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Autore: PrincessintheNorth    14/10/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Come già successo in precedenza, io mi ripresi in tre giorni. Katherine, ovviamente, ci mise molto di più.

Quello di cui non riuscivo a capacitarmi era l’improvvisa occupazione totale di tutta la servitù del castello, soprattutto delle tate.

Quindi, mi toccò tenere d’occhio non solo April, ma anche Katherine, che di nuovo si era presa una febbre assurda, con relative nausee, e non disdegnava, come sua sorella, d’altronde, di vomitarmi addosso.

Beh, almeno April lo faceva più spesso di Katherine.

Ma, paradossalmente, era lei a darmi più problemi.

Nel ghiacciaio non è che avessimo parlato molto di quanto era accaduto, e poi lei era crollata, ma adesso, che passavamo ore insieme, era molto più contenuta del solito e anche più fredda.

Eppure, sul ghiacciaio si era fidata di me. Mi aveva creduto.

Perché ora continuava a sfuggire il mio sguardo o tremava se solo la toccavo, rispondeva rapidamente e trovava sempre un modo per troncare ogni conversazione?

All’inizio, due settimane prima, mi ero convinto che volesse essere lasciata sola.

Poi nulla era cambiato.

Lei mi odiava, alla fine avevo deciso.

Mi odiava esattamente come io odiavo me stesso.

Ancora non riuscivo a credere di essermi davvero comportato in quel modo con lei. Aspettare che lei fosse da sola, senza alleati, per poterla ricoprire d’insulti e schernirla liberamente con una banda di soldati idioti. Metterla al muro. Le parole che le avevo rivolto per una settimana, sia in faccia che alle spalle, continuavo a sentirle nella mia testa, e insieme vedevo le sue lacrime che avevo visto solamente quando l’avevo trovata da sola.

La sua espressione sconvolta, la prima volta che l’avevamo insultata, che l’avevo insultata. Perché mi ero fatto far su proprio bene. Non solo avevo creduto che lei volesse vendermi, ma ero stato l’unico a insultarla apertamente, di fronte a lei. Lo shock che le aveva attraversato gli occhi quando aveva capito in che gioco meschino fosse finita.

Bel ringraziamento che le offrivo dopo avermi salvato.

Dopo aveva urlato, certo. Si era difesa.

Ma quando aveva perso ogni emozione nel parlarmi, che fosse felicità, divertimento o odio, mentre mi spiegava che la lettera era un falso, lì avevo capito quando fossi messo male.

In più di un mese che la conoscevo, avevo capito che lei gridava solo da arrabbiata: ma era molto meglio avere la rabbia di Katherine Shepherd rivolta contro, piuttosto che il suo disgusto.

Quando lei disprezzava qualcuno, non urlava. La sua voce era piatta.

E quando mi aveva parlato con quel tono …

Avevo immediatamente provato disgusto per me stesso.

Non ero nemmeno riuscito ad oppormi ai suoi ordini, inizialmente.

Poi avevo interrogato i soldati, utilizzando i metodi che avevo imparato con Galbatorix. Non ero nemmeno riuscito a spiegarmi perché avessi usato quelle pratiche. Secondo Castigo, volevo ripulirmi e difendere l’onore di Katherine.

Forse era così.

Io avevo dato adito al fango che Grasvard le aveva gettato addosso. Nulla di quello sarebbe successo, se non fosse stato per me.

Avevo fatto tornare indietro i soldati, con Grasvard legato, e avevo inseguito Katherine nel bosco.

L’avevo vista piangere: ma non appena mi aveva accorta di me, si era spazzata via le lacrime, aveva iniziato a gridare e, alla fine, mi aveva preso a sassate.

La cosa che più odiavo, di tutto quello, e disprezzavo, era il divertimento che avevo provato nell’insultarla. Il potere di fare quello che volevo con lei, tanto sarei rimasto impunito. Di giocare con i suoi sentimenti, con il suo orgoglio.

Forse ero più simile a Morzan di quanto non credevo.

Quindi, praticamente, era un mese che continuavo a disprezzare me stesso ventiquattr'ore al giorno, sette giorni su sette.

Avevo allontanato da me una persona alla quale tenevo.

Due settimane prima, non ce l’avevo fatta più. Ero andato da Derek e Miranda a confessare tutto.

Il risultato era stato un pugno da parte di Derek, uno da parte di Alec, un colloquio privato con Miranda e la punizione di spalare letame alle stalle.

Derek aveva fatto ben chiaro che se non mi aveva ancora buttato fuori a calci era solo perché salvando la figlia ero riuscito, più o meno, a farmi perdonare.

Ma aveva anche detto che avrebbe preso in considerazione l’idea di perdonarmi anche lui solamente dopo che Katherine avesse deciso di farlo. Lui non voleva che mi avvicinassi più nè a lei, nè ad April, ma sua moglie era di un altro avviso. 

