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Autore: eliseCS    21/11/2017    1 recensioni
A quanto pare quello che ho bevuto per il brindisi del compleanno è stato sufficiente per farmi fare questa pazzia, e ovviamente non c'era nessuno che potesse fermarmi...
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Una bambina, gabbie dorate e non e Tortuga.
Oppure
L'Ombra della Doomed Destiny, la nave pirata più famosa dell'epoca, il nuovo capitano Cortès e un vecchio amico dimenticato.
In sintesi assoluta: pirati.
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Dal primo capitolo:
Non sapeva se fosse perché pensavano che fosse stupida, troppo piccola per capire o se semplicemente non gli importasse, ma Isabelle riusciva perfettamente a sentirli.
A quanto pareva stava per essere venduta.
Di nuovo.
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“Con un pezzo da otto posso darti anche da bere se vuoi, ragazzino” propose.
Isabelle si morse un labbro: prima di entrare aveva controllato, addosso non aveva assolutamente nulla di valore, per non parlare di monete o pezzi da otto!
“Io… non ho nulla…”
La donna si ritrasse: “Mi dispiace mocciosetto, ma non do da mangiare gratis, neanche ai bambini. Torna quando avrai qualcosa da darmi in cambio” disse, e si allontanò per servire qualcun altro.
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Buona lettura (spero)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V - Quando Cortès acquisisce un nuovo membro dell’equipaggio in seguito ad una visita di cortesia
 
In pochi istanti Antigua era diventata quasi irriconoscibile.
Tutto era cominciato con dei colpi di cannone e da lì era scoppiato il caos.
Le strade non erano più deserte ma gremite di persone: ogni uomo in grado di impugnare un’arma e combattere aveva lasciato la propria abitazione per andare a cercare di aiutare a tenere testa all’orda di pirati che era sbarcata in città.
Perché era di quello che si trattava: pirati.
Uomini che sembravano posseduti dal demonio e che quasi comparendo dal nulla avevano cominciato a prendere d’assalto le prime abitazioni che trovavano sulla loro strada per depredarle.
Alcuni si erano accontentati degli edifici nei pressi del porto, mentre altri erano andati diretti verso le ville sicuramente più fornite sotto il punto di vista di oro e gioielli da rubare.
Quella del governatore era ovviamente una di quelle.
 
 
Affacciatosi alla finestra della sua stanza, non appena vide i pirati avvicinarsi di corsa alla villa per poi tentare di buttare giù la porta Harry non ci pensò due volte prima di correre ad impugnare la sua spada, per andare a sua volta a difendere la propria dimora.
Non riuscì nemmeno ad arrivare al primo piano che venne intercettato e fermato da suo padre.
“Cosa pensi di fare ragazzo? Torna subito di sopra!”
“Padre! Non potete chiedermi di farmi da parte…”
“Infatti non te lo sto chiedendo: è un ordine! Vai nel mio studio e chiuditi dentro. Sei il figlio del governatore, non ho intenzione di pagare un riscatto per una tua cattura se può essere evitata” disse mettendogli in mano la chiave dello studio in questione.
“Ma padre…”
“Harry, vai!”
Ormai i rumori dello scontro indicavano che i pirati erano riusciti a entrare.
Nonostante tutto il ragazzo obbedì all’ordine del padre, ricominciando a salire le scale mentre il genitore prendeva la direzione opposta, anche lui spada alla mano.
Fece come gli era stato detto: raggiunse lo studio e chiuse la porta a chiave dopo esserci entrato.
Sperava solo che nessuno venisse a conoscenza del fatto che il figlio del governatore della città era a nascondersi mentre tutti gli altri erano fuori a combattere.
Dallo studio il clangore delle spade e le urla degli uomini arrivavano quasi ovattati: i muri della casa erano spessi e la porta della stanza era molto più massiccia rispetto a quelle del resto della casa.
Se avessero voluto buttarla giù avrebbero avuto il loro bel daffare.
Abbandonata la spada sopra il tavolo attorno al quale suo padre si riuniva con i suoi collaboratori quando si incontravano direttamente alla villa e non al forte, Harry cominciò a girare per lo studio.
Si azzardò a guardare fuori dalla finestra che c’era alla spalle della scrivania, nessuno l’avrebbe notato visto com’erano tutti intenti a combattere.
Nonostante quello aveva la strana sensazione di essere osservato, il che era impossibile visto che era chiuso a chiave, da solo, all’interno dello studio.
Fu osservando il ripiano della scrivania che notò qualcosa di strano.
 
