Fusa
«Oh Tikki,
sono così esausta!»
Appena entrata nella sua camera, Marinette si era diretta verso la chaise
longue e, senza tante cerimonie, vi si era lasciata
cadere sopra.
«Lo credo bene! Tra la scuola e
salvare il mondo!» convenne il piccolo spiritello che ricordava una coccinella.
Anche il suo kwami
riconosceva l’impegno e la fatica che metteva nello studio e nella sua missione
da Ladybug.
«Non sembra anche a te che le Akuma siano più forti?» ponderò la ragazza.
Anche a Tikki
avevano dato quest’impressione, come se Papillon avesse ottenuto più potere da
infondere nelle sue vittime; era necessario che andassero dal maestro Fu per
chiedere consiglio e per avere delle risposte. Dovevano conoscere per
combattere il loro nemico.
«Sì, ma tu e Chat avete fatto un
ottimo lavoro, come sempre» cercò di rassicurarla.
«Vero, però inizio a pensare che forse
non siamo abbastanza, avremo bisogno d’aiuto. Non trovi?»
Un’altra questione che avrebbero dovuto
trattare con il guardiano dei Miraculous al loro
prossimo incontro.
«Ah, tutto questo pensare mi fa
venire mal di testa!» esclamò la ragazza, frustrata «Meglio che riposi un po’.»
Sì, Marinette
si meritava un po’ di calma e tranquillità: quell’ultimo periodo era stato veramente
micidiale e un po’ di relax non avrebbe fatto nessun male. Recuperate le
energie, sarebbe stata più forte di prima, ne avrebbero giovato gli scontri.
Per alcuni minuti nella stanza non
volò una mosca fino a che delle leggere risate attirarono l’attenzione di Tikki.
«Come mai ridi adesso?» chiese,
perplessa, alla sua portatrice.
«Pensavo a Chat Noir! È proprio
buffo!» e per confermare quanto affermato, la giovane si lasciò andare a una
gioiosa risata.
La piccola kwami
non riuscì a seguire il pensiero della giovane.
«A cosa ti riferisci di preciso?»
«Alle fusa, no?» le rispose l’altra,
convinta che fosse ovvio.
Ma per Tikki
era una cosa assolutamente nomale, come se le avessero detto che il sole
splende in cielo.
«Non è il primo Chat Noir a
comportarsi così» le rivelò poi.
«Davvero?» la vide mettersi seduta «Vuoi
dirmi che anche i precedenti Chat Noir sapevano fare le fusa?»
Marinette era esterrefatta: non solo dallo
scoprire quell’abilità comune per l’eroe gatto, ma soprattutto nel sentire parlare
dei predecessori del suo Chaton. Chissà com’erano. Che
rapporti avevano con le loro Ladybug?
Tikki stava annuendo con la sua testolina.
«E lo può fare anche in forma civile?»
la ragazza si immaginò Chat che, mentre filtrava con le sue ammiratrici,
frammezzava le sue parole alle fusa. Quanto avrebbe voluto vedere la scena,
chissà che spasso!
«Io questo non lo so» le stava,
intanto, rispondendo Tikki.
Avrebbe dovuto domandargli come
funzionava la prossima volta che si sarebbero visti. Era davvero troppo
curiosa.
Era un pensiero che le metteva
allegria.
◊◊◊
Ammirò la maestosità della Tour
Eiffel, simbolo della sua città, resa ancora più magica dall’illuminazione
notturna; rimaneva sempre estasiata a quella vista.
Udì dietro di lei un tonfo: Chat Noir
doveva essere appena atterrato sul tetto.
«Chat!» gli diede il benvenuto. Si voltò
nella sua direzione e gli sorrise «Iniziamo la ronda, ti va?»
Ladybug aveva uno splendido sorriso, ma Chat
non riuscì a non pensare che quella sera nascondesse qualcosa, non gli piaceva,
il suo sesto senso gli suggerì di essere cauto. Tuttavia non fece nessun
commento in merito, espresse il suo assenso alla proposta dell’amica e,
insieme, saltarono sul tetto prospiciente.
La tenne d’occhio per tutto il
pattugliamento, ma non carpì nessun indizio; la ragazza era di ottimo umore e
solitamente questa era una buona notizia per Chat, perché significava che l’eroina
era ben disposta a sopportare le sue battute e le sue avances – pur non
oltrepassando un certo limite!
