Film > The Avengers
Ricorda la storia  |       
Autore: TheSlavicShadow    02/11/2017    2 recensioni
Sei mesi dopo essere deiventata Iron Woman, qualcosa inizia a non andare come dovrebbe.
{Earth-3490; sequel di Wherever You Will Go}
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you will go'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Aprile 2006

 

Erano mesi che nella sua testa risuonavano le parole di Nick Fury. Doveva immaginare che l’uomo sarebbe arrivato subito, non appena lei avesse pronunciato quelle parole davanti a tutti quei giornalisti. Aveva rivisto il video diverse volte, trovando davvero imbarazzante e pietosa sé stessa che non sapeva neppure come leggere dei semplici foglietti o argomentare la propria posizione.

Coulson l’aveva guardata con un sorrisetto divertito stampato sulle labbra. Non le aveva detto nulla, ma probabilmente perché sapeva che Fury sarebbe stato il prossimo ad andare a trovarla. O semplicemente perché aveva per l’ennesima volta fatto di testa sua e ora potevano spremerla per avere informazioni circa la sua fuga.

Coulson sapeva essere un bastardo, ma aveva avuto fin troppa pazienza con lei. Come sempre.

Pepper e Rhodes per giorni le avevano fatto la predica sul fatto che non avesse dovuto dirlo. Che rivelare pubblicamente chi ci fosse dentro l’armatura era troppo pericoloso e che mentre  era senza armatura poteva essere molto più vulnerabile.

Natasha Stark aveva troppi nemici. Iron Woman - si rifiutava di usare Iron Man come avevano scritto i giornali all’inizio - poteva averne ancora di più. Non era stata assolutamente una scelta saggia.

Dello stesso avviso era stato Nick Fury quando se lo era ritrovato in salotto, fermo davanti alla grande vetrata che dava sull’oceano.

Era tardi. Steve e lei erano appena tornati a casa dopo una lunghissima giornata passata in riunione con i soci delle Stark Industries. Tutti quanti volevano sapere se stava scherzando quando aveva parlato di Iron Woman. Nessuno la credeva capace di tanto. Continuavano a ripeterle di smetterla di scherzare, di dire che ci fosse Steve dentro l’armatura. E lei voleva solo defenestrarli, mentre loro continuavano a non crederle.

Tranne Fury.

Fury se ne stava immobile, con le braccia dietro la schiena e la guardava negli occhi. Steve era ancora in garage. Stava parlando al telefono e lei non aveva alcuna possibilità di fuga. Guardava il direttore dello S.H.I.E.L.D. e voleva solo correre in camera propria e nascondersi sotto le coperte, come se avesse avuto cinque anni.

Le aveva fatto il terzo grado. Le aveva chiesto tutto quello che era successo da quando era stata rapita fino alla sera precedente. E lei non aveva voluto rispondere. Soprattutto non alle domande che le aveva posto sulla sua cattura. Non erano cose a cui voleva pensare. Non erano cose che voleva ricordare. Voleva relegarle quanto più possibile in un antro buio della propria mente e lasciarle marcire lì. Di giorno così le poteva ignorare senza troppi problemi. Di notte era un’altra storia, ma aveva accanto un uomo rovinato tanto quanto lei dalla guerra e insieme forse avrebbero potuto trovare una soluzione.

Nick Fury sapeva tutto. Lo si capiva benissimo da come le parlava, anche se faceva finta di non sapere nulla. Sapeva cosa le avevano fatto e sembrava sapere quale fosse stata la conseguenza. Aveva sicuramente parlato con i medici che l’avevano visitata alla base militare. Lei aveva rubato il proprio referto medico, ma non aveva messo in alcun modo a tacere le persone che l’avevano visitata. Questo era stato un grave errore da parte sua. Ed era solo la prova che raramente la gente usava il segreto professionale quando si trattava di lei.

Strano che tutte quelle informazioni non fossero state vendute a qualche giornale. Avrebbero potuto farci davvero molti soldi venendole alla persona giusta.  

Steve era arrivato giusto quando Fury aveva nominato il progetto Avengers. L’uomo le sembrava quasi un pirata cattivo, con quella benda sull’occhio e il cappotto di pelle. E le parlava di qualcosa che non le interessava minimamente. Far parte di qualcosa dello S.H.I.E.L.D. non faceva assolutamente per lei. Ancora meno far parte di una squadra.