Non più tardi di quel pomeriggio suo padre era andato al forte per consultare delle mappe, ma non avendo concluso le aveva portate a casa.
Le aveva studiate per tutta la serata e quando Harry era andato a tirarlo fuori dallo studio per scendere a cena – la signora Reagan ci teneva che cominciassero a mangiare tutti insieme – le aveva lasciate aperte sullo scrittoio.
La stanza era sempre chiusa in sua assenza, solo lui aveva la chiave, e persino la servitù poteva pulire solo in sua presenza.
Harry si ritrovò ad essere molto più che sorpreso quando si rese conto che le mappe non c’erano più.
Sparite.
Frugò rapido tra le altre scartoffie presenti sul ripiano, ma di quelle che stava cercando nemmeno l’ombra.
Ombra… era un’ombra quella che si era appena mossa alle sue spalle?
Si girò di scatto ma non c’era nessuno, la stanza era deserta come quando era entrato.
Urla provenienti dal corridoio e il rumore di passi frettolosi di qualcuno che correva gli fecero riportare l’attenzione sulla porta: la chiave ancora nella toppa dove l’aveva lasciata.
 
Raggelò: aveva appena realizzato una cosa che avrebbe dovuto fargli scattare un campanello d’allarme all’istante.
Non aveva dovuto usare la chiave per entrare nello studio, quando era arrivato la porta era già aperta.
E se la porta era già aperta si spiegava anche la mancanza delle carte nautiche dalla scrivania del padre…
“A quanto pare stasera potrò divertirmi un po’ anche io, nonostante tutto…”
Una voce lo fece sobbalzare ma una lama fredda e potenzialmente affilata appoggiata alla sua gola lo fece desistere dal provare a liberarsi in qualsiasi modo: un movimento sbagliato e alla piccola macchia di sugo che si era fatto durante la cena sulla camicia se ne sarebbe aggiunta un’altra ben più grande del suo sangue.
“Molto bravo, hai già capito come ci si comporta” continuò la voce.
Il tono era basso, le parole pronunciate lentamente e sembrava che chiunque fosse il suo assalitore avesse qualcosa davanti alla bocca, magari per tenere il viso coperto?
Aveva qualche difficoltà ad associare la voce ad un viso: da quel poco che aveva sentito avrebbe detto che la persona alle sue spalle fosse molto giovane, quasi un ragazzino, ma non era possibile: giusto?
Quello era comunque l’ultimo dei suoi problemi.
“Adesso andiamo e non fare scherzi” venne ammonito con una pressione più accentuata della lama per qualche secondo per poi essere spinto in avanti.
L’idea di suo padre di mandarlo a nascondere nel suo studio non era stata poi così brillante…
 
