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Autore: EffyLou    10/10/2017    1 recensioni
ATTENZIONE: storia interrotta. La nuova versione, riscritta e corretta, si intitola Stella d'Oriente.
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Ha venti anni quando incontra per la prima volta quegli occhi, lo sguardo fiero del re di Macedonia, il condottiero che non perdona; ha venti anni quando lo sposa, simboleggiando un ponte di collegamento tra la cultura greca e quella persiana. Fin da subito non sembra uno splendente inizio, e con il tempo sarà sempre peggio: il suo destino è subire, assistere allo scorrere degli eventi senza alcun controllo sulla propria vita, e proseguire lungo lo sventurato cammino ombreggiato da violenza, prigionia e morte.
Una fanciulla appena adolescente, forgiata da guerre e complotti, dalla gelosia, dal rapporto turbolento e passionale col marito. Una vita drammatica e incredibile costantemente illuminata da una luce violenta, al fianco della figura più straordinaria che l'umanità abbia mai conosciuto.
Rossane, la moglie di Alessandro il Grande. Il fiore di Persia.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Memorie Antiche'
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۱۳ . Seez-dah

 
 
Roshanak alla sorella Amu – Salve, sorella!
Mentre ti scrivo, siamo nelle foreste dell’India. L’aria è umida, afosa, irrespirabile. Il territorio tra i fiumi è paludoso, arranchiamo con la melma fino ai polpacci. Stare sui cavalli risulta difficile. Gli attacchi di serpenti, lunghi quasi tre metri, e insetti giganteschi sembrano all’ordine del giorno. I coccodrilli sembrano più schivi, ma non sono rari i loro attacchi. Le tigri non frequentano questi luoghi paludosi, eccetto la mia s’intende. Ho ricevuto in dono una tigre, prima era di proprietà di un rajah locale ma ha deciso di farmela in dono. Da quanto ho capito ne ha altre tre! Si chiama Durga, ed è davvero importante la sua presenza dell’accampamento. Ci protegge, tiene lontani i coccodrilli quando tentano di attaccare. Se si trova nei paraggi, scaccia pure i serpenti.
Siamo un impero in movimento, Amu: ci sono storici, artisti, attori, prostitute, medici, mogli e figli di soldati, cuochi. È sfiancante, ma è… divertente.
Spesso ci imbattiamo nelle scimmie, di ogni colore e dimensione. Sono dispettose, a volte ci rubano il cibo dalle mani oppure ci imitano in ogni comportamento. Sono buffe!
Questo esercito è pieno di animali: tra le scimmie che ci seguono, una tigre, cavalli, cani, settanta elefanti, non ci facciamo mancare nulla! Alessandro dice che siamo prossimi a raggiungere l’Oceano, ma è da confermare poiché gli esploratori devono ancora tornare. Quando terminerà la conquista dell’India e torneremo indietro, per raggiungere Babilonia, ti farò visita a Susa. Ma raccontami: com’è la città? Con Kassìm invece come procedono i rapporti? Mi auguro che abbiate risolto i diverberi.
Mi auguro che questa lettera ti raggiunga presto e che anche la tua risposta mi arrivi per tempo.
Su col morale, riguardati!

 
 
