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Autore: PrincessintheNorth    22/10/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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  - Non avevo dubbi che saresti finita qui.
Trasalii nel sentire la sua voce, e per sbaglio mollai il timone, portandomi una mano al cuore.
Murtagh era lì, appoggiato al parapetto del cassero di poppa con quel suo stupido sorriso sarcastico che mi faceva prudere le mani da quanta voglia avevo di tirargli un pugno.
In un attimo, salì in piedi sul parapetto e saltò giù, arrivando dritto di fronte a me.
Irritandomi all’inverosimile.
- Allora. – dissi cercando di stare calma. – Tua madre gli occhi te li ha fatti, anche funzionanti. Quindi adesso tu vai a prua, guardi verso la poppa e mi dici cosa vedi.
- Perché?
- Tu fallo.
Sollevò le spalle, ma obbedì.
Andò fino al pennone di prua, diede un’occhiata alla nave e poi tornò.
- Bella nave. E allora?
- Non hai visto quelle due, dico due, scale?! – indicai le due scalinate che portavano dal cassero di poppa alla zona del timone, sopraelevata.
- Certo.
- E allora perché non le hai usate?!
- Perché ho fatto prima saltando. – rispose tranquillamente.
- E adesso sai cosa fai? Vai a pulire dove hai sporcato.
- No!
- Subito!
Sbuffò, ma prese il canovaccio che gli porgevo e, usando, grazie agli dei, le scale, andò a pulire.
Ci mise poco, ovviamente, e tornò giù.
- Che ci fai qui? – sbuffai.
- Assolvo il mio debito. – rispose. – Nonostante tu sia scappata, neanche fossi inseguita dai Ra’zac, sei venuta al ballo. Ti avevo promesso che, se fossi venuta, mi avresti potuto insegnare a guidare una barca …
- Oh, iniziamo bene! – commentai sentendo quelle tre parole. Guidare. Una. Barca. C’era da lavorare parecchio.
- Perché?
- Perché “guidare una barca” non si può sentire. Questo è un veliero, e si timona, non si guida.
Annuì, divertito. – Lezione numero uno appresa.
- Chiamala lezione …
Sorrise, e fece per prendere il timone.
- Non sarà così difficile. – commentò. – In fondo, bisogna solo girarlo dove si vuole.
Certo.
- Suppongo tu abbia ragione. – teoricamente parlando, così si dirigeva una nave, girando il timone.
Ma la realtà dei fatti era ben diversa.
Convinto di saper fare tutto come solo un uomo può essere, diede una bella girata al timone.
Il risultato fu una virata pazzesca per la nave, e che lui finì per terra.
Io riuscii ad evitare quel triste destino prendendo il timone ed evitando che la nave andasse a scontrarsi contro uno scoglio, verso il quale Murtagh l’aveva allegramente mandata.
- IDIOTA! – gridai istintivamente. – POTEVI FARCI AMMAZZARE!
- In realtà no, c’è Castigo che ci avrebbe presi …
Si zittì di fronte alla mia occhiataccia. – Okay. – fece. – Dirò che sono un idiota finché non sarai soddisfatta, principessa.
- Adesso ragioniamo.
Mi aggiustai il cappello, che indossavo sempre mentre navigavo, di notte e di giorno. Era un regalo del vecchio Comandante della Marina, James Thornton, presso il quale avevo prestato servizio dai dodici anni. Al Nord funzionava così: anche se eri della casata reale, niente era dovuto. Te lo dovevi guadagnare, te lo dovevi meritare.
E io la Marina me l’ero meritata. Il signor Thornton aveva detto che non avrebbe affidato la flotta nelle mani di nessun altro, nemmeno in quelle di mio padre.
Era un cappello nero, a tesa larga, con una grande piuma nera ad ornarlo.
