Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Silvianap    17/10/2017    4 recensioni
Storia Braime scritta da hardlyfatal, che mi ha gentilmente concesso di TRADURRE.
SPOILER!! per chi non è in pari con la settima stagione.
- Brienne perde sé stessa e Jaime è cambiato per sempre. Un'ipotesi su come Jaime potrebbe riunirsi con Brienne, ora che ha lasciato Cersei ed Approdo del Re per andare a Nord a combattere contro gli zombie ghiacciati.
Humor, drama, risvolti hot ed inaspettati... cosa volete chiedere di più? -
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Podrick Payne, Tormund Giantsbane
Note: Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Premessa ---> Grazie mille a tutte le persone che stanno leggendo questa storia, a chiunque l'abbia recensita e/o aggiunta tra le preferite/seguite/ricordate!
Per me è una grande soddisfazione vedere che la mia traduzione non è stata inutile e che qualcuno abbia provato o stia provando le stesse emozioni che ho provato io nel leggerla la prima volta.... e la seconda, e la terza e la quarta ecc ecc.. ahahahah! 
Questa è in definitiva l'ultima parte della storia, mentre il prossimo capitolo è una sorta di brevissima conclusione da un punto di vista diverso... ;) 
Grazie anche alle mie amiche che correggono sempre i miei errori, siete i miei PIKKOLY ANCYELY! <3 
Questo capitolo contiene due delle quattro scene che mi hanno fatto innamorare di questa storia, quindi.... Buona lettura! 




 
Capitolo 4




Brienne scacciò Jaime dai suoi pensieri mentre si avvicinava alla tenda di Tormund. Si sentiva come se i suoi nervi fossero frantumati, dopo le ultime settimane passate sulla strada, non solo a causa degli effetti del trovarsi in un accampamento in pieno inverno e delle dure cavalcate ogni giorno, ma anche perché trovarsi così vicina a Jaime stava diventando una cosa sempre più pericolosa. I giorni con lui erano sia piacevoli che esasperanti come sempre, e le notti…

Ah, le notti…

Le aspettava con impazienza e… non era forse una risata, quella? Impaziente soltanto di dormire castamente al suo fianco ogni notte, aspettandosi niente di più?

Aspettandosi niente di più, ma desiderando tutto il resto. Tutto. Si svegliava di notte, qualche volta. Se, a quel punto, lo avesse trovato abbracciato intorno a lei, avrebbe potuto sentire il suo membro infilato con naturalezza tra le proprie natiche. Se le fosse capitato di essere rivolta verso il basso invece che verso l’alto, allora sarebbe scivolato tra le sue gambe, proprio su, contro il suo centro, e sarebbero apparse otto piccole mezzelune nei palmi delle sue mani provocate dalle unghie conficcate nei suoi pugni, stretti così forte per impedirle di toccare Jaime.

Uno dei più grandi piaceri, e peccati, della sua esistenza era il modo in cui lei si sarebbe sfregata contro di lui, così dolcemente, così delicatamente. La parte insopportabile era che il braccio di lui sarebbe stato incollato al suo fianco o alla sua vita, in quei momenti. Sarebbero bastati pochi secondi per spingere la mano più in basso, per premerla tra le proprie cosce, per sentire il tocco di quelle dita lì dove ne aveva più bisogno.

Allettanti, e altrettanto difficili da poter resistere, erano quelle volte in cui lei si svegliava per poi trovarsi abbracciata a lui. Quella schiena muscolosa, quelle spalle larghe contro il proprio petto, e i fianchi che racchiudevano quelli di Jaime nelle sue curve. Il braccio di lei sarebbe stato attorno a lui, il proprio palmo aperto contro il suo petto, spingendolo indietro contro di lei. Il suo profumo le avrebbe pervaso le narici, pulito, sano muschio maschile, e avrebbe voluto seppellire la bocca contro la sua gola, succhiare e baciare la pelle abbronzata dal sole…

E poi c’erano le sessioni notturne dove Podrick sarebbe scomparso per un’ora, lasciandola a massaggiare l’unguento su quella schiena larga, quelle ampie spalle e quelle braccia spesse. A volte, dopo un incontro particolarmente aggressivo con Clegane o uno dei Dothraki o degli Immacolati, Jaime le avrebbe chiesto di massaggiare anche il suo petto e la sua pancia. Brienne era stupita, francamente, di come lei ancora non avesse semplicemente preso fuoco a causa di una combinazione sgradevole di imbarazzo e lussuria.