Raggiunta la Torre Eiffel, decisero
di fare una pausa.
«Chat?» tentò Ladybug.
«Cosa?»
«Mi stavo chiedendo: come funziona la
cosa delle fusa?»
Non credeva alle proprie orecchie: la
sua Lady gli stava dicendo non solo che si ricordava di quel suo momento
imbarazzante, ma che lei ci aveva pure riflettuto e voleva sapere come era
possibile.
«F-fusa?
Quali fusa?» cercò di svincolare.
«Su, non fare il finto tonto! Sai
benissimo cosa intendo» lo ammonì lei.
Ma nonostante il suo tono
autoritario, Chat non sapeva che risposta darle.
«È una cosa strana, ma è anche tenera»
sorrise la ragazza.
Avvertì le guance imporporarsi al commento della sua
amata e percepì, in gola, nascere quel suono distintivo dei felini. Per quanto
cercasse di soffocarlo, seppe di aver perso quella battaglia, quando sentì la
ragazza ridere di gioia.
«Sai, non mi dispiace affatto sentire
le tue fusa, gattino» gli disse avvicinandosi e grattandogli sotto il mento «Ogni
tanto, però. Non esagerare, mi raccomando.»
Poteva dirsi fortunato: il tanto
temuto confronto era andato meglio di quello che si aspettava!
◊◊◊
Volto rigato di lacrime e sangue,
vagava alla disperata ricerca di Adrien. Non poteva
perderlo, proprio ora che si erano trovati.
La battaglia finale era stata
massacrante e era rimasta sorpresa nello scoprire la determinazione di Papillon
nel raggiungere il proprio scopo, anche dopo aver scoperto che la maschera di
Chat Noir celava suo figlio, questo non l’aveva fermato dallo sferrare attacchi
mortali.
E ora il suo Adrien
si trovava da qualche parte, sotto quella pioggia torrenziale, ferito e solo. Lei
doveva trovarlo, curarlo e amarlo.
Solo insieme potevano farcela.
Ma perché non lo trovava? Stava perdendo
le forze e le speranza; cadde in ginocchio, in lacrime.
Adrien, resisti! Non morire.
«Marinette!»
Sussultò e, aprendo gli occhi, si
riscoprì nella penombra della sua camera da letto. Volse la testa al suo fianco
e trovò un Adrien visibilmente preoccupato; il solo
scorgerlo vicino a lei le diede sollievo.
«Adrien?»
Era confusa. Che cosa era successo?
«Ti stavi agitando nel sonno. Immagino
per colpa di un incubo.»
Ripensò al suo brutto sogno e si
sentì invadere ancora da quella brutta sensazione di aver perso tutto.
«È stato orribile» singhiozzò «Ho
rivissuto la battaglia contro Papillon. Io ti cercavo, ma non ti trovavo.»
«Shh… va
tutto bene. Vieni qui» e l’abbracciò stretta a sé.
Seppur erano ormai passati anni da
quello scontro, capitava che sua moglie ripercorreva nei suoi sogni quell’esperienza
e ogni volta si risvegliava, scossa.
La cullò dolcemente, iniziando a
ronfare; solo così si tranquillizzava.
Marinette, con l’orecchio appoggiato al collo
del marito dove proveniva quel suono rassicurante, chiuse pian piano gli occhi.
Non aveva mai capito come faceva Adrien a fare le fusa anche quando non condivideva i poteri
di Plagg e lui aveva sempre voluto tenerle nascosto
quel piccolo segreto.
Era sicura che anche ai loro figli
sarebbe piaciuto e li avrebbe calmati in tempo da record.
Non ebbe più paura di scivolare nell’abisso
dell’oblio; era certa che niente e nessuno l’avrebbe più turbata, perché aveva
dalla sua un cavaliere in tuta nera a difenderla.
Salve a tutti! ^^
Leggendo i vostri commenti, mi sono
detta: “Perché non scrivere quello che manca?” e quindi, eccomo
come è nata questa seconda parte.
Spero vi piaccia.
Con un po’ di LadyNoir
e Adrienette. Enjoy! C:
Fatemi sapere come vi sembra. ;)
Grazie per l’attenzione. ♥
Au revoir!
;)
Selly