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Autore: NPC_Stories    03/11/2017    0 recensioni
In un tragico momento della storia della nostra amicizia, io e Daren abbiamo litigato. Non una semplice lite, ma qualcosa che ha alzato un muro glaciale fra noi che non si è sciolto per un intero decennio. Noi elfi cambiamo idea lentamente, quindi ci è voluto del tempo per riconsiderare le nostre posizioni.
Gettare un ponte è un conto, ma riusciremo a recuperare l'affinità che avevamo un tempo? Partire per nuove avventure sarà d'aiuto? Quanto si deve rischiare la vita prima di capire che ogni attimo è troppo prezioso per passarlo nell'infelicità?
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Questa storia prima era un tutt'uno con "20th-level Sidekick", ora ho deciso di splittare quella storia in due differenti.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1372 DR: L’altra mia tomba è un dungeon della morte

Arrivo quando mi pare, aveva detto, e quando gli pare si rivelò essere la metà del mese di Eleint, pochi giorni prima dell’Equinozio d’autunno.
Era quasi il tramonto, avevo aiutato Krystel a travasare la birra e ora mi stavo godendo una parentesi di ozio seduto sulle mura che proteggevano il lato occidentale della locanda.
Quelle mura avrebbero avuto bisogno di un po’ di manutenzione, in alcuni punti erano coperte di edera e le crepe fra le pietre cominciavano ad allargarsi. Forse Krystel non se ne preoccupava, non erano vere mura difensive dopotutto, servivano solo a segnare i confini.
Mentre consideravo questi dettagli privi di importanza, cominciai a rendermi conto che la temperatura era calata. All’inizio lo attribuii solo al sole che stava tramontando, ma poi mi resi conto che si stava formando una patina di brina sulle foglie dell’edera. Quel freddo repentino aveva un sentore innaturale, e all’improvviso riconobbi la sensazione.
Mi voltai di scatto, rischiando quasi di volare giù dal muro; Daren era tornato. Era tornato, ed era nuovamente un fantasma.

Rimasi a fissarlo in silenzio per alcuni lunghi momenti, e lui ricambiò sia lo sguardo che il silenzio. Era come se ci vedessimo per la prima volta, ci stavamo studiando a vicenda.
Alla fine scesi dal muro e mossi qualche passo verso di lui. Non si allontanò, sperai che fosse un segnale positivo.
“Sei morto di nuovo.” Considerai.
Lui annuì, ancora in silenzio.
“E... quando?”
Avevo un groppo in gola. Sapevo che i morti fanno fatica a mutare le loro idee, e questo avrebbe reso molto più difficile un’eventuale riconciliazione.
“Capisco cosa stai pensando. Ma sono morto di recente, alcuni giorni dopo aver letto la tua lettera.” Tacque per un momento, come se stesse raccogliendo le idee oppure il coraggio. “Sono molto lieto di essere morto dopo aver recuperato la speranza che potessimo tornare amici. Gli ultimi dieci anni sono stati... io sono stato... non mi piacerebbe essere cristallizzato in quello stato d’animo.” Concluse a fatica.

Avrei voluto dirgli tante cose. Che ero pronto ad ascoltare il suo punto di vista, che avevo sentito la sua mancanza, che lo consideravo ancora un amico, ma tutto quello che mi uscì fu “Mi dispiace.”
Daren accolse la mia dichiarazione con altro silenzio.
“A me no.” Mormorò alla fine.
“A te no... cosa?”
“Quello che è successo quel giorno.” Per la prima volta mi guardò negli occhi. “Sai che sono facile al senso di colpa. Ma non mi sono mai pentito della decisione che ho preso quel giorno. Mi dispiace Johel, non ti chiederò scusa. Per tutti questi anni sono sempre stato pronto a riconciliarmi con te se tu l’avessi voluto, ma non provo rimorso per le mie scelte. Sei tu che hai litigato con me, non io che ho litigato con te.”