Aveva rifiutato subito. Si era alzata dal divano su cui Steve l’aveva costretta a sedersi mentre Fury le parlava e li aveva mandati entrambi a quel paese. Non le interessava ascoltarlo. Non le interessava sapere cosa fossero gli Avengers. Se avesse voluto saperlo avrebbe hackerato il loro database. Ma non le interessava. Lei voleva solo godersi le armature che avrebbe costruito e portare avanti la propria missione di distruggere tutte le armi prodotte dalle Stark Industries che non erano state vendute regolarmente.

Sentiva le voci di entrambi gli uomini che cercavano di richiamarla, ma lei non voleva ascoltarli. Era stata una giornata pesante dopo una notte pesante. Non aveva alcuna voglia di perdere altro tempo con loro. Avrebbe voluto perdere tempo con Steve, questo sì. Farsi fare una predica sul fatto che avesse rivelato a tutti chi si nascondesse sotto la maschera e farlo smettere facendolo imbarazzare in qualche modo. Magari avrebbero potuto cenare insieme, seduti sul divano a guardare la tv. Oppure lo avrebbe semplicemente potuto sfruttare per farsi fare le coccole.

Invece Fury aveva dovuto rovinare tutti i suoi piani. Proprio quando aveva deciso di buttare alle ortiche tutte le sue decisioni sul tenere Steve a distanza.

Era quasi morta due volte in meno di un anno. Forse era il caso di godersi il tempo che le rimaneva senza pensare troppo alle conseguenze. Steve era adulto e vaccinato. Se lui voleva rimanerle accanto, chi era lei per rifiutarlo?

Il rumore di pugni sferrati contro la sacca di pelle le aveva fatto alzare lo sguardo dal tablet su cui stava lavorando. Era comodamente sdraiata per terra, con la testa appoggiata su una delle sacche da boxe nella palestra che aveva fatto allestire in casa. A lei non serviva. Non si allenava mai. Ma il super soldato che viveva con lei adorava scaricare le proprie emozioni contro qualcosa.

Aveva studiato con molta attenzione il modo in cui i suoi muscoli si contraevano e rilassavano mentre sferrava pugni sempre più forti. Doveva essere stata una giornata stressante al lavoro. E vederlo così arrabbiato con qualcosa o qualcuno era alquanto eccitante.

Soprattutto quando aveva sferrato un pugno più forte degli altri che aveva scardinato la sacca dal soffitto e l’aveva anche rotta facendone uscire tutta la sabbia.

Di nuovo.

“Steven, quella roba costa.” Aveva aperto velocemente un altro file sul tablet, scrivendosi un promemoria per cercare di costruire dei sacchi da boxe più resistenti. Ci avrebbe lavorato non appena avesse concluso gli ultimi preparativi per la Stark Expo che stava per iniziare. Non sapeva neppure perché avesse acconsentito a questa nuova Stark Expo. Howard ne aveva fatte un paio in passato. Una quando lei aveva 4 anni. Ricordava ancora il vestitino a fiori che sua madre le aveva fatto indossare per l’apertura. E poi aveva visitato tutti i padiglioni durante i mesi in cui era stata aperta la Expo. Anche Howard aveva trovato del tempo per accompagnarla una giornata.

“Fury dice che non posso essere presente alla cerimonia di apertura della Stark Expo.” Steve si era voltato verso di lei. Poteva vedere le bende sulle sue mani che si tingevano di rosso e aveva sospirato. Si faceva spesso male colpendo quelle sacche con molta più forza di quanto fosse necessario. “Dice che per un agente dello S.H.I.E.L.D. mi sto mettendo anche troppo in mostra.”

“Fury può succhiarmi l’uccello.” Natasha aveva solo inarcato un sopracciglio mentre continuava a guardarlo. “Tu a quella cerimonia ci sarai. Sarai seduto in prima fila assieme a Pepper, Rhodey e Happy e non me ne frega assolutamente nulla di quello che Polifemo potrebbe dire al riguardo. Se decide di licenziarti, ti assumo io come mio gigolò.” Si era alzata da terra, abbandonando il tablet accanto ai sacchi di pelle ancora integri, e lentamente aveva mosso qualche passo verso Steve. “Sono anche stata carina e gli ho spedito quel famoso referto medico che per caso ho ritrovato tra le mie cose.”