L’avvicinamento all’Ifasi si rivelò tristemente sempre più letale. Le armi e le armature marcivano sotto le piogge monsoniche, i soldati si ammalavano di febbre o di altre malattie sconosciute spesso provocate dal morso di insetti. L’Idraote e l’Ifasi, straripando, avevano creato nel territorio di mezzo un’enorme palude che aumentava la proliferazioni di serpenti, insetti, ma anche di coccodrilli. Per proteggersi dalla natura ostile, i medici indiani si adoperarono con la preparazione di speciali unguenti e medicinali ricavati da erbe. Per i serpenti avevano trovato rimedio accendendo fuochi intorno all’accampamento.
L’esercito avanzava con il terreno melmoso fino ai polpacci, la vegetazione fitta rendeva difficile il cammino. Alessandro non si fermava un secondo: avanzava, a testa bassa come un toro, sotto la pioggia e le intemperie. Si faceva strada nella giungla mulinando la spada, faceva avanti e indietro tra le sue fila per soccorrere chi cadeva ed esortare chi era stanco.
Rossane procedeva sollevando faticosamente i piedi per poi riaffondarli nel fango. Teneva Artemide per le briglie e spesso era costretta a tirarla un po’ più forte per liberarla dalla melma in cui la sua maestosa giumenta era affondata. Durga procedeva vicino alla regina, a passo lento: ormai i soldati si erano abituati alla sua presenza, nonostante ne avessero ancora un po’ timore.
Di tanto in tanto, Alessandro arrivava vicino alla moglie e si assicurava che andasse tutto bene: come respirava, se avesse dolori, se fosse stanca. Rossane gli sorrideva e scuoteva la testa, si lamentava un po’ della fanghiglia, ma procedeva senza tante scene.
Una sera l’aveva punta un insetto strano, ma a parte il bubbone che si era formato sull’avambraccio, non le provocò alcun danno. Filippo comunque lo sgonfiò incidendo la pelle con una lama sottile, e bendò la ferita: «Tutte a te capitano!»
Alla fine avevano raggiunto l’Ifasi. L’accampamento venne montato in prossimità delle sue sponde.
Gli esploratori indiani dissero che aveva già straripato e il suo livello d’acqua era stabile, non avrebbero rischiato d’essere inondati tanto presto. Giusto il tempo di organizzare il necessario per la costruzione di barche e oltrepassarlo indisturbati.
Montarono l’accampamento con tranquillità, sistemando pedane di legno in cui sarebbero state posizionate le tende per creare una pavimentazione, e non posare letti e mobilia nel fango.
Il mattino a seguire tornarono dalle spedizioni in avanscoperta gli esploratori che Alessandro aveva mandato qualche tempo prima. Li accolse nella sua tenda, offrì loro cibo e vino, e per ultimo domandò cosa avessero scoperto.
«Un messaggio da parte di un principe indiano, sire.» disse un persiano, in un greco un po’ arrangiato, mentre gli porgeva una picca pergamena arrotolata.
«È tutto?»
«È tutto.»
«Grazie. Potete andare.»
Gli esploratori si congedarono, lasciando il sovrano a leggere la curiosa lettera da parte di quel principe indiano.

 
Principe Fegeo, signore della valle del Kangra, al re Alessandro, sovrano dell’Impero Persiano – Salve!
La notizia di un conquistatore straniero, d’incredibile forza e abilità capace di piegare un impero vasto come quello dei persiani dalla lontana Grecia, è giunta fino alle mie orecchie.
È un vero onore poter fare, anche se via epistolare, la vostra conoscenza. So che siete un uomo dal grande ingegno e pieno di strategia militare, munito di un vasto bagaglio culturale ed una sapienza invidiabile. Vi rispetto.
Mi presento a dovere: sono il principe Fegeo. Il mio regno si trova nella valle del Kangra, ed è posto esattamente dopo l’Ifasi, che so che voi siete intenzionato ad attraversare per giungere al Gange.
Mi permetto, in nome della mia stima per voi, di illustrarvi i lati negativi della vostra scelta di arrivare all’ultimo fiume dell’India.

Alessandro sorseggiò del vino, mentre si metteva a leggere tutta la pericolosità dei territori oltre l’Ifasi. Invivibili, inospitali, letali, anche più del Punjab. Lo informò della pericolosità del popolo dei Nanda, comandati dal rajah Magadha, e dei Gandaridi. Entrambe le popolazioni erano capaci di schierare un numero di soldati e, soprattutto, di elefanti, molto superiore a quello che aveva messo in campo Poro.
Ma il principe Fageo menzionava, tra gli altri popoli oltre l’Ifasi, anche società estremamente ricche e ben amministrate, forti nella guerra come pochi. La voglia di misurarsi con loro, per Alessandro, era elevata.

