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Autore: PrincessintheNorth    25/10/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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KATHERINE
 
 
L’ansia era alle stelle.
Perché non sapevo cosa aspettarmi.
Papà aveva scoperto che ero stata in barca da sola, per più di una giornata. Tecnicamente, non ero stata da sola, c’era Murtagh.
Dopo quel bacio, non era successo nient’altro, se non qualche breve conversazione.
Anche lui sembrava a disagio.
Evidentemente, aveva capito che non valeva la pena sprecare tempo con una come me, ma non aveva il coraggio di dirmelo.
Faticosamente, stavamo cercando di recuperare il rapporto che c’era prima, ovvero una semplice amicizia. Lui non aveva smesso un giorno di ammazzarmi con quei suoi allenamenti sconsiderati, persino sulla nave. Aveva rimediato un paio di spade, e mi toccava al contempo dirigere la nave e rispondere ai suoi fendenti.
E nonostante avessi cercato di mandarlo a dormire, si era rifiutato. Non era giusto, continuava a dire, che lui dormisse e io no. Non sarà stato capace di pilotare la nave, aveva aggiunto, ma era in grado di farmi compagnia.
E quello aveva fatto. Avevamo passato tutta la seconda notte a speculare sul sesso e sul nome del bambino di Alec.
Per lui, era una bambina e il nome previsto era Celina.
Per me, un maschietto di nome Robert.
All’alba del terzo giorno, era appeso sulle sartie, e aveva urlato “terraaa” con tutto il fiato che aveva in corpo, per poi saltare giù con un’espressione soddisfatta.
- Ho sempre voluto farlo. – aveva spiegato contento. – Complimenti, Comandante. – aveva detto poi, fingendo una riverenza e togliendosi un cappello che non aveva. – Avete riportato il legno in porto.
- Ma smettila. – avevo sbuffato tirandogli una leggera sberla sui capelli.
Lui aveva risposto prendendomi in braccio e facendo finta di buttarmi in mare.
- TU SEI UN IDIOTA! – gli avevo urlato contro mentre si teneva la pancia dal ridere.
- Ti sei divertita, ammettilo!
- Poco!
Non mi ero divertita.
Mi era piaciuto che mi avesse presa in braccio, forse troppo.
Avevo sentito il cuore scoppiare di felicità non appena mi ero trovata tra le sue braccia, il sangue scorrere più veloce nelle vene, la speranza accendersi.
Ma niente sarebbe accaduto. Lo sapevo, ed era meglio non trastullarsi con pensieri inutili.
Gli avevo lasciato portare la nave in porto, ora che la meta la vedeva non poteva fare molti danni.
Ma non appena ero scesa, il maggiordomo mi aveva porto una lettera sigillata con il simbolo di papà.
Aprendola, avevo scoperto che si trattava di una convocazione ufficiale.
Avevo passato il segno.
E ora era infuriato.
 