Non erano male i momenti in cui lei avrebbe potuto ‘operare’ su di lui da dietro. Nella privacy della loro tenda, senza nessuno che li guardasse, sarebbe potuta essere avida quanto voleva nell’apprezzare il suo corpo. Ma non appena le sue mani fossero state sui suoi muscoli e avessero corso lungo il busto, lei avrebbe pensato a quanto sarebbe potuto essere facile farle risalire intorno al collo, stringere il suo viso e baciarlo come desiderava fare da anni.

Poi pensò alla facilità con cui Jaime l’avrebbe spinta via, e all’espressione di disgusto e orrore che sarebbe apparsa sul suo volto, e alla fine della loro amicizia. Quel pensiero l’avrebbe fatta calmare come un secchio d’acqua gelata; avrebbe terminato il lavoro con un efficiente distacco e avrebbe lasciato Jaime nella tenda ad addormentarsi. Poi avrebbe trovato un posto tranquillo dove fissare le stelle e maledire silenziosamente gli dèi per aver lasciato che si innamorasse di un uomo inarrivabile.

Una volta sfogato il malumore, avrebbe fatto ritorno nella tenda condivisa e sarebbe strisciata lentamente sul letto tra lui e Podrick, entrambi già incoscienti. Jaime si sarebbe involontariamente girato verso di lei, reagendo istintivamente alla sua vicinanza e alla comodità e, dannazione, lei l’avrebbe assecondato, lasciando che lui la stringesse vicino, tenendolo stretto a sua volta. La rapida oscillazione delle sue emozioni rappresentava una crescente sfida per la sua determinazione a mantenere un’apparenza indifferente. Era già abbastanza provare quei sentimenti; sarebbe stato peggio se il mondo avesse saputo che lei provava quei sentimenti.

Anche Jaime era diventato sempre più irritabile durante il viaggio. Brienne provò ad immaginarne la causa finché non realizzò che erano davvero tanti i motivi per cui lui non avrebbe potuto reagire altrimenti. Era fuggito da Cersei ed era risentito per la sua disonestà, si era riunito al fratello, si era riconciliato al fatto che dovesse combattere contro il nemico, soprattutto riconciliato al fatto che preferisse effettivamente il nemico molto più che il lato Lannister… no, il miracolo sarebbe avvenuto se lui non avesse reagito a tutto quello.

Era soltanto un bene che fossero quasi a Grande Inverno. Tra lei agitata, il sonno inquieto e l’irritazione aumentata di Jaime, non era sicura che la loro amicizia potesse reggere ancora per molto. Di sicuro, la sua sanità mentale era ridotta a brandelli sottilissimi.  

“Andiamo a vedere che cosa vuole il bruto”, disse Jaime, con un sorrisetto sfilacciato ai bordi.

Brienne pensò di non poter riuscire a sostenere Tormund essere… Tormund… con Jaime che osservava. Lei era già una vista comica di per sé, con la sua altezza e il suo brutto aspetto. Avere un’altra figura ridicola che si comportava come un buffone, che le lanciava sguardi maliziosi e che si comportava in modo così esagerato da sembrare il personaggio  di una commedia, avrebbe reso la situazione ancora più umiliante per lei. Non le era permessa nemmeno un po’ di dignità?

Lei evitò il suo sguardo. “Lo so che cosa vuole. Tu puoi… perché non vai a cercare Clegane o Pod, per allenarti un po’?”

Il sorriso spiacevole lasciò il suo viso, sostituito da un’espressione con la quale lei aveva cominciato a familiarizzare, come se Jaime fosse ferito e confuso e arrabbiato e tradito, tutto allo stesso tempo.

“Hai di nuovo quello sguardo”, lo accusò Brienne. “Che cos’hai che non va?”

“Niente”, sbottò lui. “Vai a fare la tua visita. Ci vediamo dopo”.

Si allontanò, quasi vibrando per l’indignazione. Brienne lo guardò per qualche istante… anche mentre era irritato, lei non poteva trattenersi dall’apprezzare la bellezza della sua figura.

