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Autore: Nana_13    29/11/2017    2 recensioni
"...È successo tutto così in fretta che non so spiegarmi come diamine abbiamo fatto a ritrovarci in questa situazione. Vorrei solo aver dato retta alle mie amiche e rinunciato a questa stupidaggine. Potevamo passare una normalissima serata in tutta tranquillità e invece mi sono dovuta impuntare. Per cosa poi? Non lo so nemmeno io.
E adesso che forse sto per morire ho un solo pensiero che mi rimbalza in testa: non saremmo mai dovuti venire qui."
Questi furono i pensieri di Juliet la sera del ballo dell'ultimo anno. Lei e le sue amiche avevano creduto di passare una serata alternativa andando a quella festa, senza avere ancora idea del guaio in cui si stavano cacciando.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

 

Beccati

 

Rachel era seduta su un divano in una specie di anticamera adiacente al salone da ballo, le gambe accavallate e il mento poggiato sulla mano. Era talmente in ansia da non riuscire a tenere fermo il piede, che le ballava frenetico. Accanto a lei, Mark cercava di spiegare al ragazzo della sicurezza che avevano sbagliato, ma che non era il caso di chiamare le autorità e che se ne sarebbero andati subito. 

Sperava che gli avrebbe dato ascolto e che quella storia si chiudesse senza troppe conseguenze, ma dentro si malediceva per essere stata tanto stupida. Lei e Mark stavano ballando, quando qualcuno alle sue spalle le aveva pestato l’orlo del vestito, costringendola ad aggrapparsi a lui per non cadere all’indietro. Nel farlo erano andati a sbattere contro un’altra coppia e l’urto le aveva spostato la maschera sul viso. Nella foga del momento, se l’era tolta, per poi voltarsi di scatto con l’intenzione di dirne quattro al responsabile. Tutto si sarebbe immaginata, fuorché di ritrovarsi faccia a faccia con Jacqueline. Per quanto entrambe fossero agghindate a festa, si riconobbero all’istante.  

La cheerleader aveva spalancato gli occhi neanche avesse visto un alieno e in un attimo erano finiti in quella stanza. 

Il fatto che tra tutti loro fosse stata proprio lei a farsi beccare la faceva sentire ancora peggio, visto che fin dall’inizio aveva cercato in tutti i modi di non dare nell’occhio. Poi, invece, come una cretina si era tolta la maschera proprio nel momento meno adatto. Ce l’aveva a morte con se stessa, ma soprattutto con Juliet, che ora avrebbe volentieri strangolato per averla convinta a fare quella pazzia. 

D’un tratto, la discussione fu interrotta da un paio di insistenti colpi alla porta, che attirarono l’attenzione dei presenti. Quando il ragazzo della sicurezza la aprì per capire cosa stesse succedendo, venne travolto dalla veemenza di Cedric, che irruppe nella stanza senza troppe cerimonie. 

“Che state facendo? Questo è sequestro di persona!” esclamò, mentre dietro di lui comparivano anche Claire e Juliet.

“Deduco a questo punto che siate tutti insieme.” disse il tizio, dopo essersi ricomposto. 

Nell’istante in cui aprì bocca e Juliet lo guardò per la prima volta, restò impietrita. Quel ragazzo aveva gli stessi identici occhi dello sconosciuto nel suo incubo, di un grigio-azzurro talmente chiaro da sembrare ghiaccio. Non poteva sbagliarsi, perché era un dettaglio che ricordava con chiarezza. Eppure le sembrava così assurdo.

Mentre lo studiava in cerca di ulteriori conferme, Cedric lo squadrò dalla testa ai piedi. “Infatti.”

“Bene, allora risponderete anche voi di esservi presentati al ricevimento senza invito.” ribatté lui per tutta risposta, per niente intimorito dal suo atteggiamento arrogante. Si voltò verso il suo collaboratore. “Vai a chiamare lo sceriffo.”

 “No, aspettate!” intervenne Mark. “Come stavo cercando di spiegare, non ci siamo imbucati. Ce li abbiamo gli inviti.” Gli mostrò i biglietti, perché potesse esaminarli. 

