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Autore: LadyNabla    14/11/2017    4 recensioni
Eppure l'uomo, per quanto fosse riuscito a cogliere solo un lampo dell'immagine, era quasi certo di aver riconosciuto un volto femminile, giovane e incorniciato da una chioma folta e candida come fiori di cotone.
Che fosse...? Vide la mora sollevare ancora il calice e bisbigliare un "auguri", prima di svuotarlo.
Non resistette più.
Si alzò in piedi, raggiunse il bancone fingendo di attendere il ritorno dell'inserviente dall'aria ottusa, e intanto si concesse di mormorare alla donna:
- E così stamattina hai ammazzato quell'agente governativo per festeggiare degnamente tua madre, Nico Robin?-
L'altra non si scompose, né cambiò la sua posizione.
Si limitò a posare la bottiglia dopo aver nuovamente riempito il calice.
La sua espressione si era mantenuta mite come quell'umida notte di pioggia leggera, ma i suoi occhi chiari erano ora freddi, duri e taglienti come la lama di un pugnale.
- Veramente no- rispose infine, con un lieve sorriso impertinente ad incresparle le labbra -l'ho fatto solo perché me l'hanno ordinato. Non ne avevo neppure voglia.-
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Mugiwara, Nami, Nico Robin, Sanji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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oblivion                                                                                 I. Oblivion
                                                                                                                               
Are you going to age with grace?
                                                                                                                           Are you going to age without mistakes?
                                                                                                                             Or only to wake and hide your face?

                                                                                                                            Are you going to leave a path to track?

Qualche anno fa, da qualche parte lungo la Grand Line  

L'uomo prese la rampa di sudicie scale di legno brunito dall'umidità che conduceva al pianterreno, avvertendo i suoi nervi che si tendevano allo spasimo e una spiacevole sensazione alla bocca dello stomaco.
In un posto come quello non avrebbe potuto abbassare la guardia neanche per mezzo secondo, ma doveva andarci lo stesso.
Sistemandosi la parrucca castano rossiccia, che per inciso gli faceva prudere lo scalpo manco avesse avuto un'infestazione di pidocchi in corso, e gli occhiali dalle lenti scure, varcò la soglia della locanda segreta posta sotto il casinò; un ritrovo lercio di avanzi di galera, puttane e accattoni.
L'aria era pesante, grassa e calda per via delle candele di sego che su alcuni tavolini sostituivano le lampade ad olio, e del ristagno di fumo di sigaretta e di qualcos'altro, ma almeno in quel modo non avrebbe avvertito troppo la morsa dell'umidità di quella notte fredda e piovosa (erano quasi tutte così da quelle parti, ecco perché odiava le isole d'autunno).
Le pareti, ingiallite dal fumo e dalla sporcizia, erano state maldestramente rivestite per metà della loro altezza di  legno di cedro scadente, proprio per occultare l'intonaco scrostato e le macchie simili a larghe carie nerastre.
Dappertutto si respirava un miscuglio di odori da far rivoltare lo stomaco: muffa, sudore, birra stantia, tabacco, caffè bruciato, e un lezzo pungente che proveniva dalla latrina e a cui preferì non pensare, si mescolavano ai profumi dolciastri delle prostitute, al loro belletto in crema e all'acqua di colonia maschile da quattro soldi.
Avanzò con aria rilassata, quasi svanita, senza posare lo sguardo direttamente su nessuno, per evitare seccature di qualsiasi tipo.  
Si era informato bene su quella topaia prima di buttarsi a testa bassa in quella faccenda, e aveva sentito dire dai soliti beninformati che là dentro era consuetudine imbattersi in risse piuttosto violente, rapine e perfino omicidi, mentre gli stupri non erano assolutamente tollerati dal proprietario e dai suoi dipendenti.
Forse erano maggiori i rischi di beccarsi denunce e ispezioni, oppure al locandiere seccava dover soccorrere la malcapitata di turno, considerò l'uomo tra sé.
In un angolo del bancone, non troppo distante da lui, era in corso una partita a carte tra energumeni barbuti, bruciati dal sole e dall'aria non troppo pulita, a cui facevano da contraltare due graziose baldracche sui diciotto anni o forse venti, una rossa e l'altra con un caschetto scuro, che stavano incollate ai fianchi degli omoni lì presenti, ritrovandosi le loro rudi mani callose lungo il corpo di continuo, lungo le scollature e sotto le minigonne aderenti, cosa che suscitava gridolini e risate maliziose da parte delle due.
L'uomo si voltò disgustato.