Non potendo ritardare ancora a lungo, si voltò e si incamminò verso la tenda di Tormund. Ecco un altro uomo che di recente la stava irritando. Il numero di complicazioni che gli uomini avevano portato nella sua vita era sconcertante. Non vedeva l’ora di tornare dalle sue Signore, Sansa e Arya. Ora che la Regina e la sua consigliera, Missandei, si erano unite a loro, Brienne aveva speranze di trascorrere del tempo con un vivace gruppo femminile invece che avere sempre a che fare con i gentiluomini.

Bussò al palo della tenda. Alla rude domanda, rispose “Sono Brienne di Tarth. Ser Beric mi ha detto che avevi chiesto di vedermi”.

Il sospiro deliziato di Tormund avrebbe potuto essere ascoltato fin dall’altro lato della pesante tenda. “Si! Entra!”

Lei si infilò all’interno. Era piuttosto scuro, ma c’era una lanterna che pendeva da un montante del soffitto e qualche candela era posta lungo il perimetro di quello spazio. Tormund sedeva sulla sua branda, appoggiato contro un enorme cuscino, formato da diverse pelli cucite insieme rudemente. I suoi capelli e la sua barba erano selvaggi come sempre, e sembravano quasi infuocati sotto la luce tremolante dei lumi di candela, ancora più vividi in contrasto al pallore delle garze avvolte intorno alla sua fronte. Brienne si avvicinò alla sua branda e lui guardò in alto verso di lei con un’espressione di tale adorazione che lei sentì il proprio volto scaldarsi ed arrossarsi ardentemente, nonostante stesse trattenendo la sua irritazione.

“Hai sentito quello che è successo?”, chiese lui, indicando uno sgabello in un angolo.

Lei lo attirò verso di sé e si sedette. “Ho sentito di Viserion e della Barriera”.

“Io ero in cima alla Barriera quando il drago è arrivato. Non avevo mai visto niente del genere. E spero di non vederlo di nuovo, ma so che probabilmente accadrà. Ho dovuto calarmi giù quando tutto era finito, nonostante questa”. Si indicò la testa bendata. “Se non fosse stato per Beric, non ce l’avrei fatta. Brav’uomo”.

Lei sbatté gli occhi. Calarsi da un muro di ghiaccio con una grave commozione cerebrale, evitando quegli esseri, era stata un’impresa straordinaria e quindi glielo disse.

“Bah. Tu avresti fatto lo stesso”.

Beh, si. Probabilmente l’avrebbe fatto. Ma questo non diminuì il merito verso di lui.

Lo sguardo bramoso che lei era abituata a vedere sul suo volto, quando lui si fermava a fissarla come se fosse affamato, si era attenuato, lasciando spazio solo ad un forte apprezzamento. Brienne lo trovò molto più piacevole, rilassandosi un po’.

“La cosa che mi ha fatto andare avanti è stata la speranza di rivederti ancora”, continuò Tormund.

E a quel punto si sentì di nuovo tesa. Lui lo notò e rise.

“Non preoccuparti, donna”, disse con quella sua voce potente. “Non mi aspetto niente da te. Volevo soltanto onorare la promessa che avevo fatto a me stesso. Mi sono detto, Tormund, idiota, se superi anche questa, puoi ritornare a Grande Inverno. E se ritorni a Grande Inverno, lei sarà lì”.

“Ser”, cominciò lei, ma lui sbuffò.

“Niente titoli”, disse. “Come il mio amico Clegane, Io non sono un Ser”.

Lei alzò un sopracciglio per la sorpresa. “Sei amico di Clegane?”

“Qualcuno doveva pur esserlo. Riesci a pensare ad un uomo che abbia più bisogno di amici?”, e le lanciò un sorrisetto, giusto un po’ meno maniaco del suo solito.

Quello era… stranamente dolce. Generoso.

“Me ne viene in mente uno”, mormorò lei, guardando in basso verso le mani strette, pensando a Jaime. Brienne dubitava che, prima di lei, lui avesse mai avuto un amico oltre ai suoi fratelli e suo padre, e gli dèi sapevano che con nessuno di loro avrebbe potuto confidarsi oppure fare affidamento, tranne forse Tyrion, se qualcuno gli avesse fatto capire la serietà della situazione, e la soluzione a questo non era né l’ubriacarsi, né le puttane…

Un’enorme, ruvida mano scese sulle sue. Lei alzò lo sguardo, sorpresa nel trovare Tormund che la guardava.

“Parlami di lui”, le disse.