“Abbiamo già litigato per quel particolare motivo e non intendo tornarci su ora.” Lo fermai. “Sai che non capisco e non capirò mai completamente la tua decisione, ma se hai scelto di prendere le parti di un tuo vecchio amico anche se ormai avevate preso strade diverse... e io so che avevate preso strade diverse, non ho mai dubitato di questo... allora la tua scelta mi dice solo una cosa di te: che sei un amico leale. Che sei fedele ai tuoi sentimenti anche quando cozzano con i tuoi princìpi. E chiunque sarebbe fortunato ad avere un amico come te.” Deglutii per cercare di sciogliere il nodo che mi sentivo in gola. “Mi dispiace di non aver visto le cose sotto questa luce, dieci anni fa.”
“Johel, io... maledizione.” Mormorò Daren, distogliendo lo sguardo. “Perché devi essere sempre così... così?”
“Così come?”
Così che mi fai desiderare di essere la parte migliore di me.” Quelle parole mi commossero, ma non lo interruppi. “Solo che non sono più certo di volerlo essere. Questi anni mi hanno dato modo di riflettere... su di me e su di noi. Il punto è che io sono diverso da come mi hai sempre visto. O meglio, sono così, ma sono anche... altro. Ricordi cosa mi chiedesti all’inizio della nostra conoscenza?”
“Uhm, ti ho chiesto un sacco di cose, soprattutto se intendevi uccidermi.”
Questo gli strappò un tiepido sorriso.
“No, dopo che avevi deciso di prenderti un po’ di confidenza. Mi chiedesti perchè insulto sempre la gente.”
“Oh. Sì, me lo ricordo. La tua risposta è stata che gli insulti erano la migliore alternativa per dare sfogo ai tuoi istinti omicidi.”
Il suo sorriso assunse una piega un po’ triste.
“Esatto. E negli anni successivi forse hai pensato che io fossi cambiato, ma non è proprio così. Ho solo cercato di essere la parte migliore di me stesso, perché tu mi avevi concesso l’impossibile, la tua amicizia e la tua fiducia, e io non volevo deluderti. Ma tutti questi anni in cui ho vissuto nella tua foresta o in queste terre, la mia vita è stata come... non una menzogna, ma una mezza verità. Io sono peggiore di come tu mi ricordi. Sono più brusco, meno paziente, e discretamente più violento. Quando un bambino stupido salta fra i rami di un albero, una persona buona ha due modi per affrontare il problema: tendere una rete di sicurezza oppure prendere a schiaffi il fottuto bambino finché non gli passa ogni voglia di fare il coglione. Io mi sono accorto di essere stufo di tendere reti di sicurezza. Non è nella mia vera natura.”
Per il sacro arco di Corellon, vuoi dire che fin’ora sei stato gentile e amabile? Pensai, ma evitai accuratamente di dirlo. Probabilmente era stato più gentile di quanto fosse portato ad essere.
“In questi dieci anni ho vissuto nel reticolo di gallerie che si estende sotto Waterdeep, fino alla città sotterranea di Skullport. Quel luogo è... simile a me. Un luogo di luci e ombre, in realtà più che altro ombre. Ma io ho bisogno di un posto del genere. Un luogo pregno di malvagità, dove le poche persone decenti hanno bisogno di gente come me. Gente che sia disposta a difenderle ma non a farci amicizia. Ho bisogno di avere intorno persone che badano alla sostanza e non alla forma, persone che si rendono conto che se dai loro uno spintone per salvarle da una trappola mortale la risposta corretta è starò più attento e non che cazzo spingi. Questo mondo fantastico in cui tu vivi non ha bisogno di un vecchio scorbutico che ama la vita ma odia la gente, questo mondo ha bisogno di eroi senza macchia in armature scintillanti, o guaritori dal cuore tenero come Lólindir, persone che in altri contesti sarebbero schiacciate o sfruttate per queste loro virtù. Io ho, e avrò sempre, un piede nell’ombra. Sono capace di scendere a compromessi che ti rivolterebbero lo stomaco.”
