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Autore: MonicaX1974    03/10/2017    4 recensioni
Harry e Chloe.
Lui deluso dalla vita, lei con un immenso dolore nel cuore.
Lui pensa solo a divertirsi, lei cerca di ritrovare la speranza.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Chloe hai preso il cappotto rosso?" Prende dall'armadio quello con all'interno la pelliccia, e lo posa sul letto, proprio accanto alla valigia che ho iniziato a preparare solo stamattina.

"Mamma ti ho già detto che a Boston fa meno freddo che qui a Montréal." Mia madre non fa altro che farmi eccessive raccomandazioni. È sempre stata troppo apprensiva anche se, a dire la verità, ultimamente le ho dato motivo per esserlo, ed è sicuramente più ansiosa di me che ho sempre preso le cose molto più alla leggera.

"Ti ricordo che l'inverno scorso la temperatura a Boston è scesa sotto lo zero." Prende il maglione color senape a collo alto, e cerca di infilarlo nella valigia.

"Magari perché era inverno?" So di essere indisponente, e mia madre mi guarda con aria sbigottita.

"Quando prenderai le cose più seriamente Chloe?" Dice portandosi le mani sui fianchi. Poi si gira e si dirige verso il cassettone dove recupera i calzettoni di lana, e a quel punto non posso più restare a guardare, devo fermarla in qualche modo. Mi avvicino a lei, poso le mani sul cassetto che stava per aprire, e la blocco.

"Mamma ho ventidue anni, sono in grado di preparami da sola la valigia!" So che non dovrei alzare la voce, so che si sta solo preoccupando per me, ma quando è troppo, è troppo.

"È permesso?" Ci giriamo entrambe verso la voce che ha richiamato la nostra attenzione.

"Papà dì qualcosa tu alla mamma!" Mio padre è all'ingresso della mia camera e ci guarda con un'aria divertita mentre guarda le nostre espressioni, e il disordine che regna nella stanza.

Ci sono vestiti ammassati sopra le coperte, i cassetti aperti, quattro paia di scarpe che spuntano da sotto al letto, i libri che ho scelto di portare con me, ancora sparsi sulla scrivania, il borsone aperto sulla moquette, dal quale s'intravede il computer e, per completare il quadro generale vedo una sciarpa che penzola dal lampadario appeso al soffitto, anche se non so come ci sia finita.

"Abigail perché non vieni a darmi una mano di sotto? Stavo provando a fare il caffè e ho combinato un disastro." Sorride nel pronunciare questa frase, mentre lo sguardo di mia madre sembra voglia fulminarlo sul posto.

"Robert, tu e tua figlia vi siete messi d'accordo per farmi impazzire oggi?" Mia madre lo guarda dritto negli occhi, poi si gira verso di me, sembra voglia dire qualcosa, ma alla fine si arrende e con un gran sospiro lascia la stanza.

"Tua madre si preoccupa per te." Il sorriso dolce di mio padre mi fa quasi sentire in colpa per aver trattato bruscamente la mamma. Non l'ho fatto di proposito, ma ultimamente non riesco a tenere sotto controllo i nervi.

"Hai ragione, è che in questo periodo sono proprio intrattabile e a volte non riesco proprio a trattenermi." Mi lascio andare sul letto e mio padre si avvicina a me sedendosi al mio fianco.

Il trasferimento in un'altra città non è facile come l'avevo immaginato. Credevo che riempire una valigia e voltare le spalle alla vita che ho condotto fino ad oggi, sarebbe stato più semplice. Pensavo che questa fosse solo una città, quando in realtà è la mia città, dove vive la mia famiglia, dove ho conosciuto alcune persone per me importantissime, in cui c'è un luogo che mi mancherà terribilmente non rivedere. Non ho intenzione di tornare tanto presto, ora come ora fa troppo male stare qui, eppure fa male anche andarsene.

"Ti vuole bene, e te ne voglio anch'io..." Resta per un attimo a guardarmi. Sembra che abbia gli occhi lucidi. "...Ci mancherai Chloe. Da quando tua sorella Rebekah se n'è andata per seguire la sua strada, tua madre ed io ci siamo concentrati su di te, e abbiamo affrontato meglio il distacco con lei. Adesso invece questa casa sarà più silenziosa." La malinconia nella sua voce sta rendendo più difficile del previsto la mia partenza.

