9. Encounter
> Inazuma-cho, Quartieri alti, 7 agosto,
11:25 AM
Come concordato il giorno precedente, i ragazzi della
Raimon si incontrarono alla fermata della metro più vicina alla loro scuola
alle undici spaccate. Mentre aspettavano il treno fecero il punto della
situazione: si sarebbero separati e, armati di volantini, avrebbero perlustrato
l’intero quartiere, chiedendo a tutti se avessero visto la misteriosa ragazza
che stavano cercando.
A loro si erano uniti Shane, Eiji, Aléja, Vespera, Malia
e Sebastiaan, i più interessati alla ricerca. Una volta preso il treno e
raggiunta la loro destinazione, i ragazzi si divisero in gruppi da quattro,
dandosi appuntamento di nuovo davanti alla stazione all’ora di pranzo per
mangiare insieme e fare il punto delle loro scoperte.
Il gruppo di Aléja, composto dal ragazzo, Kazemaru,
Endou e Kageno, si era appostato davanti a un supermercato per fermare i
clienti e importunarli con domande relative alla loro ricerca. In realtà il
grosso del lavoro lo faceva Aléja perché Kazemaru e Kageno, pur impegnandosi,
venivano ignorati da gran parte degli avventori, mentre Endou aveva ben altre
cose per la testa.
«Non posso credere che abbiano sospeso il Football
Frontier, ormai mancava solo la finale!»
«Siamo in una situazione di emergenza Endou, è normale
che sospendano gli eventi importanti. Una volta risolta la situazione
riusciremo a disputare la finale. Anche per questo stiamo dando una mano.»
Il portiere brontolò, ben sapendo che il suo migliore
amico aveva ragione e, rassegnatosi, decise di mettersi al lavoro, assillando i
clienti del supermarket come solo lui sapeva fare.
Aléja ridacchiò vedendo come la promessa di una
partita di calcio bastava a far impegnare il membro più ribelle del suo gruppo.
«Non capisco perché vi scaldiate tanto per questo
torneo!»
Kazemaru arrossì, distogliendo poi lo sguarda dal suo
interlocutore.
«B-Beh, per noi questo torneo è molto importante…
Soprattutto per Endou! Poi ormai siamo alla finale e ci scontreremo contro una
squadra che ha fatto del male a dei nostri amici, è una questione personale.»
Aléja alzò gli occhi al cielo, riflettendo sulla sua
infanzia.
«Anche in Spagna il calcio è molto sentito, ma non ha
mai raggiunto questi livelli. Il Giappone è sempre pieno di sorprese…»
Tra i due cadde il silenzio mentre Kazemaru cercava il
coraggio per rivolgere nuovamente la parola all’altro giovane.
«Quindi… Sei stato in Spagna?»
«Sì, mio padre è spagnolo e sono cresciuto lì.»
«Tua madre invece è di nazionalità diversa?»
Il più grande si accigliò a quella domanda.
«Russa.»
Rispose, senza commentare oltre. Kazemaru avvertì il
freddo scendere su di loro, ma non volendo lasciar morire la conversazione
cercò di pensare ad altre domande.
«E in Russia ci sei mai stato?»
«Da. Per due
anni, poi sono venuto qui in Giappone e ho deciso di restarci.»
«Beh, è molto bello qui…»
Disse il più giovane, arrossendo ancor più
vistosamente. In realtà l’unica cosa che Kazemaru considerava bella era proprio
Aléja. I capelli mori appena tinti di blu sulla frangia del ragazzo e i suoi
occhi verdi avevano colpito Ichirouta che, pur conoscendo l’altro da meno di un
giorno, stava sviluppando quei pensieri e sentimenti tipici della cotta
adolescenziale. Aléja era stupendo ai suoi occhi e l’essere in squadra con lui
era una fortuna che non pensava di poter avere.
«Kazemaru, come mai sei tutto rosso?»
Il velocista fece un salto, spaventato dal trovarsi
Kageno di colpo troppo vicino.
«I-Io? R-Rosso? Ma che dici?»
Balbettò Ichirouta, lanciando occhiate nervose al più
grande vicino a lui. Si era accorto del suo rossore? Aveva sentito la domanda
di Kageno? A quanto pareva no.
«Eppure hai le guance tutte arrossate… Sicuro di stare
bene?»
«Sì, sto bene! Non c’è bisogno di preoccuparsi per
me!»