Non era certo uno di quei bigotti fanatici del governo a cui premeva particolarmente dichiarare fuorilegge la prostituzione, chi la praticava e chi ne "beneficiava", ma lo disturbavano i suoni forzati e striduli delle due ragazzine e il terrore annidato dietro i loro grandi occhi pesantemente dipinti.
Tuttavia non era lì per fare la parte dell'eroico paladino della giustizia per quel manipolo di donnine, perciò si rassegnò ad occupare un tavolino vuoto e defilato, quasi troppo basso per le sue gambe esageratamente lunghe, quindi chiese un rum liscio al ragazzo dai denti marci che gli si avvicinò a prendere il suo ordine.
Mentre aspettava, notò una giovane prostituta bionda che gli stava di fronte, sull'altro lato dell'enorme salone, e gli sorrideva sfrontatamente col suo visino a cuore, imbrattato di troppo trucco per farla apparire più grande dei sedici anni che doveva avere; la sua mente la associò a Magda, ripetendosi che almeno  tutta la rognosa operazione sotto copertura durata più di un mese e portata a termine solo quattro giorni prima, aveva portato a qualcosa di buono.
La biondina non ancora maggiorenne, proveniente dal mare meridionale, a quell'ora doveva già essere stata imbarcata sul mercantile che, scortato da due galeoni della marina, avrebbe fatto ritorno al suo minuscolo e poverissimo arcipelago natale, circondato da caldi mari verdi e cristallini.
La  temuta banda di trafficanti di armi e schiavi, in combutta con due ciurme di pirati e alcuni funzionari locali corrotti, che la faceva da padrone in quell'insulso tratto di mare compreso tra tre isole quasi confinanti, era stata finalmente e completamente sgominata, e in quel modo l'uomo e i suoi colleghi avevano potuto liberare sia i disgraziati che nel giro dei giorni successivi sarebbero finiti nel giro di schiavi delle isole Sabaody, sia le ragazze tenute prigioniere, picchiate e costrette a svendersi per soddisfare i loro carcerieri, che abusavano di loro in tutti i modi possibili.
Magda era stata salvata dopo ben quattro anni dalla sua rocambolesca fuga dalla miseria e dall'interminabile lavoro per sfamare i suoi cinque fratellini minori, e se non altro non si era dovuta portare dietro nessun piccolo bastardo, sorte spettata invece a quasi tutte le sue compagne di sventura.
Gli sarebbe mancata quella coraggiosa ragazzina, così decisa ad andarsene di lì e tornare dalla sua famiglia nonostante tutto, che aveva subito accettato di collaborare con lui e gli altri marines come spia.
Una personcina gentile, onesta, che si era mantenuta pulita nonostante tutto, e l'uomo si augurò che chi si era preso l'impegno di aiutare lei e i suoi consanguinei non la deludesse, e che la vita non la punisse più a quel modo.
Alcuni suoi colleghi avevano anche goduto delle "arti" da lei apprese e affinate negli ultimi anni, e per quanto l'avesse trovata deliziosa, e non gli fosse affatto dispiaciuta la prospettiva di vedere i suoi limpidi occhi verdi resi scuri dal piacere, o il suo nasino a patata arricciarsi durante i gemiti, aveva preferito rinunciare.
Voleva che lei lo rammentasse come il suo generoso benefattore, non l'ennesimo idiota che si era approfittato di lei, in un modo o nell'altro.
Tracannò d'un fiato il rum, che gli bruciò dentro come lingue di fuoco liquido, e ne ordinò un altro.
Il giovane cameriere dai capelli biondo paglia aveva lo sguardo acquoso ma insistente, e per un attimo l'uomo sentì un brivido gelido (lui?) scivolargli lungo la schiena, al pensiero che chi aveva diretto i traffici illeciti fino a pochi giorni prima fosse stato messo al corrente della sua presenza e avesse messo dei tagliagole sulle sue tracce, ma poi si disse che no, non poteva seriamente averlo riconosciuto.
Non con quel pastrano troppo lurido per definirne il colore, le vesti lise, la barba e i capelli posticci e l'aria derelitta da morto di fame, che lo rendevano lontanissimo dalla sua solitamente impeccabile immagine da Ammiraglio del QG della Marina.
Finalmente l'oggetto del suo maggior interesse si palesò sotto i suoi occhi, quasi all'improvviso; dalle stesse scale percorse dall'uomo qualche minuto prima, era scesa una donna alta, con lisci capelli corvini e un lungo cappotto bianco che risaltava come un faro in mezzo alla penombra fumosa del salone, così come il fedora in tinta.
