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Autore: _ayachan_    20/06/2009    14 recensioni
A cinque anni dalle vicende de "Il Peggior Ninja del Villaggio della Foglia", che ne è stato delle promesse, dei desideri e delle recriminazioni dei giovani protagonisti?
Non si sono spenti con l'aumentare dell'età. Sono rimasti sotto la cenere, al caldo, a riposare fino al giorno più opportuno. E quando la minaccia è che la guida scompaia, quando tutt'a un tratto le scelte sono solo loro, quando le indicazioni spariscono e resta soltanto il bivio, è allora che viene fuori il carattere di ognuno.
Qualunque esso sia.
Versione riveduta e corretta. Gennaio 2016
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia'
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Penne27
23/03/2016

Capitolo ventisettesimo

Sharingan?




Dormire, dopo tanto tempo, nello stesso letto in cui dormiva Sakura fu tutto fuorché un sollievo per Sasuke. Sorvolando sulla distanza che separava i loro corpi e sulle schiene rigidamente contrapposte, la sola idea di esserle di nuovo accanto lo innervosiva: la sua amorevole ma inflessibile moglie avrebbe preteso delle spiegazioni; spiegazioni che lui, ancora, non possedeva. E questa volta Naruto non avrebbe rigirato le carte in suo favore, come aveva fatto in passato.
Pensieri angoscianti e opprimenti riempirono la stanza lungo tutta la nottata, contaminando i sogni confusi dell’uno e dell’altra. Tensione e stanchezza si diedero il cambio più volte, plasmando un dormiveglia estenuante e velenoso. A un tratto Sasuke si accorse che la luce dell’alba penetrava attraverso le imposte socchiuse. Nello stesso istante percepì chiaramente che Sakura non era dietro di lui.
Si voltò, stendendo una mano a cercarla, ma trovò soltanto le lenzuola ancora remotamente tiepide. Allora indugiò sulla leggera curva del materasso, respirando il profumo della sua casa, un misto di quello di Sakura, del suo, di legno e carta e bambini, di tutta una vita...
Inspirò a fondo, riempiendosi i polmoni di quello a cui aveva rinunciato scappando in commissariato, e si girò sulla pancia, richiudendo gli occhi. Da solo era più facile.
Di nuovo a casa.


