Libri > Eragon
Segui la storia  |       
Autore: PrincessintheNorth    18/10/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
MURTAGH
 
Era veramente un piccolo disastro.
Io non riuscivo nemmeno a concepire la fatica dopo cinquanta flessioni e lei mi cadeva, a momenti rompendosi il naso, dopo cinque?!
Neanche dopo dieci minuti di corsa, a un certo punto, sudata dalla testa ai piedi, si era seduta per terra in segno di protesta, a gambe e braccia conserte, e da lì non si era più mossa.
-  Katherine … - la chiamai ancora, ma niente.
Così mi toccò andar lì.
- Hai intenzione di rialzarti o no?
- SECONDO TE?! – sbraitò. – Muoio dalla voglia di alzarmi e correre come un criceto intorno a quattro mura! Non ha senso, se non quello di farmi sembrare una rimbambita!
- Ha il senso di allenarti?
- Allora non mi interessa!
- Cosa credevi che volesse dire allenarsi, leggere? Dormire? Tè e biscotti al cioccolato? E dire che questo è leggero.
- Tu sei matto.
Non so quante volte, in quei dieci minuti, avesse messo in dubbio la mia capacità d’intendere e volere.
- Se lo dici tu …
- E poi questo modo di allenarsi e tremendamente noioso. Corri, flessioni, corri, flessioni …
- Così funziona. Mica l’ho inventato io.
Sospirò, e da seduta passò a sdraiata. Incurante di sporcarsi.
A quel punto mi unii a lei, sdraiandomi al suo fianco. Per un po’, non dicemmo niente.
Poi però mi voltai verso Katherine, e vidi che piangeva, le lacrime che le scorrevano silenziosamente sulle guance. E non certo perché aveva il sole negli occhi.
- Katie …
- Sto bene ...
​- Vieni qui. 
Si raggomitolò tra le mie braccia, e non potei far altro che stringerla.
- Che succede?      
- Niente … - sussurrò.
- Quindi piangi a caso?
- Sono solo stanca …
- E io mi chiamo Galbatorix. Piacere.
In quel momento lo odiai. Odiai Grasvard semplicemente per il fatto che lei stava piangendo, stava soffrendo, a causa sua.
Se mai l’avessi avuto per le mani, avrebbe pagato per ogni lacrima che le aveva fatto versare.
- Andrà tutto bene. – mormorai stringendola più forte. Forse troppo. – Guarda che fine ha fatto Galbatorix. I cattivi non vincono.
- Sì, e questa è una favola.
- Beh, le favole hanno un fondo di verità. Vedrai che non ti accadrà niente. Sei protetta da tutti. Non potrà nemmeno toccare la terra che calpesti.
Le ci vollero dieci minuti per calmarsi, ma alla fine si sedette, asciugandosi le lacrime rimaste e le tracce di sale.
- Penso sia ora di ricominciare. – mormorò.
Però, ormai avevo capito che Katherine e l’attività fisica erano su due linee parallele.
Perciò, pensai di passare alla magia.
Questo le scatenò un sorriso.
E prima che la mia razionalità mi fermasse, pensai che quello era proprio un bel sorriso.
E mentre cercavo di insegnarle un po’ della magia, capii perché si dimenticasse tutto subito. Un po’ si distraeva, e poi, alla prima e superficiale spiegazione di un concetto che poteva avere dieci declinazioni, annuiva subito dicendo di aver capito tutto, di passare ad un altro argomento.
Era troppo impaziente.
Molti incantesimi li conosceva già, ma era convintissima di non saperli solo perché non se li ricordava sul momento.
Per farla breve, lei aveva con la magia lo stesso rapporto che io avevo con i verbi irregolari. Ovvero, “ma sì, è quello lì, ma non mi viene in mente”.
Tornac alla fine ci aveva rinunciato, a farmeli imparare.  
Paradossalmente, ero riuscito a impararli solo dopo che lui aveva gettato la spugna. Credevo non mi reputasse abbastanza intelligente, e li avevo imparati a memoria nel giro di una notte.  
Mentre si preparava a cercare di far germogliare un fiore da una pietra, una voce ci fermò.
- DOV’È LA MIA KATHERINE?
- Oh, santi dei. – sussurrò Katherine.
- Perché?
- Perché è zia Clorinda.
- E quindi?
Sollevò un sopracciglio. – è solamente la prima persona in tutto il regno che ci vede innamorati e sposati, genio. – sbuffò. – Sarà venuta a controllare che tu non mi abbia già sverginata, suppongo.