Kageno guardò dapprima il suo compagno, teso come una
corda di violino, e poi Aléja, che stava parlando con una signora.
«Ti piace mica il signor Saez?»
Un secondo dopo aver pronunciato quelle parole Kageno
si trovò la bocca coperta dalla mano di un ancora più rosso Kazemaru, che gli
intimava disperatamente di star zitto.
«Non lo dire a nessuno, ok?»
Kageno non disse nulla e quando Ichirouta liberò la
sua bocca si limitò a indicare il loro capitano, poco più lontano.
«Io allora vado a dare una mano a Endou… Buona
fortuna, Kazemaru.»
Il velocista tirò un sospiro di sollievo mentre il suo
compagno si allontanava, ringraziandolo mentalmente di essere stato comprensivo
e di avergli lasciato un po’ di tempo da solo con la sua cotta.
>
Inazuma-cho, quartieri alti, 7 agosto, 5:41 PM
Nonostante le tante ore di ricerca, il gruppo della
Raimon non aveva trovato un singolo indizio che li potesse aiutare a svelare
l’identità della ragazza misteriosa. Neanche il supporto di Hibiki, che li
aveva raggiunti all’ora di pranzo, era riuscito a cambiare le sorti della
ricerca.
Giunti quasi al termine della giornata, ai ragazzi
mancavano solo due luoghi da controllare.
«Prima di tutto c’è la casa di Kageyama.» Spiegò
Kidou, indicando la dimora su una cartina. «Anche se preferisco evitare
quell’uomo se ne ho la possibilità… Per questo visiteremo prima villa Kirishiki.»
I ragazzi guardarono il punto indicato sulla mappa dal
regista, una zona colorata di verde ai margini del quartiere che si confondeva
con le altre zone non edificate.
«Cos’ha di particolare questa villa?» Chiese Endou,
lievemente confuso.
«È una costruzione abbandonata da tempo, mai demolita
a causa di problemi legali. L’edificio è vecchio e pericolante, preferirei non
andarci, ma d’altro canto è il luogo perfetto per qualcuno che deve
nascondersi… La villa conta tre piani, anche se non so se siano tutti ancora
raggiungibili. Inoltre nel giardino si trova un edificio pensato per i domestici,
dovremo dividerci ed esplorare tutto prima che si faccia buio.»
I ragazzi approvarono il piano, anche se alcuni di
loro non erano proprio entusiasti di esplorare una casa abbandonata con la
notte che si avvicinava. Una volta arrivati a destinazione Haruna diede a tutti
delle torce che si era portata da casa e a ogni gruppo venne assegnata una zona
da controllare: Sebastiaan, Natsumi, Megane e Handa, accompagnati da Hibiki, avrebbero esplorato il terzo
piano; Shane, Someoka, Shishido
e Kurimatsu il secondo; Vespera, Domon,
Aki e Ichinose il primo. Al
grande giardino vennero assegnati due gruppi: quello di Aléja e quello composto
da Malia, Kidou, Haruna e Gouenji. L’ultimo gruppo rimasto, quello di Eiji, Matsuno, Shourinji e Kabeyama, si sarebbe dedicato all’edificio per i domestici.
Così divisi i ragazzi iniziarono la loro esplorazione:
la villa era vecchia, polverosa e ospitava varie colonie di animaletti, ma non
c’era traccia di presenza umana. In una zona così elitaria della città mancava
anche l’attività di vandali e delinquenti, quindi la dimora era rimasta
esattamente come i precedenti padroni l’avevano lasciata.
Il gruppo cercò fino al tramonto, non lasciando
neanche il più piccolo anfratto inesplorato, ma fu tutto inutile. Alla fine
tutti i gruppi, fatta esclusione per quello di Eiji, si incontrarono
all’entrata della villa.
«Voi avete trovato qualcosa?»
«A parte un vespaio e un enorme topo morto? Nulla.»
«Ew, che schifo!»
Intanto gli altri si intrattenevano con chiacchiere
leggere in attesa dell’ultimo gruppo, Kidou tirò fuori la mappa di prima, per
segnare diligentemente quella zona come controllata. Ma quando gli occhi si
posarono sulle lettere stampate, trasformatesi in macchie sfocate e semoventi
si sentì male. Subito il giovane venne aiutato dai suoi compagni, preoccupati
nel vederlo crollare in quel modo.
«Che succede Kidou?» Chiese Gouenji, sostenendo il
ragazzo.
