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Autore: Nana_13    28/11/2017    1 recensioni
"...È successo tutto così in fretta che non so spiegarmi come diamine abbiamo fatto a ritrovarci in questa situazione. Vorrei solo aver dato retta alle mie amiche e rinunciato a questa stupidaggine. Potevamo passare una normalissima serata in tutta tranquillità e invece mi sono dovuta impuntare. Per cosa poi? Non lo so nemmeno io.
E adesso che forse sto per morire ho un solo pensiero che mi rimbalza in testa: non saremmo mai dovuti venire qui."
Questi furono i pensieri di Juliet la sera del ballo dell'ultimo anno. Lei e le sue amiche avevano creduto di passare una serata alternativa andando a quella festa, senza avere ancora idea del guaio in cui si stavano cacciando.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

 

Il ballo

 

“Rachel, vuoi darti una mossa?” gridò Claire davanti alla porta del bagno, in cui l’amica si era barricata da almeno venti minuti. “Juls sarà qui a momenti e io non sono ancora pronta!” La serata non era neanche iniziata e la sua pazienza era già stata messa a dura prova. Vagava per la casa con la lampo del vestito aperta, scalza e con i capelli ancora da sistemare. 

La decisione del signor Peterson di accompagnarle al ballo le aveva costrette a un repentino cambio di programma, così solo Rachel era andata a casa di Claire per prepararsi, mentre Juliet le avrebbe raggiunte più tardi con il padre. Nel frattempo, Mark e Cedric le avrebbero aspettate davanti alla palestra della scuola, già informati sulla possibilità di dover reggere il gioco davanti a lui. 

Finalmente la serratura scattò e Rachel uscì, seguita da una scia di profumo. Aveva raccolto i capelli in uno chignon dietro la nuca e un'onda morbida le guarniva la fronte. Per l'occasione aveva perfino sostituito gli occhiali con le odiate lenti a contatto.

“Pensavo che il water ti avesse inghiottito...” ironizzò Claire, voltandosi poi di schiena e indicando la lampo. “Mi dai una mano?”

Lei le chiuse il vestito con un unico rapido movimento. “Non è colpa mia se ti riduci sempre all’ultimo momento per fare le cose.”

Per tutta risposta, l’amica le fece una smorfia, prima di entrare in bagno senza chiudere la porta. 

Mentre lei finiva di truccarsi, Rachel si sedette sul letto dove aveva poggiato la borsa con tutte le sue cose. Trovata la scatola che cercava, la aprì per prendere un paio di guanti di seta bianca.

“Non ti sembra eccessivo?” le chiese Claire, osservandola mentre se li infilava. “È solo un ballo...”

“Un ballo in maschera in un antico castello medievale, a cui è stata invitata solo gente di alto livello.” Precisò lei in tono saccente. “I guanti sono perfetti.”

In seguito, la aiutò con i capelli. Essendo molto corti non si poteva fare granché, così glieli tirò all’indietro, fissandoli con un po’ di lacca. Aveva quasi finito quando il campanello suonò, annunciando l'arrivo di Juliet, che entrò in casa con un'espressione allegra e spensierata dipinta in faccia. 

“Siete pronte?” chiese per le scale, mentre le raggiungeva al piano di sopra in un fruscio di rasi. Portava i capelli sciolti, resi ondulati e vaporosi con il ferro, e al collo una collana piuttosto vistosa per compensare il trucco leggero. “Scusate il ritardo, ma mia madre ha voluto farmi almeno una decina di foto. Una in ogni punto della casa.”

“Stai benissimo.” si complimentò Rachel quando la vide, mentre Claire ridacchiava.

“Anche tu!” ricambiò lei eccitata, mentre si scambiavano un bacio sulla guancia.

“Che bella collana.”

Istintivamente, Juliet si portò la mano al collo. “Grazie. E la tua? Non te ne separi mai…”

Rachel capì subito che si riferiva al ciondolo che le aveva regalato sua nonna qualche mese prima di morire e che da allora non si era più tolta. A eccezione di quella sera. “Non stava bene con il vestito.” spiegò semplicemente.

“Juliet, dove hai lasciato tuo padre?” chiese Kate, appoggiata allo stipite della porta con le braccia incrociate. 

“È rimasto in macchina. Ha detto che ci aspetta fuori.”

La donna arricciò il naso. “Meglio che vada a fargli un po' di compagnia. Conoscendolo, sarà sicuramente agitato per l’ultimo ballo scolastico della sua bambina.” Ridacchiò, dirigendosi alla porta. Prima di scendere però, vide l’espressione grigia di Claire. “Ehi, su con la vita. Andate a una festa, non al patibolo.”