“Ma per una giusta causa, se ti conosco almeno un po’.”
“Certo, ma che importanza ha?” Si portò una mano alla fronte in un gesto di frustrazione. “Io ho delle scelte terribili con cui convivere. Non più tardi di qualche settimana fa, ho coinvolto alcuni miei amici in una missione che li avrebbe uccisi, tutto per salvare una persona che per me era importante ma che nemmeno conoscevo davvero. Una persona che per me era un simbolo, quindi è stata una scelta profondamente egoista, nemmeno dettata dall’amore ma solo da un testardo attaccamento. Ho preso cinque persone che desideravano morire in modo eroico combattendo il Male, e le ho trascinate in una città di non-morti. Ed erano miei amici! Persone che sono state di consolazione per me in questi anni in cui tu avevi ritirato la tua offerta di amicizia e mi avevi quasi convinto di non valere la fiducia di nessuno. E sai che c’è? Che in effetti non la valgo!”
Aveva cominciato a gesticolare, come fa quando è nervoso, ma non mi lasciai fermare dal suo stato mentale.
“Mi stai dicendo che stai male perchè hai convinto cinque persone che volevano morire in modo eroico combattendo il Male... a morire in modo eroico combattendo il Male? Da come lo racconti sembra che fossero consapevoli della cosa.”
“Certo, lo erano, ma...”
“E questa persona che volevi salvare, ora è salva?”
“Sí, è salva.”
“E quindi non credi che ognuno abbia avuto quello che voleva?”
Daren mi guardò con rabbia e una punta di disprezzo. “Anche Saelas voleva morire attaccando un esercito duergar, ti pare che fosse sensato lasciarglielo fare? Questa volta invece mi sono approfittato di persone mentalmente instabili per i miei scopi, e la cosa più terribile è che sono felice che Nedylene sia salva e che lo rifarei, che io sia maledetto.”
“Sei già maledetto.” Gli feci notare in tono neutro.
“Vaffanculo.”
“Quante altre volte intendi maledirti?”
“Sul serio Johel, stai zitto!”
“No. Non ho attraversato mezzo Faerûn per stare zitto. Mi dispiace di averti deluso, di aver ritirato la mia offerta di amicizia e di averti chiamato traditore. Non lo pensavo davvero. Sono io che ho tradito te. Vorrei poterti dire che avresti dovuto fidarti di me, che non dovevi per forza adeguarti ai miei standard e cercare di essere il meglio che potevi essere, ma quando mi hai mostrato quello che eri io non l’ho accettato. I tuoi compromessi, il tuo avere un piede nell’ombra, non l’ho accettato e mi dispiace.” Dissi tutto d’un fiato. “Forse volevo... credere che tu fossi... che tu fossi...”
“Addomesticato?” Tentò.
“Non è quello che volevo dire.”
“No, ma ci si avvicina abbastanza. Come un animale selvatico e pericoloso, ma addomesticato.” Daren sospirò per abitudine. “Mi dispiace, ci ho provato, per decenni non mi sono reso conto che stavo mostrando solo una parte di me. Credevo davvero di poter diventare migliore, o almeno di poter agire come se lo fossi.”
“Posso imparare a conoscerti. Puoi mostrarmi come sei davvero e io posso imparare.”
“Non è detto che tu voglia essere amico del nuovo me.” Mi avvertì.
“Daren, tu sei una persona buona. Non ci sono molte persone buone a questo mondo, ancora meno sono le persone buone che sono disposte a rischiare tanto per fare ciò che è giusto. Io so che questa cosa non è cambiata, è il nocciolo di ciò che sei, non mi interessa se non sei gentile. Questo mondo non ha bisogno solo di eroi scintillanti, ha bisogno anche di persone disposte a sporcarsi le mani.”
Daren mi guardò con una certa perplessità, ma anche con una scintilla di speranza.
“Come posso mostrarti quello che sono ora?”