La porta dell'ufficio dell'Hokage si spalancò senza che nessuno bussasse, e Ibiki Morino fece il suo ingresso con passo marziale.
«Sono qui per un reclamo ufficiale contro il Dipartimento di Polizia!» annunciò bellicoso.
Naruto si alzò in tutta fretta, pronto a difendersi. Un paio di penne caddero a terra nella concitazione.
«Quell'imbecille del capo della Polizia non mi lascia fare il mio lavoro!» sbottò Ibiki.
«In che senso?» chiese Naruto cautamente.
«Mi mette i bastoni tra le ruote! Interferisce! Mi fa ridere in faccia da quel ragazzino!»
«Ehm... Interferisce come, di preciso?»
Morino sbatté una mano sul tavolo, e dal suo pugno emerse un foglio accartocciato, che Naruto riconobbe come il foglio di sospensione del dipartimento di Polizia.
«Senza di me non caverete una sola parola da quel tizio!» ringhiò il gigantesco shinobi.
Il che probabilmente era vero, perché le notizie che arrivavano dalla sala degli interrogatori erano sconfortanti; ma ammazzare Yoshi non gli sembrava una buona soluzione, così Naruto si spremette le meningi per trovare il modo di calmare Morino.
«Ascolta, io non posso d'ufficio...»
«Non mi interessa!»
Fallito.
«Scusate?»
Sia Naruto sia Morino guardarono la porta dell'ufficio, e videro Sakura che li fissava con un ampio sorriso.
«Buongiorno a entrambi. Morino, la sospensione non è sindacabile, ci serve» lui fece per protestare, ma lei lo zittì con un gesto. «Non capisci? Non abbiamo nessuno a parte te che sappia interrogare i prigionieri come si deve: dobbiamo testare qualcuno prima che scoppi la guerra, o tra dieci anni saremo con il culo a terra. Abbiamo bisogno che tu finga di essere fuori di scena, e in segreto voglio che studi le nuove leve e ci dica chi lavora bene e chi no. Lo sai, se ti vedono nella sala interrogatori diventano delle ragazzine...»
Morino richiuse la bocca, sospettoso. Guardò Naruto, che si strinse nelle spalle come se avesse sempre saputo tutto, quindi di nuovo Sakura.
«E' una sospensione temporanea?» chiese.
«Naturalmente. Presto avrai il documento di reintegro in servizio. Mi stupisce che Sasuke non te lo abbia spiegato personalmente.»
Morino rilassò la mandibola e riprese il foglio che aveva sbattuto sul tavolo di Naruto. Con bassi mormorii di protesta, si scusò per il trambusto e promise che sarebbe tornato da Sasuke a sgridarlo. Sakura lo gratificò di un sorriso che significava 'ehh, sono cose che capitano!' e lo esortò ad andare subito al dipartimento.
Quando Morino fu uscito, Sakura tirò un sospiro di sollievo e fece scivolare un plico di fogli sopra la pila più bassa della scrivania. «Qui ci sono i nomi dei candidati a sostituirlo» gemette. «Alcuni sono suoi allievi, altri sono esterni. Non so, proviamole tutte... Effettivamente senza di lui siamo nei guai.»
«Non possiamo aspettare che Shikamaru rientri? Davvero, non vorrei proprio occuparmi di questa faccenda...» Naruto si interruppe e sembrò ricordare qualcosa. «Hai davvero detto culo a terra
Sakura rise, facendo un gesto per minimizzare, poi si schiarì la voce. «Tra i candidati c'è anche Baka Akeru.»
«Cosa? Perché?»
«Ha fatto punteggi stratosferici ai test attitudinali.»
«Ma è un medico!»
«Lo so. E anche se da regolamento i medici non possono condurre gli interrogatori... Beh, siamo così a corto di personale che faremo uno strappo alla regola.»
«Sakura, ha diciotto anni...»
«Come Yoshi.»
«Non ne siamo sicuri.»
Sakura fece un sorriso triste. «Naruto, ti ricordi dove eravamo noi a diciotto anni?»
«Dove non vorrei mai mettere i miei figli e i loro coetanei.»
«...Disse l'uomo che aveva promosso mio figlio ad Anbu senza nemmeno valutarlo.»
Naruto distolse lo sguardo tossicchiando. «Ma tu non eri impegnata con la tua crisi coniugale, invece di pensare a queste cose?»
Sakura tacque. Deglutì. «Sasuke è tornato a casa, stanotte.»
«Finalmente!» esclamò Naruto, lasciandosi cadere sulla sedia a braccia spalancate. «Cosa aspettavi a dirmelo?»
«Che Morino fosse fuori dai piedi.»
«Ha parlato con Hitoshi?»
«Non si sono incontrati, stamattina Hitoshi è uscito presto...»
«Testaccia dura!» sbottò Naruto, picchiando un pugno sul tavolo. «Se non si dà una mossa glielo mando in ufficio!»
«Non ficcare il naso, Naruto.»
Il Jonin biondo le puntò un dito contro. «Lo farò quando tuo marito imparerà a stare al mondo!»
Sakura sbuffò ed evitò il suo sguardo.
Se c'era una nota stonata nella sua convinzione, era quella che l'aveva spinta ad alzarsi prima che Sasuke fosse sveglio, quella mattina. Era tornato, sì, ma non avevano ancora parlato di niente. Hitoshi, Fay, il tradimento... Argomenti che le pesavano sul cuore come un macigno e la facevano sentire una vigliacca.
Prima o poi ne avrebbero discusso, si disse nervosamente. Prima o poi...
Sperando che non diventasse troppo tardi.


