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Autore: Leila 95    03/10/2017    4 recensioni
Da quando si erano trasferiti in quel minuscolo paesino, lontano anni luce dal resto del mondo e dimenticato da Dio, Leia non aveva avuto una vita facile: aveva dovuto fare i conti con una realtà diversa, alla quale si ostinava a non volersi abituare. Nuove persone erano entrate nella sua vita, e non con tutte aveva stabilito un buon rapporto...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Han Solo, Luke Skywalker, Principessa Leia Organa, Un po' tutti, Wedge Antilles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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          Capitolo VIII
Leia scese dalla macchina di suo fratello, non senza prima avergli dato un bacio, e si incamminò nel vicoletto. Quella mattina aveva chiesto a Luke di accompagnarla a casa di Han, perché sentiva il bisogno di parlargli, di chiarire la loro situazione che era rimasta in sospeso dall’ultima volta che si erano visti. Sarebbe potuta andare a trovarlo in officina ma non avrebbero potuto parlare davvero con calma, così aveva approfittato della domenica mattina, in cui era certa di trovare Han a casa.
Non aveva dovuto spiegare niente a suo fratello. Luke non aveva fatto domande, eppure sapeva benissimo il motivo di quella visita mattutina e la necessità di quella chiacchierata: c’erano stati sviluppi fra Han e sua sorella, e le cose si stavano finalmente mettendo a posto per loro due. Rimase ad osservarla mentre percorreva il vialetto con passo sicuro fino ad infilarsi nel portone che le aveva indicato, poi rimise in moto e partì.
 
Ciò che Leia non era ancora riuscita a capire era cosa ci trovasse Han in lei, perché lei gli piacesse così tanto. Avrebbe potuto avere tutte le donne che voleva, perché intestardirsi con una ragazzina così diversa dai suoi standard?
Tutte le persone con le quali aveva avuto a che fare fino a quel momento avevano sempre tratto un utile dal rapporto con lei: tranne rarissime eccezioni, di solito nessuno apprezzava la sua compagnia senza avere un secondo fine. Aveva addirittura iniziato a credere di avere un carattere troppo detestabile perché la gente le si avvicinasse solo per godere della sua presenza. Han era forse diverso? Voleva stare con lei perché lei gli importava davvero? Sperava di riuscire a capirlo prima che fosse troppo tardi: troppe volte – per tamponare la propria solitudine – si era lasciata abbindolare da persone che all’inizio si erano mostrate gentili e sinceramente interessate a lei, salvo poi sfruttarla fino al midollo e gettarla come carta straccia quando non ne avevano più bisogno. E ogni volta era stata costretta a mangiarsi le mani, a maledirsi per essersi lasciata fregare una volta di più senza aver ancora imparato la lezione.
 
Si fece accompagnare dalla vecchia proprietaria dello stabile all’appartamento di Han, mansarda all’ultimo piano. Il campanello non funzionava – le disse la vecchia – e così fu costretta a bussare con la mano. Bussò con forza una, due, tre volte e stava quasi per andarsene quando finalmente sentì qualche rumore dall’interno dell’appartamento. Qualche istante dopo, la porta di aprì con un cigolio e dallo spiraglio aperto emerse Han, capelli scompigliati e aria assonnata.
Ci mise un attimo a metterla a fuoco – era evidente che si fosse appena alzato – poi sbadigliò sonoramente e si stiracchiò. “Ehi, bambola” disse. “Che ci fai qui a quest’ora?”
“Ciao. Posso entrare o disturbo?”
Han la fulminò con il suo sorriso. “Certo che puoi.” Chiuse la porta per toglierci il catenaccio, poi la riaprì. Solo in quel momento Leia notò che non indossava niente, oltre a un paio di boxer e alla collanina con l’ancora. “Forse è meglio che torni in un altro momento” disse immediatamente, sentendosi avvampare per l’imbarazzo. Quella visione era particolarmente eccitante e, nonostante cercasse di concentrare il proprio sguardo sul suo volto, i suoi occhi vagavano ovunque lungo tutto il suo corpo perfetto.
“Perché?” disse Han richiudendo la porta alle loro spalle.
Forse non si rendeva conto di quanto fosse equivoca quella situazione e di quanto lui fosse seducente in quel momento – o forse l’aveva invitata a restare proprio perché se ne rendeva ben conto. “È chiaro che ti ho disturbato” disse, dandogli le spalle. Non doveva vedere più di quanto avesse già visto – non importava quello che i suoi sensi chiedevano.