“Esatto e siamo anche amici di Jacqueline Foster, la figlia del sindaco.” aggiunse Cedric con aria tronfia, ignaro che così facendo avrebbe peggiorato le cose.  

Sentendo quelle parole, infatti, Mark si accasciò affranto sul divano, massaggiandosi le tempie.

“Davvero?” ribatté il tizio, senza alzare gli occhi dai biglietti. “La stessa signorina Foster che vi ha denunciato poco fa?” 

Cedric si ammutolì per un istante, mentre tutta la sua tracotanza andava lentamente scemando. “Beh… Forse non così amici.” riconobbe, grattandosi imbarazzato il pizzetto.

A quel punto, altri due uomini vestiti di nero si affacciarono alla porta per avvertire dello scoppio di una rissa nel salone principale e il ragazzo, che doveva essere il loro capo, espresse il suo disappunto con un sospiro. “Luke, controlla che non si muovano da qui. Torno subito.” ordinò visibilmente infastidito al collega lì vicino, prima di lasciare la stanza. 

Non appena se ne fu andato, Juliet si sedette sul divano accanto a Rachel, mentre gli altri se ne stavano in silenzio con aria assorta. Pensò che quello fosse il momento buono per parlarle dei suoi sospetti. “Ray…” le sussurrò all’orecchio. “Il ragazzo che è appena uscito… Credo che sia quello del mio incubo.”

L’amica sospirò. “Juls, non è proprio il momento…”

“No, ascolta!” la interruppe con enfasi, ma attenta a non farsi sentire. Per fortuna, la musica che arrivava dal salone coprì la sua voce. “È lui ti dico. Ha gli stessi occhi di ghiaccio. Non pensi che sia strano?”

“Non essere ridicola, è stato solo un sogno!” ribatté lei spazientita.

“Per quanto tempo ancora dovremmo restare reclusi qua dentro?” proruppe Cedric di punto in bianco. “Ci farete tornare a casa o dobbiamo accamparci qui per la notte?” Non ottenendo risposta, sfogò su qualcun altro la propria frustrazione. “Siete davvero due fenomeni, bravi!” disse, rivolto a Mark e Rachel. 

Sentendosi chiamata in causa, Rachel rimase basita per un attimo. “Pardon?” 

Cedric, però, la ignorò del tutto e minaccioso avanzò direttamente verso l’amico. “Solo degli idioti si sarebbero fatti beccare in questo modo.”

A quel punto, Mark si alzò, deciso ad affrontarlo. “Guarda che qui l'unico idiota sei tu! Se prima avessi tenuto chiusa quella boccaccia, adesso saremmo fuori da questa stanza!” gli urlò contro.

“Vediamo se hai coraggio di ripeterlo!” Cedric gli diede una spinta, che Mark ricambiò immediatamente. 

“Ehi, piantatela!” intervenne Luke, mettendosi in mezzo per separarli.

Le ragazze osservavano la scena allibite, senza sapere cosa fare. 

“Ragazzi, basta!” gridò Claire, venendo però ignorata da entrambi, che sembravano esitare a saltarsi addosso solo perché c’era Luke a impedirlo.

“Tentare di ragionare con te è solo una perdita di tempo.” lo accusò Mark, lanciandogli un’occhiata di disprezzo. 

“Invece di ragionare, perché non passi ai fatti, coniglio?” replicò lui spavaldo. “Tanto lo sai di non avere speranze.”

“Come mi hai chiamato?” Fuori di sé, Mark strinse la mano a pugno, pronto a regolare i conti nonostante i richiami di Luke; poi accadde l'impensabile. I ragazzi cambiarono improvvisamente bersaglio e, voltatisi verso di lui, gli assestarono in sincrono due pugni dritti in faccia che lo tramortirono, mandandolo a terra. 

Cedric si massaggiò le nocche doloranti, mentre Mark apriva la porta e li esortava a uscire in fretta. 

“Forza! Sbrigatevi!”