«La mappa… Non riesco a leggere, proprio come sul
ponte.»
Nel mentre che i due ragazzi parlavano, Vespera alzò
lo sguardo, vedendo la sagoma nera di uno strano quadrupede avvicinarsi. Quando
la manager scorse gli occhi rossi della bestia lanciò un urlo, allarmando
tutti. Sebastiaan, scorgendo a sua volta la creatura, si mise davanti ai ragazzi
della Raimon, impedendo loro di incrociare lo sguardo con l’incubo.
«Non alzate lo sguardo, non guardatelo negli occhi,
prendete mister occhialini e andate a nascondervi!»
Hibiki, capendo al volo la gravità della situazione,
prese in braccio Kidou, mantenendo il sangue freddo per dare le spalle alla
creatura, e si rivolse alla sua squadra.
«Torniamo dentro, cerchiamo un posto sicuro dove
nasconderci!»
«In cucina c’è una dispensa senza grandi finestre, ci
dovremmo stare tutti e sarebbe impossibile entrare se non dalla porta!»
Ritenendo il piano di Domon
abbastanza valido, il ristoratore diede ai ragazzi l’ordine di dirigersi in cucina,
cosa che tutti fecero prontamente, a eccezione di Sebastiaan, Aléja e Shane che
si prepararono a combattere. D’un tratto un’idea orribile passò per la mente di
Shane: Eiji era stranamente in ritardo, prima pensavano che lui e la sua
squadra non avessero ancora finito di esplorare l’abitazione dei domestici, ma
ora che si trovavano un incubo davanti lo studente aveva il terribile dubbio
che il suo fidanzato fosse stato attaccato.
«No, Eiji!»
Sgomento, il ragazzo iniziò a correre verso il luogo
in cui si trovava il suo amato.
«Shane, aspetta!»
Preoccupato per l’amico, Aléja si gettò al suo
inseguimento, lasciando solo Sebastiaan a riflettere su cosa fare, mentre la
figura nera venne raggiunta da altri suoi simili.
> Inazuma-cho, edificio dei domestici,
7 agosto, 6:28 PM
Eiji si teneva il fianco con una mano, cercando di
bloccare il sangue che fuoriusciva da una ferita.
Proprio mentre il suo gruppo stava per tornare dagli
altri erano stati attaccati da un branco di mostri. Erano tre, simili a delle
persone molto magre e dalla pelle nera come il carbone. Al posto delle gambe
avevano delle zampe simili a quelle dei lupi, prive però di pelo. Le mani
invece terminavano con grossi artigli al posto delle dita. Eiji era stato
ferito da una loro zampata mentre tentava di proteggere Shourinji,
che era stato paralizzato dal loro sguardo. Non sapendo cosa fare, i ragazzi si
erano rifugiati nel capanno degli attrezzi vicino alla casa, più piccolo e più
facile da barricare. Lo studente universitario a quel punto aveva bloccato la
porta col suo corpo, intimando ai due ragazzi che ancora potevano muoversi di
bloccare le finestre. Dall’altro lato della porta, Eiji sentiva una delle
bestie buttarsi contro il legno e graffiarlo, nel tentativo di buttare giù l’ostacolo.
Il moro sapeva che non avrebbero resistito molto in
quella situazione e dovevano trovare il modo di avvertire gli altri, così
iniziò a cercare il suo cellulare. In quel momento uno dei mostri sfondò la
finestra sul lato destro del capanno, facendo urlare e ritirare Matsuno e Kabeyama che cercavano
di bloccarla. Eiji non poteva lasciare la porta, ma i ragazzi erano indifesi
contro quegli incubi e se non bloccavano subito l’apertura sarebbero stati
invasi.
«Eiji!»
La voce del suo ragazzo raggiunse chiara e squillante l’orecchio di Eiji, che
subito si preoccupò per la sua sicurezza.
«Shane, non ti avvicinare, è pericoloso!»
L’americano non ascoltò il fidanzato e, con gli occhi
grigi pieni di rabbia, caricò il mostro alla porta, colpendolo alla testa con
una spranga. Sentendo la colluttazione, Eiji aprì la porta per aiutare il
ragazzo, ma il mostro giaceva già esanime in una pozza di sangue.
«Non c’è solo questo, gli altri due stanno tentando di
entrare dalle finestre!»