“Stavo dormendo, ma era ora che mi alzassi” disse Han, per nulla turbato dalla situazione. Sbadigliò un’altra volta, mentre raccoglieva da terra un paio di pantaloni che avevano ancora la cintura nei passanti e se li infilava. “Puoi voltarti adesso” disse, non riuscendo a trattenere un ghigno soddisfatto. “Sono un po’ più presentabile.”
Con molta cautela Leia si voltò di nuovo a guardarlo. Lasciò che si allacciasse la cintura e che indossasse anche una maglietta, poi disse: “Ero venuta a chiederti una cosa…ma posso tornare anche un’altra volta.”
“Sei qui – tanto vale dirmela, no?” fece Han. “Anzi, aspetta…dammi dieci minuti, che mi faccio una doccia e mi vesto in modo più decente, ok?”
“Han, non voglio metterti a disagio…” In realtà quella a disagio era lei, anche se non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di ammetterlo davanti a lui.
“Nessun problema, principessa. Solo dieci minuti e poi sono tutto tuo.” Da terra raccolse un paio di magliette e una camicia sporche, poi aprì l’armadio e vi prese un cambio di vestiti. Portò tutto nel minuscolo bagno adiacente e fece per chiudere la porta, poi tornò nella stanza, dove aveva lasciato Leia in piedi e con un’espressione inebetita sul volto. “Scusami per il casino che vedi, ma non sono un appassionato delle faccende domestiche” si giustificò. Parve accorgersi all’improvviso del gatto raggomitolato ai piedi del letto. “Chewie!” gridò. “Scendi immediatamente da qui!”
Leia sorrise stupita. “Tu…hai un gatto?”
“Già. Si chiama Chewbacca…Chewie.” Visto che il gatto non sembrava intenzionato a lasciare la sua postazione fra le lenzuola, lo prese di peso e lo mise a terra. “Era un randagio, l’ho trovato un giorno fuori dall’officina” spiegò. “Ma gli ho fatto fare le vaccinazioni e tutto il resto.”
“È molto carino” fece la ragazza, chinandosi a terra per accarezzarlo.
“Ti dispiacerebbe dargli qualcosa da mangiare mentre sono in bagno?” chiese Han. Aprì uno sportello del mobile ad angolo. “Qui ci sono delle crocchette e altre cose che mangia di solito…vedi tu.”
“Certo.” Si alzò in piedi, e prese il sacchetto con il quale era venuta. “Ah, ti ho portato qualcosa da mangiare” disse.
Han le sorrise. Riconobbe subito sul sacchetto il logo della pasticceria del paese, quella dove innumerevoli volte aveva comprato dolci per lei quando andava a casa sua. Ora i ruoli sembravano essersi invertiti. “Grazie.” Si avvicinò a lei e la baciò languidamente sulle labbra, mettendole una mano dietro la schiena per attirarla più vicina e sorridendo sentendo il suo imbarazzo. Avrebbe dovuto farci l’abitudine a quelle dimostrazioni di affetto, ora che stavano insieme. “Dieci minuti e torno, va bene?”
Leia annuì, riuscendo a malapena a celare il proprio impaccio.
“Tu intanto mettiti comoda…fai come se fossi a casa tua.” Detto questo, Han si chiuse nel bagno. Dopo pochi istanti Leia sentì che apriva l’acqua e che iniziava a canticchiare, e si accasciò sospirando sul letto disfatto. Le lenzuola appallottolate da un lato e i cuscini odoravano di lui, e la cosa per Leia era rilassante ed eccitante allo stesso tempo. Dopo qualche istante trascorso a far scorrere le dita nelle pieghe del tessuto, riflettendo su quanto fosse cambiato radicalmente il suo rapporto con Han nel giro di una manciata di giorni, decise che forse era meglio alzarsi da lì e tentare di dare una sistematina in giro.