“Di chi?” Qualcosa nel suo stomaco s’incurvò per il timore.

“Di quello che ha bisogno di un amico. Che ti fa apparire così triste e felice allo stesso tempo. Lo ami, non è vero?”

Le sembrò di ricevere un pugno nelle viscere dopo averlo sentito dire ad alta voce per la prima volta. Il volto di Brienne s’increspò mentre cercava, senza successo, di non mostrare alcuna reazione.  Con suo orrore, sentì le lacrime salirle agli occhi. Chiuse gli occhi e piegò la testa, appoggiandosi di riflesso sulle ginocchia per nascondersi meglio che poteva.

L’altra grande mano di Tormund coprì il retro del suo collo e l’avvicinò fino a che il suo viso non fu poggiato contro la sua ampia spalla. Resistette solo per un momento perché il suo tocco era tutto tranne che confortante e lei aveva davvero bisogno di conforto. Pianse contro di lui, soltanto un po’, per poco tempo. Quando si ricompose, ritornò a sedersi, passandosi le mani sul viso per asciugare le lacrime e sorridendo scioccamente per l’imbarazzo.

“Mi dispiace”, disse. “Mi dispiace”.

“Perché?”, chiese lui, stringendosi nelle spalle. “Tutti piangiamo”.

Brienne gli lanciò un’occhiata stupefatta prima di asciugarsi con una manica gli occhi, un’ultima volta. Non la stava svergognando per la sua debolezza? Nessuna recriminazione per il fatto di aver usato ‘l’arma delle donne’, le lacrime? Che cosa…

…piacevole?

“Si”, fu tutto quello che disse lei. “Suppongo di si”.

Tormund le fece un sorriso stranamente gentile. “Allora, sei innamorata. Sapevo che doveva esserci una ragione per la quale mi stavi resistendo”.

Lei sbatté gli occhi ripetutamente. “Questa è… una logica molto conveniente, Ser”.

“Cos’altro avrebbe potuto essere?” Rise rumorosamente. “Sono ancora giovane e forte. Baciato dal fuoco, il che mi rende davvvvvvero bello”.

Dimenò le sue rosse sopracciglia, facendo ridere anche lei.

“Una donna dovrebbe essere pazza per rifiutarmi, oppure aver già donato il suo cuore altrove”, concluse. “Sei la donna più sana che abbia mai incontrato, eccetto forse per Lady Sansa, quindi doveva essere il secondo motivo”.

“Sei matto come un cavallo, quindi la persona per te dev’essere sana”, azzardò lei, e lo fece ridere di nuovo.

“Buona questa!”, disse lui, poi si calmò. “Parlami di lui. Voglio sapere di più sul mio rivale, su quest’uomo che ci sta tenendo separati”.

Lei si preoccupò di quell’ultima affermazione, ma la sua faccia era gioviale, non era serio.

“Non so cosa dire”, replicò Brienne. “Non ne parlo mai. Per diverse ragioni”.

“Mmm. Lo conosci da molto?”

“Da qualche anno”.

“È un brav’uomo?”

“Si”.

“Certo che lo è; non ameresti un uomo cattivo. Non tu”.

“Tu mi idealizzi, Ser. Anche io posso prendere decisioni sbagliate, come tutti”.

“Non è una decisione, innamorarsi. Vero?”

Lei rimase a fissarlo mentre ricordava. “Non possiamo scegliere chi amare”, sussurrò.

Tormund la guardava, la consapevolezza nei suoi occhi. “No”.

Brienne si sentì stanca. Distrutta. Le emozioni erano difficili per lei, e ce n’erano state moltissime in un breve periodo di tempo, quella sera.

“Dovrei andare”, gli disse, alzandosi. Riportò lo sgabello nell’angolo da dove l’aveva preso. Quando tornò a voltarsi verso di lui, Tormund la stava guardando, osservando i suoi movimenti con ammirazione. Lei sentì un’ondata di affetto –puramente platonico- verso di lui.

“Grazie”, gli disse lei. “Non sono mai stata gentile con te. Non ti ho mai preso seriamente. Ma, per favore, sappi che sono onorata delle tue attenzioni, anche se non posso accettarle”.

“Un modo così carino di dirmi di andarmene al diavolo”, mormorò lui, con un’aria divertita che gli fece curvare gli angoli della bocca.