Quelle parole sfuggirono completamente all’attenzione
di Shane, concentrato solo sulla ferita del fidanzato. In preda all’ansia, l’americano
spinse l’altro dentro il capanno, cercando di spostargli la mano che copriva il
taglio.
«Che è successo? Che ti hanno fatto? Sei coperto di sangue!»
«Non ora Shane, dietro! DIETRO!»
Il ragazzo si girò e i suoi occhi dilatati
incontrarono quelli incandescenti dell’incubo che stava sulla soglia della
porta, pronto ad aggredirlo. Fortunatamente in quel momento li raggiunse Aléja
che si buttò sulla bestia, piantandole un coltello nel cranio. Shane rimase
fermo, paralizzato dalla paura, e ci dovette pensare Aléja a farlo allontanare
dalla porta.
«Ragazzi, state bene?»
«Ce n’è ancora uno Aléja, chiudi la porta!» Disse
Eiji, chiaramente in difficoltà.
Mentre Aléja si girava per seguire il consiglio dell’amico,
un’altra voce raggiunse l’orecchio dei tre.
«ASPETTATEMI!»
Con il volto contratto per il dolore, Sebastiaan correva
verso di loro, inseguito da tre di quelle bestie. Aléja si tese terribilmente:
doveva pensare alla sicurezza dei suoi amici, ma non poteva lasciare certo
fuori Sebastiaan, lo avrebbe condannato a morte certa. Non sapendo che altro
fare, il russo si mise a incitare il biondo.
«CORRI, MALEDIZIONE! CI SEI QUASI!»
Quando fu nelle vicinanze della porta, Sebastiaan si
lanciò all’interno del capanno e Aléja chiuse la porta, bloccandola col suo
corpo per impedire ai mostri di sfondarla. Con grande fatica Sebastiaan cercò di
rimettersi in piedi: il suo polpaccio gli faceva un gran male, tutto a causa
della vecchia ferita che si era fatto durante un’esercitazione militare. Ad
aiutarlo venne Shane, che però lo abbandonò presto per raggiungere Eiji. Il
ragazzo giapponese si era rintanato in un angolo, insieme agli impauriti
ragazzi della Raimon, continuando a tenersi il fianco ferito.
«Oddio, oddio che possiamo fare?» Chiese Shane,
completamente nel panico.
«Fallo vedere a me, tu vai a dare una mano al tuo
amico.»
Sebastiaan, zoppicando, raggiunse il ferito e si chinò
per esaminarlo. Rispetto a Shane era più calmo e di conseguenza più delicato,
poi le sue conoscenze nel primo soccorso lo aiutavano a non far provare a Eiji
troppo dolore. Le ferite del giapponese non erano troppo gravi, ma la generosa perdita
di sangue e il dolore gli impedivano di muoversi velocemente. Non potevano
scappare.
Shane li osservava con gli occhi grandi colmi di paura,
nella sua mente quei lunghi graffi si erano trasformati in ferite mortali che
avrebbero potuto portargli via l’amore della sua vita senza che lui potesse
fare nulla per evitarlo.
La stanza intanto si riempiva di scricchiolii sinistri.
«Shane, una mano sarebbe gradita!» Disse Aléja,
tentando di riportare alla realtà il compagno, ma non servì a nulla.
«Non startene lì impalato, dai una mano a quell’altro!»
Nulla, neanche le suppliche di Sebastiaan lo scossero dal suo stato catatonico.
«SHANE, PENSA A QUELLA DANNATA PORTA!» Solo le urla
del suo ragazzo riuscirono a strappare una reazione all’americano che sussultò,
come se si fosse appena risvegliato da un incubo.
Ma era troppo tardi.
Con una rincorsa sincronizzata, i quattro mostri
sfondarono la porta, imprigionando Aléja sotto di essa. Mentre due delle
creature rimasero sul pezzo di legno per impedire al russo di liberarsi, la terza
si fiondò sul gruppo nell’angolo del capanno, vedendoli come una preda facile.
Sebastiaan, non sapendo che altro fare, portò una mano
avanti, immaginandosi quella barriera invisibile che tante volte lo aveva
salvato dagli aggressori in sogno. La barriera non lo deluse nemmeno questa
volta, concretizzandosi e schermando lui, Eiji e i ragazzini dall’attacco della
bestia. Vedendo il suo fidanzato in pericolo, Shane afferrò il primo pezzo di
legno che gli capitò sotto mano e iniziò ad agitarlo contro la creatura per
allontanarla.