Il macello era davvero impressionante: vestiti sparpagliati a terra e sulle due sedie, un cartone di pizza e una bottiglia di birra vuota sul lavello, quotidiani e riviste vecchie ammonticchiati sul tavolino. Per fortuna, quella casa era un monolocale – altrimenti avrebbe impiegato una vita per rassettarla. Rifece il letto (cercando con difficoltà di non pensare al fatto che Han avesse dormito praticamente nudo fra quelle lenzuola, con tutto ciò che questo fatto potesse implicare), ammucchiò i vestiti sporchi in un angolo vicino alla porta del bagno e sistemò quelli puliti nell’armadio, gettò l’immondizia in un sacco che trovò sotto il lavello, diede una sistemata al tavolino. Poi prese le crocchette per Chewie e le mise nella sua ciotola rossa. Cercò nel frigorifero un po’ di latte da scaldare per la colazione, ma vi trovò solo due lattine di birra e una confezione aperta di wurstel. Per fortuna nella credenza c’era un barattolo di caffè solubile, e mise a bollire l’acqua per due tazze. In attesa che l’acqua bollisse si sedette a terra accanto al gatto e lo guardò mangiare, mentre gli accarezzava distrattamente il pelo rossiccio.
L’appartamento di Han era diverso da come se lo aspettava – ma, ormai lo stava imparando, Han era diverso da ciò che si aspettava in quasi tutto. Non credeva che riuscisse a vivere in quell’ambiente così angusto e desolante, in un casermone alla periferia…quel posto le metteva molta tristezza. Stava ancora rimuginando su queste cose, quando Han aprì la porta e comparve alla sua vista: anche se aveva ancora i capelli bagnati e se li stava asciugando con un vecchio asciugamano, era completamente vestito e molto più sveglio di prima.
Si guardò intorno spaesato, notando parecchi cambiamenti da quando era entrato. “Che accidenti è successo qui? Sembra passato un uragano!” esclamò.
Leia sorrise guardandolo, senza smettere di accarezzare Chewie. “Mi sono permessa di dare una sistemata” disse timidamente. “E di fare un po’ di caffè.”
“Hai fatto bene, ma non dovevi.” Le tese una mano e la fece alzare da terra. “Dovrai abituarti al mio disordine, se inizierai a venire a casa mia. A proposito, come sei arrivata qui?”
“Mi ha accompagnato Luke in macchina.” Luke, al contrario di lei, era già andato più di una volta a casa di Han, per questo sapeva dove abitava. “Gli ho detto che me ne torno da sola a piedi – ora che ho capito la strada.”
“Non se ne parla” fece Han. Prese due tazze dalla credenza – ovviamente l’una diversa dall’altra – e ci mise l’acqua bollente con il caffè. “È lontanissimo dal centro, e questa non è una zona adatta ad una principessa come te.”
Leia sbuffò contrariata. “Han…sono grande, lo sai? So badare a me stessa.” Quello che assolutamente non voleva che accadesse era che lui la trattasse come una bambina.
“Lo so. Ma voglio accompagnarti lo stesso – e non scendo a compromessi.”
La ragazza sapeva che Han era testardo e cocciuto almeno quanto lei, e che sarebbe stato impossibile fargli cambiare idea. “Va bene” acconsentì.
“Vedi che sai essere ragionevole qualche volta?” rispose Han con fare canzonatorio. Prese la pila di riviste che era sul tavolo e la mise a terra, poi prese le tazze e il sacchetto della pasticceria e si accomodò. “Siediti” le disse, aprendo il sacchetto. “Che mi hai portato?”
“Il dolce al cioccolato è mio!”
Han la guardò, inarcando un sopracciglio. Come se non conoscesse perfettamente i suoi gusti. “Immaginavo.”
Si spartirono le tazze e le paste, godendo di quella colazione improvvisata. “Non credevo che casa tua fosse così piccola” disse Leia dopo qualche istante.
“Non ho bisogno di molto spazio. In effetti non ci sto quasi mai a casa.” E ciò era ben evidente dallo stato di abbandono in cui versava l’appartamento. “Ma qui non è male. Ho tutto quello che mi serve – e una padrona di casa abbastanza buona. Un paio di volte al mese viene anche a dare una sistemata in giro. Ho un paio di mesi di affitto arretrati, che sto recuperando un po’ alla volta, ma la vecchia è sempre accomodante e non ne fa una tragedia.” Dal punto di vista economico, la sua vita era sempre sul filo del rasoio: la paga che gli dava Jabba era davvero miserrima, e non riusciva a farci praticamente nulla. Ogni mese che passava, i suoi sogni di aprirsi una propria officina si facevano sempre più lontani, visto che a stento riusciva a mantenere uno stile di vita dignitoso.
“Ma tu non eri venuta a chiedermi qualcosa?” disse, desideroso di cambiare argomento. Non voleva fare la figura del pezzente con Leia più di quanto non facessero già il suo appartamento e la zona degradata in cui esso si trovava.