Fece radunare il consiglio di guerra sotto la sua tenda, a cui presenziarono Efestione, Cratero, Perdicca, Lisimmaco, Leonnato, Seleuco, Tolomeo, Cassandro e il segretario generale Eumene.
Lesse loro la lettera di Fageo, per sentirne i pareri.
«Vuoi il mio parere sincero? – fece Efestione, serio. – Questo Fageo è un ruffiano. Si caga sotto, ha paura che tu lo possa invadere e sottomettere come hai fatto con Poro e l’Impero Persiano.»
«Forse. – sorrise Alessandro, per la schiettezza dell’amico. – Ma per il resto?»
«Tu che vuoi fare?» gli domandò Tolomeo.
«Se voi siete con me, avanziamo.»
«Di soldi per farlo ne abbiamo.» Eumene alzò le spalle.
«Eumene pensa sempre ai soldi! – esclamò Leonnato. – Appena torneremo a Babilonia, voglio che sia tu a pagarmi il vino e le puttane!»
Seleuco gli mollò uno scappellotto sul capo, su cui ricci color rame si annodavano e gonfiavano dandogli l’aspetto di un leone.
«Alessandro. – lo richiamò Cratero, serio. – Fosse per noi, ti seguiremmo ovunque. Ma in tutta franchezza, con l’esercito di ora… io non avanzerei. Tantomeno se ad aspettarci ci sono eserciti ben più numerosi e letali di quello di Poro. Non dimentichiamo la carneficina sull’Idaspe, per quei maledetti elefanti. Lui poteva schierarne duecento, questo rajah Magadha e i Gandaridi, se possono schierarne di più, quanti ne metteranno in campo? Mille? L’esercito è stanco, distrutto, ridotto a pezzi. Arrancano nel fango, sotto le piogge ininterrotte, hanno combattuto battaglie dure in questi ambienti inospitali e sottomesso settanta città. Non ne possono più.»
«Ho vissuto i loro stessi disagi.» protestò il re.
«Ma tu sei Alessandro. Nessuno ha la tua forza vitale, la tua energia inarrestabile. Loro sono solo uomini. L’esperienza con Poro li avrà segnati, ma non credo che sia la guerra ciò che fa loro paura. Si sono spinti fino ai confini del mondo per realizzare il tuo sogno. Quanti ne sono morti? Quanti sono morti per malattia, oppure uccisi dai mostri qui fuori? È questa natura avversa che fa loro paura. E l’angoscia è amplificata dal fatto che sono anni che non tornano a casa dalle loro mogli, i loro figli, dai loro nipoti. Molti di loro sono nonni e non lo sanno neppure! Ti basta guardarli, Alessandro, per capire. Riportali a casa.»


 
Alessandro radunò l’esercito, tentò per l’ultima volta di persuaderli a continuare. Ma nemmeno il suo carisma e la sua eloquenza bastarono per convincerli, ormai logorati da anni di fatiche e spaventati dalla prospettiva di non tornare mai più a casa. Per bocca del generale Ceno, venne comunicata l’intenzione di non proseguire per i motivi esposti anche da Cratero in consiglio di guerra. Se Alessandro voleva arrivare al Gange, poteva contare solo sulle forze asiatiche.
Per tre giorni restò chiuso nella sua tenda a meditare, inaccessibile a tutti.