Il quarto incubo intanto si era arrampicato sul
soffitto come una lucertola e, trovandosi proprio sopra l’americano, rilasciò
la sua lunga lingua, avvolgendola intorno al collo del ragazzo e sollevandolo
per soffocarlo. Trovandosi all’improvviso a corto d’aria, Shane lasciò la
spranga e iniziò a scalciare nel tentativo di liberarsi. Gli altri erano tutti
in difficoltà, nessuno sarebbe riuscito a salvarlo, doveva vedersela da solo.
Purtroppo la presa del mostro sembrava di ferro e più si agitava più perdeva
lucidità. Il ragazzo iniziò a pensare che sarebbe morto lì, quando uno sparo lo
assordò e si trovò a crollare pesantemente sul pavimento.
Tutto per un attimo divenne calmo e gli occhi dei
presenti si fermarono su una figura esile armata di fucile che attendeva
immobile sulla soglia della porta.
> Inazuma-cho, quartieri alti, 7
agosto, 6:12 PM
Matt camminava qualche passo dietro Cassandra e
Kageyama, che si tenevano per mano. Il più grande faceva mille domande alla
ragazza, cercando di farla parlare del più e del meno per distrarla da
qualsiasi cosa l’avesse fatta piangere poco prima. Cassandra rispondeva con
tono squillante, privo di tutta la tristezza che aveva espresso a casa, e Reiji
le sorrideva affettuoso, ascoltandola con attenzione e commentando di tanto in
tanto.
A Matt sembravano tanto un padre e una figlia che
camminavano tranquilli, gli pareva impossibile che quell’uomo sorridente fosse
il tiranno che lo guardava storto ogni due per tre. Era piacevole passeggiare
con loro, anche se non partecipava alla conversazione.
Quel momento idilliaco venne rovinato quando Kageyama cercò
di leggere l’orario, trovando l’operazione impossibile. Subito l’uomo si sentì
male e crollò in ginocchio, tormentato dall’emicrania.
«Reiji, che ti succede?»
L’uomo non aveva dubbi: dovevano essere vicini a uno
di quei mostri, non riusciva mai a leggere nulla in quelle situazioni e finiva
per stare sempre male se ci provava.
«Dobbiamo tornare indietro.» Disse semplicemente, prendendo
Cassandra per un braccio e cercando di trascinarla indietro, tutto sotto gli
occhi di un Matt sconvolto.
«No, aspetta! Perché, che sta succedendo?!»
Kageyama non rispose, ma la ragazza capì comunque la
situazione quando i suoi occhi caddero sull’orologio dell’uomo. Resasi conto
del pericolo, Cassandra oppose ancora più resistenza, riuscendo anche a liberarsi
dalla stretta dell’altro.
«Devo andare a indagare!»
«No Cassandra, è troppo pericoloso!»
«PROPRIO PERCHÉ È PERICOLOSO DEVO ANDARE!»
L’uomo si ammutolì, colto alla sprovvista dalle urla
della ragazza. Dal canto suo Cassandra non voleva trattare male il suo ex
fidanzato, così cercò di spiegargli la questione.
«Ragiona Reiji, siamo a meno di dieci minuti da casa
tua. Cosa succederebbe se uno di quei mostri ci attaccasse mentre siamo a
tavola, o mentre stiamo dormendo? Devo indagare per la nostra sicurezza.»
Kageyama si rese conto che la ragazza aveva ragione,
che non potevano lasciare che una di quelle bestie scorrazzasse libera per il
loro quartiere. La paura però non lo lasciava.
«Vengo con te.»
«No Reiji, lo sai che
contro quei mostri non puoi fare niente… C’è Matt qui, mi darà una mano lui!»
«Vengo comunque! Non ti
lascerò sola.»
Sapendo bene quanto l’uomo
potesse essere testardo e comprendendo la sua ansia, Cassandra non se la sentì
di insistere oltre.
«Va bene… Ma prima
dammi i tuoi occhiali.»
Senza fare domande
Reiji si tolse gli occhiali e li consegnò alla ragazza che, senza dare
spiegazioni, si limitò ad alitare sulle lenti e a pulirle prima di consegnarli
al legittimo proprietario, che se li rimise confuso.
«Tutto qua…?»
«Non so se funzionerà
questa cosa… Ma teoricamente se incontri lo sguardo di un incubo con quelli
addosso ora non dovresti bloccarti completamente. Almeno avrai il tempo di
reagire e scappare.»