La nuova arrivata avanzò lenta e assorta, impenetrabile sui suoi tacchi che percuotevano leggeri il pavimento di pietra.
Sembrava avvolta da una bolla di superbo distacco, e ignorò i fischi e le proposte indecenti di un paio di imbecilli appostati in fondo al locale. Si sedette quindi al bancone, rivolgendo le spalle a chiunque, e ordinò in poco più di un sussurro.
L'uomo si portò il suo bicchiere alle labbra, studiando indolente i movimenti della nuova arrivata, che aspettava pacata con una mano affusolata a reggerle il viso.
Quando lo stesso cameriere che aveva servito lui le mise davanti una bottiglia di vino rosso scuro e un elegante calice, la mora si versò una quantità appena sufficiente a coprire il fondo del largo bicchiere.
Non perse tempo a rimescolarlo o darsi arie da raffinata intenditrice; lo bevve con calma, sempre rivolta alla parete di fronte a lei.
Con un movimento fluido, fece scivolare fuori da un taschino interno del cappotto una piccola foto, e la posizionò accanto al calice.
Nessuno la guardava, si assicurò la donna guardandosi brevemente attorno, e poi la foto era talmente ridotta nelle dimensioni che su quella superficie lignea inondata dalla luce delle vicine lampade ad olio sarebbe stato difficile vederla da lontano; inoltre era in parte nascosta dalle sue braccia ai due lati.
Eppure l'uomo, per quanto fosse riuscito a cogliere solo un lampo dell'immagine, era quasi certo di aver riconosciuto un volto femminile, giovane e incorniciato da una chioma folta e candida come fiori di cotone.
Che fosse...? Vide la mora sollevare ancora il calice e bisbigliare un "auguri", prima di svuotarlo.
Non resistette più.
Si alzò in piedi, raggiunse il bancone fingendo di attendere il ritorno dell'inserviente dall'aria ottusa, e intanto si concesse di mormorare alla donna:
- E così stamattina hai ammazzato  quell'agente governativo per festeggiare degnamente tua madre, Nico Robin?-
L'altra non si scompose, né cambiò la sua posizione.
Si limitò a posare la bottiglia dopo aver nuovamente riempito il calice.
La sua espressione si era mantenuta mite come quell'umida notte di pioggia leggera, ma i suoi occhi chiari erano ora freddi, duri e taglienti come la lama di un pugnale.
- Veramente no- rispose infine, con un lieve sorriso impertinente ad incresparle le labbra -l'ho fatto solo perché me l'hanno ordinato. Non ne avevo neppure voglia.-
L'uomo aggrottò appena la fronte: il candore di quell'ammissione e il sarcasmo di cui era venata gli stavano facendo risalire l'alcol verso la gola, insieme alla bile.
- Raccontalo a sua moglie e a sua figlia, che per la cronaca ha solo otto anni.- insistette, con la voce gelida che tradiva una punta di disgusto.
La donna sogghignò, si sporse con il busto verso di lui ruotando su sé stessa, e sillabò con fare quasi provocante.
- E allora? Cosa vuoi che me ne freghi? Se sei qui per arrestarmi, fallo. E se vuoi ammazzarmi, fallo lo stesso, o almeno- ammiccò -provaci. O hai bevuto al punto che ti credi la voce della mia coscienza, Aokiji?- lo sfidò, con un sorriso sfrontato.
Il marine notò la scintilla divertita nei suoi occhi azzurri, lo stesso azzurro tenue e luminoso della primavera, quando il cielo conserva ancora un'ombra fredda dell'inverno. Non riusciva a capire cosa gli desse più fastidio: Nico Robin che giocava alla perfetta serial killer, feroce e spietata, o il fatto che lui se ne preoccupasse.
Che diavolo aveva creduto fino a quel momento? Che a quell'età e con le sue capacità, ancora si lasciasse schiavizzare dal Crocodile di turno? No, lei era così. Un demonio, ecco che trovava il fondo di verità nelle voci su di lei.
- Quelle come te non hanno nessuna coscienza.- commentò lui asciutto.
- Può darsi- concesse lei, senza più guardarlo in viso, con la stessa aria sorniona di prima.