Lei cercò allora di risollevarsi un attimo. In fondo, sua madre non aveva tutti i torti. Sarebbe stato meglio iniziare a godersi la serata fin da subito, altrimenti rischiava di diventare troppo lunga. 

“Ecco fatto.” annunciò Rachel poco dopo, invitandola a specchiarsi.

“Sei bellissima.” disse Juliet raggiante. Era da tempo che non la vedeva così e la cosa le fece un certo effetto. Forse, almeno quella sera sarebbe riuscita a lasciarsi andare. 

Nello stesso momento il cellulare di Claire vibrò. “I ragazzi sono arrivati.” le informò, dopo una rapida occhiata ai messaggi.

“Ah. Un po' in anticipo.” osservò Rachel sorpresa, mentre l’amica rispondeva, premendo velocemente le dita sulla tastiera. 

“È Cedric?” domandò Juliet con una punta di malizia nella voce, che però lasciò Claire del tutto indifferente. 

“Gli ho scritto che saremo là tra una ventina di minuti al massimo.” Dopodiché infilò il cellulare nella borsetta e le precedette di sotto.

Il signor Peterson le stava aspettando davanti all’auto, impegnato in una fitta conversazione con Kate. I due erano molto amici, fin dai tempi del liceo, e tutte sapevano che in passato c’era stato perfino del tenero, anche se poi ognuno aveva preso strade diverse. 

“Ah, eccole qua!” esclamò Arnold alla vista delle ragazze, che procedevano con cautela a causa dei tacchi alti. 

“Ferme, restate dove siete!” le bloccò Kate su di giri. “Voglio immortalare il momento.” Le fece mettere in posa e, preso il cellulare dalla tasca, scattò loro un paio di fotografie sotto il portico. Poi si mise a scorrerle una per una, in cerca di quella meglio riuscita. “Ecco, questa la mando a tuo padre. Era così dispiaciuto di non poterci essere per il tuo ballo di fine anno.”

Intanto, anche Megan era uscita, curiosa di vedere sua sorella per una volta vestita elegante. Si mise accanto alla madre, che le passò un braccio sulle spalle. “Mi raccomando, state attente.” disse Kate, schioccando un bacio sulla guancia a Claire. “E soprattutto divertitevi.”

Quando si furono sistemate in macchina, Arnold la salutò con un cenno della mano e partirono. Il vialetto di casa Farthman si allontanava rapidamente, ma fecero in tempo a sentire Megan che rientrando in casa chiedeva alla madre: “Posso andare con loro, mamma?”

In breve furono davanti alla palestra della scuola, un edificio separato dalla struttura principale e addobbato a festa. La musica alta si sentiva anche da fuori e l'ingresso era parecchio affollato. Un fiume di studenti eccitati e vestiti per l’occasione riempiva tutto il viale, aspettando in coda il momento di entrare nella sala. 

Arnold accostò al marciapiede, cercando con difficoltà di non investire nessuno tanta era la calca, e le ragazze scesero dall’auto.

“Non riesco a vederli con questo casino.” disse Juliet, guardandosi intorno in cerca di Mark e Cedric. 

“Prova a chiamare Cedric, saranno qui in giro.” suggerì Rachel a Claire. 

Lei però non fece neanche in tempo a prendere il telefono dalla borsa che un frenetico agitarsi di braccia attirò la loro attenzione e in poco tempo i ragazzi le raggiunsero. 

Mentre si salutavano, Arnold mise un piede fuori e appoggiò il gomito sul tettuccio dell'auto, esaminando i ragazzi con sguardo indagatore.

“Papà, loro sono Mark e Cedric.” li presentò Juliet in quattro e quattrotto.

Entrambi gli rivolsero un sorriso cordiale e lo salutarono, mentre lui ricambiava con un breve cenno della testa, andando subito al sodo. “Mi raccomando, vi affido le ragazze.”

“Papà...” mormorò Juliet, sbarrando gli occhi al massimo dell'imbarazzo.

Arnold, però, la ignorò. “Ascoltatemi bene: mani in tasca e testa sulle spalle. Niente droga, niente alcol e il rientro a un’ora decente. Siamo intesi?” intimò in tono vagamente minaccioso.

Dopo un attimo di iniziale spaesamento, in cui lui e Cedric si guardarono di traverso, Mark lo rassicurò: “Certo, stia tranquillo.” 