In quel momento, entrò una donna praticamente identica a Miranda, se non per i capelli biondi. Indossava una tenuta da cavallo, con un mantello verde che le svolazzava alle spalle.
- Eccoli qui, i futuri sposini! – sorrise estatica, stritolandoci in un abbraccio.
Non sia mai che con lei lo capisci, che sei innamorato, sbuffò Castigo.
LO VUOI CAPIRE CHE NON SONO AFFATTO INNAMORATO, LUCERTOLA ALATA TROPPO CRESCIUTA?!
- Zia, sono solo pettegolezzi … - tentò Katherine.
- Eravate qui appartati. – fece fissandola di sbieco. – E ho fonti attendibili che mi dicono che tu. – mi indicò. – L’abbia toccata non meno di un’ora fa.
- La stavo aiutando!
- Ad avere un orgasmo? – ridacchiò.
Katherine divenne rossissima.
- A fare le flessioni! – precisai.
- Oh, certo, caro. Erano per caso flessioni su di lei? Con bacio come premio? Lingua o stampo?
Stavolta non fu l’unica ad arrossire.
- Lo sapevo. Lingua. – sorrise soddisfatta. – Oh, tesoro, confido ci sarà una festa stasera.
- Cosa? – sussurrò Katherine, senza voce dalla sorpresa. – Festa?
- Ovviamente. – fece Clorinda. – Sei al Tridente da quanto, tre giorni? E ancora non hai dato una festa.
- Sono arrivata ieri pomeriggio …
- Capisco. – fece un sorriso. – Ci penserò io.
- No, cosa?
- Stasera festa! – rispose solamente, uscendo. – Tira fuori il tuo vestito più bello!
Non avemmo neanche il tempo di ribattere, che non appena uscì lei entrò il maggiordomo, mi pare si chiamasse Clarke.
Che nel vederci entrambi, venne preso in contropiede.
- Oh … ehm … Vostra Altezza Reale, Argetlam, Comandante della Marina … Cavaliere … oh …
- Katherine. – lei indicò sé stessa. – Idiota palestrato. – indicò me.
- Te veramente mangi dolcezza e simpatia a colazione. – commentai.
- Capisco, Vostra Altezza …
- Clarke … - replicò lei, con tono insofferente.
- Katherine. – la accontentò. – Katherine, Murtagh, secondo la tabella di marcia sarebbe bene che vi avviaste in città per la cerimonia delle uova. – disse, recuperato il suo contegno e la sicurezza.
- Va bene. – rispose lei. – Sei arrivato appena in tempo. Grazie mille.
- Prego, Vostra … cioè, Katherine.
Sistemammo il casino che avevamo fatto, tra libri di magia e tutto, per poi uscire.
- Dove sono le uova?
Mi guardò un attimo, e il messaggio arrivò forte e chiaro. Me le avrebbe mostrate, ma non avrei dovuto rivelare a nessuno l’ubicazione.
Rientrammo nella fortezza, e scendemmo nei sotterranei. Ci vollero almeno cinque minuti perché raggiungessimo una porticina serrata da vari incantesimi.
Capii subito che erano opera sua.
- Credevo non fossi brava con la magia. – commentai, analizzando quegli incantesimi. Erano tremendamente difficili da valicare.
-  Non sono brava ad impararne la lingua. – precisò. – Ma se mi porto dietro il libro è tutto molto più bello. Prima … sai che mi fido di te, ma devo chiederti di giurare nell’antica lingua lo stesso. Non lo farei se non fosse necessario, ma se qualcuno con cattive intenzioni venisse a saperlo … sarebbe …
- Un bel problema. – finii per lei, annuendo. – Certo.
Giurai, e lei emise un piccolo sospiro di sollievo.
Aveva il cappuccio del mantello posato sui capelli, per proteggerli dallo sporco e dalla polvere, e la luce delle torce … beh, la rendeva molto bella.
Sembrava una fata dei boschi, leggiadra ed eterea.
Mormorò qualche parola sottovoce, talmente piano che nemmeno la sentii. 
La porta si aprì con un cigolio, e presi una fiaccola per entrare.
Era una piccola saletta, niente di che, nella quale c’era un forziere con dentro quattro uova. Azzurro, rosso, nero e argento.
- Speriamo in queste. – commentai sollevando il forziere, troppo pesante per lei. - Andiamo. 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Eragon / Vai alla pagina dell'autore: PrincessintheNorth