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Autore: HIMsteRoxy    16/11/2017    0 recensioni
E se Ville Valo avesse una sorella minore?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ville Valo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La situazione non cambiò nemmeno nei giorni successivi. Anche se Kira si era finalmente decisa ad uscire dalla propria camera costretta dalla necessità, mi trattava come se fossi del tutto invisibile. Evitava di guardarmi in faccia, se incrociavamo per caso gli occhi mi restituiva uno sguardo fulmineo, e tra di noi non c’era affatto comunicazione. Mi ignorava ed io di conseguenza ignoravo lei, solo per non ricominciare a litigare e per non peggiorare ancora di più la situazione.
Questo suo modo di fare iniziava a starmi sui nervi, si stava comportando esattamente come una ragazzina, facendo i capricci e continuando ad essere ostinata. Non potevo più tollerarlo, ma decisi di comportarmi anch’io in questo modo. Feci finta di non vederla e, per restare calmo e per non perdere definitivamente il controllo, scelsi di occupare le mie giornate, buttandomi a capofitto sulla musica.
Era da tempo che non scrivevo più canzoni nuove e decisi che questa era sicuramente l’occasione giusta per riprovarci, ispirazione permettendo. Infatti, quello era l’unico problema che mi impediva di portare a termine il lavoro. L’ispirazione andava e veniva e questo si susseguiva ormai da troppo tempo. Solitamente non potevo fare affidamento su di essa e avevo bisogno di nuovi metodi per aggirare tale problema.
Armato però di determinazione e buona volontà, presi in mano la chitarra e cominciai a strimpellare, canticchiando ad alta voce parole a caso, mentre i miei occhi si guardavano attorno alla ricerca di idee nuove. La mia mente ripensava ai giorni e alle notti passate, e di tanto in tanto annotavo finalmente qualche parola o qualche frase sbucate all’improvviso da chissà dove. Ogni dettaglio che valesse la pena imprimere sul foglio bianco.  La musica mi permetteva comunque di rinchiudermi in me stesso, lasciando fuori il mondo che continuava a scorrere indifferente, e di immergermi totalmente nella mia anima.
Chiusi gli occhi, il buio mi avvolse e mi lasciai trascinare dalle note e dal mio inconscio. Tramite la musica, mi lasciavo andare completamente ed entravo in un nuovo mondo, in cui il dolore e tutte le altre emozioni che provavo fluttuavano e pulsavano gradualmente, a seconda dei ricordi, imprimendosi infine sulla carta.
Tutto ciò che attraversava la mia mente, veniva trascritto sul foglio bianco e, associando le parole l’una con l’altra, ne sbucavano fuori altre, ed ecco che già i primi versi della nuova canzone erano stati appena creati.
Lavorai su di essa per alcune ore, cancellando e cambiando varie parole o l’ordine stesso in cui erano state scritte. Alla fine, mi sentii pienamente soddisfatto di me stesso e di ciò che ero riuscito ad estrapolare. Era da tempo che non mi capitava più di avere un’ispirazione tale e adesso invece, in pochissimo tempo, ce l’avevo fatta. Era un bel traguardo, quello che avevo raggiunto. Era una bella sensazione, quella che stavo provando.
La canzone che avevo appena composto parlava del dolore provato da una ragazza, dopo essere stata lasciata dal proprio ragazzo, e soprattutto della solitudine che aveva dovuto affrontare nei giorni seguenti. Quella solitudine cupa che la copriva e l’avvolgeva, dalla quale però non riusciva a liberarsi. Di come nessuno fosse riuscito a intravedere quel peso che gravava sulle sue spalle, sul suo cuore e sulla sua anima. Delle lacrime e delle parole piene di veleno che la ragazza aveva gridato al mondo intero, a quello stesso mondo di cui sentiva di non far parte, che non la vedeva e la reputava alla stregua di un essere invisibile, in cui il dolore non aveva nessun significato né ricopriva un posto ben preciso.
Inutile dire che mi ero ispirato esattamente a ciò che probabilmente stava passando Kira, esso era un mio tentativo di far pace con lei, indirettamente. Era, per così dire, tutto l’aiuto che potessi offrirle in quel momento. Sapevo che quanto la musica potesse essere lo strumento adatto per poter accantonare una delusione d’amore e questo era quindi il mio piccolo regalo, per farle anche capire che le volevo bene, nonostante non glielo avessi dimostrato quasi mai.
Sicuramente Kira non avrebbe apprezzato questo mio gesto, ma alla fine non me ne importava granché. Adesso dipendeva tutto da lei.
E con questo atteggiamento pressoché indifferente, uscii direttamente di casa per svagarmi un po’. L’unico posto in cui questo poteva avvenire era sicuramente il Tavastia. Sentivo infatti il bisogno di staccare un po’ la spina, dopo aver passato tutte quelle ore a comporre. Nonostante una piccola stanchezza mentale, mi sentivo più leggero e la testa non era più piena zeppa di pensieri o preoccupazioni, ma, anzi al contrario, era come se mi fossi tolto un peso dall’anima. L’infallibile metodo mi era stato nuovamente d’aiuto.
Al Tavastia ordinai una birra e presi posto ad un tavolo. Una band rock stava provando alcune canzoni e il locale era affollato da un bel po’ di gente. Ascoltai qualche canzone, chiacchierai con qualche amico e alla fine decisi di andarmene e passare la serata a casa, in tranquillità.