"Ti voglio bene anch'io papà!" Gli butto le braccia al collo e mi lascio stringere, mentre una lacrima solitaria scende sul mio viso.

"Ora vado da tua madre." So che vorrebbe dire molto più di questo, ma sono sicura che non voglia piangere davanti a me. Si alza dal mio letto e senza più guardarmi lascia la mia stanza.

Lo sguardo mi cade poi sulla scrivania dove ci sono le cornici con le foto di Kurt e Hazel, mi alzo e mi avvicino per prenderle in mano. Da queste non mi voglio separare, e le infilo nel borsone con un piccolo sorriso nostalgico. Sono le due persone più importanti per me insieme alla mia famiglia, i migliori amici che si possano desiderare, coloro con cui ho condiviso gioie e dolori, e alcuni degli eventi più significativi della mia vita.

Mi guardo intorno. La mia stanza è sempre stato il mio porto sicuro. Guardo i vinili appesi alla parete, e ricordo il giorno in cui io e Hazel abbiamo avuto l'idea di disporli in quel modo, o le tante lucine appese al soffitto. Kurt me le fece appendere per farmi sentire come se dormissi sotto ad un cielo stellato. La sedia a dondolo che mi ha costruito mio padre, con ancora seduto il mio orsetto di peluche che ho chiamato "Bear". Me lo regalò mia sorella quando compii cinque anni. La trousse che ho voluto come regalo di compleanno per i miei tredici anni, quando ero fissata con il make-up, il poster di Justin Bieber che Hazel ha appeso durante il suo periodo solo-Justin-Bieber. Disse che oltre ad averlo in camera sua, ne voleva uno anche in camera mia, per poterlo avere sempre sotto gli occhi. Rido al solo pensiero della sua espressione mentre con un po' di scotch lo fissava al muro. E, sulla mensola sopra la sedia a dondolo, c'è ancora il carillon che mi ha regalato la nonna. Ricordo che non volevo mai aprirlo perché quella piccola ballerina che iniziava a muoversi non appena si apriva il coperchio, mi intimoriva. Nonna Jewel è stata come una seconda mamma per me. Io e mia sorella Rebekah siamo cresciute in casa sua, ed è proprio a lei che sto pensando mentre indosso le mie converse nere. Devo salutarla prima di partire, non posso lasciare questa città senza passare a trovarla.

Mi avvio verso le scale, le valigie le finirò più tardi, ho ancora tempo prima del volo di stasera. Passo davanti alla cucina, dove vedo i miei genitori intenti a sorseggiare una tazza di quello che credo sia caffè, e subito la voce di mia madre mi fa fermare sul posto.

"Dove stai andando?" Mi chiede mamma posando la sua tazza sul tavolo.

"Da Nonna Jewel." I miei genitori mi guardano per un attimo restando in silenzio, poi sento la voce di mio padre.

"Non fare tardi." Mi sorride teneramente. Prendo le chiavi della macchina sul mobile accanto alla porta, ed esco di casa dopo aver infilato il cappotto appeso all'ingresso.

Appena sono fuori, una folata di vento freddo mi obbliga a stringermi di più nella sciarpa che per fortuna ho deciso di prendere poco prima di uscire. Siamo ad ottobre eppure sembra già dicembre inoltrato viste le basse temperature di questi giorni. Una volta salita in macchina, mando un messaggio ai miei due amici dicendogli dove sto andando, poi avvio il motore e accendo subito il riscaldamento, ma non credo che la temperatura interna della mia vecchia auto raggiungerà una temperatura accettabile in questo breve tragitto.

Anche se sto guidando, non posso evitare di prestare attenzione a queste strade così familiari che ho percorso tante volte; questa in particolare, che mi ha sempre permesso di raggiungere la nonna, o la via che ho appena superato alla mia destra che porta a casa di Kurt. Il traffico oggi è particolarmente intenso, e ciò mi permette di continuare ad osservare gli edifici che costeggiano la strada, e lo sguardo mi cade sull'insegna del Mariposa, quello che ormai è diventato il nostro bar, mio e dei miei due amici. Abbiamo passato pomeriggi interi seduti a spettegolare, o a ridere a crepapelle durante le nostre serate karaoke e sorrido immaginandomi Hazel con il microfono intenta a cantare a squarciagola, mentre Kurt cercava di toglierlo dalle sue mani.