La risposta sembrò soddisfare il signor Peterson che, dopo averli squadrati ancora per un istante, si scambiò con la figlia un frettoloso bacio sulla guancia. “Divertitevi.” si raccomandò, prima di rientrare in macchina e ripartire alla volta di casa.

Juliet si mise una mano sulla fronte, senza osare guardarli. “Scusatelo. Mio padre a volte è un tantino opprimente.” Avrebbe dovuto aspettarsi un'uscita del genere da parte sua, ma fino all’ultimo aveva sperato che si sarebbe contenuto. Speranza vana a quanto pareva.

“È stato… singolare.” commentò Cedric divertito; poi le squadrò da capo a piedi tutte e tre, come se le stesse notando per la prima volta. Poggiò le mani sui fianchi, esibendosi in un fischio di apprezzamento. “Siete una visione.”

“Grazie.” disse Rachel, abbozzando un sorriso imbarazzato e sistemandosi dietro l'orecchio una ciocca ribelle dello chignon. 

“Grazie, anche voi state molto bene.” aggiunse Juliet sorridente.

“D’accordo, vogliamo andare?” chiese Mark ansioso.

“Sì, ma rilassati.” Cedric sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “È tutto il pomeriggio che mi stressa.” spiegò poi alle ragazze. 

Come spesso accadeva, Mark ignorò il commento e li precedette verso la macchina, parcheggiata lì vicino. Con quei vestiti le ragazze stavano un po’ strette sul sedile posteriore, ma in fondo si trattava di un breve tragitto fino a Jadkson Hill.

Man mano che si allontanavano dalla scuola, il traffico si faceva sempre meno intenso, perciò non ci misero molto a uscire dalla città e a raggiungere i piedi della collina, da cui iniziavano i tornanti. 

“Sì, ma accelera un po'!” protestò Cedric annoiato, mentre Mark affrontava la salita con cautela. “Avanti di questo passo la festa sarà già finita.”

“Non ci penso nemmeno. È la macchina di mio padre questa.” ribatté lui piccato; poi dallo specchietto vide Juliet che trafficava con il cellulare. “Non sono ammessi oggetti elettronici al ballo, lo sapete?”

“Come no?” chiese Rachel sorpresa.

“L'ho letto in un articolo sull'evento. Niente cellulari, videocamere o roba del genere. Pare che al proprietario non vada giù che qualcuno riprenda gli interni del castello.”

La delusione comparve sul volto di Juliet. “Quindi niente foto ricordo?” 

“Beh, magari ce ne facciamo una prima di entrare…” rifletté Cedric.

Mark però provvide subito a stroncare l’idea sul nascere. “Oh, certo. E perché no, potremmo farcela con il castello alle spalle, così avranno anche la prova della nostra colpevolezza.” ironizzò, con gli occhi fissi sulla strada. 

“Sempre esagerato...”

Superati gli ultimi tornanti, si iniziarono a intravedere le torri del castello spuntare dalle fronde degli alberi della profonda foresta che lo circondava. In alto, con il cielo notturno privo di nuvole a farle da sfondo, spiccava una splendente luna piena, che come la ciliegina sulla torta completava l’atmosfera da film horror. 

“Che posto da brividi.” mormorò Claire, guardando dal finestrino la facciata che si apriva davanti a loro. 

Juliet rifletté un attimo. “Mi ricorda l’incubo dell’altra notte...”

“Che incubo?” le chiese Rachel incuriosita.

“Ho sognato una cosa strana.” si apprestò a spiegare. “Mi sono svegliata in una foresta buia, c’eravate anche voi e mentre cercavo di raggiungervi delle mani mi hanno afferrata per trascinarmi giù...” Un dettaglio in particolare le era rimasto ben impresso, tanto da ripensarci anche nei giorni successivi. “E poi due occhi… due occhi di ghiaccio che mi fissavano.”

“Che ansia…” commentò Claire, dopo un istante di silenzio.

“Già. Mi viene ancora la pelle d’oca.”

“Rilassati, dai.” intervenne Cedric, senza voltarsi. “È stato solo un sogno.”

“Eppure ho letto in una rivista che incubi del genere non sono altro che il corrispettivo ingigantito delle nostre paure più profonde e che a volte presagiscono eventi futuri.” disse Juliet con un tono quasi mistico, ripetendo meccanicamente le esatte parole dell’articolo. 

L'intero abitacolo si ammutolì, prima che Claire ribattesse con espressione scettica: “Sai, spesso mi chiedo dove le trovi certe riviste.”