“Spedirlo in un pacco pieno di glitter non è stato molto saggio. Credo che nel suo ufficio ce ne siano ancora, nonostante tutte le volte che ha fatto passare l’aspirapolvere.”

Natasha aveva sorriso. Poteva immaginare il volto di Fury mentre tutti quei glitter si riversavano sulla sua scrivania e sulla moquette. Quella era stata una delle sue idee migliori.

“Solo una piccola innocente vendetta. E almeno il referto era ben sigillato e protetto.”

Una frazione di secondo dopo, le braccia di Steve erano attorno alla sua vita e le labbra premute contro le sue. Non aveva in realtà aspettato altro. Steve aveva passato tutto il dopo cena in palestra e lei si stava annoiando a guardarlo e basta.

Aveva passato una giornata impegnativa anche lei. Da quando Stane non c’era più, aveva dovuto prendere il totale controllo delle Stark Industries. E questo la portava a passare molte più ore in ufficio o in riunione con gli altri soci. Ore che una volta poteva tranquillamente passare in officina.

“Il tuo sudore è sexy.” Aveva morso un labbro a Steve e questi aveva soltanto sorriso. Non sapeva neppure lei come erano ritornati a quel punto. Era stato troppo naturale. Aveva cercato di tenerlo lontano più che aveva potuto. Ci era riuscita per un paio di mesi. Avevano continuato a vivere sotto lo stesso tetto dopo la battaglia contro l’Iron Monger. Steve non voleva lasciarla da sola e lei non voleva restare da sola. Ed era stata una convivenza idilliaca. Fino a quando alla festa di Capodanno lei aveva esagerato col vino e aveva superato il confine che lei stessa aveva messo.

“Il mio sudore fa schifo come quello di tutti.” Con fin troppa facilità Steve l’aveva presa in braccio e lei aveva allacciato le gambe attorno alla sua vita. L’aveva guardata negli occhi e questa volta era stato lui a morderla. C’era qualcosa nel modo in cui lo faceva che la faceva tremare fin nel profondo. Aveva creduto di aver dimenticato quella sensazione, ma in realtà non l’aveva mai abbandonata. Una volta che aveva imparato com’era Steve Rogers nell’intimità, nessun altro poteva reggere il paragone.

“Bagno allora. J.A.R.V.I.S., prepara la vasca.” Aveva distrattamente dato l’ordine all’intelligenza artificiale mentre Steve la baciava. Il bagno insieme era diventato un’abitudine da quando un giorno Steve era andato a recuperarla in officina, dopo che non ne era uscita per giorni, e l’aveva buttata nella vasca piena d’acqua ancora vestita. Lei lo aveva attirato nell’acqua con sé, mentre rideva a gran voce per la goffaggine con cui era caduto nella vasca. Steve l’aveva baciata per farla stare zitta, ma lei aveva continuato a ridere anche nel bacio. Da quel giorno facevano il bagno insieme ogni volta che ne avevano l’occasione.

Natasha era inginocchiata tra le gambe di Steve e con una spugna gli lavava spalle e braccia. Sapeva che Steve avrebbe potuto tranquillamente farlo da solo, ma le piaceva prendersi cura almeno a quel modo di lui. Non era mai stata molto brava a occuparsi degli altri, e si stava sforzando di essere migliore con e per Steve.

“Steve, se fissi il reattore con così tanta intensità finirai per mandarlo in corto circuito.”

Lo aveva osservato inarcare un sopracciglio e sporgersi subito dopo per baciarle il petto. La cicatrice subito attorno al reattore.

Le sembrava che la sua pelle stesse bruciando. Le sembrava sempre così quando Steve la baciava. Quando sentiva quelle calde labbra a contatto con la propria pelle le sembrava quasi di diventare di una sostanza modellabile per permettere a Steve di fare quello che voleva del suo corpo.

“Non mi piace il colorito che sta prendendo la tua pelle attorno al reattore.” Steve aveva parlato contro il suo sterno e le era quasi sembrato di sentir vibrare la sua voce in ogni atomo del suo corpo.

“E’ solo una reazione cutanea normale ad un impianto innaturale come questo. Puoi anche non guardare se non ti piace.” Aveva inarcato un sopracciglio quando Steve aveva alzato lo sguardo sul suo viso. Adorava specchiarsi nei suoi occhi azzurri.