Il semaforo torna verde, e riprendo il mio breve viaggio. Mi perdo nei miei pensieri per il resto del tempo fino a che arrivo vicino al grande cancello dove trovo un posto per la mia auto. Scendo e mi fermo per un attimo a guardare ogni dettaglio che i miei occhi riescono a catturare. Non so quando tornerò, ma di una cosa sono assolutamente sicura; non voglio dimenticare niente di ogni cosa che riguardi nonna Jewel.

Oltrepasso la cancellata e mi incammino lungo il viale alberato. Incontro un uomo dall'aria triste con un mazzo di fiori in mano, e per un attimo i nostri occhi si incontrano. Intravedo un piccolo sorriso sul suo volto e continuo a camminare fino a raggiungere il nostro albero, mio, e di mia nonna. Mi siedo, appoggiando la schiena al tronco e rivolgo lo sguardo verso di lei che mi guarda sempre con quel suo sorriso che esprime gioia, anche se lo sta facendo da una foto.

"Ciao nonna, sono passata a salutarti. Oggi non ho potuto portarti nemmeno un fiore perché sto preparando le valigie. Vado via nonna, so che non ne saresti contenta, ma non riesco più a stare in questo posto. Mi hai sempre detto che sono una ragazza forte, invece oggi mi sento persa, perché anche se sono circondata da persone che mi vogliono bene, nessuno riesce a colmare il vuoto che si è impossessato della mia vita. Non riesco a reagire nonna, proprio non ci riesco." Asciugo le lacrime che stanno cadendo libere sul mio volto, e la mia attenzione viene attirata dalla lastra di marmo che si trova ad una decina di metri da qui.

Non riesco ad avvicinarmi più di così, posso solo guardarla da lontano e sperare che prima o poi il dolore che provo, riesca ad attenuarsi al punto da potermi avvicinare.

"Non ci sono ancora andata nonna, e non so se riuscirò mai ad andarci. Spero di non essere una delusione per te, ma proprio non posso farlo." Sento dei passi avvicinarsi e mi giro nella direzione del rumore. Tento di sorridere ai miei due amici che si stanno avvicinando.

"Cleo..." Kurt sta usando il soprannome che utilizza quando vuole farmi sorridere. Quando eravamo piccoli, molto spesso i nostri compagni di scuola sbagliavano a pronunciare il mio nome, e quando vuole prendermi in giro, lo usa senza farsi problemi.

"Sto bene Kurty, avevo bisogno di stare qualche minuto con la nonna." Rivolgo di nuovo lo sguardo in direzione della foto incorniciata sulla lastra di marmo e mentalmente le mando un bacio, mentre strofino le mani sul viso asciugando le lacrime. Mi manca tanto, troppo.

Hazel si abbassa fino a sedersi accanto a me, e posa la sua mano sulla mia. "Manca anche a noi. Ti ricordi i biscotti che ci faceva sempre il sabato pomeriggio? I più buoni che abbia mai mangiato." Io ed i miei amici andavamo sempre a casa sua per la merenda del sabato pomeriggio, e lei ci faceva trovare ogni volta dolcetti diversi.

"E ti ricordi invece quella volta in cui ci ha chiesto di aiutarla a preparare la torta?" Kurt era stato preso di mira a scuola dopo che le voci sulla sua omosessualità si erano diffuse, e non aveva voglia di uscire perché non voleva vedere nessuno. Nonna Jewel si accorse che quel pomeriggio non eravamo sorridenti e allegri come al solito, e dopo essere riuscita a farsi raccontare cosa fosse successo ci guardò uno ad uno, e disse che il metodo migliore per far tornare il sorriso era fare una torta tutti insieme. Non ci siamo mai divertiti così tanto come quel giorno. Kurt si sentì parte di qualcosa e riuscì ad affrontare in maniera positiva i giorni seguenti.