Ed era da più di mezz’ora che aspettavo che aprisse la porta dello studio dove riceveva nobili e capi di stato.
Solo il fatto che avesse deciso di discuterne lì mi faceva temere il peggio.
Murtagh era rimasto con me fino a cinque minuti prima, cercando inutilmente di calmarmi, ma papà l’aveva mandato in ricognizione.
Quindi ero lì a torturarmi le mani sudate, cercando inutilmente di calmarmi e rallentare il battito del cuore.
- Principessa Katherine. – disse il servitore, aprendo la porta.
A quel punto, l’ansia peggiorò.
Mi tremavano le gambe così tanto che faticavo a restare in piedi, figurarsi camminare.
Non ti ucciderà, scema, mi pensai. Al massimo ti dirà di non farlo mai più …
Quando entrai, capii che non sarebbe stato facile.
Credevo fosse infuriato.
Ma era più che infuriato.
Mi dava le spalle, lo sguardo rivolto verso la finestra.
- Puoi darmi una spiegazione di quanto accaduto?
- Io … beh, effettivamente è colpa di Murtagh, papà … io volevo solo fare un giretto, uno piccolo, due ore al massimo, ma gli ho lasciato tenere il timone e ha sbagliato rotta. Di parecchio. – mormorai. Mi sentivo un po’ in colpa nel dargli tutta la colpa, ma era la verità.
- Capisco. – fu il suo unico commento.
Poi si voltò.
Il suo volto era serio. Non arrabbiato, non felice. Solamente severo.
Avrei preferito fosse arrabbiato.
Era peggio quando era così contenuto. Voleva dire che erano guai seri.
- Perché non hai lasciato il timone ad un marinaio, allora?
Lo sapeva.
Sapeva che ero sola, senza assistenti.
- Io …
- Chi c’era di esperto con te su quella nave?
- Non volevo disturbare nessuno a tarda sera.
- Non cercare di farmi fesso. – la voce assunse tinte scure. La rabbia iniziava ad uscire. – Ti conosco da quando eri nel ventre di tua madre, e sono sedici anni che disubbidisci ad ogni regola. Tu volevi andare per mare da sola, e non pensare che io creda alla tua storiella. Un paio d’ore? Vicino alla costa, magari? – mi imitò, una cattiva imitazione, che mi fece bruciare negli occhi lacrime di umiliazione. – Tu hai colto al volo l’occasione, perché fai così, non appena vedi una possibilità la prendi.
- Non è così …
- Davvero, Katherine? Guardami negli occhi e dimmi sinceramente che non volevi stare in mare da sola più di quanto ti consenta, nello spazio e nel tempo.
Non riuscii a farlo.
- Volevo. – mormorai. – Ma non l’avrei fatto. È stato un errore …
- Quali erano le regole che ti ho dato per andare in nave da sola?
- Papà …
- Dimmele.
Deglutii. – Andarci sempre con una ciurma, non starci più di tre ore e non andare dieci miglia oltre la costa.
- Su quella nave eravate in due, una sola in grado di pilotare la nave, e ci siete stati per tre giorni, almeno cento miglia oltre il limite consentito. – fece.
- Non era intenzionale!
-    Non m’interessa! – urlò a quel punto, sbattendo la mano sul tavolo con tanta forza che fece tremare la finestra dietro di sé. – Non m’interessa che tu sia il Comandante della Marina, non m’interessa che tu sappia navigare meglio di chiunque altro, non m’interessa che tu abbia un drago o che ci sia Murtagh con te!
  Tu devi capire che hai sedici anni, sei una bambina, non m’interessa che tu abbia il ciclo o no, resti una bambina di sedici anni. Quindi, tu obbedisci alle mie regole. Se ti dico di non fare una cosa, non la fai.
​ È molto semplice e hai le capacità di capirlo, quindi usa il cervello. Sono stato estremamente tollerante con te prima d’ora, con le tue disubbidienze, ma adesso hai passato il segno.
- Perché muoio, vero, a fare una passeggiata! Mi rapisce l’Uomo Nero! – gridai a quel punto. – Il problema qui non sono io, sei tu! Sei geloso! E invidioso della libertà che io ho, perché io ho Antares. Invece il tuo drago è morto e sepolto da cent’anni, e se fino a sei mesi fa eri il re ed eri tu quello che aveva più libertà di tutto, ti rode che ora non abbia più quel primato. Che io abbia un drago e tu no. Che io possa volare e andare dove voglio e tu no. E l’unico modo per soddisfarti è limitare la mia, di libertà.
Non parlò per cinque secondi, cinque lunghissimi secondi.
- Tu non capisci, vero, che sto cercando di proteggerti da un uomo che ti vuole fare del male?
 Che là fuori non è tutto bello e buono, ma c’è più male che bene?
​ Che odio nel profondo doverti punire ogni volta?
 Quanta gioia io provi nel vederti volare libera, quando io non posso più farlo?
​ Se sto facendo questo è perché so che Grasvard con te ha passato il segno. – sapeva, mi resi conto. Sapeva ciò che avevo detto solo a Murtagh. Ci aveva divinati, tutto il tempo. Le possibilità che non avesse visto ciò che era accaduto erano praticamente nulle. – Che per   te anche mettere il naso fuori dalla finestra può significare venire rapita, torturata e violentata.
 Ho passato una settimana d’inferno nel saperti sperduta in mezzo al mare. E ho passato momenti d’inferno ogni volta che ti allontanavi da me, perché sai anche tu che ci si può fidare solo della famiglia, che non puoi fidarti nemmeno delle tue stesse guardie del corpo, non importa quanto le paghi. So benissimo quale valore abbia la libertà, e so quanto sia terribile vedersene privati.

Cercò di calmarsi, raggiungendomi. Mentre io mi sentivo sempre più orribile.
Non riuscivo a capacitarmi di avergli rivolto certe parole. Di essere stata davvero io a dirle, di averci anche creduto.
Quando invece, lo stava facendo per amor mio.
- Troppe volte ti ho fatta promettere di non disubbidire. E troppe volte hai mancato a questa promessa.
Vedevo le lacrime bruciargli negli occhi, mentre capivo che il peggio stava per arrivare.
- Non posso far altro, Katie.
- Papà …
- Io, Derek, Re del Nord, sospendo Katherine Mavis, Principessa di Winterhaal, del Nord e del Tridente, Comandante della Marina, dall’incarico, a tempo indeterminato. – disse solennemente.
Fu le ultime parole che pronunciò, e capii che la conversazione era conclusa.
 
 
 
   
 
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