Con suo orrore, le scappò una risatina. “Non ti stavo dicendo niente del genere”, rispose con severità.

“Dimostralo”, la sfidò lui, “e vieni a farmi visita ancora. Durante il viaggio. Sono intrappolato in un fottuto carro tutto il giorno, con niente da guardare al di fuori del culo del mulo che spinge il carro sotto di me. sto cominciando ad odiare i muli”.

“Ti manderò Clegane, visto che sei così affezionato a lui”.

“Questo non è un buon modo per risollevarmi il morale”, disse lui, fingendo di borbottare.  “È un cazzone tenebroso, lui”.

Brienne gli toccò la spalla con la mano, poi si voltò e lasciò la tenda. Appena fuori, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, sforzandosi di ricomporsi. Non avrebbe fatto ritorno alla sua parte di accampamento per trovare Podrick e Jaime e –pregò gli dèi di no- Clegane, e farsi vedere in quello stato.

Ma quando riaprì gli occhi, Jaime era in piedi lì davanti a lei, con un’espressione sul volto che lei non aveva mai visto prima, e che non aveva alcuna speranza di interpretare. Con un’occhiata rovente, Jaime si voltò e si allontanò.

“Jaime?” Confusa –preoccupata- Brienne lo seguì.

Niente. La preoccupazione lasciò posto all’irritazione.

“Jaime!” Lo raggiunse, afferrandogli il braccio, nello stesso modo in cui aveva fatto alla Fossa del Drago.

Anche lui si fermò, proprio come quel giorno, e quando si voltò, l’espressione che le lanciò fu altrettanto fiera e frustrata.

“Non toccarmi”, disse a denti stretti, “a meno che tu non intenda farlo”.

Mentre lui si allontanava a grandi passi, Brienne si accigliò, cercando di capire che cosa intendesse dire. A meno che lei non intendesse farlo?

“Questo non ha alcun senso”, sbottò lei, raggiungendolo velocemente grazie alle sue gambe lunghe. Passarono oltre Podrick e alcuni altri scudieri, avvicinandosi alla loro tenda.

“Si che ce l’ha”, ribatté lui. “Solo che non vuoi ammetterlo”.

Jaime spinse di lato l’entrata della tenda e si infilò all’interno. Brienne gettò le mani in aria e roteò gli occhi, poi lo seguì.

“Vuoi dirmi perché sei arrabbiato con me?”, chiese lei. “Almeno dammi la possibilità di difendermi”.

“Non c’è difesa”. Lui la guardò ferocemente, poi le domandò, “Lui chi è?”

Lei si accigliò. “Lui? Lui chi? Tormund?”

“L’uomo che ami”, sibilò Jaime, avvicinandosi a lei, il suo volto a pochi centimetri da lei. “Chi è questo uomo che ami?”

Lo shock aumentò dentro di lei, così come la sua furia. “Tu stavi ascoltando? Hai origliato una mia conversazione privata?”

“In quale altro modo verrò a conoscenza di qualcosa?”, chiese lui, iniziando a camminare. “Chiaramente tu non me l’avresti detto”.

“Perché non sono affari tuoi”, quasi gridò Brienne.

Podrick scelse quel pessimo momento per entrare nella tenda, i suoi occhi erano enormi e preoccupati. Aprì la bocca per parlare, ma entrambi si voltarono verso di lui.

“Vai fuori”, disse Brienne.

“Non tornare”, disse Jaime.

Lo scudiero corse fuori velocemente e loro due tornarono a guardarsi, i volti tesi per la rabbia, aggressivi come cani in combattimento.

“Non sono affari miei?” Smise di camminare per fissarla. “Davvero?”

“Tu, tra tutte le persone, non hai il diritto di interrogarmi su questo”, ringhiò lei.

“ ‘Tra tutte le persone’ ?” Ripeté lui, furibondo. “Se qualcuno ha il diritto, quello sono io-”

Non ce l’hai”.

Ce l’ho”.

Furiosa, Brienne agitò la mano intenta a colpirlo, ma lui la bloccò con la sua. Allora alzò l’altra, e lui la fermò con l’avambraccio.
Poi Jaime abbassò entrambe le mani di lei, afferrò il retro della sua testa e premette insieme le loro bocche.

Scioccata, lei tentò di lottare per liberarsi, ma la sua mano era irremovibile. Lui mosse le labbra sulle sue, più e più volte, e visto che lei non rispondeva, si allontanò, soltanto di pochi centimetri.