I successivi dieci minuti li abbiamo passati a ricordare i momenti e le risate che hanno caratterizzato quel periodo, e mi sono alzata solo quando mi sono resa conto che era giunto il momento di rientrare. Le valigie non si sarebbe preparate da sole ed io avrei fatto meglio a tornare a casa prima possibile.

"Dovremmo andare" dico. Hazel si alza in piedi, restando per un attimo al mio fianco, e anche se non la sto guardando so che i suoi occhi sono fissi su di me.

"Vieni con noi?" La voce di Kurt mi arriva chiara, ma non riesco a guardarlo. So cosa vuole fare, non è la prima volta che me lo chiede, ma io non me la sento. Non ancora.

"Vi aspetto qui." Guardo i miei due amici allontanarsi per andare verso la lastra che riesco solo a guardare da lontano. Sono passati tre mesi, ma so che vedendo la sua foto su quella lapide, tutto sarebbe più reale nella mia testa e non sono ancora pronta ad accettarlo.

Vedo la bocca di Kurt che si muove. So che ogni volta gli parla anche se non so cosa gli racconta, a dire la verità non ho mai voluto saperlo. Forse un giorno glielo chiederò. Hazel gli prende la mano, restano per un attimo in silenzio, poi vedo il mio amico asciugarsi una lacrima. Nemmeno lui ha ancora accettato quello che è successo, ma almeno riesce ad andare a trovarlo. A volte mi sento in colpa per il mio comportamento, per non esserci mai andata, ma è come se fossi bloccata in una realtà in cui lui è ancora qui con noi che ride e scherza, e...

Devo allontanarmi da qui. Per fortuna i miei due amici stanno tornando verso di me, ancora mano nella mano, e appena mi raggiungono, prendo anch'io la mano di Kurt nella mia. Ogni volta che viene qui, torna a casa distrutto. Un ultimo saluto alla nonna prima di ripercorrere il viale verso l'uscita, in rigoroso silenzio. Questa è l'ultima volta per quest'anno che sono passata a trovare nonna Jewel al cimitero. Mi manca e mi mancherà sempre.

Arrivati alle macchine, decidiamo di fare una breve sosta al Mariposa per salutare Ryan, l'unico barista che si rifiutava puntualmente di servirci degli alcolici, ma anche l'unico che ci portava sempre una brioches in più, o i bicchieri delle bibite più pieni rispetto agli altri. Ryan è il titolare, e ha sempre apprezzato l'allegra confusione che portavamo ogni volta che entravamo nel suo locale.

Parcheggiamo non molto lontano dall'ingresso del nostro bar preferito, e una volta dentro, vedere Ryan sorridente dietro al bancone, allontana subito la tristezza di poco fa. Il mio amato biondo dagli occhi azzurri, sta già preparando le tazze che conterranno la nostra cioccolata. Lo fa nelle giornate più fredde, ogni volta che ci vede entrare da quando abbiamo iniziato a frequentare assiduamente il suo bar.

"Allora, sei in partenza?" Ryan riempie le tazze e le avvicina a noi che ci siamo seduti sugli sgabelli di fronte a lui.

"Sì, anche se non ho ancora finito di preparare le valigie." Lui sorride alla mia affermazione mentre io bevo un sorso della mia cioccolata calda.

"Mi stupirei se tu avessi già finito di prepararle." Anche Kurt e Hazel concordano con lui. In questi anni siamo diventati amici. Molte volte mi sono ritrovata a parlargli di me o viceversa, alcune volte gli ho confidato cose molto personali, soprattutto negli ultimi tre mesi durante i quali mi è stato molto vicino.