“Mi piacciono altre cose però.” Con delicatezza Steve le aveva sfiorato il seno e lei aveva riso mentre lo abbracciava. Le ci era voluto diverso tempo per riuscire a farsi toccare nuovamente da Steve. E non erano ancora riusciti ad andare fino in fondo perché lei si bloccava ogni volta. E si odiava per questo, perché quello era Steve. Quello era l’uomo a cui pensava in continuazione. Quello era l’uomo che aveva sempre amato.

“Ti piace il nulla cosmico sul mio virile torace?” Gli aveva baciato una tempia, stringendolo ancora a sé. Steve riusciva a farla sentire bella anche allora, mentre aveva al centro del petto quella cosa luminosa che lei spesso odiava vedere.

“E’ per questo che sulla nuova armatura hai fatto delle forme più femminili?”

“No, quello è semplicemente perché voglio che si rivolgano a me come Iron Woman. Iron Man mi ha stancata.”

“Dovevo immaginarlo.” Aveva scosso la testa e allora Natasha si era seduta più comodamente a cavalcioni sulle sue gambe. “Le tue motivazioni spesso sono così profonde che ne rimango stupito.”

“Haha. Nascondi il tuo sarcasmo, Capitano. Altrimenti ti faccio mettere il costume imbarazzante del 1943 e ti faccio salire sul palco della Stark Expo. E sai che non sto scherzando.”

Steve non sembrava averla presa molto sul serio. Non dal modo in cui l’aveva baciata e stretta a sé. Il modo in cui le sue dita affondavano nella sua pelle e sembravano modellarla le faceva perdere il contatto con la realtà. Voleva parlargli ancora della Stark Expo. Voleva parlargli anche dell’idea che aveva di promuovere Pepper ad amministratore delegato dell’azienda. Voleva parlargli anche dei miglioramenti che aveva fatto sulla nuova armatura. Voleva parlargli dell’appuntamento che avevano con Rhodes il giorno dopo. Ma non ci riusciva. Pensava solo a Steve e a come si sentisse in quel momento. Pensava solo alle sue labbra e alle sue mani e al calore che sembrava irradiare nel suo corpo.

“Se è troppo, fermami.” Steve le aveva baciato una spalla mentre le sue mani la accarezzavano. Stringevano le sue natiche. Sfioravano il suo ventre.

“Non smettere di parlare.” Lo aveva abbracciato con forza quando la mano di Steve aveva accarezzato la sua intimità.

“Di cosa dovrei parlare?” Aveva sentito le sue labbra che si spostavano dalla sua spalla al suo collo.

“Di come hai riparato quel furgone in Francia nel ‘43.”

Steve aveva riso. Aveva buttato la testa all’indietro e aveva riso di gusto.

“Solo a me poteva capitare una donna che si eccita se le parli di motori.”

“E’ la tua voce ad essere eccitante, Capitano. Soprattutto quando sei eccitato.” Lo aveva guardato negli occhi e aveva portato una mano tra i loro ventri, accarezzando l’erezione del compagno. Era una buona serata. Poteva arrivare fino in fondo senza avere attacchi di panico. “Vogliamo continuare in camera?”

 

✭✮✭

 

James Rhodes li osservava come se gli fossero spuntati arti o occhi in più mentre sedevano tranquillamente in un pub. Il suo migliore amico aveva avuto qualche giorno libero e aveva deciso di passarla a trovare. Giusto perché non si fidava molto delle sue parole e doveva controllare con i propri occhi. Al telefono Natasha gli aveva detto che stava bene, ma in passato aveva imparato che il suo stare bene fin troppo spesso era soltanto una bugia grande quanto tutta la California.

Sorseggiava la birra e li osservava con minuziosità, facendo attenzione a tutto. E loro non stavano facendo nulla per smettere di essere oggetto di tanto studio.

“Non voglio essere inopportuno, ma quindi siete davvero tornati insieme?”

“Non siamo mai neanche stati insieme.” Natasha aveva inarcato un sopracciglio, nascondendo subito dopo il viso dietro il boccale di birra.

“Credevo che la convivenza fosse una delle conseguenze dello stare insieme.” Steve l’aveva guardata, puntandole un dito contro la guancia. “Per quanto a te questa parola faccia paura. R-E-L-A-Z-I-O-N-E.”