Quando oltrepassai la soglia di casa, trovai Kira in camera mia, seduta sul bordo del mio letto ed intenta a leggere il foglio, sul quale avevo trascritto più e più volte la canzone. Lo teneva tremante tra le mani, mentre il viso basso e cupo era rigato da alcune lacrime. Pensai immediatamente che fosse di nuovo furiosa con me, chissà per quale altro motivo stavolta. Forse la mia canzone in sé o le singole parole che avevo scritto l’avevano urtata o addirittura offesa. Forse non voleva che avessi preso spunto da lei e che la rendessi protagonista di una mia canzone.
‘’ Kira? ‘’ domandai incerto, mentre mi avvicinavo lentamente verso di lei. Kira si voltò verso di me, scoprendo il viso arrossato. Si asciugò velocemente le lacrime e mi indicò il figlio, che continuava a tenere in mano.
‘’ L’hai scritta tu, vero? Oh, certo che l’hai scritta tu! Chi poteva scriverla, sennò? ‘’ domandò, rispondendosi da sola e parlando con sé stessa. ‘’ Come hai fatto, eh? ‘’ aggiunse, poco dopo, guardandomi negli occhi.
‘’ Come ho fatto? ‘’ chiesi di rimando, senza capire dove volesse arrivare. Non riuscivo davvero a comprendere se fosse arrabbiata con me o no.
‘’ Sì, come hai fatto a scrivere su di un foglio, con delle singole parole e frasi, tutto ciò che io ho provato in queste settimane? Ogni singola emozione, ogni singola sfumatura, ogni singolo pensiero. Riesci a leggermi nella mente, per caso? ‘’ iniziò a spiegarsi, rendendosi conto che non riuscivo a capire.
Ed ecco che tutto mi fu chiaro. Mi venne da ridere, di fronte alla sua ultima domanda e non riuscii a soffocare tale risata. Lei tornò ad essere, per qualche secondo, quella di sempre e mi fulminò all’istante, quindi cambiò espressione e mi fissò eloquente, aspettando che io rispondessi.
‘’ A dirti la verità, non lo so. Ho solo scritto quello che ho potuto osservare in questo periodo. Ho attinto alla fonte del mio cuore e della mia anima, alla mia esperienza e a quello che mi trasmettevi tu, indirettamente. ‘’ risposi, alla fine, dopo un lungo silenzio. Non sapevo esattamente cosa dirle, né quali parole usare. La sua domanda mi aveva un po’ spiazzato.
‘’ È come se parlasse di me questa canzone, ma io non ti ho detto nulla. Non riesco ancora a capire come hai fatto. ‘’
‘’ Sta proprio qui la bravura, no? Ogni canzone, che io lo voglia o no, è autobiografica. Parla di me, ma allo stesso tempo parla anche di chissà quante altre persone. È per questo che ci affidiamo costantemente alla musica, per far parlare il nostro cuore e per ritrovare noi stessi dovunque. ‘’ dissi, guardandola. ‘’ Non mi hai ancora detto, se ti è piaciuta, però… ‘’ aggiunsi, subito dopo.
‘’ Mi ha fatta piangere, Ville. Non è evidente? ‘’
‘’ Allora, non sei affatto arrabbiata con me? ‘’
‘’ Non più. ‘’ scosse la testa, abbracciandomi improvvisamente. Ricambiai un po’ frastornato, quindi con più decisione. ‘’ Sai cosa? Dovrei mettermi a studiare e recuperare per quelle interrogazioni andate male. Dopotutto non ho molto tempo, ormai. Chissà, magari solo così papà si convincerà a farmi tornare a casa. ‘’ concluse, sgattaiolando via e lasciandomi solo, sul bordo del letto. Annui alle sue ultime parole e presi in mano il foglio. Lessi distrattamente i versi e ripensai alla conversazione appena terminata.
Quanta verità c’era nelle mie parole e quanto io fossi stato così cieco da non accorgermene. Avevo iniziato a scrivere quella canzone, basandomi solo su Kira, mettendomi al suo posto e immaginando cosa avesse provato in quelle settimane. In tutto questo, non mi ero realmente reso conto che anche io ero finito in quella spirale, diventando invisibile e rinchiudendomi in me stesso, perché avevo sofferto troppo. Il mondo continuava a girare, ignaro del mio dolore, ed io ero rimasto davvero solo. Solo la gente accanto a me si era accorta di ciò che mi era accaduto, tutti tranne il sottoscritto. Non mi ero mai sentito così solo come in quel momento. L’amore era un gran cosa, ma aveva i suoi pregi e i suoi difetti. Era esattamente come una medaglia e portava sia gioie che dolori, ma la bravura stava proprio nel sapere affrontare sia gli uni che gli altri, senza cristallizzarsi.
Quella canzone non era solo il mio modo indiretto per aiutare Kira, ma era anche una parte di me, la trascrizione di quel periodo che stavo attraversando, la negazione della mia stessa solitudine, la mia richiesta d’aiuto di fronte al mondo. Quella canzone parlava di me, di Kira e di tutte le persone che vivevano quella grande forza che era l’amore.
E grazie a lei, ai nostri litigi, ai giorni spesi a offenderci e ad odiarci in silenzio, al periodo che avevamo vissuto fianco a fianco, avevo riscoperto nuovamente me stesso. Quella stessa solitudine che era caduta rovinosamente su di me era stata finalmente squarciata e ora, solo ora, la luce poteva filtrare nuovamente in me.
  
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