Accanto a lei Rachel ridacchiò, tornando poi a guardare fuori dal finestrino. Ormai erano arrivati a destinazione e iniziò a salirle una certa dose di ansia.

Si ritrovarono nello stesso spiazzo di qualche giorno prima, solo che stavolta era pieno di macchine, ordinate in modo da lasciare libero il passaggio verso l’ingresso principale. Lungo il viale erano state disposte due file di luci, come fossero una guida per gli ospiti che entravano, e c'erano vasi di fiori a ornare l'ingresso. 

Poiché erano arrivati a festa già iniziata, i posti vicino all'entrata erano tutti occupati e dovettero girare un po' prima di riuscire a trovarne uno. Alla fine parcheggiarono lontano dal viale illuminato, quasi al limitare della foresta. 

Prima di scendere decisero che fosse più prudente indossare le maschere, in modo da evitare di essere riconosciuti ancor prima di mettere piede dentro. Cedric aprì il vano portaoggetti davanti a sé e le tirò fuori tutte, comprese quelle delle ragazze. Il giorno prima, infatti, li avevano raggiunti al Golden per consegnarle a Mark, visto che non avrebbero potuto portarsele da casa senza destare sospetti. Cedric andava molto fiero del fatto che ormai il suo bar fosse diventato come una specie di Bat-caverna per le loro riunioni strategiche. 

“Abbiamo i biglietti?” chiese Mark a Juliet, mentre chiudeva la macchina. 

Lei aprì subito la borsa per tirarli fuori. “Eccoli.” disse mostrandoglieli; poi si incamminarono verso il castello, dove ancora parecchie persone erano in fila, aspettando di entrare. Molti non indossavano la maschera e tra loro riconobbero alcune personalità di rilievo a Greenwood, autorità e anche il capo della polizia. Si misero in coda e dopo un po' arrivarono finalmente all'ingresso, davanti al quale un uomo in smoking dalla corporatura massiccia controllava che i nomi sugli inviti corrispondessero a quelli sulla lista che aveva in mano. 

“C'è una lista!” esclamò Mark allarmato, consapevole che i loro nomi non sarebbero mai potuti essere là sopra. “C'è una dannata lista!” 

Si guardarono attoniti, senza sapere come comportarsi, poi Rachel ebbe un'idea. 

“Okay, manteniamo la calma.” li tranquillizzò, prendendo in mano la situazione.

Così, quando arrivò il loro turno, si inventò che erano amici di una certa Jacqueline Foster, figlia del sindaco, e che anche se non comparivano nella lista avevano i biglietti. Il tizio li squadrò assorto, indeciso sul da farsi. Per un attimo temettero che facesse chiamare Jacqueline per verificare che fosse la verità, ma poi si limitò a controllare i biglietti e a lasciarli passare. 

“Tuo fratello è davvero un genio.” mormorò Claire a Juliet una volta varcata la soglia. 

Superato un grande arco di pietra, davanti a loro si aprì uno spettacolo che li lasciò a bocca aperta. Le decorazioni dell’interno erano molto eleganti e rievocavano atmosfere d'altri tempi. 

Il loro sguardo fu subito catturato dai due colossali lampadari in bronzo dorato riempiti da un gran numero di candele, che illuminavano soffusamente l’intero salone, sul quale si affacciava un balcone decorato con drappi di velluto. Ad accompagnare il tutto, l’orchestra posizionata su un palchetto in alto suonava una leggera sinfonia di sottofondo.

Su un lato della sala, c'era un lungo tavolo con un ricco buffet di cibi e bevande, mentre tavolini rotondi e divanetti in pelle già tutti occupati circondavano la pista da ballo.

In effetti, c’era molta più gente di quello che si aspettavano. Greenwood era una piccola città e il numero di personalità di spicco piuttosto limitato. Che ci fossero invitati provenienti anche dalle cittadine limitrofe? Una cosa era certa: alcuni avevano decisamente osato quanto ad abbigliamento. 

“Cosa dicevi dei guanti?” mormorò Rachel all'orecchio di Claire. 

A quel punto, si guardarono intorno per trovare un tavolo libero e, mentre passavano tra la folla, videro vestiti esagerati, ricchi di strass e tanto luccicanti da abbagliare. Alcuni invitati dovevano aver frainteso e pensato bene di anticipare Halloween, perché c'era una ragazza vestita da cigno e più in là ne videro una con un costume pieno di piume di pavone. 

Dopo aver girato per un po' e preso in giro certi soggetti, trovarono un tavolo e si accomodarono.