Indossandolo, non avevo mai sbagliato una rotta, nemmeno di pochi centesimi di grado. Avevo sempre riportato la mia nave in porto, ed ero sicura che solo grazie alla sicurezza che mi dava ero riuscita ad affrontare la tempesta che aveva colto la nave, l’anno scorso, in pieno mare.
- È una bella serata. – osservò sollevando gli occhi al cielo trapunto di stelle. – Non c’è mezza nuvola. Il cappello non ti serve.
- Il cappello mi serve.
- Non pioverà. – obiettò.
- Mi serve per navigare. – replicai irritata da quella serie infinita di domande e frasi piazzate a caso.
- Sei stanca.
Non una domanda. Un’affermazione.
E lo odiavo quando aveva quell’atteggiamento, quando credeva di conoscermi e di sapere se fossi stanca oppure no.
- Non sono stanca.
- Stai tremando.
- Fa un po’ freddo.
- Non è vero. O sei stanca o sei in ansia. Se sei in ansia, è grave, perché sono passate tre ore dal ballo. – disse.
- Non ho niente, Murtagh, lasciami stare …
- No. Dobbiamo parlare.
- No, devi stare zitto, perché è notte fonda e speravo di trovare un po’ di benedetto silenzio almeno qui!
- Va bene. Io non ho fretta.
Rimase lì, appoggiato al parapetto della mia nave, mentre la mia mente correva rapidissima a prendere in esame ogni possibile cosa di cui potesse voler parlare, andando a ripescare frasi, parole o atti risalenti ancora a quando, due o tre mesi prima, avevamo parlato la prima volta.
E il filo conduttore di tutte quelle possibilità era la timida speranza, che cercavo e mi imponevo di stroncare, di un qualcosa di più, una speranza il cui oggetto non volevo nemmeno nominare per non renderlo reale, e ancora più doloroso.
Strinsi più forte il timone.
Questa è la tua vita, Katherine, mi dissi con forza. Il mare. Il comando. La Marina. Questo è ciò che sei. Non hai né il tempo, né il motivo di pensare ad altro. Di pensare all’amore. Nessuno potrebbe mai volere una donna indipendente. E poi, odi i modi di fare degli uomini, sono troppo pomposi e arroganti.
I modi di Murtagh, però, non li odiavo, mi resi conto.
Lui era gentile, altruista e generoso. Non credeva di essere chissà chi. Ammetteva i suoi difetti e non si vantava dei pregi. Non si considerava né inferiore né superiore a nessuno …
Basta, basta. Smettila di pensarci. Smettila. È inutile. Questa è solo amicizia. E poi, un matrimonio comporterebbe dei bambini. E non voglio dei bambini. Guarda April! Già è stato difficile badare a lei. Non ho voglia di ripetere l’esperienza, nossignore.
Sarebbe stato facile, mi resi conto, ammettere di provare qualcosa per Murtagh, ma c’era un grande blocco che per fortuna mi impediva di farlo.
Non mi fidavo di lui.
Per la verità, non mi fidavo di nessuno che non avesse il mio stesso sangue.
Gli ultimi avvenimenti avevano confermato ciò che sapevo già da una vita: se una persona non ha il tuo stesso sangue, può tradirti in un batter d’occhio. Puoi fidarti solo della famiglia.
E Murtagh non era della famiglia. Oh, forse lo poteva essere, per mio padre, che lo considerava a momenti come un nipote, ma non per me.
Per me, non eri della famiglia se non avevi un legame di sangue. Audrey, sposata con Alec e incinta di suo figlio, era della famiglia.
Murtagh no, e lo si era visto bene, soprattutto con Grasvard.
- Pensieri profondi?
Non mi ero nemmeno accorta che mi si era avvicinato.
Aveva quel sorriso.
Non quello sarcastico.
Quello dolce e gentile, che gli illuminava gli occhi.
- Che tu hai interrotto. – risposi in fretta.
- Hai sedici anni. – disse.
- Scoperta sensazionale.