 
Julian si stava più o meno divertendo.
La casa del governatore non era poco sorvegliata come si aspettava – tenendo conto delle precedenti incursioni – e l’uomo stesso era un combattente molto più abile di quanto si sarebbe potuto dire ad una prima occhiata.
Sicuramente più abile dei governatori che lo avevano preceduto nelle altre città che se l’erano data a gambe levate appena aveva estratto la spada.
In quel momento lui e gli altri due uomini stavano combattendo contro il Governatore Reagan e un buon numero di guardie, palesemente in inferiorità numerica, nell’ingresso della villa giusto davanti all’inizio della scalinata principale che portava ai piani superiori.
Di tanto in tanto gli piaceva tornare a mettersi alla prova in un duello degno di essere chiamato tale anche se, nonostante tutto, cominciava a sperare che Shade si desse una mossa perché dopo il primo quarto d’ora aveva iniziato a stufarsi.
Un movimento al limitare del suo campo visivo, due figure comparse silenziosamente a metà delle scale e Julian si lasciò scappare un sorriso impertinente diretto al suo avversario.
Impegnò la spada dell’uomo e approfittando dell’attimo lo colpì allo stomaco con una ginocchiata che lo fece piegare in due per poi spintonarlo all’indietro in modo da prendere le distanze e fargli perdere l’equilibrio.
Non era il massimo dell’onestà come mossa, ma dopotutto era un pirata…
“Le consiglio di arrendersi e lasciarci andare governatore. Spero che sappia riconoscere quando si è stati battuti” disse Julian tenendo sempre puntata la spada contro l’avversario che si stava riprendendo dal colpo subito.
Anche gli altri soldati, che avevano notato quello che aveva visto Julian si fermarono.
“Non mi sembra di essere stato battuto, ancora” ribattè Reagan raddrizzandosi e rinsaldando la presa sull’elsa della spada. “E voi non sembrate nella posizione di potermi minacciare, pirata. Uomini!” esclamò poi invitando i soldati a riprendere da dove si erano interrotti.
“Ah no?” lo schernì Julian, il suo sorriso ancora più ampio, facendo un cenno con la testa verso un punto alla spalle dell’uomo.
Lo sguardo deciso del pirata fece evidentemente capire al Governatore che Julian non stava bluffando perché, pur senza abbassare la guardia, l’uomo si girò.
La presa sulla spada si fece meno salda per un momento quando si ritrovò davanti il figlio con un pugnale puntato alla gola da un pirata completamente vestito di nero dalla testa ai piedi: i capelli erano coperti da una bandana e anche il resto del viso era celato sotto una striscia di stoffa nera, solo gli occhi scuri erano scoperti.
“Governatore, ho il piacere di presentarvi l’Ombra della Doomed Destiny”.
 
L’uomo fece passare più volte il suo sguardo dall’aggressore del figlio, che nel frattempo aveva fatto un cenno con la mano che non teneva il pugnale a voler imitare un inchino, al ragazzo contro cui aveva combattuto fino a quel momento.
Alla fine sembrò collegare il tutto.
“Cortès…” sfuggì infatti dalle sue labbra.
“Al vostro servizio” lo schernì Julian sfiorando appena il cappello con due dita.
“Ora da bravo ordini alle sue guardie di abbassare definitivamente le armi: avete la mia parola che i miei uomini che incontreremo più avanti non attaccheranno”
“E io dovrei credere alla parola di un pirata?”
Julian alzò gli occhi al cielo e subito dopo ad Harry sfuggì un gemito: ancora un po’ di pressione in più con il pugnale e…
Reagan impallidì e fece come gli era stato detto.
“Vi prego, prendete tutto quello che volete ma lasciate andare mio figlio!” supplicò.
“Oh, lo lasceremo andare, ma non subito. Vedete, penso di aver appena trovato il salvacondotto che ci permetterà di tornare alla nave senza che nessuno provi a fermarci…” lo rassicurò il pirata.
Al suo ordine l’uomo che era con lui e altri che avevano finito di esplorare la casa cominciarono ad incamminarsi, dietro di loro lui e Shade con il figlio del governatore.
Harry guardò il padre, pensando ad un modo per fargli sapere quello che i pirati avevano rubato.
Provò a muovere le labbra, ma sorprendentemente l’Ombra lo fermò prima che potesse emettere un solo fiato: “Non una parola, tesoro. O sarà l’ultima”.
Il ragazzo chiuse la bocca e deglutì: aveva capito che non scherzavano.
Intanto la sua mente ragionava.
Sapeva quali erano le mappe che erano state rubate, probabilmente suo padre non si sarebbe ricordato a memoria tutte le rotte che vi erano segnate ma con un po’ di fortuna avrebbero potuto intercettare quella che i pirati volevano seguire, qualsiasi fosse il loro obiettivo.
Perché era per quello che avevano preso quelle mappe, no?
Per le rotte che indicavano.
 
Ormai erano arrivati alla spiaggia dove i pirati erano approdati con le scialuppe, l’ordine di tornare alla nave doveva essere giunto a tutti, come anche quello di non attaccare i pirati finchè il figlio del Governatore fosse stato in mano loro.
Harry non si era mai sentito più stupido e inutile in tutta la sua vita.
Oh, avrebbe trovato il modo di fargliela pagare, fosse stata l’ultima cosa che faceva.
A Cortès e a chiunque fosse stato così codardo e disonesto da attaccarlo quando era disarmato e per di più di spalle.
Era proprio vero che i pirati non avevano onore.
La scialuppa che avrebbe trasportato il capitano, l’Ombra e gli uomini rimasti era l’ultima rimasta a riva.
 