Hitoshi non si era alzato molto presto per evitare di incontrare suo padre; neanche sapeva che era rientrato, suo padre. Hitoshi si era alzato molto presto perché non riusciva a dormire. E non riusciva a dormire perché aveva la testa piena di pensieri. Così, nonostante ufficialmente fosse in vacanza, ben prima dell'alba si era preparato per uscire ed era finito a guardare il sorgere del sole dalla cima della parete degli Hokage, adeguatamente lontano dal bordo.
Certo, la scelta della posizione non era stata casuale.
Seduto sotto un fitto cespuglio di rododendro sgranocchiava uno snack proteico, perso nei suoi pensieri. Non riusciva a levarsi dalla testa l'idea che Chiharu e Akeru avessero firmato un contratto.
Che contratto era? Perché l'avevano stretto? Non si odiavano, quei due? Cosa era successo a Suna dopo la sua partenza?
Continuava a ricordare ossessivamente quanto Chiharu avesse ceduto in fretta alle sue avances... Poteva pensare che fosse a causa del suo incredibile fascino, ma poteva anche essere che lei non sapesse gestire quel genere di proposte. E se Akeru gliene avesse fatta una?
No dai, doveva pensare veramente male di lei per credere una cosa del genere!, si disse, quasi vergognandosi di sé. Non voleva pensare che Chiharu andasse con il primo che passava... Preferiva di gran lunga credere di essere unico e speciale – anche se poi c'era stato quello spiacevole dettaglio della sostituzione.
Davvero, non vedeva l'ora che tornasse: le avrebbe detto di Yoshi, del suo ruolo nel catturarlo e di quanto fosse stato figo stare tra gli Anbu. L'avrebbe fatta rodere per giorni, e alla fine l'avrebbe costretta a riconoscere di aver fatto un errore quando aveva deciso di rispedirlo a Konoha.
Naturalmente avrebbe fatto un discorso analogo anche a Kotaro... Dovevano sentirsi piccoli e miseri come si era sentito lui in sella a Scheggia XIII.
No, aspetta. Forse è meglio se prima chiarisco la situazione con Chiharu, si disse interrompendo il flusso di pensieri rancorosi. E se la sua risposta non mi piace, allora procedo con il piano di vendetta.
Si sentiva molto astuto.
Qualcosa entrò nel suo campo visivo. Rotolò via appena in tempo, evitando un attacco improvviso. Mentre recuperava la visuale estrasse un kunai, lanciandolo verso la sagoma che lo aveva sorpreso, ma quella lo fermò con due dita. Hitoshi prese un secondo kunai appena in tempo per difendersi da un nuovo attacco, e finalmente i due si guardarono.
«Hyuuga» disse Hitoshi per primo. «Sono Hitoshi Uchiha, non la vostra spia. Posso riavere il mio kunai?»
Lo Hyuuga, chiaramente riconoscibile per il Byakugan attivo, non mosse un muscolo, diffidente. «Sai che stiamo pattugliando questa zona: perché sei qui?» rispose senza smettere di premere la lama contro quella di Hitoshi.
«Guardavo l'alba.»
Lo Hyuuga strinse gli occhi, e con il Byakugan l'effetto era un po' inquietante.
«Ok, pensavo a una ragazza!»
Lo Hyuuga esitò ancora un istante, poi abbassò il kunai e riportò la vista alla normalità. Hitoshi si chiese perché tutti prendevano per buono che un diciottenne sospirasse languidamente osservando il sorgere del sole, ma rimase zitto e si spolverò la maglietta.
«Non startene qua intorno» lo rimproverò la sentinella, gettando il kunai ai suoi piedi. «Potresti essere frainteso.»
Hitoshi guardò con rammarico lo snack che era caduto nella colluttazione. «Mi dispiace» disse con voce monocorde. «Non accadrà più.»
«Sarà meglio...»
Lo Hyuuga si fece da parte e si intrufolò tra i rododendri senza salutare. Erano sempre così snob i membri di quel clan! Doveva darsi da fare a rimpolpare gli Uchiha per rimetterli al loro posto.
Avvertì un brivido, come uno spiffero gelido. Si voltò.
Alle sue spalle c'erano solo i cespugli del sottobosco e i primi alberi. Il suo cuore iniziò a battere un po' più veloce, i sensi si acuirono: non c'era solo il verde; c'era qualcosa, lì in mezzo, qualcosa di invisibile.
C'era una cosa che accomunava tutti i membri del gruppo sette: tutti, nessuno escluso, prima o poi finivano per pensare che il loro intervento in qualche difficile problema avrebbe risolto la situazione. Anche se non avevano le conoscenze e nemmeno la capacità di valutare il contesto, sapevano che prima o poi avrebbero salvato il mondo, da soli. Lo sapevano.