“Puoi cominciare raccontandomi cosa hai fatto in questi dieci anni. Tutte le tue gesta, anche quelle più turpi. Mi farò un’idea di fin dove sei disposto a spingerti.”

Passammo la notte a parlare, per aggiornarci sugli ultimi dieci anni della nostra vita. Io non avevo fatto un granchè, a parte pattugliare la mia foresta e ripulirla dai mostri, ma lui non era stato fermo un attimo. Non lo disse chiaramente, ma mentre raccontava ebbi la sensazione che negli ultimi anni fosse stato spesso sull’orlo della depressione. Lo capivo da certi dettagli, dalle cose che aveva fatto, perché più è bassa l’opinione che ha di sé, più è disposto a commettere azioni moralmente questionabili; questo mi fece sentire anche peggio.
“Quando dici contrabbando di prostitute... intendi tratta delle schiave?” Questa mi sembrava una cosa assurda, non da lui.
“Ma ti pare? No, le facevo fuggire e le portavo da qualcuno che potesse aiutarle. Di solito al mio tempio.”
“Allora non si chiama contrabbando! Si chiama... boh... salvataggio.”
“Se porti qualcosa da un luogo a un altro in modo illegale si chiama contrabbando.” Insistette.
“Una persona non è una cosa.”
“Un cadavere però è una cosa.”
Stavo bevendo una tisana calda e mi andò tutta di traverso.
“Non hai detto che erano morte!”
“Dettagli, erano destinate a tornare in vita prima che le loro anime lasciassero il Piano della Fuga. Alcune di loro non erano neanche morte davvero, avevo una pozione che simulava la morte.”
“E quelle che erano morte... le avevi uccise tu?”
“Dei, no.” Agitò una mano per scacciare quel pensiero raccapricciante. “Ma i gestori dei bordelli sapevano che mi interessavano i cadaveri freschi, quindi ogni volta che una di loro moriva..."
“Tutto questo è rivoltante.”
“Te lo avevo detto.”
“Nessuno ha mai sospettato nulla?”
“Nah. Raccontavo a tutti di essere in contatto con un necromante che mi pagava per i cadaveri freschi, ma ovviamente nessuno ci credeva, qualcuno aveva sparso la voce che fossi semplicemente un pervertito necrofilo.”
“Che schifo! Chi aveva messo in giro una calunnia simile?”
“Io.” Ammise tranquillamente. “Quando metti in piedi una scusa rispettabile e dietro di essa si nasconde un segreto necropiccante, nessuno pensa di dover indagare ulteriormente.”
Questa volta mi sfuggì una breve risata. Era così da lui.
“Ad ogni modo è contrabbando solo se ne hai un vantaggio economico.”
“Non è vero. Stai cavillando.”
“Ti dico di no.”
“Pretendo un dizionario di lingua comune!”
“Sei ubriaco?”
“Sono morto, non posso essere ubriaco.”
“Com’è che sei morto?”
La mia domanda lo prese in contropiede. Smise di protestare per i miei tentativi di sminuire le sue attività criminali e abbassò gli occhi sul piano del tavolo.
“Possiamo dire che sia stata una serie di circostanze. Stavo scortando nelle caverne un gruppo di avventurieri... facevo anche quello per arrotondare, oltre a lavorare come fattorino per un orco imbecille e al contrabbando.”
“Non era contrabbando e non era un lavoro.”
“Sí, come vuoi.” Biascicò in tono spento. “Ad ogni modo mi ero preso l’impegno di scortarli nel loro viaggio ma ad un certo punto la mia attenzione è stata catturata da una necessità più impellente. Sai, la ragazza prigioniera nella città di non-morti.”
“Sei venuto a saperlo mentre scortavi quei viaggiatori?”
“Esatto, a dire il vero l’ho incontrata. Era stata vampirizzata contro la sua volontà, e poi portata a Warlock’s Crypt.”
“Non credo di avere il piacere di conoscere quel luogo.”