“Baciami, dannazione”, sussurrò lui, il suo fiato era fresco contro le labbra umide di Brienne.

“Non so come”, lo informò lei freddamente.

Le pupille di Jaime si spalancarono. “Fai quello che faccio io”.

E la baciò di nuovo. Fu più lento, meno arrabbiato, ma non meno feroce. Usò il pollice per abbassare il mento di lei, facendosi spazio per la lingua, e il tocco della sua sulla propria, fece gemere Brienne nel bacio.

Oh, dèi, l’aveva desiderato per così tanto. E, in qualche modo, era anche meglio delle sue più fervide immaginazioni.

Avrebbe potuto perdere la sua mente a quel punto, per un po’, perché i restanti pezzi del suo pensiero razionale e del suo autocontrollo, del quale avrebbe potuto vantarsi, si erano semplicemente… sciolti, come fiocchi di neve sotto al sole rovente.

Anni di desiderio e frustrazione la sormontarono. Decenni di auto-rifiuto e umiliazione ebbero la meglio su di lei. Portò le mani nei capelli di Jaime e si spinse di più contro di lui, imitando il movimento delle labbra e della lingua mentre un incendio le cresceva nel ventre.

Improvvisamente, lui si allontanò da lei.

“Ancora non sono affari miei?” ansimò Jaime.

Il cervello di Brienne impiegò un momento per capire. Quello era stato solo un modo di dimostrare un punto debole, o almeno lui pensava quello. Non l’aveva baciata sul serio, non perché la voleva. L’agonia si impossessò del suo petto.

“No”, riuscì a dire lei con un tono spento. “Non ha impatto sulla vita di nessuno. Lui nemmeno lo sa. Non lo saprà mai”.    

“Quindi ti porterai tutto questo nella tomba? Vivrai infelice senza di lui per tutta la vita?” Jaime si infilò le mani nei capelli per l’agitazione. “Prendi la nobiltà troppo sul serio, donzella”.

“Tu fraintendi le mie ragioni”. Lei rise, l’amarezza la sorprese. “Non lo tengo segreto per un senso di nobiltà, ma per vergogna”.

Lui si accigliò, la confusione apparve chiara nei suoi bellissimi lineamenti. “Vergogna? Di cosa? È un cittadino comune?”

Brienne seppellì il viso nelle mani, incerta se dover piangere di nuovo o semplicemente ridere. La situazione era oltre il ridicolo; era cominciata come una farsa e stava arrivando alla follia.

“Non vergogna di lui. Vergogna di me stessa”, farfugliò lei attraverso le mani. “Vergogna di quanto poco io possa offrire. E paura della sua reazione. Dell’orrore sul suo volto nell’apprendere del mio a-amore per lui”.

Odiò il modo in cui incespicò sulla parola amore, ma non aveva familiarità con essa, no?

Le dita di lui erano calde quando andò a spostarle le mani dal volto.

“Brienne”, fu tutto quello che disse, e quando lei aprì gli occhi, tutta la rabbia era scomparsa da lui, lasciando spazio solo a confusione e preoccupazione. “Chiunque reagisse in questo modo, non è degno di te”, le disse dolcemente.

Sentendo il suo tocco su di lei, avendolo così vicino, vedendolo così preoccupato e interessato, Brienne iniziò  a tremare. Se ne stava ferma lì e tremava, come un’idiota.

“Brienne”, disse di nuovo Jaime. “Dimmi il suo nome”. Si fermò, chiudendo gli occhi come se provasse dolore. Quando la guardò di nuovo, rilasciò un respiro, continuando: “Ti aiuterò ad averlo, se posso”.

Lei si allontanò dalla presa, dandogli la schiena e ritirandosi nell’angolo più lontano, mentre il suo respiro accelerava. Poteva ancora sentire il suo sapore in bocca.

Brienne”, disse lui una terza volta, e la spezzò.

“Sei tu”, sussurrò lei. “L’uomo che amo… sei tu. Sei sempre stato tu”.

Quando Jaime rimase in silenzio, lei si voltò per affrontarlo, brusca. “Di' qualcosa. Non farmi aspettare per sentirti ridere-”

Ma lui non stava ridendo. Non c’era ombra di disgusto sulle sue labbra, né scandalosa repulsione nei suoi occhi. Solo rabbia. Feroce, calda rabbia.

