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Autore: PrincessintheNorth    15/10/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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KATHERINE
 
 
Volutamente avevo preso la strada del mare per raggiungere Northern Harbor e il Tridente, così da poterlo sorvolare. Anche se, alla fine, avevo incrociato una nave e Antares (perché lei era la dragonessa più simpatica ed affettuosa del mondo, veramente) si era stufata di portarmi e mi aveva scaraventata con il reale posteriore sul ponte della nave, così da raggiungere la città per prima e riposarsi.
Con tanto amore, aveva poi aggiunto con divertimento.
Il capitano della nave, Smith, che conoscevo benissimo, mi aveva lasciato la sua cabina e anche comandare la nave.
-     Desiderate che vi dia il cambio, Comandante? – chiese.
Il sole era ormai tramontato, e le stelle brillavano alte sopra di noi, specchiandosi nel mare.
-     No, non serve. Vai pure a riposarti.
-     Sicura?
-     Mmh.
Scrollò le spalle, e poi iniziò a massaggiarsene una. – Come volete. – fece. – Io vado a dormire. Buonanotte, Altezza Reale.
-     Chiamami Katherine.
-     Neanche per sogno. Voi siete la Comandante. È irrispettoso chiamarvi per nome, soprattutto in ambito lavorativo.
Sospirai e nascosi un mezzo sorriso. Smith era così.
Era una delle sue tante qualità.
-     A domani, Capitano Smith.
-     A domani, mia signora.
Si ritirò, e rimanemmo solamente io, il mare e la nave.
Non che la cosa mi dispiacesse, chiaro. Era ciò che più adoravo.
Finalmente, ero nel mio posto perfetto. Papà poteva comandare tutto, ma il mare, la Marina, tutto quello era mio.
Potevo fare quello che volevo, incursioni, salvataggi, qualunque cosa.
Sul mare, sulla nave, io ero la regina. Gli abissi e le onde erano il mio regno, squali e marinai i miei sudditi. 
Sollevai lo sguardo verso il cielo: le costellazioni del Drago, del Leone e della Volpe brillavano in tutta la loro gloria, superbia ed astuzia. Ma io cercavo la Stella del Nord, così da mantenere giusta la rotta.
Finalmente, il rumore che sentivo non erano i fiumi di parole dei cortigiani, i piatti ritirati, le stoviglie, vetri rotti e tutto il trambusto del castello. Solamente l’infrangersi delle onde contro i fianchi della Meraxes e il silenzio della notte.
Tuttavia, quel silenzio riportò alla mia mente anche ricordi meno piacevoli.
Il freddo tremendo, le pareti bianco azzurrine del ghiaccio.
I morsi della fame nello stomaco e i sintomi della disidratazione.
La testa che si faceva sempre più pesante dal bisogno di dormire, che Murtagh continuava a negarmi per strapparmi alla morte.
Lui che mi stringeva a sé, così almeno ci saremmo potuti riscaldare un po’ con i nostri corpi.
Le sue rassicurazioni, quando tutto sembrava perduto. Nonostante fossimo sperduti in un crepaccio in un posto dimenticato dagli dei e dagli uomini, non aveva perso le speranze e continuava a ripetere che ci avrebbero trovati, che saremmo presto tornati a casa. Parlava con convinzione, ma senza esagerare. Era pressoché impossibile non credergli.
Non fidarsi.
Anche perché era l’unica speranza che avevo, la sua.
Ma una volta tornata a casa …
Al sicuro con le guardie fuori della mia porta, al caldo tra le coperte, con la certezza che ormai niente e nessuno avrebbe potuto nuocermi, era stato impossibile non ripensare a tutto ciò che era successo.
Lui aveva creduto ciecamente a Grasvard, senza nemmeno preoccuparsi di chiedermi spiegazioni.
Subito aveva agito più freddamente nei miei confronti, e una volta lontano dal castello aveva iniziato a schernirmi.
Poteva scegliere.
Poteva decidere di chiedermi cosa fosse quella lettera, ma aveva scelto di credere a lui. Non sapeva perché avessi scritto quella lettera.
Avrei potuto perdonare un’incomprensione, una manipolazione.
Ma come potevo perdonare una scelta?
 