Terminati quei
preparativi, i tre continuarono a camminare lungo il viale, stando ben all’erta.
Arrivati quasi alla fine
della strada, un grido attirò la loro attenzione e subito Cassandra scattò verso
la villa abbandonata da cui era provenuto l’urlo. Scontrandosi con la recinzione
che delimitava la proprietà, la ragazza cominciò a scandagliare freneticamente
la zona, cercando qualcosa che le permettesse di entrare. Un albero poco
lontano faceva al caso suo, ma prima che potesse correre verso la pianta Kageyama
l’afferrò nuovamente per un braccio. Giratasi per protestare, Cassandra si
ammutolì trovandosi di fronte un Reiji pallido, teso come una corda di violino,
pieno di paura. La ragazza immaginava quella paura, la paura di vederla morire di nuovo.
«Non andare…» Riuscì a
sibilare il più grande.
Cassandra deglutì a
fatica, contagiata in parte dai timori dell’uomo, ma doveva essere coraggiosa.
Non poteva lasciare qualcuno in pericolo, era contro la sua natura.
«Non preoccuparti, non mi
farò ammazzare.»
Detto questo, la
ragazza si liberò dalla presa e raggiunse la pianta. Si arrampicava da quando
era piccola, le ci vollero pochi secondi per
raggiungere un ramo che le permettesse di scavalcare facilmente la recinzione.
Prima di saltare però dedicò uno sguardo ai due uomini che la guardavano
impietriti.
«Raggiungetemi il prima
possibile, avrò bisogno di voi.»
Matt rimase fermo,
osservando la ragazza buttarsi nell’erba secca e rialzarsi subito, iniziando a
correre verso la villa. A risvegliarlo dal torpore ci pensò Kageyama, che lo trascinò
via.
«Conosco un’entrata.»
Quando aveva dodici
anni, qualcuno aveva cercato di entrare in casa dei suoi nonni. Lei era lì con
loro e suo nonno l’aveva mandata a prendere i fucili, quelli che usavano per la
caccia, intimandole di tenerne uno carico e pronto a far fuoco. Era stata
rapida, nel giro di cinque minuti era tornata dall’anziano con un fucile in
mano e l’altro a tracolla sulla schiena. Quella notte fortunatamente non c’era
stato bisogno di sparare, ma in quel momento Cassandra sapeva che avrebbe
dovuto combattere. Come allora aveva un fucile a tracolla e uno in mano e
correva a perdifiato verso villa Kirishiki. Arrivata
lì non vide nulla, ma si mise subito a osservare e ascoltare, in cerca di
qualche indizio che le dicesse dove andare. Delle urla indistinte e lo schianto
sul legno fecero proprio al caso suo, che subito ricominciò a correre, dirigendosi
verso la colluttazione. Il periodo passato a far parte del club di atletica
della Raimon le aveva fatto bene, era veloce e sapeva come non stancarsi
troppo, cosa che le sarebbe stata utile una volta raggiunto il luogo dello
scontro. Arrivata al capanno di legno, inorridì vedendo ben quattro creature
intente ad assaltare un nutrito gruppo di ragazzi. Quello che più la preoccupava
era un ragazzo con gli occhi grigi e i capelli mori boccolosi, tenuto sospeso
per il collo da un mostro nel tentativo di soffocarlo.
Subito la ragazza prese
la mira con il fucile ma, nella foga, mancò la testa della creatura, riuscendo
comunque a tranciarle la lingua con il colpo, liberando così il ragazzo che crollò
a terra insieme alla creatura.
Quel gesto però attirò tutta
l’attenzione su di sé, comprese quattro paia di fari rossi come il sangue.
“Vogliono me, sono tutti concentrati su
di me”
Non avrebbe potuto
combattere, non aveva abbastanza colpi per uccidere tutte le creature e i suoi
riflessi non erano abbastanza pronti, l’avrebbero uccisa prima.
Una cosa però poteva
farla.
Lanciando il fucile a
terra Cassandra fece dietrofront e ricominciò a correre, sperando che gli
incubi la seguissero. Le sue speranze non furono deluse e le quattro bestie
lasciarono perdere i ragazzi, lanciandosi tutte all’inseguimento della castana.
Libero finalmente dal peso che lo teneva bloccato sotto la porta, Aléja si
tolse di dosso il pezzo di legno e si mise seduto.