“Si tratta di una fortezza circondata da incantesimi devastanti e protetta da troll, zombi, troll zombi, scheletri, pipistrelli giganti, necroelementali, un battaglione di lich, vampiri, e capitanata da un antichissimo lich netherese.” Raccontò, e più andava avanti nell’elenco più sentivo il sangue defluirmi verso i piedi. “Capirai bene che in un posto simile era meglio che ci andassi già morto.”
“E quindi hai deciso di portarti avanti col lavoro.” Sussurrai.
“Sì, ma come dicevo è stata una felice coincidenza di eventi. Il gruppo di avventurieri con cui giravo voleva uccidermi, e io volevo interrompere il contratto con loro il prima possibile. Viene universalmente accettata la premessa che se qualcuno ti uccide non sei più legato da alcun obbligo morale o professionale nei suoi confronti.” Lo disse in tono del tutto privo di inflessione.
“Volevano ucciderti? Perché? Qualcuno li aveva pagati?”
Daren scrollò le spalle. “Nah... non credo. Solo che per alcune persone avere un motivo per uccidere non è sufficiente, per altre invece non è necessario.”
“Non credo di capire.”
“La mia teoria è che io non gli piacessi. Un giorno mi hanno attaccato e mi hanno ucciso, cosa che come ti dicevo mi stava bene. Mi sono difeso e ho fatto un po’ di scena ovviamente, ma alla fine chi se ne importa, la gente vede quello che vuole vedere.”
“Cioè, li hai lasciati fare e basta?”
Daren rise brevemente, come se avessi fatto una battuta. “Che altro potevo fare? Ho combattuto sulla difensiva, ma per quanto io sia bravo ero in svantaggio numerico e con il tempo sopraggiunge la stanchezza. Non potevo combattere per uccidere. Mi è concesso farlo solo contro i nemici.”
“E che diamine deve fare qualcuno per essere tuo nemico?” Insistetti con una vena di sarcasmo.
“Johel, decido io chi è mio nemico. Non mi lascio condizionare dalle decisioni degli altri. Non sono una banderuola, e chi mi odia non ha tanto potere su di me, né tanta importanza, da farsi odiare a sua volta. Per essere mio nemico devi essere una persona malvagia che minaccia le persone a cui tengo. Se portassi rancore a tutti quelli che hanno cercato di uccidermi, o che ci sono riusciti...”
“Sì, sì, ho capito.” Pensai alla faccenda di Shilmista. Era vero, la gente poteva dichiararsi nemica di Daren ma non sempre lui si degnava di ricambiare. “E quindi alla fine come è andata con la città dei lich? Siete riusciti ad ammazzare il mega lich netherese della notte dei tempi?”
Sbuffò una risata incredula.
“Non è mai stato quello l’intento. Io volevo salvare Nedylene che era nelle mani di un vampiro, ma mi serviva un diversivo. Cinque eroi pazzi che vanno all’assalto di un arcimago lich mi sono sembrati una buona idea.”
“Loro sapevano che...?”
“Che li stavo usando? Sì. Ma volevano combattere il Male o morire nel tentativo, e lo hanno accettato. Anche se sapevano che era una missione suicida.”
“E lo è stata, vero?” Domandai infine, abbassando la voce.
“Certo che lo è stata.” Mi rispose in tono cupo. “Abbiamo sfoltito un po’ le fila dei servitori lich... ma Larloch ci ha scrostati dal tessuto della realtà senza neanche dover muovere entrambe le mani. Io sono tornato dopo qualche giorno perché sono un fantasma, ma loro...”
“La ragazza però si è salvata.”