“Quindi era tutta una messinscena?” chiese Rachel spiazzata. 

“Sì lo so, siamo due attori da premio Oscar. Adesso andiamo, però.” tagliò corto Cedric, spingendola delicatamente verso la porta.  

Approfittando di quel breve vantaggio, non persero tempo e si dileguarono, tornando a mescolarsi con gli invitati nel salone. Dovettero farsi largo a spintoni per superare quel mare di gente e non fu un’impresa facile, tenendo conto che dovevano anche stare attenti a non dare nell’occhio. Il piano era di raggiungere il portone principale e darsela a gambe verso la macchina, ma una volta arrivati trovarono due energumeni a guardia dell'ingresso. Cedric imprecò.

“Potremmo passare dal giardino sul retro.” propose Claire. “La strada è più lunga, ma non abbiamo molta scelta.”

Ci arrivarono a passo di carica e finalmente uscirono all'aria aperta. Di fronte a loro si apriva la foresta, i cui alberi cominciavano già dal giardino. Copriva parecchi ettari, migliaia di abeti alti e folti si estendevano a perdita d'occhio e da dove si trovavano non se ne indovinava la fine.

Per raggiungere l’auto, parcheggiata dalla parte opposta, avrebbero dovuto fare il giro, quindi non avevano altra scelta se non quella di inoltrarsi nella macchia. Mark provò a illuminare il sentiero davanti a loro con la flebile luce della torcia che portava attaccata alle chiavi, ma più andavano avanti più le fronde si infittivano e ben presto la foresta li inghiottì.

-o-

Dean era ancora in sala a cercare di calmare gli animi quando li vide dai vetri delle finestre percorrere il giardino di corsa. Nello stesso momento, Luke sopraggiunse alle sue spalle per avvertirlo della loro fuga.

“Me ne sono accorto, idiota!” lo apostrofò irritato. Per fortuna gli aveva anche detto di non lasciarli scappare. Era stato uno stupido a fidarsi di lui, ma vista la sua incompetenza adesso lo avrebbe aiutato a recuperarli. Lasciò Blaze a occuparsi degli invitati ubriachi e insieme si precipitarono all’uscita sul retro. Sperava di trovarli ancora nelle vicinanze, invece erano già scomparsi, così non perse tempo e si addentrò nella foresta, tallonato da Luke. A guidarli c’era solo la luce della luna, ma per loro era sufficiente. 

Tutt’ora non capiva il motivo per cui gli fosse stato chiesto di tenere d’occhio quella ragazza in particolare, fra le tante presenti al ballo, ed era rimasto sorpreso nel ritrovarsela davanti proprio un momento dopo aver ricevuto l’ordine. –Un compito facile una volta tanto- aveva pensato. Tenendola in quella stanza tutta la sera, infatti, sarebbe stato più semplice per lui controllarla e con la scusa dello sceriffo credeva di impedirle di lasciare la festa. Ora però tutto si era complicato, grazie a quell’imbecille di Luke, e sarebbe toccato a lui rimediare se non voleva passare dei guai. 

Non impiegarono molto tempo a colmare il distacco e,Ri quando sentì le loro voci farsi più vicine, rallentò il passo e fece cenno a Luke di non fare rumore, in modo da non metterli sull’avviso e coglierli di sorpresa. Intuì che si trovassero pochi metri più avanti, ma ancora non riusciva a vederli. Con un altro cenno gli ordinò di separarsi, così da prenderli da entrambi i lati. 

Rimasto solo, Dean fece per proseguire, quando un suono ben diverso da quelli uditi finora echeggiò nella foresta, lasciandolo impietrito. Riconobbe all’istante quelle urla prolungate e lamentose. Ululati.

-o-

Ululati. Erano chiaramente degli ululati quelli che all’improvviso arrivarono alle loro orecchie mentre cercavano di uscire da quel labirinto di alberi. Impalati, rimasero ad ascoltare quei versi agghiaccianti, faticando a capirne la direzione. 

