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Autore: Tenue    14/11/2017    4 recensioni
Dal testo: “L'unica cosa a cui riusciva a pensare Akira era che non si aspettava la sua morte così. Nella sua testa, si era visto sotto la pioggia, nella semi oscurità di una notte di tempesta, a farsi piantare una pallottola nel cranio da un soldato.
Gli venne da ridere, pensando che fuori fosse una mattina luminosa e che lui si trovasse nella sua vecchia casa silenziosa con Shinobu, il ragazzo che aveva amato tutta la vita, che ora gli puntava una spada al cuore.
Ma andava bene così.”
[Questa storia partecipa al contest ‘Press Start (again?)’ indetta da zenzero91 sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Questa storia partecipa al contest ‘Press Start (again?)’ indetta da zenzero91 sul forum di EFP”

Autore (sul Forum e su EFP):  Tenue
Titolo:  L’ultima cosa
Fandom o Originale:  Originale
Se presenti

  Oggetto:  41, pillola
  Numero citazione: 18
  Numero immagine: 1
  Extra (specificare di che oggetto/citazione/immagine si tratta o se è un riferimento ai videogiochi): riferimento ai videogiochi
Generi: Drammatico, sentimentale
Tipo di coppia: Slash
Note: Nessuna
Avvertimenti:  Nessuno 
Introduzione:
 Dal testo: “L'unica cosa a cui riusciva a pensare Akira era che non si aspettava la sua morte così. Nella sua testa, si era visto sotto la pioggia, nella semi oscurità di una notte di tempesta, a farsi piantare una pallottola nel cranio da un soldato.
Gli venne da ridere, pensando che fuori fosse una mattina luminosa e che lui si trovasse nella sua vecchia casa silenziosa con Shinobu, il ragazzo che aveva amato tutta la vita, che ora gli puntava una spada al cuore.
Ma andava bene così.”

 

 
L’ultima cosa
 

 Kobe
 

La loro vecchia casa era illuminata dalla brillante luce di settembre. Non tornavano lì da parecchio tempo, eppure bastò un passo nel piccolo giardino per far riaffiorare tutti i ricordi. Akira spostò di poco il cancello in legno, entrando insieme a Shinobu nel cortiletto ricoperto di mattonelle di pietra, ora sommerso da foglie arancioni e scarlatte, che a tratti venivano spostate di poco dal vento. Si diressero verso la porta sul retro passando sotto al portico di legno, che sorreggeva l’ampio tetto spiovente, e accanto alla grande finestra del soggiorno.
La loro vecchia casa in stile giapponese staccava così tanto in quel paesaggio di condomini moderni tutti lì attorno, era una cosa che Akira aveva sempre pensato, eppure era davvero rasserenante poter sentire di nuovo l’odore familiare del luogo in cui era cresciuto.
Nonostante gli alberi cominciassero a tingere di rosso ed arancione le loro foglie, la luce del mattino era calda e luminosa, come a voler prolungare ancora un po' l'estate che se ne era già andata da giorni.
La porta di legno si aprì con un cigolio e Akira entrò nel soggiorno, seguito da Shinobu, che non accennava a voler alzare lo sguardo da terra.
Era il loro vecchio soggiorno, dove avevano passato così tanto tempo insieme, c'era ancora il loro vecchio televisore con la loro console, tutti i giochi e dischi sparpagliati a terra, insieme a decine e decine di libri. Akira aveva un'espressione serena dipinta in volto, sorrideva lievemente ad ogni ricordo che gli tornava alla mente, ma sotto i suoi occhi aveva pesanti occhiaie che si portava dietro da giorni di insonnia e dentro di sé non sentiva altro che un'estenuante senso di inquietudine contorcersi senza sosta. Lo nascondeva bene, dietro al suo viso dolce, che non tradiva alcun segno di nervosismo. Shinobu però, sapeva bene cosa sarebbe successo di lì a poche ore e non riusciva a darsi pace.
-Akira.- lo chiamò a bassa voce e gli fece cenno di sedersi per terra accanto a lui.
Gli prese una delle sue lunghe treccine nere e se la rigirò tra le mani -Ormai è finita, vero?-
Akira si voltò verso di lui, chiudendo gli occhi al contatto delle sue mani nei propri capelli -Non per te.- sussurrò.
Shinobu fece scivolare la mano sul suo viso e accarezzò la sua guancia.
-Vogliono la mia testa- continuò Akira -A te non faranno niente.-
L'altro s'irrigidì e abbassò lo sguardo, facendo sparire gli occhi sotto la lunga frangia. -Lo impedirò.-
-Siamo scappati per così tanto tempo.- rispose dolcemente -sai quanto me che siamo in trappola, non possiamo farci niente.-
Shinobu si alzò in piedi e cominciò a camminare per la stanza, nervoso.
-Ci troveranno, siamo scappati per così tanto tempo e non abbiamo più posti dove nasconderci.- continuò Akira.
Ma Shinobu non poteva permettere una cosa simile. Conosceva quel ragazzo da quando, a quattordici anni, li avevano messi insieme nella stanza del collegio che erano stati costretti a frequentare. Infastiditi dalle molteplici e assurde regole che venivano loro imposte, si erano presto coalizzati per trasgredirne il più possibile e far impazzire gli insegnanti. Erano diventati amici in poco tempo e nessuno era più riusciti a separarli.
Nemmeno quando, a diciassette anni, Akira aveva perso i genitori, e la famiglia di Shinobu lo aveva accolto, proprio in quella vecchia casa.
Akira ripensò ai lunghi pomeriggi passati a giocare alla console, a quando seduti a terra a gambe incrociate e muovevano agili le dita sui controller, e quando uno perdeva puntualmente assaliva l'altro per fargli il solletico.
Quante volte poi, si erano stesi a terra ad ascoltare la musica, guardando fuori  dalla finestra la pioggia, o quante volte Shinobu si era imbacuccato in una coperta a leggere fino a sera tardi, accanto ad Akira che ogni volta, passata una certa ora, si addormentava sulla sua spalla.
Non avrebbero mai rivissuto nulla di simile.
 