- Lasciami finire. Hai sedici anni, e non è normale che a sedici anni compiuti tu abbia certe reazioni se solo accenno a scoprirmi un attimo, non dico togliermi i pantaloni, ma mostrarti un livido. Prima, quando ti ho presa per ballare, tremavi come una foglia.
Mi aveva preso una mano e attirata verso di sé, sfiorandomi i capelli per togliermeli da davanti al viso.
- Lasciami stare, Murtagh …
- Katherine, quel bastardo ti ha fatto qualcosa? – aveva cercato di mantenere un tono di voce dolce, ma non ci era riuscito. Era feroce, preoccupato e disperato insieme. – Ti ha costretta a fare qualcosa che non volevi?
- Murtagh …
- Non è un no. – sussurrò, la voce angosciata.
- Non è così …
- E allora com’è?
- Che ti interessa?!
- Mi interessa che non ce la faccio a vederti ridotta in questo stato! – gridò, alzandosi. – Sei una principessa, nessuno dovrebbe nemmeno pensare di permettersi di osare certe cose!
Nessuno dovrebbe ridurti ad avere paura della tua stessa ombra, a renderti incapace di fidarti non dico del primo che passa per strada, ma delle persone che conosci! E nessuno dovrebbe permettersi nemmeno di sfiorarti! Quell’essere ti ha distrutta da dentro, e non ce la faccio a starmene qui e guardare mentre ti chiudi sempre di più in te stessa, scappi da tutto e da tutti e rifiuti ogni possibilità di essere felice! Il ballo no, chiedere in cucina che ti preparino qualcosa di buono e che ti piace no, niente!
Io ho certamente la mia grossa fetta di colpe, ma ciò non toglie che quella bestia ti ha fatto qualcosa, e tu adesso mi dici cosa, così che possa spellarlo vivo per te.

Quello era sicuramente inaspettato.
Quella rabbia. Quella passione nelle parole. E, diamine, quelle lacrime represse che gli luccicavano negli occhi.
- Sto aspettando una risposta.
E non riuscii a negargliela. – Lui … non ha fatto … ciò che credi. Ma … voleva … - i ricordi tornarono con la violenza di una mazza ferrata, e grazie al cielo lui mi sostenne, o sarei caduta. – Ti prego, non farmelo ricordare …
Scivolò con la schiena lungo il parapetto, portandomi giù con sé, stretta tra le sue braccia.
Non puoi fidarti! Non è della famiglia! Può tradirti!
Sentii che mi sfiorava la tempia con le labbra. Con una dolcezza infinita, che contrastava con la rabbia delle parole dette poco prima ma che al contempo … la giustificavano. La legittimavano.
- Fa male. – sussurrò. – Ma se butti fuori la verità, una volta per tutte, poi farà molto meno male.
Fu difficile vincere la vergogna.
Ma alla fine lo ammisi.
- Voleva … prepararmi al fatto che presto sarei stata sua moglie …
- Si prendeva troppe libertà con il tuo corpo. – concluse per me. – Ti toccava quando e dove non volevi. È giusto?
Riuscii solo ad annuire, mentre le lacrime abbandonavano definitivamente i miei occhi.
Mi stringeva a sé, cullandomi dolcemente e accarezzandomi i capelli.
- È tutto finito, adesso. – sussurrò. – Ti proteggerò io, nessuno e men che meno quell'animale potrà sfiorarti. Sssh, basta. Non devi aver paura. Non serve. Sei al sicuro. Ci sono io con te. E non ho la minima intenzione di abbandonarti a te stessa.
- Sono perfettamente in grado di badare a me stessa …
- Inizia a convincerti di questo.
Rimasi come paralizzata, mentre mi sfiorava la guancia con la mano. 
Per poi, con una delicatezza estrema, posare le labbra sulle mie.
- Che non è vero che non c’è nessuno a cui piaci.  
   
 
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