Rossane, in pensiero per quel comportamento, tentò di fargli visita. Le guardie poste all’entrata le sbarrarono la strada.
«Mi dispiace, mia regina. Il re non vuole vedere nessuno.»
«Questo lo so. – mugugnò. – Come sta? Sapreste dirmelo almeno?»
«Fatela passare, è pur sempre mia moglie e la vostra regina.» ordinò Alessandro, da dentro la tenda.
Le guardie le diedero il via libera, e lei entrò timidamente nella sontuosa tenda del sovrano.
Teli decorati di disegni e ricami floreali dividevano i vari ambienti, tutt’intorno c’erano travi in legno intagliato che sorreggevano la struttura.
L’ambiente in cui si ritrovò Rossane era la sala che il re usava per i pasti e per le riunioni. Poi c’erano la “stanza” da letto, e quella per il bagno.
Alessandro era su uno sgabello e leggeva alcuni rotoli di pergamena scritti in greco.
«Cosa leggi?» domandò, sinceramente interessata, mentre si sedeva a gambe incrociate ai suoi piedi. Quasi fosse una bambina in attesa di farsi leggere una storia.
Alessandro la guardò con occhi stanchi, segnati dall’insonnia, ma le sorrise comunque.
«L’India, di Ctesia. Qui descrive la flora e la fauna, e parla di creature assurde come tigri dai volti umani e tribù di cinocefali. A me non risulta d’averli incontrati, e a te?»
Rossane sorrise, vagamente divertita. «Io ne ho visti un paio, di cinocefali.»
«Hai visto più cose di me, dunque. Non lo accetto mica.»
Posò le pergamene sullo scrittoio che aveva di fianco, tenendo il segno con un pugnale. Poi la sua attenzione si concentrò di nuovo su di lei.
«Come stai?» gli domandò, precedendolo.
«Sono un po’ affranto.» e non si dilungò oltre.
Rossane incrociò i suoi occhi torbidi ed ebbe l’impressione di affacciarsi su un mondo sconosciuto, ultraterreno.
«Volevo vedere come stavi… vuoi che vada via, se vuoi restare ancora solo?» gli domandò, cauta.
«Io ti voglio per me. Resta, la tua presenza mi fa bene.»
«Anche se dovessi fare domande curiose?»
«Sì, certamente. Prendi qualcosa da mangiare o da bere, se vuoi, e rimani. – sorrise. – Quali domande vuoi farmi?»
Lei si mosse nervosa sul pavimento di legno coperto da tappeti persiani.
«Io lo so che per uomini come te, ciò che hanno non è abbastanza. O meglio, magari non è quello che vogliono davvero. Io credo che a te importi relativamente della ricchezza persiana, che per te è solo il mezzo per finanziare le tue campagne e i tuoi soldati, che il tuo unico obbiettivo è conoscere. E mi chiedo… perché? È solo per curiosità che stai rischiando tutto questo?»
Alessandro la soppesò con gli occhi, inclinando la testa a sinistra mentre cercava le parole adatte per risponderle.
«Finché ci saranno confini e barriere, lingue e costumi diversi, divinità e credenze differenti, non si avrà mai la pace. Io ho sempre desiderato sapere cosa c’è oltre l’alba e il tramonto, dove finisse il sole. Voglio giungere vicino agli dèi, superare chi mi ha preceduto e non permettere a chi mi succederà, di eguagliarmi o superarmi facilmente. Non voglio essere un’ombra inghiottita nell’Ade, quando verrà il mio momento.»
«L’Ade?»
«L’Oltretomba.»
Rossane studiò quelle parole con diversa attenzione. «Non credo accadrà mai. – disse, infine. – Nemmeno il mio popolo si è mai spinto tanto lontano in così pochi anni. Tu hai rivoluzionato le nostre vite, nel bene e nel male. Hai fuso due culture profondamente diverse, dimostrando che con la buona volontà possono coesistere e amalgamarsi. La tua stella brillerà anche nell’Ade.»
Alessandro sospirò. «La stella che brilla più splendente, è destinata a spegnersi per prima.»
«Ma tutti ne ricorderanno la luce.» replicò, senza batter ciglio.
Il condottiero le versò dell’acqua in una coppa d’oro, sapendo quanto poco sua moglie amasse il vino. Lei lo ringraziò con un sorriso affettuoso.
Amava Rossane. Amava la sua fiducia cieca e la sua solidarietà incrollabile, e amava il fatto che non si comportasse così solo perché era il Gran Re. Quando c’era qualcosa che non le stava bene lo diceva. Il suo appoggio e il suo disappunto erano sinceri, e Alessandro apprezzava più di ogni altra cosa quell’onestà.
«Cosa ne pensi di ciò che ha espresso l’esercito?» le domandò, sinceramente incuriosito da cosa pensasse lei di quella situazione.
«Li compatisco, e a mio parere hanno ragione a non voler continuare. Sono lontani da casa da tanti anni e qui la natura è avversa. Le mogli e i figli conducono gli uomini a casa. – gli sorrise, timidamente. ─ Ma se vuoi possiamo andare avanti io e te, a scoprire cosa c’è oltre quel fiume.»
«Menomale che mia moglie è con me. – ricambiò il sorriso. ─ Non posso e non voglio andare avanti senza il mio esercito. Consulterò gli dèi.»
«Quasi mi dispiace tornare. – ammise. – Il primo giorno a Babilonia sarà bellissimo. Ma il giorno dopo mi fa un po’ paura. Tutto questo mi mancherà.»
Oh, e Alessandro amava anche quel silente spirito avventuriero della sua sposa. Quel suo muto “Andiamo avanti, vediamo cosa c’è prima dell’alba e oltre il tramonto”. Quella sua grinta, quella sua curiosità, quella sua assenza di paura nel conoscere nuove realtà, che la accumunava a lui.
Rossane non aveva mai espresso a voce questo aspetto del suo carattere, eppure in situazioni del genere gli sembrava così evidente.
Le sarebbe mancata quella vita che, nonostante i pericoli e le avversità estreme, la faceva sentire viva. Le ricordava che stava vivendo, e non si limitava ad esistere.
«Anche a me il giorno dopo fa paura. – le confessò con un sorriso. – Per questo non volevo fermarmi, dovevo oltrepassarlo.»
Rossane non era sicura d’aver capito il senso di ciò che le aveva detto Alessandro. Lui si chinò su di lei, sporgendosi dallo sgabello, le prese il viso fra le mani e con i pollici ruvidi le accarezzò gli zigomi. Si sentì avvampare ma non volle distogliere le sguardo, e nemmeno il re voleva che lei lo distogliesse.
«Noi resteremo insieme il giorno dopo, e quello dopo ancora. Così avremo meno paura.»
 