“Noi adesso raggiungeremo la nave, e a seconda di come si comporta decideremo se rimandare indietro suo figlio a nuoto o se concedergli una scialuppa… sapete nuotare vero?” disse Cortès rivolgendosi alla fine direttamente a Harry prendendolo in giro.
Il governatore non potè fare altro che assentire impotente mentre la scialuppa prendeva il largo alla volta della Doomed Destiny con suo figlio a bordo.
 
Proprio quando pensò di poter finalmente tornare a riva il pirata mascherato che l’aveva aggredito parlò di nuovo, e quello che disse gli fece montare un’ondata di paura che non aveva mai provato prima.
“Il ragazzo sa quello che abbiamo preso” disse, la voce sempre camuffata dal pezzo di stoffa.
Il pirata non era più alle sue spalle, ma seduto davanti a lui anche se non aveva comunque smesso di tenerlo sotto tiro con il pugnale che ancora stringeva in mano.
Cortès lo squadrò pensando palesemente a cosa farne di lui.
“Prima o poi il governatore lo scoprirebbe lo stesso, che lo dica lui o meno. Le mappe erano in bella vista sulla scrivania di Reagan, si accorgerà subito della mancanza” proseguì.
“E a quel punto gli basterebbe chiedere alla Marina di fargliene avere una nuova e poi sarebbero liberi di rincorrerci senza problemi” tirò le somme Julian.
“Non è detto che la rotta resti la stessa…” azzardò Shade ma fu bloccata dal capitano.
“Lo stesso, non posso rischiare di avere anche la Marina tra i piedi” sbottò arrabbiato. “Tu cosa proponi?”
 
Intanto Harry seguiva il dialogo abbastanza stupito: mai una volta aveva sentito il pirata mascherato rivolgersi a Cortès chiamandolo capitano, signore o con un qualunque titolo che implicasse un certo rispetto.
Gli aveva sempre dato del tu e la cosa era alquanto insolita.
 
“Potremo tenerlo”
La voce soffocata dell’Ombra lo riscosse dai suoi pensieri facendolo sudare freddo.
No, non potevano…
“Possiamo usarlo come stasera se dovessimo essere raggiunti, e un mozzo in più a bordo fa sempre comodo: se vuole mangiare dovrà rendersi utile”
Julian annuì soddisfatto dalla soluzione trovata da Shade: “Mi sembra accettabile”
Qualcuno recuperò una bottiglia – vuota – dal fondo della scialuppa mentre Shade tirava fuori dalla giacca un carboncino e le mappe, strappando via un pezzo di carta bianca dal bordo.
Scribacchiò qualcosa dopodichè piegò il foglietto per farlo entrare nella bottiglia che successivamente venne sigillata e buttata in mare verso la riva, la corrente avrebbe fatto il resto.
La scialuppa cozzò contro la fiancata della nave, una scala di corda venne fatta calare fino a loro mentre altre funi provviste di ganci li raggiunsero affinchè gli uomini a bordo potessero issare la scialuppa.
Harry lanciò un’ultima occhiata al punto in cui la bottiglia era sparita tra le onde.
“Male che vada lo capiranno da soli che non abbiamo intenzione di restituirti, non credi?” lo canzonò Julian prima di afferrare la scala e cominciare a salire.
Il figlio del Governatore ricacciò indietro la risposta pungente che avrebbe voluto dare: chissà quanto tempo avrebbe passato a bordo, sarebbe riuscito a vendicarsi.
Alla fine fu il penultimo a lasciare la scialuppa, dietro di lui solo l’Ombra che ancora gli puntava il pugnale alla schiena.













Scusate per l'ora, ma se di giorno sono di turno è già tanto se a fine giornata mi resta la forza per accendere il computer...
Stiamo entrando sempre più nel vivo della storia, Shade e Harry si sono finalmente (re)incontrati.
Stavolta sono un po' di corsa (non posso mica arrivare tardi all'appuntamento con il cuscino, no?) quindi vi saluto e vi rimando direttamente al prossimo aggiornamento: martedì 5 dicembre (o 28 novembre in caso, sapete come funziona).
'Notte
E.
   
 
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