"Ma sono a buon punto comunque." Ridono tutti alle mie parole, ovviamente nessuno mi prende sul serio, e cominciamo a discutere sul fatto di quanto io sia sempre stata quella dell'ultimo momento. E, mentre loro si divertono un mondo a ridere di me, io mi perdo a guardare questo posto. Osservo i tavolini di legno allineati in fondo vicino alla grande finestra che dà sulla strada, ognuno dei quali ha una candela rossa al centro, le tantissime lampadine che Ryan ha appeso in tutti questi anni, una per ogni obiettivo che è riuscito a raggiungere nella sua vita, il menù sempre scritto a mano con un gesso sulla lavagna, il piccolo palco situato in fondo al locale dove si svolgono le esibizioni dei cantanti che vogliono farsi conoscere o le serate karaoke a cui non abbiamo mai mancato. In più di un'occasione, è stato Ryan stesso ad essere la colonna sonora della serata con le sue esibizioni al piano.

"Guarda un po' chi è passato a salutare!" Ci voltiamo tutti nella direzione dalla quale è arrivata la voce che richiama la nostra attenzione.

"Ciao Emma." La salutiamo quasi in coro, mentre lei si posiziona accanto a Ryan che la guarda sempre come se la vedesse per la prima volta. Lui è rimasto stregato da lei nello stesso momento in cui l'ha guardata, si sono sposati due anni fa, e ogni volta che li vedo insieme, sembrano sempre più innamorati.

"Immagino che tu abbia le valigie ancora aperte sul letto giusto?" A quanto pare, mi conoscono troppo bene.

"Potrei anche dirti di no, ma non mi crederesti." Lei sorride scuotendo la testa. "Come stai?" La pancia di Emma è ormai evidente. Ricordo che quando ce l'hanno comunicato, avevano entrambi le lacrime agli occhi per la commozione. Ryan ha appeso una lampadina in più al soffitto quel giorno, Kurt aveva iniziato a parlare senza riuscire mai a fermarsi, mentre Hazel era il ritratto della felicità. In tutto questo, lui mi sorrideva, e fatico a reprimere la tristezza che sta per tornare a galla.

"Bene, la creatura cresce, mancano cinque mesi e..." Ma subito Ryan la interrompe.

"Se la cava niente male per essere una trentenne." Emma lo colpisce scherzosamente sulla spalla.

Le battute e le prese in giro da parte di Ryan sono sempre all'ordine del giorno, e andiamo avanti così a ridere per un po'. Mi mancheranno i loro battibecchi e mi mancherà questo posto in cui ho tanti meravigliosi ricordi, ma ho davvero bisogno di allontanarmi, perché quegli stessi ricordi sono anche i più dolorosi.

Quando mi rendo conto che si è fatto tardi, saluto Emma e Ryan con un lungo abbraccio per entrambi. Si raccomandano che io torni per la nascita del loro bambino, e dopo averli salutati, esco dal locale con Kurt e Hazel. Raggiungiamo poi le nostre auto.

I miei due amici hanno detto che non vogliono sprecare nemmeno un minuto della mia presenza in questa città e mi seguiranno come un'ombra fino al momento della partenza in aeroporto. Durante il tragitto verso casa, ogni tanto li guardo dallo specchietto della mia macchina e sorrido al pensiero che per un po' non rivedrò il rottame che Kurt tanto adora e che si ostina a voler continuare a guidare.

Una volta arrivati davanti a casa mia, parcheggio, e aspetto che anche il mio amico faccia lo stesso. Li guardo scendere dall'auto che è ancora intera per non so quale miracolo, e non posso trattenermi dal fare una battuta.

"Kurt, la tua macchina è diventata maggiorenne?" Lui si avvicina con gli occhi ridotti a due fessure con un'aria che in realtà ha ben poco di minaccioso.

"Non dire un'altra parola sulla mia macchina. Vuoi che parliamo della tua, perché potremmo rimanere qui fino a domani." Mi fa ridere l'espressione che ha in questo momento e come si scalda per la sua auto, ma devo trattenermi.

"Beh almeno la mia non ha ventidue anni." Hazel si diverte sempre quando lo prendo in giro.

"Anche tu hai ventidue anni, ma non per questo ho intenzione di cambiarti con un'altra amica." Kurt non cambierà idea, e fino a che non lo lascerà a piedi definitivamente, non credo che ne comprerà un'altra. Hazel ride e mi unisco a lei, mentre tutti e tre entriamo dentro casa.