Non era arrivato fin lassù solo per ammirare l'alba pensando a Chiharu. Quel giorno Hitoshi era salito fin lì, combattendo le vertigini, perché dopo il successo della missione con gli Anbu una piccola parte di lui era convinta che se si fosse impegnato per scoprire se Yoshi aveva un complice ci sarebbe riuscito di sicuro; in barba a un'intera squadra di Hyuuga e mezzo Villaggio che tentavano la stessa cosa.
Non lo avrebbe mai detto a nessuno, perché anche lui si rendeva conto della presunzione di un simile pensiero, ma in fondo ci credeva. E quindi, avvertendo la strana sensazione che gli Hyuuga avevano descritto nei loro rapporti sulla spia, subito il pensiero era corso alla riuscita delle sue fantasie e la sua mente aveva galoppato verso grandi riconoscimenti.
Ci siamo, si disse emozionato, guardandosi attorno con cautela. Sentiva la schiena coperta di sudore freddo e le mani tremare, ma non avrebbe saputo dire se per l'ansia o l'eccitazione.
Non aveva bisogno di uno stupido Sharingan per essere tra i migliori shinobi del Villaggio. Forse per Fugaku era indispensabile, ma lui era sempre stato abituato a farne a meno, si disse, accucciandosi come per raccogliere il kunai.
Ne fu certo: qualcosa, ai margini del bosco, si mosse per osservarlo. Provò una sensazione strana, come se qualcuno gli avesse infilato giù per la schiena un secchio di alghe gelate.
Lentamente raggiunse il kunai, cercando di definire il misterioso osservatore. Non riusciva a vedere niente. Sentiva orribili brividi lungo la schiena quando fissava un punto preciso tra i cespugli, ma anche sforzandosi non capiva dove o cosa fosse.
Forse, se avessi lo Sharingan...
Una macchia, come quelle che si vedono osservando direttamente il sole. Gli sembrò di intravederla nel momento in cui gli occhi gli mandarono una piccola fitta di protesta.
Non era la prima volta che la sua vista si lamentava perché cercava di applicare gli insegnamenti del manuale segreto dello Sharingan, ma questa volta il dolore fu più intenso. Serrò le palpebre, mancando la presa sul kunai e facendolo tintinnare contro un sasso. Riaprì subito gli occhi, e questa volta la macchia si fece più distinta, quasi acquosa, come un riflesso d'acqua nell'aria.
Le dita afferrarono il kunai e lo scagliarono nel folto, diretto con precisione verso il punto in cui lo spazio si distorceva. Vide le foglie dei cespugli che si scrollavano, il kunai che veniva deviato e rimbalzava contro un tronco. Si lanciò in avanti prima che il metallo toccasse di nuovo terra, ma quando tese le mani la macchia traslucida si era dileguata, lasciandolo ad afferrare l'aria.
Non si perse d'animo, la cercò di nuovo. Si era spostata nel folto degli alberi. Si intrufolò tra i cespugli per inseguirla, ma nelle ombre era molto più difficile. La perse e la riprese più volte, cercando di ignorare il dolore che aumentava dietro le tempie. Era lì, a pochi passi! Bastava avere l'intuizione giusta, e...
Qualcosa lo colpì in piena faccia, mandandolo a sbattere contro un grosso tronco. Cacciò un urlo strozzato, sentendo miriadi di granelli di polvere che gli invadevano occhi, naso e bocca. Si sfregò la pelle con una mano, tossendo, e subito avvertì un bruciore insopportabile salire su per i polmoni.
Boccheggiando portò una mano alla borraccia. La aprì, si piegò di lato e sciacquò gli occhi, sperando che lenisse il dolore, ma non accadde. In pochi istanti tutte le sue mucose si erano gonfiate. Respirare diventò difficile, così come sollevare le palpebre.
Un trucco tanto semplice che lo insegnavano la prima settimana di Accademia... Una manciata di polvere urticante, e il grande Hitoshi Uchiha era finito K.O.
«Che è successo?» domandò una voce familiare, in tono concitato. «Stai fermo, ho qualcosa.»
Hitoshi sentì una mano che lo afferrava saldamente per la nuca, e poi il sollievo di un panno freddo sul viso.
«Respira.»
Obbedì, avvertendo il mentolo che gli invadeva immediatamente i polmoni. Le vie respiratorie si decongestionarono leggermente, permettendogli di respirare quel tanto che bastava, e presto prese a tossire, ansante.
«C'era... Qualcosa...» si sforzò di dire. «Qualcuno...»
«Lo hai visto?»
«Ho visto...» un accesso di tosse lo interruppe.
«Fermo. Ti accompagno in ospedale... Quello che ti ho fatto respirare è solo un palliativo.»
Allora Hitoshi riconobbe la voce: si trattava dello Hyuuga che lo aveva attaccato poco prima.