 

Il quarto giorno, Alessandro cedette: cercò di capire la volontà degli dèi. Fece sacrificare degli animali, studiare le loro viscere e il volo degli uccelli. Chiese ad alcune donne del campo, tra cui Almas, ti effettuare i loro rituali di divinazione.
In tutto ci vollero due intensi giorni dedicati ai segni degli dèi e del destino. Sotto l’occhio attento di Brahmin, tutto si svolgeva cercando il contatto con il divino e il suo disegno.
Al tramontare del secondo giorno, il santone si recò alla tenda del sovrano.
«E dunque?» indagò Alessandro.
«Gli dèi sono contrari al proseguimento di questa spedizione.»
Il re si adombrò e restò in silenzio. Brahmin capì che doveva dileguarsi, tuttavia venne fermato:
«Hai avuto altre… visioni?»
Il santone accennò un debole sorriso. «Non sono visioni. È l’eco dell’energia, del filo del destino che ci unisce tutti. Ricevo sempre lo stesso da circa dieci anni.»
«Da quando ho cominciato la mia conquista in Oriente.» osservò Alessandro, indecifrabile.
«Ed è sempre lo stesso suono, lo stesso eco, che preannuncia la tua ascesa e la tua caduta.»
«In che modo avverrà?» indagò.
«Non posso saperlo e a te non è dato conoscerlo. Non puoi cercare di scoprirlo per impedire al fato di fare il suo corso, non ha senso rimandarlo. Più lo rimandi, più si riempirà di ciottoli, come un fiume, e allora se la tua fine doveva essere mite, diverrà torbida. Lascia che il destino faccia il suo corso, non tentare di deviarlo.»
«Quanto è vicina la mia caduta?»
«Molto vicina, ma forse più lontana di quanto credi.»
«Questa non è una risposta.» replicò.
Brahmin accennò un sorriso. «Ognuno ha la sua concezione del tempo, Alessandro.» e uscì.
Decise di accantonare le premonizioni del santone, e dedicarsi al ritorno a Babilonia.
Risultava chiaro, ormai, che la spedizione non poteva più essere portata avanti. I soldati si ammutinavano e gli dèi erano contrari. Sarebbe tornato alla capitale e avrebbe cominciato a guidare il suo impero, in attesa dei preparativi per una prossima campagna militare.