“Adesso ci sono anche i lupi a Greenwood?” chiese Cedric allarmato.

“Ci mancano solo quelli, stasera.” commentò Rachel.

A quanto ne sapeva, non c'erano mai stati lupi da quelle parti. Forse provenivano dalle montagne, ma era davvero insolito che si fossero spinti a valle e durante la stagione estiva per giunta.

Mark puntò la torcia tra i cespugli intorno a loro, attento al minimo movimento. “Non facciamoci prendere dal panico, potrebbero anche essere a chilometri di distanza.”

“Il rumore è troppo forte.” lo contraddisse Claire spaventata. “Sembrano vicini...” 

“Diamoci una mossa, allora.” Cedric fece il primo passo per incoraggiarli a proseguire, quando una sagoma scura sbucò davanti a loro dagli alberi, cogliendoli di sorpresa. 

“Fine della corsa.” disse, inchiodandoli con il suo sguardo di ghiaccio. 

“Di nuovo tu?” sbuffò Cedric, riconoscendo il tizio pedante dell’anticamera. “Non hai niente di meglio da fare?”

Dalla sua espressione intuirono quanta poca voglia avesse di trovarsi lì con loro. 

“No, purtroppo no.” rispose infatti, annoiato. “Ma se collaborate credo che risolveremo in fretta.” 

Un altro ululato li mise in allerta, senza dar loro il tempo di ribattere alcunché. Rimasero tutti fermi ad ascoltare, compreso il ragazzo, che smise di fissarli per concentrarsi su quel richiamo. 

“Torniamo al castello. Subito.” intimò poi in tono secco. 

“Te lo puoi scordare.” ribatté Cedric. “Noi ce ne andiamo a casa. Mandaci l'invito del commissariato per posta.”

Lui sospirò, sempre più frustrato. Sembrava come se avesse una fretta indiavolata di andarsene. “Non è prudente restare qui. Ne riparliamo al castello...”

Un ringhio rabbioso gli impedì di finire la frase e subito dopo un paio di inquietanti occhi gialli spuntarono dai cespugli e li fissarono.

Oh, mon Dieu!” Rachel si portò le mani al viso, indietreggiando di qualche passo quando il lupo uscì dal suo nascondiglio e avanzò lentamente verso di loro, fermandosi a poca distanza per studiare le sue prede. 

Aveva il respiro pesante a causa della corsa e il ventre si allargava e si stringeva a ritmo regolare. Dopo aver girato loro intorno un paio di volte, emise un lungo e inquietante ululato, probabilmente per richiamare il suo branco.

Erano tutti troppo spaventati per muovere un muscolo. Solo il tipo del castello accennò a fare un impercettibile passo avanti e questo bastò ad attirare l'attenzione della belva, che digrignò i denti in un ringhio minaccioso. Sembrava avere tutta l’intenzione di saltargli addosso, ma il ragazzo lo batté sul tempo raccogliendo fulmineo una pietra da terra e scagliandola contro l’animale, centrandolo in pieno muso. Subito dopo gridò loro di scappare e stavolta non se lo fecero ripetere. 

Con una paura folle e gli occhi di quella belva famelica ancora impressi nella mente, Juliet iniziò a correre dietro agli amici, impresa non da poco per via del vestito che si impigliava nei cespugli di continuo e i tacchi alti. A un certo punto pensò addirittura di fermarsi per togliere le scarpe, ma il tramestio delle zampate sul terreno coperto di foglie la spinse a rinunciare. 