“Da quanto tempo?”, le chiese.

“Da sempre”, rispose lei, impotente. “Dal bagno? Dall’orso? Di sicuro dal momento in cui mi hai dato Giuramento e l’armatura”.

“Così tanto? E non hai detto niente?”

“Perché non capisci?” Anche lei stava cominciando ad arrabbiarsi di nuovo. “Non c’è niente nella nostra situazione che ci permette-”

“Fanculo il permesso”, disse Jaime, e afferrò il suo viso tra la mano e il polso, baciandola di nuovo.

Lei si arrese a lui immediatamente, persa e confusa, gli si aggrappò per avere una direzione. Fu un abbraccio rude, quasi duro, ed emanò onde di desiderio attraverso il suo corpo. Semmai avesse pensato di sentirsi viva quando le sue erezioni del mattino le premevano contro il fondoschiena, la spinta insistente del suo membro contro il proprio centro la fece quasi svenire dalla lussuria.

Jaime la muoveva come se fosse stato un burattinaio, inclinandole la testa di lato per far scivolare meglio la lingua contro la sua, spostandole le braccia per farsi abbracciare, facendole scivolare una gamba tra le cosce per offrirle la pressione che desiderava. Sapeva esattamente cosa fare e dove toccare, sembrava, e lei era felice di lasciarsi guidare da lui perché a quanto pareva lei lo voleva nello stesso modo e negli stessi posti.

Ci fu un tocco dietro le sue ginocchia e Brienne realizzò –vagamente- che lui l’aveva guidata all’indietro verso il letto.

Jaime s’inclinò da parte per togliere prima la sua tunica, poi quella di lei. Di riflesso, lei provò a coprirsi il petto con le braccia, ma lui le spostò, spingendogliele sui fianchi, e si chinò per morderle prima un seno, poi l’altro.

“Ti voglio”, ansimò, raddrizzandosi, e il bagliore frastornato che aveva negli occhi annientò l’ultima delle resistenze di Brienne.

Si”, disse lei, e gli pose le mani sulla vita. Con lo sguardo incatenato nel suo, cominciò a spingergli in basso i calzoni, e il suo respiro diventò un ansimo quando il ventre piatto e il membro rigido furono esposti alla sua vista.

Quello entrerà dentro di me, pensò lei. Un calore la avvolse alla consapevolezza di quella cosa.

“Brienne”, gemette lui, spingendo giù i calzoni di lei un lato alla volta. Lo aiutò a farli scivolare via e poi caddero insieme sul letto.

Sentire la sua pelle calda contro la propria la fece quasi sibilare. Non avrebbe mai pensato che quella pelle così ruvida potesse essere tanto allettante, ma la leggera abrasione di essa contro i suoi capezzoli e il suo ventre, aumentò ulteriormente il suo ardente desiderio per lui.

“Non voglio farti male”, mormorò lui contro le sue labbra, mentre con il ginocchio la forzava ad ampliare di più le gambe.

“Non puoi”, disse Brienne, le sue mani si muovevano su di lui, affamate nel sentire le sue spalle, il suo petto e il suo fondoschiena. “Forza. Prendimi”.

Jaime rabbrividì e si portò in profondità dentro di lei.

Lei lanciò un doloroso suono di soddisfazione. Finalmente, finalmente… così a lungo, aveva aspettato… non avrebbe mai pensato che sarebbe successo, ma che avrebbe passato il resto della vita a volerlo, senza mai averlo…

“È così bello”, le cantilenava lui nell’orecchio mentre si muoveva. “Così bello, perché è così bello…”

“Perché… è amore”, concluse lei, inclinando i fianchi per incontrare ognuna delle sue spinte. L’estasi stava salendo dentro di lei, verso qualcosa di alto e splendente e bellissimo.

“Si”, concordò Jaime senza fiato. “Amore. Ti amo”.

Il mondo diventò bianco per Brienne. Vista e udito si dissolsero. Si contorse sotto di lui, la sua schiena piegata e il collo arcuato. I suoi polmoni si affannarono, costringendo l’aria a passare tra le labbra aperte in un grido senza suono. Le braccia di Jaime le si avvolsero intorno con forza schiacciante, i suoi fianchi sbatterono contro di lei mentre emanava un grido che risuonò attraverso la tenda.  
   
 
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