“E poi sarei io quella che ha cinque anni? Rhodey, ma l’hai visto cosa ha fatto?”

“Non mi interessa cosa ha fatto. Me ne esco da tutto questo.” L’uomo di colore aveva alzato le braccia in segno di resa e aveva scosso la testa. “Voi due mi farete morire giovane, io lo so.”

“Come sei tragico. Non era quello in cui speravi dal 2000?” Natasha lo aveva guardato e poi aveva appoggiato la testa sulla spalla di Steve. “Tutte quelle prediche sul “Tasha, telefona a Steve” dove sono finite?”

“Tu non gli hai telefonato. Ti sei fatta rapire sotto il mio naso e lui ha imposto la sua presenza senza chiedere il permesso a nessuno.”

“Così sembra che sia io il cattivo della situazione.” Steve aveva bevuto altra birra, mentre passava un braccio attorno alla vita della donna. “Quando per una volta sono stato ispirato da nobili sentimenti e mi sono trasformato in un vero cavaliere che salva la damigella in pericolo.”

“Tasha, la tua presenza lo sta rovinando.” Rhodes aveva parlato dopo un attimo di silenzio e Natasha aveva soltanto ridacchiato. “Scherzi a parte, mi è arrivato l’invito per la Stark Expo. A New York? Sicura?”

La donna aveva annuito, appoggiando una mano su quella di Steve. Aveva stretto due dita con la propria mano come per darsi coraggio.

“Le Expo di papà sono state fatte tutte a New York. C’è anche lo spazio espositivo adatto e quindi ho preferito approfittarne.” Aveva stretto un po’ di più la mano di Steve. Non voleva tornare davvero a New York. Era sempre strano quando ci tornava e per questo lo evitava. Soprattutto sarebbe stato strano tornarci assieme a Steve. “E’ una buona pubblicità per le Stark Industries dopo quello che è successo l’anno scorso. L’idea è stata del consiglio d’amministraizone e io ho accettato.”

“Ho sentito che anche Justin Hammer farà una presentazione.” Rhodes l’aveva osservata e lei sapeva che non gli sarebbe piaciuto ciò che avrebbe sentito. A Steve non era piaciuto per nulla e ne avevano anche discusso. Ma gli affari sono affari.

“Se è per questo anche Tiberius Stone. No, non dire nulla. Ho cercato di toglierlo di mezzo, ma il sempre caro consiglio d’amministrazione ha detto che se ne sbatte se da ragazzini abbiamo avuto una relazione.”

“Definire quella come relazione…” Aveva sentito Steve mormorare e aveva solo inarcato un sopracciglio nella sua direzione. “Va bene, non dico più nulla nemmeno io.”

“Appurato e confermato l’odio che tutti e tre proviamo per Ty, parliamo di New York. Ho una stanza d’albergo prenotata anche per te, mio dolce bignè al cioccolato.”

“Non voglio stare nel tuo stesso albergo. Mi posso già immaginare il fatto che non dormiremo e che resterai tutta la notte a parlarmi del nulla eterno solo per darmi fastidio.”

“Come sei noioso. Stai proprio invecchiando.” Aveva sospirato e subito dopo aveva bevuto un fin troppo lungo sorso di birra. “All’università era così divertente quando passavamo le notti insieme.”

“Se dici così è fin troppo ambiguo, e anche allora la gente credeva stessimo assieme visto quanto tempo passavamo insieme.” Aveva osservato Rhodes passarsi una mano sugli occhi e non aveva potuto sorridere. Avevano sempre avuto un rapporto strano, dalla prima volta in cui si erano incontrati in classe. Per molto tempo Rhodes era stato l’unico uomo di cui si era davvero fidata.

“Era divertente.” Aveva alzato lo sguardo verso Steve. “Anche tu credevi stessimo insieme la prima volta che lo hai incontrato.”

Il biondo era arrossito leggermente, distogliendo subito lo sguardo da lei e concentrandosi su un punto in lontananza. Lo faceva sempre quando era imbarazzato.

“Non è colpa mia se volevo farti una sorpresa e ti ho trovato con un altro ragazzo. Per quello che sapevo poteva tranquillamente stare con te.” Steve l’aveva guardata ed aveva ancora le guance leggermente arrossate. Non aveva potuto non sorridere. Vedere Steve imbarazzato le piaceva sempre. Era uno Steve che nessuno poteva vedere. Era uno Steve che vedeva solo lei perché solo a lei era dato il privilegio di poter vivere accanto a quell’uomo. Anche se spesso faceva troppi passi falsi con lui.