«Che è successo?!»
Eiji allungò tremante
il braccio, indicando il gruppo che si allontanava.
«L-La ragazza che
cercavamo… Ci ha salvati…»
Aléja guardò con orrore
la ragazza inseguita dalle bestie, sapendo che da sola non avrebbe potuto fare
niente contro di loro, poi i suoi occhi si posarono sul fucile abbandonato per
terra e il ragazzo si alzò, recuperandolo.
«Cosa fai?» Gracchiò
Shane, ancora a corto di fiato.
«Vado a darle una
mano.»
Arrivati anche loro all’altezza
della villa, Matt e Kageyama iniziarono a guardarsi intorno, cercando qualche
traccia di Cassandra. Il primo a scorgere la ragazza fu Matt, che vedendola
inseguita da quelle orribili creature lanciò un urlo, indicando il gruppo
perché anche Kageyama potesse vederli. Quando l’allenatore incontrò gli occhi rossi
degli incubi venne scosso da un terribile senso di nausea, che lo costrinse a
chinarsi per trattenere i conati di vomito. Tremando per il dolore e tenendosi
ben aggrappato ai vestiti del ragazzo accanto a lui, l’uomo riuscì a parlare
appena.
«Aiutala… Aiuta Cassandra…»
Matt era paralizzato
dalla paura. Aveva ascoltato con attenzione i racconti degli altri riguardo a
quelle creature, ma averle davanti era tutta un’altra storia.
«N-Non so che fare, che
devo fare?!»
Rendendosi conto che il
ragazzo aveva bisogno di una guida, Reiji si fece forza e alzò nuovamente gli
occhi per posarlo sul gruppo di mostri. Subito però dovette tornare a chinare
il capo.
«Fermali! In qualche
modo fermali! Tienili lontani da Cassandra!»
Matt alzò le braccia
tremando, come faceva quando voleva bloccare qualcuno in sogno, ma era ancora
insicuro sul da farsi.
«C-Come li fermo? E se
blocco anche Cassandra?»
Ancora una volta l’allenatore
della Zeus alzò lo sguardò, concentrandosi questa volta sull’ambiente circostante.
Il gruppo sarebbe passato a breve vicino a un albero morto che faceva al caso
suo.
«Vedi quell’albero?
Appena Cassandra lo supera tu crea una barriera, una vetrata, una siepe,
qualsiasi cosa tu voglia, basta che serva a fermare quelle cose.»
Matt deglutì e si preparò
ad attuare il piano. Appena la ragazza superò l’albero, il ragazzo creò una
barriera invisibile su cui si schiantarono i quattro mostri. Lo sforzo di
trattenere quelle creature fece urlare Matt, che si trovò costretto ad
abbassare subito la barriera. Il gioco però era fatto.
«CASSANDRA!»
Con un urlo Kageyama attirò
l’attenzione della ragazza, che li raggiunse poco dopo. Appena arrivata
Cassandra si mise in ginocchio, facendosi scivolare tra le braccia il fucile.
«Matt, non so cosa tu
abbia fatto per bloccare quelle creature, ma voglio che tu lo rifaccia qui,
tutto intorno a noi. Solo quando te lo dico io però!»
Il ragazzo annuì
freneticamente, affidandosi completamente all’italiana.
Gli incubi intanto si
erano ripresi dalla botta e, più arrabbiati di prima, si gettarono verso il
gruppetto.
Il fucile di Cassandra
aveva in canna due colpi. La ragazza sapeva che Matt non sarebbe riuscito a
trattenere quattro mostri tutti insieme, quindi doveva abbatterne il più
possibile prima che li raggiungessero. Avrebbe avuto il tempo di ricaricare?
No, avrebbe fatto comparire un fucile già carico, sarebbe stata più veloce.
La ragazza fece un bel
respiro e prese la mira, sparando. Quel primo colpo andò a vuoto e la castana
imprecò liberando la canna dalla cartuccia appena esplosa. Prendendosi un
attimo di calma in più rispetto a prima e trattenendo il respiro, Cassandra sparò
il secondo colpo. Questa volta colpì in piena testa una delle bestie, che
crollò a terra rotolando prima di giacere esanime al suolo. Subito la giovane
mollò il fucile, prendendo l’altro che nel frattempo le era comparso sulla
schiena. C’erano ancora tre creature, non poteva sprecare i due colpi che aveva
a disposizione. Sparò il terzo proiettile, che colpì uno dei mostri alla
spalla, fermandolo. I due incubi rimanenti si stavano avvicinando sempre di
più, Cassandra sentiva la tensione schiacciarla. L’esitare un secondo di troppo
a esplodere l’ultimo colpo la fece andare nel panico, così la ragazza chiuse
gli occhi e sparò il colpo alla cieca.
