio rivelando così la sua naturale immaturità.

“Allora saresti disposto a seguirmi in questa mia impresa?”

“Certamente! Non posso certo lasciarla da sola con quel verme nei paraggi!”

“Ci contavo Sigmund. - Disse rivolgendosi poi alla ragazza che nel frattempo non le aveva staccato gli occhi da dosso. - E voi?”

“Sigi è un paziente e ha bisogno di riposare non di andare in giro la notte con un pericoloso ladro che ormai avrà capito di essere stato scoperto.”

“Signorina Buonfronte sappiamo perfettamente che spesso Sigmund esce di notte dalla camerata per aggirarsi internamente ed esternamente alla struttura. Ieri sera non è stato forse lui a condurci al ladro? Dunque non vedo quale sia il problema. Se al ragazzo qui serve meno sonno degli altri per riacquistare le energie, ben venga.” Una lusinga che al bambino ormai catturato nelle sua rete di manipolatrice fece un gran piacere.

“Dai Milena.” La supplicò incoerentemente non rendendosi conto di essere passato in un batter d’occhio dalla parte del nemico.

“Va bene Sigi, ma tu in cambio dovrai promettermi che una volta che questa storia sarà finita la finirai di girare di solo la notte. Intesi?”

Lui asserì con la testa alzandosi dalla poltrona per andare ad aprire la porta felice come una pasqua. “Signore, io vado a fare i preparativi per questa sera. Ci vediamo subito dopo cena. Arrivederci.” E sparì veloce come una donnola.

“Bene Dottoressa Meiou, è riuscita a raggirarlo in maniera perfetta. Mi complimento con voi. Si vede che siete una professionista.” Fredda come un pezzo di ghiaccio, Michiru si alzò lentamente dalla seduta continuando con una leggera vena di sfida.

“Ma non crediate di fare la stessa cosa con me. Non sono certo una bambina.” E non aggiungendo altro uscì dallo studio.

Interessante. Dunque Michiru Kaiou, non siete poi così docile come tutti credono. Il vostro carattere è complesso e questo non fa altro che stuzzicarmi ancora di più. Pensò strofinandosi il mento iniziando a dondolarsi leggermente sullo schienale della poltrona.

“Ma prima di aiutarvi nella negazione della vostra realtà, devo pensare a quel ragazzino e questa insperata avventura mi servirà per capire di lui molte cose.”

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Salve! Io direi – mai mettere a confronto due donne con un carattere tanto forte come quello di Michiru e Setsuna o si rischia di venire risucchiati in qualche altra dimensione. :p

A parte gli scherzi, da par mio non ho ancora capito se si stanno ferocemente sullo stomaco o si ammirano e vorrebbero fare amicizia. Kaiou per adesso è troppo borderline e perciò credo sia più Meiou a tentare.

A costo di ritrovarmi sui denti mattoni e pietrame vario, mi sono permessa di far comparire un’ultima volta (promesso) il dottor “belloccio popò”. Lo dovevo ad Haruka ed anche se le è costato rivederlo almeno ora sa che è caduto in disgrazia e pagherà alla Corte Militare di Vienna tutto il male fatto alla sua Michi.

Per stemperare ho voluto fare un paio di regressioni buffe risalenti al viaggio attraverso le Alpi ed ho provato a spiegare come ha fatto un essere intelligente come Michiru ad innamorarsi di un infamone come Kurzh.

Spero vi sia piaciuto.

Ciauuu

 

   
 
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