“Che strazio quest'affare.” Claire sollevò leggermente la maschera per far prendere aria al viso, rosso e accaldato. 

“Almeno voi ragazze non dovete portare la cravatta.” ribatté Cedric, infilandosi un dito nel colletto della camicia per allargarlo. 

Concordando con lui, Mark si sfilò la giacca e la appoggiò sullo schienale della sedia. “Dai, andiamo a prendere qualcosa da bere.” lo invitò poi, lasciando che lo seguisse al tavolo degli aperitivi. 

Al sicuro dietro la sua maschera, Rachel si guardò intorno, cercando con gli occhi le cheerleader. Da quando erano entrati non era riuscita a individuarle e non sapeva se questo fosse un bene o un male. D’altra parte, era inutile illudersi che all’ultimo momento avessero deciso di non venire, anzi, c’era da aspettarsi che saltassero fuori da un momento all’altro. La sua paura era che potessero riconoscerle, quindi preferiva sapere dove fossero in modo da non correre rischi. 

“Non posso credere di essere qui.” commentò Juliet eccitata. A differenza sua, non sembrava curarsi affatto del problema. “Avevo ragione a voler venire, guardate che posto.” 

“Bello, sì.” concordò lei, con le dita che tamburellavano nervosamente sul tavolo. Si costrinse a pensare che con le maschere indosso, le luci soffuse e tutta quella gente c’erano pochissime probabilità di essere riconosciuti. Sarebbe bastato mantenere un profilo basso e non mettersi troppo in mostra.

Di lì a poco, il ritorno dei ragazzi con i drink la distrasse da quei pensieri.

“Ecco qua, signore.” disse Cedric, porgendo loro i bicchieri. “Pensavo che almeno stasera non avrei fatto il cameriere, ma a quanto pare è la mia vocazione.” scherzò, per poi sedersi accanto a Juliet. 

Nel frattempo, la musica si stava attenuando, fino a fermarsi del tutto e l’attenzione dei presenti venne attirata dal tintinnio metallico di una posata su un bicchiere di cristallo. Sulla balconata, un uomo vestito di bianco con il volto coperto da una vistosa maschera dorata, sollevò il calice, ringraziando gli ospiti di essere venuti e proponendo un brindisi in onore della serata. 

“E così è quello il misterioso proprietario.” constatò Rachel, mentre applaudiva con gli altri. “Me lo immaginavo più vecchio.”

“Magari lo è. Da qui è difficile dirlo.” replicò Mark.

A un cenno del proprietario, l’orchestra riprese a suonare e in poco tempo la pista si riempì, ma loro rimasero seduti a bere in silenzio. Nessuna delle ragazze notò le eloquenti occhiate che Mark e Cedric si scambiavano da un lato all’altro del tavolino, finché Mark non posò il suo bicchiere e si rivolse a Rachel. “Balliamo?” esordì, porgendole la mano. 

“Oh, no.” rispose lei di getto; poi, resasi conto di essere stata troppo brusca, tentò goffamente di rimediare. “Cioè, volevo dire… Scusa, è che non me la sento. Preferirei restare qui.” In realtà, ballare l’aveva sempre imbarazzata tantissimo. Si sentiva a disagio e in più non è che fosse proprio una ballerina provetta. 

Per fortuna, Mark non parve offendersi e annuì comprensivo. “Non c’è problema, tranquilla.”

“Io invece ballerei volentieri.” Si offrì Juliet con un sorriso. “Adoro questa canzone.” 

Così, lei e Mark si diressero al centro sala, fino ad essere inghiottiti dalla folla. 

Guardandoli allontanarsi, Cedric lanciò un’occhiataccia all’amico. “Mi ha fregato…” sibilò tra i denti, ma si affrettò subito a sviare il discorso quando Rachel lo guardò con aria interrogativa. 

“Allora, vieni a ballare?” chiese a Claire, che alzò lo sguardo dal suo drink, prendendosi del tempo per rispondere mentre deglutiva. 

“Non sono molto brava…” tentò, sperando di cavarsela con poco.

“Non fa niente. Anch’io non sono un granché, quindi siamo apposto.”

Claire cercò disperatamente un'altra patetica scusa a cui appigliarsi. “Rachel rimarrebbe qui da sola...”

“Ma stai scherzando?” si intromise lei, ignorando la sua muta richiesta di soccorso. “Non c'è nessun problema, vai pure.”

“Avanti, non farti pregare.” Interpretandolo come un sì, Cedric la prese per mano, praticamente trascinandola verso la pista da ballo. 