I miei genitori sono sul divano, ci salutano mentre saliamo al piano di sopra diretti in camera mia, dove sul letto ci sono ancora le valigie da finire, ma prima di metterci al lavoro, ci sediamo sul tappeto bianco accanto al mio letto, su cui tante volte ci siamo seduti per parlare, studiare, ridere, e semplicemente per ascoltare musica. L'importante era stare insieme.

"Il poster di Justin lo lasci qui vero?" Hazel ha lo sguardo puntato sul muro di fronte a lei, proprio dove c'è l'immagine del suo ex idolo.

"A dire la verità stavo pensando di portarlo con me, sai com'è... abbiamo passato tante notti insieme, non vorrei che si sentisse solo se lo lasciassi qui." Kurt ci osserva con quel sorriso che tanto amo vedere sul suo viso, quel sorriso che mi ha conquistata la prima volta che l'ho visto.

"Non oserai. Solo perché non è più il mio idolo, non vuol dire che tu ti possa approfittare di lui." Hazel prende la mano di Kurt e si avvicina a lui. Sarebbero stati una bellissima coppia se non fosse per il fatto che i gusti di Kurt non sono per il mondo femminile.

"Beh vorrà dire che sarai costretta a venire a trovarmi per rivedere il tuo adorato Justin." So che non le interessa davvero né del poster, né di Justin. La mia amica è semplicemente troppo sensibile, e sta tentando di distrarre i suoi pensieri dal fatto che fra poco ci dovremo separare.

"Chloe muoviti a finire di sistemare i bagagli prima che Hazel scoppi a piangere." Mi alzo e mi sistemo in mezzo a loro due per poterli abbracciare contemporaneamente.

Il resto del pomeriggio lo passiamo fra Kurt che non smette di criticare i miei capi d'abbigliamento, Hazel che tenta di rubare le mie maglie dalla valigia quasi pronta, e le risate che non abbiamo smesso di fare per tutto il tempo. Hanno reso meraviglioso questo pomeriggio e mi mancheranno da morire.

***

"Le valigie le ha messe papà in macchina, il passaporto l'hai preso. Dimentichi niente?" Stiamo uscendo di casa. Kurt e Hazel sono già vicino alla macchina, papà sta chiudendo il baule e io e mamma siamo le ultime.

"Sì mamma, ho preso tutto, ho controllato la tua lista due volte." Mia madre prepara sempre un elenco di cose da fare e da portare per ogni viaggio. Quello per la mia partenza, consisteva in due pagine riempite di parole del tutto superflue.

Rivolgo un ultimo sguardo alla casa che mi ha visto crescere, dove ho imparato a camminare, in cui ho passato giorni meravigliosi, ma non sono più triste come qualche ora fa, anzi sento che questo sarà un nuovo inizio.

"Chloe andiamo, è tardi." Mio papà mi richiama, salgo in macchina, i miei genitori sono davanti, ed io con i miei amici, dietro. Il tragitto fino all'aeroporto non dura più di venti minuti, mio padre parcheggia e mi aiuta a scaricare le due valigie. Ci dirigiamo poi all'interno della struttura, e mi accorgo che mamma è già troppo agitata.

"Il biglietto l'hai preso Chloe?" Il suo tono di voce rivela tutta la sua apprensione.

"Certo, eccolo." Glielo mostro togliendolo dalla tasca della giacca, e lei sembra rilassarsi, anche se dura poco, perché una volta arrivati vicino al check-in riprende la sua raffica di domande.

"Sei sicura che il peso del bagaglio sia giusto? E le misure della valigia piccola? Hai preso la sciarpa? ..." Dopo la terza domanda ho smesso di ascoltarla e mi sono avvicinata alla hostess per consegnare il bagaglio mentre papà tentava di calmarla. Una volta finite le procedure, mi accompagnano fino ai controlli di sicurezza dove dobbiamo salutarci.

"Mi mancherai Chloe." La prima ad abbracciarmi è Hazel. Credo sia la prima volta che ci separiamo per così tanto tempo.

"Mi mancherai anche tu Hazel, ma sai che puoi venire a trovarmi quando vuoi." Restiamo strette in un lungo abbraccio fino a che il nostro amico si unisce a noi. Mi volto poi verso di lui e mi sorprende vederlo con gli occhi lucidi.