 
Cominciarono presto a sentire le urla dei soldati, erano poco distanti dalla loro casa. Ci avrebbero messo pochi minuti per trovarli.
Akira si alzò in piedi e uscì dalla stanza, ritornando poco dopo con qualcosa tra le mani.
-Che hai in mano?- chiese Shinobu, girandosi verso di lui.
-La katana di tuo padre.-
-Non vorrai combattere spero.- Shinobu si alzò e gli si avvicinò.
Akira abbassò lo sguardo -No, no di certo.- Con mano tremante, si portò una treccina dietro all'orecchio. -Voglio che mi uccida.-
 
Shinobu rimase immobile per alcuni secondi, senza riuscire neanche a respirare.
-Ti prego, non voglio cadere nelle loro mani.- Mormorò con voce incrinata, alzando lo sguardo -Ho paura, non voglio che finisca così. Voglio che tu sia l'ultima cosa che vedrò, voglio che le tue parole siano l'ultima cosa che sentirò, voglio che ci sia solo tu. Non voglio nessun altro. Voglio che l'ultima cosa sia tu.-
Shinobu prese la katana che l'altro gli porgeva. Aveva il viso rigato di lacrime e respirava a fatica.
Come avrebbe potuto fare una cosa simile ad Akira? Essere proprio lui a mettere fine alla sua vita…
Ma nello sguardo del ragazzo di fronte a lui poté notare determinazione ed una serena rassegnazione alla morte. Gli aveva messo tra le mani la spada senza esitazione.
E Shinobu aveva capito. Akira era terrorizzato e non aveva via di scampo, come sarebbe potuto restare a guardare mentre lo massacravano?
Lo avrebbe ucciso lui. Sarebbe stato l’ultima cosa per lui, sarebbe stato la sua fine; era giusto così.
 
Shinobu, in piedi davanti a lui, teneva la katana con mani tremanti, puntandola verso il suo petto, eppure l'unica cosa a cui riusciva a pensare Akira era che non si aspettava la sua morte così.
Nella sua testa si era visto sotto la pioggia, nella semi oscurità di una notte di tempesta, a farsi piantare una pallottola nel cranio da un soldato.
Gli venne da ridere, pensando che fuori fosse una mattina luminosa e che lui si trovasse nella sua vecchia casa silenziosa con Shinobu, il ragazzo che aveva amato tutta la vita, che ora gli puntava una spada al cuore.
Ma andava bene così.
-Aki...- mormorò -non posso farlo...-
-Devi uccidermi prima che arrivino, Shinobu... non voglio finire ammazzato da quelli...- mormorò guardandolo negli occhi -Inoltre... se non mi uccidi, ti crederanno un complice.-
Shinobu si inginocchiò a terra e si avvicinò al suo viso. Con la mano libera gli carezzò la guancia, mentre premeva le sue labbra sulla sua fronte.
-La tua spada mi trapasserà il cuore.- mormorò Akira, come se lo avesse appena realizzato -Ma se mi uccidi tu va bene. Solo tu però, e nessun altro.-
Disse, mentre sulle sue guance cominciavano a scorrergli calde lacrime.
Shinobu osservò il suo viso, conscio che sarebbero state le sue ultime parole. Titubante, premette le labbra sulle sue, per pochi secondi.
-Ti ho sempre amato.- mormorò a pochi centimetri dalle sue labbra.
Poi, mentre gli sorreggeva la schiena, trafisse il suo petto con la spada, trapassandogli il cuore. Akira sussultò violentemente, rantolando un ultimo respiro, ma non staccò mai gli occhi dai suoi in un silenzioso “anche io”.
Quando i soldati fecero irruzione, Akira era steso a terra immobile.
 
Shinobu visse solo pochi secondi di più.
Nella confusione, vedette una sola immagine distintamente, il viso di Akira. E con il solo pensiero di ricongiungersi a lui, estrasse dalla tasca un piccola pillola.
La portò alle labbra e chiuse gli occhi. Voleva solo stare con lui, anche se ciò avrebbe significato essere trascinato giù all'inferno.
La pillola scese per l'esofago, bruciando come non mai, o forse non era quella a bruciare. Sapeva che non sarebbe potuto tornare indietro, ma non ebbe ripensamenti.
Sentiva i soldati alle sue spalle, ma ormai era tardi. Il suo corpo cadde sopra a quello di Akira, sporcandosi di sangue.
Tuttavia, era da parecchi giorni che sui loro volti non si vedeva un'espressione così serena. I loro corpi si avvinghiarono e le loro anime si ricongiunsero di nuovo.
 
 

 
La citazione è di Rinoa Heartilly, da Final FantasyVIII
  
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