“E lui ti aveva anche scambiato per uno spogliarellista.”

“In effetti questa cosa mi ha sempre disturbato un po’. Chiamavi spogliarellisti che assomigliavano a me, ma a me non hai mai chiesto uno spogliarello?”

“Possiamo sempre rimediare, non credi? Appena torniamo a casa ci prendiamo qualche ora solo per noi.” Natasha aveva appoggiato una mano sulla coscia dell’uomo che le sedeva accanto e aveva fatto un sorriso malizioso.

“Mi sta per venire un aneurisma. Siete indecenti. E siamo in un luogo pubblico, mantenete un po’ di contegno. Capitano, da te non mi aspettavo un comportamento simile.” Rhodes aveva scosso la testa, portandosi poi una mano sugli occhi, mentre Steve sorrideva. Era sicura che in realtà Rhodes fosse felice di quella situazione e di vederli di nuovo affiatati come lo erano stati tanti anni prima. “Il simbolo americano che risponde alle basse provocazioni sessuali della donna più discussa dell’ultimo decennio.”

“Che vuoi farci, James. A quanto pare stare in sua compagnia ha rovinato il mio senso morale.”

“Puoi sempre andartene quando preferisci. Non ti ho mica legato a me legalmente.” Natasha aveva fatto finta di guardarsi le unghie e di ignorare i due uomini e le loro parole.

“No, ma possiamo sempre sposarci se questo ti rende più tranquilla.”

Il tono tranquillo della voce di Steve l’aveva fatta bloccare. Aveva detto quella frase con così tanta nonchalance che lo stava quasi per prendere sul serio. Perché sarebbe stato da Steve Rogers chiederti di sposarlo a quel modo. Quell’uomo sapeva essere strano tanto quanto lei quando si trattava dei rapporti con gli altri, anche se nessuno se ne rendeva conto.

Aveva alzato lo sguardo verso il biondo e Steve le sorrideva dolcemente.

Era serio.

Aveva fatto una battuta a cui non si aspettava neppure una risposta. Tanto meno una proposta di matrimonio.

E non sapeva cosa rispondergli. Non era pronta ad una cosa simile. Probabilmente non lo sarebbe mai stata e l’aveva colta totalmente in contropiede.

“Steve, credo tu l’abbia fatta andare in cortocircuito.” Si era voltata verso Rhodes che la guardava sorridendo. “Tasha, sei sempre una donna impossibile. Dovresti essere felice che almeno qualcuno sia disposto a fare il grande passo con te.”

“Ma Steve parla di quella brutta parola che inizia per m.” Si era sporta verso il proprio migliore amico e aveva parlato piano, facendo finta di bisbigliare. “Ho solo 25 anni, sono troppo giovane per queste cose. E Steven è troppo vecchio stampo. Se poi mi chiede di sfornargli una squadra di calcio? Glieli posso costruire? Tanti bambini robot costruiti a sua immagine e sommiglianza.”

“Questo è inquietante. Molto inquietante. Fa finta che io non abbia detto nulla.” Steve aveva preso il proprio boccale di birra e lo aveva svuotato. “Ne parleremo quando avrai superato l’adolescenza allora.”

“E chi ha detto che abbia raggiunto l’adolescenza? L’anno prossimo forse sarà pronta per le elementari.” Rhodes aveva controllato l’orologio da polso e si era alzato. “Ora devo andare, ma tenetemi informati su questa storia. Siete meglio di una soap opera.”

“Probabilmente riceverai una telefonata da parte sua ad orari improbabili mentre è rinchiusa in officina che ci sta pensando troppo, anche se farà finta che la cosa non la tocchi minimamente.”

Rhodes aveva guardato Steve per qualche secondo in assoluto silenzio e poi aveva guardato lei.

“Tasha, questo ti conosce fin troppo bene. Direi che è quello giusto e non lasciartelo scappare che con il carattere che ti ritrovi è un miracolo che tu piaccia a qualcuno. Hai la mia benedizione e accetta la sua proposta.”

Come unica risposta da parte della donna aveva ricevuto un dito medio alzato nella sua direzione e aveva riso.

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: TheSlavicShadow