Quando arrivarono in ospedale il medico di turno mandò a chiamare Sakura e si consultarono sulla natura della sostanza irritante. Fu avvisato anche Naruto, che si precipitò a interrogare Hitoshi, ma non ottenne granché.
«Richiama Morino, dobbiamo scoprire con chi lavorava Yoshi. Adesso» disse a Sakura.
«Neanche per sogno» sbottò lei. «Morino lo ammazzerebbe senza ottenere niente. Piuttosto ci vado io.»
Senza volerlo Hitoshi rise, una risata raspante e incompleta, mentre aspirava un aerosol che puzzava di uovo marcio. Gli avevano spalmato su tutta la faccia uno spesso strato di unguento lenitivo, e sugli occhi avevano messo una benda impregnata di chissà che diavoleria. Qualcuno, poco prima, gli aveva anche iniettato un siero che doveva ridurre la reazione cutanea, ma quello ci avrebbe messo un po' ad agire.
«Non ridere. Non sai di cosa è capace quando le toccano i figli» lo mise in guardia Naruto con un brivido.
«Non possiamo avere un rischio simile in giro per il Villaggio. Dobbiamo sguinzagliare gli Hyuuga, tutti quelli che sono in città, e organizzare squadre di pattuglia» continuò Sakura. L'idea che qualcuno avesse avuto l'ardire di mettere le mani addosso a suo figlio l'aveva resa aggressiva e spaventosamente efficiente.
Un discreto colpetto di tosse interruppe le sue pianificazioni. Lo shinobi che aveva salvato Hitoshi, fermo in un angolo, fece un passo avanti.
«Perdonate l'interruzione. Il ragazzo ha detto di aver visto qualcosa» disse. «Mi piacerebbe capire meglio cosa ha visto, dal momento che neanche il nostro Byakugan è riuscito a distinguere nulla.»
«E' difficile da descrivere» spiegò Hitoshi, mettendo da parte l'aerosol. «Sembrava come una macchia... a metà tra un'ombra e un riflesso, senza contorni definiti. Era grossomodo delle dimensioni di un essere umano.»
«Qualunque cosa sia, voglio tutto il vostro clan sulle sue tracce!» sbottò Sakura rivolta allo Hyuuga.
«Così li mettiamo in allarme, però» le fece notare Hitoshi. «Se vogliamo prenderli non è una buona mossa.»
«Non venire a dirmi cosa devo fare o non fare a chi mette le mani sui miei figli!»
Hitoshi tacque, trattenendo un fremito di impazienza. Dietro le palpebre abbassate gli sembrava di avvertire un nuovo potere pulsante, lo stesso potere che aveva agognato per anni senza mai capire come raggiungerlo. Forse era l'infiammazione, ma forse la pulsazione era qualcos'altro...
«Nemmeno gli Hyuuga riescono a capire cosa sorveglia il palazzo degli Hokage» disse con voce quasi tremante. «Io invece ho visto... qualcosa. Non era ben definito, ma non era niente che avessi visto prima... Può darsi che io possa...» lasciò la frase in sospeso, con una vibrazione eccitata sull'ultima sillaba. Non osava dirlo a voce alta.
«Lo Sharingan?» chiese Naruto per lui, inarcando le sopracciglia fino all'attaccatura dei capelli.