Dovevano arrivare alla macchina e mettere quanta più strada possibile tra loro e quel posto infernale, così si fece forza, correndo come mai prima d’ora, quasi dimenticando di respirare, ma sentiva che la bestia stava per raggiungerla. Senza una fonte di luce ad aiutarla a vedere dove metteva i piedi, inciampò su una radice e cadde a terra. Superato l’iniziale stordimento, si sollevò sui gomiti, guardando davanti a sé in cerca di aiuto, ma non c’era più nessuno. Forse si era sbucciata un ginocchio perché sentiva un forte bruciore, ma si sforzò di ignorarlo e di mettersi di nuovo in piedi. Quando provò ad alzarsi, però, si accorse che qualcosa le bloccava la caviglia e come un flash le tornò subito in mente la scena del suo incubo, con tutte quelle mani che la artigliavano…

Tuttavia, non ebbe il tempo di rifletterci più di tanto, perché nel giro di un attimo un ringhio sommesso le arrivò alle orecchie e, alzato lo sguardo, lo vide. Il lupo era solo a qualche passo, i canini in bella mostra, pronto a fare di lei la sua cena. Si piegò in avanti con il chiaro intento di saltarle addosso e Juliet, pietrificata dalla paura, chiuse gli occhi e lanciò un urlo, credendo che fosse arrivata la sua fine. Cosa che, invece, non avvenne.

Quando li riaprì, infatti, il lupo era da tutt’altra parte, spinto lontano dal ragazzo con gli occhi di ghiaccio, che le si parò davanti per difenderla dal prossimo attacco dell’animale. Certo che non avrebbe tardato ad arrivare, assunse una posizione di difesa e, nell’istante in cui lo aggredì, si schermò il volto con le braccia, prima che entrambi finissero a terra.

La belva si agitava e ringhiava, nel tentativo di azzannarlo e, mentre il ragazzo cercava di respingerla, con una zampata lo raggiunse a una spalla, squarciando il tessuto della giacca come fosse burro. 

A quella vista, Juliet sobbalzò colta dal panico. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma la sua caviglia era ancora incastrata e per quanto tirasse non riusciva a liberarsi. 

“Juls!”

Sentì Rachel gridare il suo nome e subito dopo lei e Claire la coinvolsero in un abbraccio che per un momento le tolse la visuale. Le amiche le dissero qualcosa che però non capì, troppo preoccupata per la sorte del ragazzo. 

Anche Mark e Cedric erano lì e osservavano la scena, confusi e spaventati quanto loro.

“Aiutatelo!” li implorò Juliet, dimenandosi per vedere cosa stesse succedendo. 

Alla fine riuscì a vedere come, in un ultimo disperato tentativo di levarselo di dosso, il suo salvatore rifilò alla belva un calcio nel costato, talmente forte da mandarlo a sbattere contro un albero. 

Rintronato, il lupo emise un guaito e, dopo essersi rialzato, si diresse barcollante verso i cespugli, sparendo in pochi istanti nel folto della foresta.

Juliet e gli altri rimasero immobili a fissare il ragazzo, ancora destabilizzati dalla scena a cui avevano appena assistito. Era lì in piedi e dava loro le spalle. Lei avrebbe voluto dirgli qualcosa, assicurarsi che stesse bene, magari anche ringraziarlo, ma non le uscì una parola. 

Alla fine fu lui a voltarsi e a guardarli, ancora ansante per lo sforzo. “Tutto bene?” chiese.

“Noi sì…” rispose Cedric spaesato, aiutando Juliet a rialzarsi. “Piuttosto, è un miracolo che tu sia ancora vivo.”

“Stai sanguinando…” constatò lei in un sussurro. 

Il ragazzo gettò un’occhiata rapida alla manica della giacca da cui colava un rivolo di sangue, ma la cosa non sembrò sconvolgerlo troppo. “Non è niente, sto bene. Spero che ora vi siate convinti a tornare al castello con me.” aggiunse, ancora col fiato corto. 

Non c’era bisogno di consultarsi per capire che quella fosse l'unica soluzione, se non volevano finire sbranati dal resto del branco che probabilmente si aggirava ancora lì intorno. Tra l’altro non sapevano da che parte andare per raggiungere la macchina, così accettarono di seguirlo, anche se ne avrebbero volentieri fatto a meno.

Dopo appena qualche passo, però, con un lamento lui si accasciò in ginocchio, tenendosi il braccio sinistro.