La ragazza annuì, continuando a sorseggiare il suo caffè. Ecco arrivati al momento fatidico, alla questione spinosa che l’aveva portata lì. “Volevo chiederti…quello che è successo l’altro giorno…” sospirò. “Insomma…da quando ci siamo baciati…sono cambiate le cose fra di noi?” O è stato solo un bacio?
“Mi stai chiedendo se stiamo insieme?” chiese Han divertito.
“Ti sto chiedendo se fai sul serio, Han, o se come al solito è un divertimento per te.”
“Tu vuoi stare con me – con un tipo come me?” Da quando si erano lasciati, l’unico pensiero che continuava a frullare nella testa di Han era la paura che quel bacio potesse non significare nulla per lei: magari – travolta dall’emozione – si era lasciata baciare, ma col senno di poi si era resa conto che era stato uno stupido errore.
La ragazza annuì. “Sì, ma…ho bisogno di sapere che non mi prenderai in giro.”
Han posò la tazza ormai vuota sul tavolo e le accarezzo una guancia con il dorso delle dita. “È di questo che hai paura? Che ti prenda in giro?”
“Non è quello che hai fatto fino ad ora?”
Han abbassò lo sguardo, non sapendo cosa risponderle. Aveva ragione, e lo sapevano entrambi. “Era da un sacco di tempo che volevo baciarti” confessò. “Ma non credevo di essere alla tua altezza.”
“Non voglio che tu cambi per me, Han, neanche di una virgola. Non mi importa da che famiglia provieni, dove abiti o quanti soldi hai in tasca…lascia che sia io a decidere chi è o non è alla mia altezza.” Appoggiò la mano su quella che la stava accarezzando. “Quello che voglio è che tu sia sincero con me, sempre, in ogni caso – anche quando pensi che possa farmi soffrire.”
Han la guardò negli occhi e annuì convinto. Quella ragazza capitata nella sua vita era un insperato colpo di fortuna: per la prima volta riusciva a percepire che qualcuno gli volesse davvero bene, che tenesse a lui, e che lo apprezzasse per ciò che era veramente, nonostante il suo caratteraccio e i suoi innumerevoli difetti. Di ragazze ne aveva avute parecchie, ma nessuna era riuscita a scaldargli il cuore e contemporaneamente infiammargli le viscere come faceva lei...per quanto banale potesse sembrare la constatazione che stava facendo adesso, tutte le altre che erano passate per casa sua a quest’ora si dileguavano senza avere più nulla da dire, Leia invece era appena arrivata – e gli aveva portato addirittura la colazione.
Era molto più di quanto si meritasse, e non aveva alcuna intenzione di deluderla.

 
*****
Han parcheggiò la motocicletta lungo il vialetto di casa Skywalker. Erano passati solo pochi giorni da quando era passato di là per dirle addio, eppure sembrava trascorsa un’eternità.
“Grazie del passaggio” disse Leia quando si fu tolta il casco e l’ebbe appoggiato sulla sella.
“Di niente, principessa” rispose Han sorridendo. Si tolse anche lui il casco e l’abbracciò dolcemente, guardandola negli occhi. “Dovremmo organizzarci per andare a fare un giro insieme, qualche volta…no?”
La ragazza non riusciva a credere a quello che le sue orecchie stavano ascoltando. “Mi stai chiedendo un appuntamento?”
“Perché devi rendere sempre tutto così complicato?!” fece Han frustrato.
Leia scoppiò a ridere, non riuscendo a trattenersi. Han aveva complicato le cose per entrambi e per troppo tempo, ora toccava a lei prendersi la rivincita. In un impeto di coraggio gli mise le braccia al collo e lo baciò a lungo, per fargli capire che avrebbe accettato il suo invito, qualsiasi esso sarebbe stato. 

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NOTE DELL'AUTRICE
Ciao a tutti!
Innanzitutto, perdonatemi il leggero anticipo sulla tabella di marcia (spero che vi faccia piacere!), ma nei prossimi giorni sarò impegnata con l'università (ahimè...) e non potrò pubblicare il capitolo - quindi eccolo qui oggi.
Piccola nota: So bene che zio Owen è solo fratellastro di Anakin Skywalker, e che si chiama Lars di cognome, ma nella mia storia l'ho reso fratello a tutti gli effetti, e quindi gli ho dato il cognome Skywalker. Mi scuso con i fan più ortodossi per questa mia "licenza poetica" :-D

 
   
 
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