«MATT, ORA!»
Quando sentì il ragazzo
gemere Cassandra fu sicura di aver fallito, ma riaprendo gli occhi vide un
singolo incubo graffiare e scaraventarsi contro la barriera invisibile creata
da Matt. L’altro giaceva poco più lontano, con una zampa posteriore quasi
mozzata dal colpo della ragazza.
Più tranquilla, l’italiana
si concentrò a sua volta sulla barriera, alleggerendo il compito a Matt.
«Cosa facciamo ora?»
Chiese il ragazzo, preoccupato.
«Pensiamo a un diversivo…»
In quel momento sopraggiunse Aléja, che si bloccò al limitare
del campo di battaglia, stupendosi nel vedere così tanti incubi al suolo.
Notando però che uno era ancora in piedi e stava aggredendo la ragazza, il russo
pensò in fretta a cosa fare. Non poteva sparare direttamente alla creatura,
avrebbe rischiato di colpire Cassandra, Matt o Kageyama. Forse però poteva
distrarla. Il ragazzo corse dal mostro colpito alla spalla, che si contorceva
al suolo. Imbracciato il fucile, prese la mira e sparò in testa alla creatura, uccidendola
definitivamente. Quel colpo attirò l’attenzione di tutti e Aléja si sbracciò
per attirare a sé la bestia.
«Ehi mostraccio, vieni un po’ qui?»
Quella distrazione era tutto ciò di cui Cassandra aveva
bisogno.
«Matt, abbassa la barriera.»
Matt non capì al volo le parole della ragazza, ma la sua
confusione bastò a dissolvere la barriera e Cassandra poté mozzare la testa del
mostro con un colpo d’ascia.
Rimasto solo, l’incubo con la zampa dilaniata guaì di paura,
usando i tre arti che gli rimanevano per battere la ritirata. Con anche quell’ultima
bestia in fuga, tutto iniziò a svanire, fino a quando dei mostri e della
colluttazione non rimase traccia.
Preoccupato per i suoi amici, Aléja prese subito in mano il
cellulare, mandando al gruppo il messaggio che era tutto finito, avevano vinto.
Presto vide avvicinarsi Sebastiaan e Shane, che insieme
sostenevano Eiji, aiutandolo a camminare. Aléja si lanciò verso di loro,
abbracciando tutti e tre pieno di commozione. Cassandra intanto aiutava Kageyama,
che ancora si stava riprendendo dall’estrema nausea provocatagli dalla visione
delle creature. Quel momento di calma fu interrotto dalla voce bassa e roca
dalla sorpresa di Hibiki che, insieme al resto della Raimon, era appena uscito
dalla villa.
«Cassandra…?»
La ragazza si girò verso l’uomo ed ebbe bisogno di un po’ di
tempo per capire chi era. Riconoscendolo, l’italiana gli dedicò un sorriso.
«Hibiki! Diamine quanto sei cambiato!»
L’uomo non rispose, ma posò il suo sguardo sconvolto su
Kageyama, inginocchiato di fianco alla ragazza.
«Che hai fatto?»
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Volevo aggiornare il giorno dei morti. È un
po’ tardi, ma è sempre il giorno dei morti, no?
Mamma mia, che fatica! Ho scritto questo capitolo di corsa, spero non ci siano
troppi errori, perdonatemi. Come promesso ecco un po’ di azione frenetica! E
sono anche riuscita a far incontrare Cassandra e gli altri.
E nel prossimo capitolo ci aspetta LO
SPIEGONE! Siete contenti? Io non lo so, c’ho già l’ansia. Non penso vedrete un
altro aggiornamento prima di capodanno, scusatemi ma sono piena di impegni e
vorrei spezzare la maledizione che mi spinge ad aggiornare un’altra fic solo due volte l’anno ahahahah.
Che poi quella sarebbe anche il prequel di questa. Anzi, questa è il sequel di
quell’altra e io non l’ho ancora finita! Sono senza speranze… Comunque spero che
questo capitolo vi sia piaciuto!
Ci si sente presto,
Lau