A quel punto, prima di sparire nel tumulto delle danze, Claire si voltò un'ultima volta verso Rachel per lanciarle un'occhiata raggelante.

Raggiunti Mark e Juliet, gli si affiancarono proprio quando la musica iniziava a cambiare, passando a un lento. Claire non ebbe neanche il tempo di elaborare che Cedric l’aveva già stretta, e in un attimo si ritrovò a meno di dieci centimetri dal suo viso. Al culmine dell’imbarazzo, tentò di non dare tanta importanza alla cosa e ricambiò debolmente il sorriso che lui le rivolgeva. 

Quando passarono accanto a Mark, li vide scambiarsi un’occhiata complice e si insospettì. “State tramando qualcosa voi due?” 

Cedric fece finta di non capire. “Perché?” 

“Non lo so, siete strani da quando eravamo al tavolo.”

“Ma no…” Provò a fare il vago, ma lei alzò un sopracciglio con aria scettica e lui capì che non l’avrebbe bevuta. “Va bene, diciamo che la cosa è partita da me. Pensavo che Mark non sarebbe riuscito a invitare una di voi a ballare, visto che di solito con le ragazze è una frana. A quanto pare l’ho sottovalutato.”

Sempre più sorpresa dalla stupidità del sesso maschile, Claire lo guardò di traverso e scosse la testa. “Uomini…” mormorò. “Ma dato che hai perso, che bisogno c’era di invitare me?”

“Te l’avrei chiesto comunque, prima o poi.” replicò lui, facendo spallucce. “Quindi perché non approfittarne? Non potevo perdere l’occasione di stringerti tra le braccia.” 

Lo disse con la solita leggerezza, come quasi tutto ciò che gli usciva di bocca, e proprio per questo in un primo momento la lasciò di sasso. Giusto il tempo di realizzare che fosse una causa persa e scoppiò a ridere. Possibile che non riuscisse a trattenersi dal provocarla? “Che fine hanno fatto i tuoi buoni propositi? Tutta quella storia di essere solo amici, eccetera…”

Cedric rise dietro di lei. “Hai ragione, ma seguire le regole non è il mio forte.” 

Claire preferì troncare l’argomento e continuare a ballare in silenzio, anche se dal canto suo appariva chiaro che stesse ritrattando. In un certo senso, però, la divertiva questo suo lato intraprendente e tutto sommato la situazione non le dispiaceva. Doveva solo accertarsi che non le sfuggisse di mano.

Finita la canzone, si separarono lentamente, per poi tornare al tavolo insieme a Mark e Juliet. 

“Tutto qui il tuo momento di gloria?” lo provocò Cedric spavaldo, mentre si metteva seduto.

“Non ancora.” rispose l’amico con lo stesso tono. “Sta a vedere.” Detto questo, si rivolse a Rachel e le chiese di nuovo di ballare.

Stavolta lei ci pensò un attimo prima di rifiutare. In fondo, con le amiche era filato tutto liscio e nessuno le aveva riconosciute. Quindi perché non godersi la serata come gli altri? Così, abbandonando ogni timore, accettò di buon grado la mano che le porgeva. 

Quando entrambi si furono allontanati, Cedric si sporse verso l’altro lato del tavolo e afferrò il bicchiere di Mark, per poi annusarne il contenuto. “Che diavolo si è bevuto?” Poco convinto, mandò giù le ultime due dita del drink, prima di constatare che non fosse affatto diverso dagli altri.

Intanto Claire aveva appena finito di scolarsi il suo e, quando Cedric annunciò che sarebbe andato a prenderne un altro, gli porse il bicchiere vuoto con un sorrisetto eloquente.

“Ma quanto sono carini?” osservò Juliet, mentre guardava Mark far fare a Rachel un giro su se stessa. “Tu che ne pensi? Io ce li vedo insieme.”

“Ed ecco il ritorno dell’agenzia cuori solitari Juliet Peterson.” ribatté Claire per tutta risposta.

Fingendosi risentita, l’amica le rifilò una smorfia. “Non c’è niente di male nel volere la felicità altrui.”

“Sono perfettamente d’accordo. Ecco perché porto da bere.” disse Cedric puntuale, di ritorno dal buffet.

Rimasero a sorseggiare i drink e a chiacchierare e scherzare del più e del meno, finché Claire non venne colta da un'improvvisa vampata di calore, forse dovuta alla maggiore quantità di alcol del secondo cocktail, così si tolse la maschera dal viso con un gesto secco per riprendere fiato.