- Allora? Cos'era questa? Una vendetta trasversale? Su una bambina che aveva la tua stessa età quando hanno ammazzato tua madre, Clover e tutti gli abitanti della tua isola...-
- Oh, per niente. Non m'importava niente di quella mocciosa o di sua madre, sai. E comunque il governo non le farà mai mancare nulla, compresa un'istruzione di alto livello e un lavoro prestigioso, quindi su quello puoi anche mettermi il cuore in pace. Non ti facevo così sentimentale. Si direbbe quasi che tu abbia avuto un qualche trauma infantile, grande ammiraglio...-
Aokiji sospirò innervosito. Non era la piega che aveva previsto per quella conversazione, e l'aperta derisione della ricercata al suo fianco iniziava a seccarlo sul serio.
Poteva sempre congelarle il sangue ancora caldo che scorreva nelle vene e alimentava gli organi, ricoprendo ogni centimetro di pelle di minuti cristalli scintillanti, strappandole il fiato direttamente dal petto, accecandola, e rendendola la splendida regina di ghiaccio che tanto voleva essere.
- Chissà come sarebbe fiera di te Nico Olvia, vedendo che razza di delinquente sei diventata, e con che gente te la fai. Si dice che tu sia anche la puttana di Crocodile, è vero?-
Gli occhi rabbiosi della donna lo trapassarono da parte a parte, ma non rispose.
" Finalmente una reazione da essere umano. Stai attenta, donnina, non sei l'unica che sa giocare a questo gioco" pensò lui soddisfatto.
Un angolo della bocca di Nico Robin si sollevò.
- Certo che voi cani ammaestrati della marina amate parecchio i pettegolezzi.-
- Non hai risposto alla domanda. Cosa penserebbe tua madre vedendoti?-
- Non lo so. Perché credi che m'interessi? Per questa? E' solo una vecchia foto.- asserì lei, e per dimostrarlo, la avvicinò ad una lampada vicina al suo braccio, facendola bruciare sotto il suo sguardo impassibile.
- Bruciare quel pezzo di carta non è sufficiente, Nico Robin. Se te la portavi dietro, vuol dire che sei rimasta esattamente la stessa marmocchia di diciotto anni fa, debole, patetica e mammona. Non importa quanta gente ammazzi o da chi ti fai sbattere per ottenere protezione e potere.-
Stavolta il suo viso rimase imperscrutabile, liscio come una lastra di marmo, ma l'odio della fuorilegge era comunque intuibile dalla mano stretta sul bordo del bancone, così forte che tremava.
- Pensi di sapere tutto di me, vero?- lo interrogò con un sibilo.
- So quanto basta. So chi sei e cosa fai, e posso solo immaginare quello che farai in futuro se non ti ammazzo qui stanotte. Pensavi davvero di potermi sfuggire per sempre?-
La mora non rispose.
- No.- disse infine, nuovamente con un ghigno ironico.
- No che cosa?- sbatté le palpebre lui.
- Non credevo di poter scappare per sempre, ho sempre saputo di avere i giorni contati.-
- Tanto vale che ti rassegni a crepare qui, allora.-
- Le due cose non sono collegate tra loro.- sottolineò la donna sarcastica.
- Oh davvero? Quindi anche un demonio come te ha paura di morire?-
- Non si tratta di questo. Forse non ci tengo a morire qui e per mano tua, certo, ma ho delle cose da fare, e vorrei portarle a termine prima che arrivi la mia ora.-
- Che idiozie...- mormorò Aokiji - rincorri ancora gli stupidi sogni degli studiosi di Ohara? Non troverai mai tutti i Poignee Griffe, ce ne sono troppi e tu hai tutta la marina e i peggiori tagliagole del governo a darti la caccia, come cani da punta. O credi che essere passata dalla parte di uno shichibukai possa fermare certa gente dal proposito di farti la pelle?-
- Non mi aspetto che tu capisca.- chiuse gli occhi lei.
- E comunque Crocodile prima o poi ti tradirà, non illuderti di significare qualcosa per lui. E' un pirata, non un benefattore.-
- In ogni caso non ti riguarda.- tagliò corto lei, che ne iniziava ad averne abbastanza di quell'ostinato bastardo. Possibile che dopo quasi vent'anni continuasse ancora a starle col fiato sul collo? Se non fosse stato per il suo stupido potere, l'avrebbe già ammazzato da una vita e gettato in mare con un peso al collo, quindi si sarebbe perfino dimenticata la sua faccia.
- Come dici tu, la scelta dei tuoi alleati è solo tua, ma mi stupisce che una donna intelligente e pragmatica come te, mettiamola così, si perda dietro assurdi sogni infantili. Posso capire quel vecchio pazzo di Clover, che a furia di stare rinchiuso con i suoi allievi, nella sua biblioteca a studiare, si era rincitrullito, e quell'ingenua di tua madre...ma tu? Non conosci abbastanza le cose del mondo da capire che non ce la farai mai? O che in ogni caso non te la lasceranno mai diffondere quella storia?-
- E allora? Credi che mi fermerò per questo? Solo perché potrei morire provandoci?- replicò lei, stizzita.