Dopo che Brahmin si fu congedato, Alessandro fece radunare l’esercito di fronte alla sua tenda.
Il cielo si dipingeva di rosso e d’arancio, alle loro spalle il manto di Nyx cominciava ad avvolgere il mondo che dovevano vedere e conquistare, tutte le terre al di là dell’Ifasi. L’estremo Oriente.
«Mi hanno detto che non volete più andare avanti. – esordì, la voce vibrava alta verso il cielo. – Io so che in cuor vostro volete proseguire, perché bruciate di curiosità e di voglia d’avventura, perché l’euforia della battaglia è come la droga più potente di cui nessuno di noi, volente o nolente, potrà più farne a meno. Ma siamo uomini, non dèi, e pertanto ci stanchiamo. I nostri desideri e il nostro cuore sono dove c’è la nostra casa, la nostra famiglia, e un filo ci tira sempre più forte verso di loro con l’aumentare della distanza. – prese una lunga pausa a effetto. – Ho interrogato gli dèi, per conoscere il loro volere in merito a questa spedizione. Per sapere se sia meglio proseguire o desistere. Si sono rivelati sfavorevoli al proseguimento e ci invitano a tornare a casa. In Macedonia, in Persia, in Egitto, ovunque essa sia. Perciò torniamo, uomini. Torniamo!»
Al contrario di quanto si sarebbe aspettato, nessuno festeggiò o urlò di gioia. Le fila dell’esercito erano avvolte nella silenziosa commozione. Alessandro vide qualcuno di loro piangere, sorridere, darsi pacche composte. L’unica battaglia che il loro ambizioso re aveva perso, era quella contro il suo esercito.

Quella sera, dopo che montò il primo turno di guardia e il campo era tra le braccia di Morfeo, il re sgattaiolò fuori dalla sua tenda e si diresse sulle sponde dell’Ifasi. La luna faceva capolino di tanto in tanto dalle nuvole, con i suoi raggi d’argento, e le acque torbide del fiume gorgogliavano per la forte corrente. Alessandro camminò nel fango delle sue rive, fino a trovare posto tra le radici di un grosso banyan. Lì si sedette e fissò l’oscurità e le ombre degli alberi oltre il fiume.
Quante cose c’erano da vedere, da scoprire, le popolazioni da incontrare, culture da apprendere, quante meraviglie ancora prima della fine del mondo. In cuor suo, sapeva che non le avrebbe mai viste.
E pianse.








Ebbene eccoci alla fine della spedizione in India! Vedremo che non è proprio terminata, poiché ora dovranno riprendere la strada del ritorno utilizzando il corso dei fiumi e dell'Indo per raggiungere l'Oceano. Poi ci sarà una scissione dell'esercito.
VABBÈ. In questo capitolo un po' più corto rispetto agli altri, ho raccontato la situazione generale soffermandomi un po' di più su Alessandro che su Rossane.  Penso che sia stato uno dei momenti più dolorosi e frustranti della sua vita, questo. Ma, ahimé, necessario. Nemmeno Alessandro il Grande poteva ottenere sempre tutto quello che voleva! Hahahah

Il 14esimo capitolo potrebbe tardare un po' ad arrivare. Non ce l'ho pronto, devo finire di scriverlo e purtroppo non sono particolarmente ispirata. Ma risolvo presto, so io come aizzare 'sta fiamma eheh (?)

Come sempre io vi ringrazio tutti, lettori silenziosi e recensori, che seguite così attivamente questa storia. Non avrei mai pensato che avrebbe riscontrato questo discreto successo, sinceramente. Che non è molto, ma più di quanto mi aspettassi, appunto! xD
Ordunque (?) io vi auguro una buona serata e una buona settimana!
Alla prossima ♥
   
 
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