“Forse è meglio che la rimetti.” le suggerì Juliet, dando un’occhiata nervosa in giro. “Se qualcuno ti riconosce sono guai.”

Lei, però, sbuffò, sventolandosi con una mano. “Sto morendo di caldo qui dentro.” Non si sentiva molto bene e respirava a fatica, e non sapeva se la colpa fosse del vestito troppo stretto o del fatto che avesse bevuto a stomaco vuoto. In ogni caso, sapeva come risolvere il problema. 

Indossata di nuovo la maschera, si alzò. “Vado un attimo fuori, ho bisogno d'aria.” spiegò sbrigativa, facendo per andarsene.

“Vuoi che ti accompagni?” si offrì Juliet in tono preoccupato. 

Lei scosse la testa. “No, non serve.” 

Attraversò il salone, facendosi largo praticamente a spintoni, e uscì dalla grande finestra a vetri che si apriva sul giardino. L'erba le solleticò i piedi, là dove i sandali li lasciavano scoperti. Aveva rinfrescato rispetto a quando erano arrivati, così si strinse nello scialle e prese a passeggiare tra le aiuole, osservando con scarsa attenzione l'ambiente circostante. Inspirò profondamente e l’aria le riempì i polmoni, dandole sollievo. Odiava quel vestito e le scarpe iniziavano a farle male, ma in fondo doveva ammettere che la serata si stava rivelando piacevole. Perfino stare in compagnia di Cedric non era poi tanto male, anche se non lo avrebbe certo confessato a Juliet. Glielo avrebbe rinfacciato per almeno una settimana. 

Sembrava non esserci nessun altro in giardino, quindi si tolse di nuovo quella maschera insopportabile e poi, in un impeto di libertà, anche le scarpe, godendosi la sensazione dell’erba fresca sotto i piedi. 

D’un tratto, si accorse di un uomo in completo elegante che passeggiava in lontananza tra le siepi, apparentemente incurante di lei. Aveva il volto coperto e lo studiò per qualche minuto, pur continuando a camminare per i fatti suoi, ma stando attenta a non fissarlo troppo per non attirarne l’attenzione. Non aveva idea di chi fosse, ma non poteva rischiare di essere riconosciuta da qualcuno, quindi si affrettò a coprirsi. 

Raggiunta la fine del giardino, si appoggiò alla balaustra che dava sulla vallata e rimase a godersi il panorama, notando solo più tardi lo sconosciuto che la osservava con interesse a qualche metro di distanza.

La cosa la inquietò non poco. Ne aveva sentite di storie sulle molestie subite ai balli scolastici, così pensò che fosse meglio rimettersi le scarpe e rientrare. Mentre, presa dall’ansia, tornava velocemente in sala, incrociò due fidanzatini che probabilmente erano lì per appartarsi. Poco male. L’ultima cosa che voleva era rimanere lì a guardarli mentre si sbaciucchiavano.

Quando tornò al tavolo non c’era più nessuno, così si sedette in attesa. Si sentiva un po’ a disagio da sola e inoltre non faceva che ripensare al tizio in giardino che la fissava. -Forse è solo paranoia- pensò, senza troppa convinzione. L’arrivo di Juliet fu provvidenziale e le impedì di rimuginarci oltre. 

“Dov’eri?” le chiese.

“Un ragazzo mi ha invitata a ballare. È stato carino.” spiegò lei, sedendole accanto. “Tu invece, ti sei ripresa?”

Claire annuì con aria distante. Non ritenne necessario raccontarle dello sconosciuto, visto che probabilmente non l’avrebbe più rivisto in mezzo a quel mare di gente. Quand’ecco che accadde l’insospettabile: l’uomo del giardino stava venendo verso di loro e Claire ebbe giusto il tempo di realizzare che puntasse proprio a lei, prima che le porgesse la mano. 

“Posso avere il piacere di questo ballo?” 

Rimase a fissarlo per qualche secondo, completamente spaesata. Sebbene da sotto la maschera riuscisse solo a intravedere i suoi occhi, bastò per inchiodarla a quella sedia. Il suo tono era gentile, ma lo sguardo deciso di chi non si aspetta un rifiuto. Sembrava più grande di lei, forse sulla trentina, e si stupì che volesse ballare con una diciottenne. Il particolare che più la colpì fu l’anello che portava al mignolo destro: un vistoso rubino incastonato nell’oro, che dava l’idea di valere una fortuna.