- Tu forse abbandoneresti la Marina, solo perché il prossimo incarico potrebbe esserti fatale? Perché tanto l'era della pirateria non sembra voler finire e non ce la farete mai ad arrestarli tutti o anticipare le loro razzie? Vuoi davvero dirmi questo?-
- Io lo faccio perché devo, donna. Non paragonarmi a te.- disse lui, mentre la temperatura del salone iniziava a calare.
- E vale anche per me. Potrò anche morire dopo, non m'interessa molto.- il suo sguardo, limpido e sereno, sosteneva senza esitazioni quello scuro e minaccioso dell'altro.
- Tutte sciocchezze.- ma le sue parole suonarono deboli e inadeguate anche alle sue orecchie. C'era coraggio in quella donna, doveva ammetterlo, una donna sola che temeva il mondo e detestava sé stessa, ma comunque continuava ad annaspare per restare viva, e che pur essendo diventata ormai miserabile e al di là di ogni redenzione, voleva portare a termine il lavoro di una vita di sua madre, del suo mentore e dei suoi amici.
I soli che avesse mai avuto.
Eppure a lui tutto quello non doveva importare. Non doveva provare pena per lei, o non avrebbe adempiuto ai suoi doveri. Non doveva lasciarsi vincere dalla sua gentilezza, doveva solo arrestare una criminale, la peggior criminale, e consegnarla al boia.
Fine della storia.
Perché per gli altri era sempre così facile, dannazione? Non poteva anche lui masticare trai denti la sua etica e sputarla via, almeno per una volta?
Sì, l'aveva risparmiata per Sauro a Ohara, ma allora era solo una bambina, un'innocente, adesso non lo era più.
- Non posso dimenticare ciò che sei, Nico Robin, o da dove provieni.- confessò infine, sospirando amaramente.
- Lo so, se potessi lo dimenticherei anche io.- sogghignò lei, calma. Non c'era paura in lei, e neanche odio o rabbia. Forse non c'era più niente in lei, a ben vedere, però...gli tornò in mente un ricordo, un'immagine sbiadita dalla memoria, urla, fuoco, bombardamenti, la terra che tremava, il mare che s'ingrossava, disturbato nella sua quiete.
Una barchetta che lui aveva lasciato scappare.
Allora come adesso, si era sentito combattuto, ma anche impotente. Quella bambina sarebbe vissuta in mezzo alla sporcizia, e poi sarebbe morta. Non c'erano speranze per lei.
Era sopravvissuta, ma adesso...la morsa stava per chiudersi su di lei.
- La tua fortuna sta per esaurirsi. Un giorno commetterai uno sbaglio, farai un passo falso, ti fiderai delle persone sbagliate. E sarà la tua fine.-
- -Un giorno?- celiò lei - Non è questo?-
- Taci, donna. Ti concedo cinque minuti, forse dieci. Sparisci dalla mia vista, e dall'isola. Se ti troverò quando uscirò da qui...sarai morta.-
Nico Robin soppesò in silenzio quelle parole, lo fissò a lungo, quindi si alzò e andò via, silenziosa come la brezza della sera, con quel suo stupido cappotto bianco che attirava troppo l'attenzione.
" Tre anni di lavoro andati in fumo. Ci farò una gran figuraccia, e quel bastardo di Sakazuki...no, meglio non pensarci. E mi tocca pure pagarle il conto, tsk." pensò Aokiji seccato.
Eppure sulle sue labbra adesso aleggiava un mezzo sorriso.
Non vedeva l'ora di uscire da quella topaia puzzolente e sentire di nuovo il profumo del mare, e passeggiare lungo la spiaggia scura e deserta.
La pioggia era finita, e per fortuna il molo era vicino.

 

Angolo dell'autrice:

Raccolta senza pretese di missing moments su vari personaggi, con varie ambientazioni cronologiche.
Il tema portante, come suggerisce il titolo, sarà quello che accomuna tutti i pirati e marines, ovvero la presenza costante del mare nelle loro vite; a volte questa presenza apparirà fisicamente, a volte invece si manifesterà solo nei pensieri o nei ricordi dei personaggi.
E niente, torno ad eclissarmi.
Un sentito ringraziamento a chiunque legga dall'autrice, e naturalmente le recensioni a questa scemenza, anche critiche, sono sempre ben accette.
Bye
   
 
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