«Non lo so. Forse» mormorò Hitoshi tutto impacciato. Parlare di Sharingan senza esserne sicuro? Cosa diavolo gli era saltato in mente? La fronte gli si coprì di sudore freddo all'idea di averla sparata troppo grossa. «So solo che ho visto qualcosa, mentre gli Hyuuga non sono mai riusciti a distinguere niente di più di un turbamento nella forza... Beh, in qualunque cosa vedano con i loro occhi.»
«Flussi di chakra» brontolò lo Hyuuga presente, piuttosto seccato.
Naruto si fece pensieroso. «Sasuke non ha mai fatto turni di guardia per cercare la spia» si disse. E' stato troppo impegnato a fare il cazzone, aggiunse mentalmente. «Dobbiamo verificare la teoria dello Sharingan. Voglio una squadra con Sasuke, Hitoshi e Fugaku.»
Sakura serrò le labbra. «Fugaku?»
«Avanti, Hitoshi alla sua età poteva venire in giro con me e Fugaku non può andare in giro con suo padre?» ghignò Naruto. «Sono tanto più bravo di lui?»
Sakura tacque. Hitoshi con lo Sharingan e Fugaku improvvisamente coinvolto nelle missioni pericolose? Succedeva tutto un po' troppo in fretta.
«Non siamo sicuri che sia lo Sharingan. Potrebbe anche essere un tumore al cervello, per quel che ne sappiamo» protestò, e Hitoshi la odiò un pochino, perché era quello che temeva anche lui.
Ma Naruto le rivolse un'occhiata incredula. «Quante probabilità ci sono che un Uchiha sviluppi un tumore al cervello piuttosto che lo Sharingan? Ti prego! Anche io ho passato la fase in cui volevo proteggerli, ma così mi costringerai a chiamare Rock Lee e Shikamaru per farti ragionare!»
Sakura fece un respiro profondo. Vedere Hitoshi che boccheggiava non le rendeva entusiasmante l'idea di mandare in avanscoperta Fugaku... Ma Fugaku sarebbe impazzito di gioia, questo lo sapeva. E ricordava fin troppo bene quanto era sembrato ridicolo Naruto nel periodo in cui era paranoico.
«Torno a casa per avvisarli» cedette.
«Vengo con te!» esclamò Hitoshi raggiante, pronto a togliere la benda dalla faccia.
«Neanche per sogno. Voglio che i tuoi occhi vengano esaminati in lungo e in largo. Intanto ti ringrazio...» proseguì in direzione dello Hyuuga. «Farò sapere a Neji che hai salvato mio figlio. Se non fosse stato per te...»
Naruto schivò lo sguardo di Sakura, tossicchiando come se fosse stato in imbarazzo. Sakura non sembrò accorgersi di niente, e invece prese la mano di Hitoshi, che nella sua cecità temporanea sussultò leggermente.
«Dato che non siamo sicuri che sia davvero lo Sharingan, non dirò niente a casa. Ti sta bene?»
Hitoshi annuì rigidamente.
«Lo farà lui più tardi» sorrise allegro Naruto. «Figurati se non è Sharingan. Anzi, se non è Sharingan ti declasso a Genin, Hitoshi.»
«Cosa? Non puoi!»
«Certo che posso! Ti ho promosso Anbu, posso anche declassarti a Genin.»
«Mamma, digli qualcosa! Sei Hokage quanto lui.»
«Non voglio saperne niente» borbottò Sakura, lasciandolo con una pacchetta sulla mano. «Non azzardarti a tornare senza un referto oculistico, mi raccomando... A dopo.»