"Kurty... prenditi cura di lei." Lui mi sorride, e credo che non mi abbia mai abbracciata così forte come oggi.

"Lo farò, e tu prenditi cura di te. Non voglio trovarti pelle e ossa quando verrò da te." Mi dà un bacio sulla fronte, ed è arrivato il momento di salutare i miei genitori.

Mamma ormai non trattiene più le lacrime, e papà sembra anche lui sull'orlo del pianto. Li abbraccio entrambi, tentando di rassicurarli e tranquillizzarli.

"Mamma stai tranquilla, ci sarà Rebekah ad aspettarmi all'aeroporto quando arrivo." Ho detto a mia madre che mia sorella verrà a prendermi, in realtà lei ha la macchina guasta e non poteva venire. Ho detto a mia sorella di stare tranquilla, che me la sarei cavata da sola. Dopotutto sono in grado di prendere la metro, ma non sono sicura che mia madre sia nello stato d'animo più adatto per darmi ragione.

È ora di andare, saluto tutti un'ultima volta e mi allontano da loro oltrepassando i controlli di sicurezza. Mi volto ancora e vedo le loro mani che si agitano in segno di saluto, gli rivolgo un sorriso e mi dirigo verso il gate da dove partirà l'aereo che mi porterà a Boston, lontano da questo posto dove ultimamente non mi sento più a mio agio.

Mi siedo sulle poltroncine nere vicino agli altri passeggeri, in attesa che chiamino il mio volo, e nel frattempo mando un messaggio a mia sorella avvisandola che sto per partire, e che ci vedremo più tardi. Prendo il mio libro, quello che mi ha regalato Hazel per il mio compleanno La ragazza del treno. Questo non è il genere che leggo di solito, ma in questo periodo è quello che più mi ha aiutato a non pensare troppo, tenendo impegnata la mente in qualcosa che non sia una storia d'amore strappalacrime.

E, sarà che le pagine hanno completamente catturato la mia attenzione, che quasi non mi sono accorta che stanno cominciando a far imbarcare i passeggeri del volo per Boston. Metto velocemente a posto il libro e mi avvio in coda con gli altri. Una volta arrivata in aereo, prendo posto nel sedile segnato sul biglietto, spengo il cellulare e guardo fuori dal finestrino. Sto lasciando Montreal per un tempo indefinito, eppure non sono affatto dispiaciuta, anzi ne sono sollevata. Sento che posso ricominciare a respirare come non riuscivo a fare da qualche a mese.

Quando tutti i passeggeri sono saliti, l'aereo comincia a muoversi mentre le hostess danno tutte le indicazioni per il volo, e io inizio a sentirmi più leggera. L'aereo arriva all'inizio della pista di decollo, il rombo del motore arriva forte alle mie orecchie e sento salire l'adrenalina. Inizia il rullaggio, e sento che tutto sta per iniziare. Poi l'aereo si alza in volo e guardo le luci della città dall'alto dove sono nata e cresciuta, la stessa città da cui non vedo l'ora di allontanarmi. Sto lasciando il passato dietro di me, e anche se non ho intenzione di voltare completamente le spalle a tutto ciò che è successo nella mia vita, che inevitabilmente mi ha portato ad essere quella che sono, sento che devo trovare la forza per andare avanti e ricominciare.

E, l'ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi, è per lui

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SPAZIO ME

Eccoci qui al primo capitolo. Avrei dovuto aspettare la settimana prossima per pubblicarlo,
ma non ce l'ho fatta, e poi volevo darvi qualcosa in più del semplice prologo.

Abbiamo iniziato a conoscere la nostra protagonista e qualche retroscena che riguarda la sua vita,
la sua famiglia, i suoi amici e qualcun altro di molto importante per lei, qualcuno che ha segnato in modo indelebile la sua vita.

Chloe ha bisogno di cambiare aria, di cambiare città e ricominciare.
Piano piano scopriremo cosa le è successo da renderla così triste e da costringerla ad allontanarsi dal suo passato.

Nel prossimo capitolo farà la sua prima apparizione il nostro Harold, quindi non perdetelo.

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Eeeee niente, buona lettura.

   
 
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