 
 
Il mattino dopo, vidi in lontananza un luccichio.
Lentamente, al nostro avvicinarsi, quella luce prese forme più palesi e non potei trattenere un sorriso.
Quella era Northern Harbor.
E in fondo, in rilievo rispetto a tutti gli altri edifici, eccola.
Casa.
Ci erano voluti cinque giorni, ma alla fine ero arrivata alla mia residenza ufficiale, il Castello del Tridente.
Era il castello più grande di tutto il regno, e questo si spiegava con il fatto che un tempo era Northern Harbor la capitale del regno. Poi il mio bisonno, Rijkaard, aveva deciso di spostarla a Winterhaal, e aveva trovato opportuno dare al primogenito, generale, la città di Cape Snow, e al secondogenito, comandante della marina, il Tridente.
Era un castello costruito per ospitare draghi, quindi le torri erano mastodontiche, anche se c’erano tane per i draghi anche a terra.
Notai con piacere che la bandiera, il tridente con il drago avvoltolato su, era già stata issata.
Finalmente, ero arrivata.
Ci volle un’altra ora perché portassi la nave in porto, la ormeggiassi e scendessimo.
Venni subito accolta con grande entusiasmo ed affetto dalla folla, che, seppur contenuta dalle barriere umane che i miei ufficiali avevano costituito con il loro schieramento, continuava a gridare il mio nome e a lanciarmi benedizioni e fiori.
La fila di ufficiali proseguiva per tutta la strada maestra della città, fino al cancello del castello, e lì veniva sostituita dagli intendenti di palazzo, disposti su due ali ai lati del viale.
Nel rivedere casa mia così da vicino, dovetti trattenere le lacrime.
Erano almeno sei mesi che stavo lontana da lì.
Non appena arrivai davanti alla scalinata principale, smontai dal cavallo, consegnai le briglie al palafreniere ed entrai.
 
Tutto era perfetto. Non un filo di polvere, non un soprammobile fuori posto.
Soprattutto nelle mie stanze, ovvero quelle padronali. A Winterhaal, la stanza principale andava a mamma e papà, ma a Cape Snow era di Alec e Audrey, e lì al Tridente era mia.
Lì, ero io a dettare legge.
Il mare e Northern Harbor erano il mio regno.
E il mio primo ordine fu quello di prepararmi un bagno.
 
-     Quali sali da bagno vuoi?
La domestica mi mise davanti almeno una trentina di barattoli pieni di sali da bagno dalle diverse essenze: rosa, caprifoglio, timo, stella alpina, fiore di loto, pesca, vaniglia e così via.
-     Le rose andranno bene, grazie.
-     Altezza.
-     Katherine.
-     Katherine.
 
 
Fissai le uova di drago che Eragon aveva portato.
Odiavo quella cosa: Eragon, il Cavaliere, ci aveva salvati dal crepaccio, era stato a casa mia, sia a Winter Manor che qui, e non l’avevo visto, perché aveva pensato bene di partire prima di me, lasciare giù le uova e tornarsene a Vroengard.
Uffa.
Erano quattro uova, quelle che mi aveva lasciato nella sala del tesoro: uno azzurro cielo, uno nero, uno rosso e uno d’argento scuro. 
Avrei dovuto scarrozzarle in giro per la città e i villaggi vicini.
Murtagh, Alec e Max, il fratello di Audrey, avrebbero pensato al resto del paese.
Sfiorai delicatamente la superficie delle uova, senza riuscire a trattenere un sorriso nel sentire il freddo dell’uovo.
L’ultima volta che avevo toccato un uovo di drago, il perfetto involucro blu scuro si era venato di ragnatele nere, e si era aperta una piccola fessura dalla quale era sbucata una testolina blu.
Una testolina un po’ vuota, la presi in giro.
La tua, brontolò.
-     Watson? – chiamai l’intendente, che sapevo essere fuori dalla porta.
-     Katherine?
-     Fa preparare un avviso. Domani, alle undici di mattina e alle tre di pomeriggio, ci sarà la prova delle uova per tutta popolazione della città. Successivamente, andrò nei villaggi. Un giorno per uno. Scegli tu l’ordine.
-     Come desideri.
 
 
Secondo il protocollo, quella sera avrei dovuto ricevere tutti i borghesi della città a palazzo.
Invece no.
Mi feci portare la cena in camera e me la mangiai lì, perché, sinceramente, dopo giorni di viaggio ero anche un po’ stanca. Considerando che il viaggio era iniziato pochi giorni dopo che mi avevano tirata via dai ghiacci …
Bussarono.
-     Principessa, il Cavaliere Murtagh è arrivato.
Subito, le costolette di maiale mi tornarono su.
Non era possibile.
Non così presto …
-     È uno scherzo, vero?
-     No, Principessa. – disse la mia dama di compagnia, Cheyenne. – Anzi, ha parecchia urgenza.
-     Capisco. – mormorai cercando di farmi passare il mal di testa e il vomito.
Solo nel sentire il suo nome, mi erano venuti in mente gli insulti. Poi la lettera. Poi i motivi.
-     Prendimi … qualcosa da vestire …
-     Ti senti bene?
-     Non molto …
-     Ti preparo una medicina.
-     Okay …
Mi vestii in fretta, era un abito rosso, e Cheyenne mi diede da bere del rum misto a limone.
Uno schifo. Ma mi liberò la mente.
-     Io vado … tornerò il prima possibile.
 
 
 
 
 
   
 
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