Io sapevo già che non avrei mai preso quella decisione. Non meritavo il perdono di nessuno, men che meno di me stesso.
​Eragon mi aveva dato dell'idiota. In realtà, mi aveva insultato peggio di Katherine nei suoi momenti no, quindi ... 

In quel momento, April si svegliò, ovviamente strillando come una dannata.

- Arrivo … - brontolai andando a prenderla. – Chissà mai che sia tu la punizione per aver trattato male tua sorella …

No, riflettei poi senza riuscire a trattenere un sorriso. Era troppo tenera per essere una punizione, quella cucciola lì.

Smise di piangere appena la ebbi in braccio, e fece un sorrisone.

- Brava. Smettila di piangere altrimenti mi butto giù dalla torre. C’è già tuo fratello che lo vuole fare. E anche tua sorella. Beh, diciamo che tutta la tua famiglia vuole buttarmi giù dalla torre. – riflettei.

- Mmmh …

Mi voltai verso Katherine.

Fino a quel momento, dormiva profondamente sotto le coperte.

Improvvisamente, una testa con una gran massa di capelli disordinati emerse dalle coperte.

- April piange … - mormorò assonnata.

- Tieni.

Le diedi la piccola, e lei fece un sorriso.

- Puoi andare. – fece.

Preferii non contraddirla.

- A dopo, allora.

- Mmh …

Uscii, e andai nella mia stanza.

Cos’avevo fatto, fidandomi di Grasvard?!

 

 

-  … va bene, tesoro. – sentii mormorare Derek. – Sicura che non sia per lui?

- Sì. – questa era Katherine. – Non hai da preoccuparti.

- Sai che è la frase più inutile del mondo.

Incuriosito, mi misi ad ascoltarli.

- Quanto pensi di stare via?

- Un mese, magari. Non lo so.

- Chi viene con te?

- Eragon mi accompagnerà fino al Castello del Tridente. Mi lascerà le uova, e mi occuperò di loro. Poi andrà a Vroengard, dove ha stabilito residenza.

Se ne stava andando.

Katherine se ne stava andando.

La stavo facendo fuggire di casa perché non poteva più sopportare di vedermi.

- No. – entrai e, ovviamente, mi beccai gli sguardi di fuoco di padre e figlia.

Non so quale fosse il peggiore.

Però li ignorai.

- Io me ne vado. – dissi. – Tu non te ne vai da casa tua per un torto che ti ho fatto io, hai capito?! Non esiste, non intendo permettere questa cosa … è assurdo, Katherine, non puoi davvero farlo! Dammi la chiave di una cella e vado lì, piuttosto, la butto anche via, se vuoi. Ma non puoi … non puoi andartene tu. È casa tua. Non puoi.

Lo sguardo che mi lanciò mi fece rabbrividire.

- Ti è passato per l’anticamera del cervello, Murtagh, che magari, dico magari, non sei il centro del mondo e dei miei problemi? Io vado dove voglio, quando voglio e perché voglio e questo non dipende minimamente da te. Quindi sentiti in colpa per ciò che hai realmente commesso. – sibilò.

- È abbastanza. – la fermò Derek, perché sarebbe andata avanti.  

Facendola illividire.

- Ti ha già chiesto scusa. Non c’è motivo di andare avanti. Altrimenti hai torto anche tu.

- Io non ho torto! – gridò lei.

Poi si ricompose. – è palese che non ho alleati in questo luogo. Ritengo quindi più opportuno spostarmi a casa mia. Arrivederci a tutti.

A quel punto, uscì. 

- Non è colpa tua, o almeno, lo è solo in parte. – mormorò Derek sedendosi. Sembrava che, dopo la sfuriata di Katherine, gli fossero arrivati di colpo dieci anni in più. – Il vero effettivo colpevole è Grasvard, sei stato una pedina. E lei è troppo orgogliosa e incline alla rabbia. Si rifiuta di vedere alleati dove presenti e accetta ben volentieri di vedere nemici. Non è esattamente una persona facile con cui avere a che fare. – commentò infine. – Devi prenderla per il verso giusto, ma a volte l’unica è aspettare che la tempesta passi e darle ragione. Tu sei stranamente dotato di questa capacità. – disse poi, mandandomi nello shock più completo.

- Cosa?

- Riesci a prenderla per il verso giusto. – fece.

- Non so cosa tu veda, ma … ci urliamo addosso da due mesi per ogni minima cosa. – dissi, stranito. – Non vedo come questo possa calmarla.

- Lei non si arrabbia. Oh, forse un pochino, ma si diverte.

- Fantastico. – il giullare personale della principessa.

- Il punto è, alla fine trovate sempre un punto d’accordo.

- Il più delle volte è un vaffan …

- Aspetta quattro o cinque giorni. – mi interruppe prima che potessi finire quella simpatica parolina che spesso mi era stata rivolta da sua figlia. – Poi va da lei. Vedrai che si sarà calmata e riuscirai a porgerle le tue scuse.

Con quello, capii che la conversazione era conclusa.

 

 

 

   
 
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