Senza sapere cosa fare, cercò il supporto di Juliet, che fece spallucce come a dire -Perché no?- Tuttavia, non le fu di molto aiuto. L’averlo visto fissarla in giardino e ora ritrovarselo davanti le suscitava una certa inquietudine, perciò fu quasi sul punto di rifiutare. Allo stesso tempo, però, si sentiva attratta da quello sconosciuto e l’istinto la spinse ad accettare l’invito. Nell’istante in cui le loro dita si sfiorarono, provò una strana sensazione, come una scarica elettrica lungo tutto il corpo, e trasalì leggermente. Era la prima volta che le succedeva, ma non ebbe il tempo di ragionarci troppo perché lo stava già seguendo verso il centro della sala.

Una volta lì, casualmente la musica cambiò e partì un lento. Claire cominciava a pensare che l'orchestra glielo facesse di proposito, ma stavolta si vergognò ancora di più quando l’uomo le mise una mano sul fianco e la avvicinò a sé. Diversamente che con Cedric, però, ora si sentiva molto meno impacciata e non aveva bisogno di pensare di continuo a come fare per non pestargli i piedi. Era lui a guidarla e sembrava come se sapesse ballare da sempre. Nonostante l’imbarazzo, non riusciva a staccare gli occhi da quelli cerulei di lui, delle vere e proprie calamite. Data la vicinanza, infatti, poté osservarlo meglio e dai tratti del suo viso intuì che non dovesse essere di quelle parti. Con i capelli ramati e gli occhi di quel colore sembrava più europeo, anche se non avrebbe saputo dire di dove precisamente.

Nel complesso, aveva l’impressione che si trattasse di una persona molto attenta al proprio aspetto e anche il suo modo di porsi nell’invitarla a ballare non era certo tipico del posto. 

Mentre ballavano non le aveva più rivolto la parola, troppo impegnato a studiarla per ritenere necessario intavolare una conversazione. Comunque, a Claire non venne in mente di prendere l’iniziativa. Pur volendo, non avrebbe saputo proprio di cosa parlare con un perfetto sconosciuto. 

Intanto, dal tavolo Juliet li guardava ballare, anche se ogni tanto scomparivano in mezzo agli altri invitati e li perdeva di vista. Troppo concentrata, a malapena si accorse di Cedric, di ritorno dalla toilette. 

“Chi è quello?” le chiese, indicando con un cenno del capo l’uomo con cui Claire stava ballando.

“Non lo so, è venuto e l'ha invitata.” rispose distratta. “Sono contenta che si stia divertendo. Le ci voleva proprio dopo il brutto periodo che ha passato.”

“Brutto periodo?” ripeté lui interessato, bevendo un sorso del suo drink.

Presa in contropiede, Juliet si rese conto di aver parlato a sproposito. Era un argomento abbastanza delicato, non certo qualcosa da spifferare ai quattro venti, così cercò di cavarsela balbettando frasi sconnesse, finché un altro ragazzo non le chiese di ballare, salvandola dall’impaccio. 

Non era ancora tornata quando Claire si ripresentò al tavolo. Si sentiva confusa, spaesata, come se negli ultimi dieci minuti la sua capacità di ragionare si fosse interrotta. Sedendo dalla parte opposta a quella di Cedric, prese il suo bicchiere e bevve di getto, restituendoglielo poi vuoto. 

“Prego, fa pure.” disse lui in tono sarcastico. Seguì qualche istante di silenzio, in cui la osservò mentre fissava assorta la direzione da cui era appena venuta. “Lo conoscevi quello?” le chiese allora, con finta noncuranza.

A quel punto, Claire parve accorgersi della sua presenza e un po’ in ritardo fece cenno di no con la testa; poi, notando che erano soli, si guardò intorno. “Gli altri?” 

Lui rispose con un’alzatina di spalle. “Sembra che ti sia divertita. Mi fa piacere.” commentò, tornando sull’argomento.

Claire alzò un sopracciglio, senza capire. Dal tono che aveva usato non sembrava molto sincero, anzi colse una leggera vena polemica. Comunque, preferì non indagare. “In effetti… Stranamente sì.” Quel lento era riuscito a scioglierla, facendole apprezzare la festa ancora di più. Ora pensava perfino di ringraziare Juliet per averla convinta a venire.

“Accidenti, quel tipo deve essere davvero un mago del ballo. Sei quasi in estasi.” scherzò Cedric.

“Ma che dici?” ribatté lei, arrossendo vistosamente.

L’arrivo improvviso di Juliet dalla pista impedì alla conversazione di prendere una piega ancora più imbarazzante. 

“Ci hanno beccato!”

 
   
 
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