“Sì. Mentre i miei amici creavano un diversivo, io e alcuni eroi inviati dal suo clan di druidi siamo entrati a liberarla. Ho tenuto impegnato il suo Sire vampiro mentre loro fuggivano. Dopo la fuga è riuscita anche a tornare viva. La mia Nedylene.” Il suo sguardo si perse nel buio fuori dalla finestra, vagando dietro alle ombre. “Lei è stata la prima, tanti anni fa. La prima persona a cui ho salvato la vita in modo disinteressato. La bambina che ho preso con me e portato al sicuro quando ancora non avevo idea di cosa stessi facendo.” Raccontò, evitando ancora il mio sguardo. “Ma l’ho abbandonata in una foresta vicino a un clan di elfi, perché la mia Dea mi aveva detto che la tua gente ha buon cuore e non avrebbe lasciato morire una neonata. Non ho mai... avuto il coraggio di tornare a controllare. In centovent’anni non l’avevo mai cercata. Capisci, se fosse stata viva non avrebbe avuto bisogno di una persona negativa come me. Se fosse stata morta, tutte le mie certezze sarebbero crollate.”
“Almeno hai scoperto che ha avuto una vita felice. Che la tua Dea non ti ha mentito e non si è sbagliata.”
Daren tenne lo sguardo ostinatamente fisso sul tavolo.
“A proposito della tua Dea... ora hai fatto il tuo dovere nella città di non-morti. Puoi tornare in vita, no?”
Altro silenzio, stavolta più pesante.
“Non serve più che io torni in vita.” Ammise infine. “Ho fatto quello che hanno sempre voluto da me. Ho avuto una figlia. Era per questo che gli servivo. Per tramandare il mio sangue, possibilmente a una femmina.”
Quella rivelazione mi colpì come uno schiaffo. Soprattutto mi colpì il tono amaro e rassegnato con cui l’aveva detto.
“Ma... è orribile. Pensavo che fossero persone buone.”
Daren scrollò di nuovo le spalle.
“Sono persone buone, ma anche persone pragmatiche.” Tagliò corto. “E purtroppo lo sono anch’io. Per questo, per la sicurezza di mia figlia, devo stare lontano da lei e non fare parte della sua vita... ricordi, la faccenda che se le persone sbagliate cominciassero a farsi le domande giuste, eccetera. È già quasi successo una volta, ma per fortuna...” Tacque all’improvviso.
“Amico, è aberrante che ti sia impedito avere contatti con tua figlia.”
“Per la mia gente è abbastanza normale, Johel. I padri non hanno un ruolo nella vita dei figli.”
“Bene, mi sembra fantastico per consolidare i rapporti fra genitori e figli.”
“Questa è un’altra cosa che generalmente non succede.” Confermò. “Be', quantomeno la madre di Sheryn si prenderà cura di lei e la amerà, è più di quello che hanno molti altri bambini. Io comunque non sono un esempio positivo per una persona influenzabile e innocente.”
“E la cosa che è quasi successa?”
Daren sorvolò. “Non è successa. Non importa.”
Decisi di non pressarlo. Forse un giorno me l’avrebbe detto.
“Ora cosa farai, se non vuoi tornare in vita? Tornerai in quel luogo oscuro?”
“Non lo so. Dopo aver letto la tua lettera non potevo non venire a parlarti. La possibilità di... di chiarire, se non di riallacciare i contatti... era qualcosa che non potevo ignorare. Ma ora non ho ancora deciso cosa fare.”
“Rimani. Riprendiamo da dove abbiamo interrotto. Posso imparare a conoscerti, e se ci sarà qualcosa che non mi piacerà, te lo dirò subito senza covare sospetti o rancori.”
Lo vidi riflettere sulla mia proposta. Ci stava pensando seriamente.
“Posso prometterti che ci proveremo, ma non che funzionerà. Io sono quello che sono, ora che sono fantasma non riuscirei facilmente a cambiare e soprattutto non desidero farlo. Sono vecchio, e sono stanco di essere qualcosa che non sono. Ma sono anche stanco di essere infelice. Forse un giorno cercherò un luogo oscuro in cui esistere e in cui poter essere utile a qualcuno, perché resto dell’idea che sotto la luce del sole non serva accendere una candela. Però... intanto ci proveremo.”
Annuii, accettando la sua decisione. Era più di quanto avessi sperato.

           

   
 
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