Nonostante le affermazioni spavalde, Naruto non sapeva da che parte iniziare a risolvere i suoi problemi. A parte Hitoshi, che forse si era risolto da solo, tutto il resto era una gigantesca incognita. Non era mai stato un genio del problem solving... Era più quello che faceva saltare in aria la baracca e ripartiva da zero, dicevano tutti.
Nel pomeriggio Sakura lo rispedì a casa, perché in ufficio faceva più danni che altro, e lui si ritrovò inattivo, frustrato e preoccupato.
Hinagiku lo trovò che giocava con uno degli ultimi cuccioli nati a casa Uzumaki, propropropronipote del primo Naruto-gatto. Quando lo vide pensò che fosse un segno divino, perché in quel momento lei voleva sospirare un po' al pensiero di Jin, ma nessuno dei suoi fratelli era adatto al ruolo di confidente e sua madre era uscita per una commissione.
«Non eri andata con mamma?» le chiese Naruto sorprendendola dietro la porta.
«Non avevo voglia» rispose lei, entrando nella stanza e sedendosi al suo fianco. «Ho la testa piena di pensieri...»
«Siamo in due» con un sorriso, Naruto le circondò le spalle e la abbracciò. «Allora, vuoi provare ad alleggerirti un po' parlandomi di questi brutti pensieri?»
«Mi sa che non ti piacerebbero...»
«C'entrano con Jin? Devo andare a ucciderlo?»
Hinagiku rise, ma per poco. Poi il bisogno di confidarsi la sopraffece. «Sono preoccupata: non ha più fatto sapere niente... So che se lo avesse fatto me lo avresti detto. Vero?» guardò il padre con sospetto.
«Sì che te lo avrei detto» assicurò lui.
«Se non ha fatto sapere niente potrebbe essergli successo qualcosa...» gli occhi della ragazzina si riempirono di lacrime, che cercò di asciugare prima che cadessero lungo le guance.
«Ma no, dovresti stare tranquilla. Se qualcuno avesse messo le mani sul Sesto Hokage lo avremmo saputo. Niente nuove, buone nuove.»
«Io non credo» insisté lei. «Sono via da tanti giorni... Non è normale, nemmeno un messaggio...»
Naruto rise. «Hina, questo è quello che vuol dire missione segreta. Non possono comunicare con nessuno.»
Solo allora ricordò che ufficialmente Jin era in missione al confine, e non insieme a Kakashi. Ma soprattutto che Hinagiku non avrebbe dovuto saperne niente.
Trattenendo un'imprecazione strinse di più le spalle della figlia, con l'inquietante sensazione di essere osservato. Lei prese l'abbraccio per una rassicurazione e scoppiò a piangere.
«Lo so che sono stupida, papà... Però non è bello, io sono piccola, non è giusto che mi capitino queste cose. Perché non poteva essere un ragazzino normale? Perché non poteva essere un cretino qualunque, che non doveva andare a ripescarsi la mamma in terra nemica... Oh, quanto la odio quella donnaccia dai capelli rossi!»
Naruto le tappò la bocca, ma ormai la frittata era fatta. Con l'altra mano le fece cenno di tacere, guardandosi intorno. Non percepiva nulla, non sentiva nulla. Hinagiku lo fissava spaventata: di colpo realizzò che aver appena tradito l'unico segreto che Jin le avesse mai confidato, e si sentì sprofondare.
Naruto la fece alzare in piedi. La portò allo scrittoio, le diede in mano una penna e le fece intendere che doveva vuotare il sacco, senza dire una parola.
Lei esitò, fissandolo implorante, chiedendogli in silenzio di capire che non poteva, non poteva!
Ma lui fu impietoso.


Lontano da lì, in un seminterrato reso confortevole attraverso un futon e un tavolino con una tazza di tè fumante, da un apparecchio radio usciva il fievole suono della matita sulla carta, amplificato e ripulito dalle impurità.
Accanto alla tazza del tè stava un blocco note, su cui erano ancora ben visibili in rilievo gli ideogrammi che aveva vergato il ragazzo che si era allontanato pochi secondi prima.

Jin e Kakashi Hatake.

Haruka Muto.








* * *


Buongiorno a tutti!

Direi che è piuttosto evidente che questo è l'ultimo capitolo di pace.
Dal prossimo giro si torna a combattere!
Saranno quattro capitoli di interruzioni bastarde
e incubi di subordinate descrittive,
ma spero che ne varrà la pena.

Visto che PERSINO un personaggio come Hinagiku
ha uno scopo serio nella trama?

In attesa dell'apertura delle ostilità

vi saluto e vi auguro Buona Pasqua!





  
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