D'istinto, Juliet lo raggiunse e si chinò a sua volta. “Lo vedi? Non stai bene.” disse visibilmente preoccupata. Appena cercò di spostare il lembo di tessuto strappato per controllare il danno, lui si ritrasse all’istante, fulminandola con lo sguardo. Ciò nonostante, non si lasciò intimidire. “Lasciami dare un’occhiata.” insistette decisa. Aveva seguito un corso di primo intervento a scuola e sapeva cosa fare in una situazione simile, anche se il tipo di ferita non rientrava tra quelle con cui si era esercitata. 

Alla fine, il suo atteggiamento determinato lo convinse e le permise di aiutarlo a sfilarsi la giacca.

“Il graffio è bello profondo, ma te la caverai con qualche punto.” valutò Juliet, prima di stracciare quel che restava della manica della sua camicia per usarlo come bendaggio temporaneo. 

“Bene, visto che non è in fin di vita, propongo di lasciarlo qui e andarcene.” concluse allora Cedric. 

Per tutta risposta, lei lo inchiodò con lo sguardo. “Sei impazzito? Mi ha salvato la vita. Non ho intenzione di abbandonarlo in mezzo al nulla!” 

“Tanto non resterà da solo a lungo. I suoi amici lo staranno già cercando.”

Non riusciva a credere che stesse davvero proponendo di lasciarlo alla mercé dei lupi, fregandosene se fosse morto. Era una cosa disumana e non l'avrebbe mai permesso. A costo di caricarselo sulle spalle e tornare al castello da sola. Guardò le amiche, cercando il loro sostegno.

“Ha ragione. Dobbiamo aiutarlo.” la appoggiò Rachel, infatti. 

Indecisi sul da farsi, Mark e Cedric si scambiarono un’occhiata di consulto.

“In effetti, siamo ancora gli imbucati della situazione e sarebbe meglio approfittare di questo momento per filarsela.” rifletté Mark pratico. 

“Io non mi muovo da qui, chiaro?” replicò Juliet furiosa. Non si aspettava quel cinismo da parte sua. Pensava fosse diverso, ma a quanto pare ancora non lo conosceva bene. “Se volete andarvene fate pure, io non lo lascio.”

Claire aggrottò la fronte in segno di disappunto. “Non dire fesserie, ovvio che non ti lasciamo da sola.”

“Non vorrei farvi pressione, ma vi ricordo che c’è ancora un branco di lupi che gira per la foresta...” si intromise allora il ragazzo della sicurezza,  mentre a fatica cercava di rimettersi in piedi. “La via più sicura è quella per il castello.” 

Rachel sospirò rassegnata. “Direi che a questo punto è l’unica soluzione. Una volta lì, cercheremo aiuto e poi ci lascerai in pace. Siamo d’accordo?”

Lui annuì senza pensarci troppo e fece per incamminarsi, ma le gambe non gli ressero e, se non fosse stato per il supporto di Mark e Cedric, sarebbe crollato di nuovo. 

Preceduti dalle ragazze, ripercorsero la stessa strada all'inverso, finché il profilo del castello non si delineò di nuovo davanti a loro.  Riattraversarono il giardino con cautela, nel caso qualcuno li vedesse e cominciasse a fare domande. 

Oltrepassata la soglia d'ingresso, si ritrovarono nel salone, fino a poco tempo prima stracolmo di gente e adesso completamente vuoto.

“Dove sono tutti?” mormorò Claire, guardandosi attorno spaesata. Il silenzio fu l'unica risposta che ricevette. Gli invitati non potevano essersene già andati, ci sarebbe voluto molto più tempo per far sfollare tutte quelle persone da una sala così grande. 

“Potremmo cercare un posto dove mollare questo tizio e poi preoccuparcene?” Cedric si sistemò meglio il braccio del ragazzo sulla spalla, che iniziava a dolergli.

Lui trasalì per il dolore, lasciandosi sfuggire un gemito. “Il mio nome è Dean.” lo informò risentito.

“Dove andiamo?” gli chiese Mark, ignorando la precisazione. 

Dean allora li guidò su per lo scalone centrale della sala e poi per un’altra rampa, fino a ritrovarsi in un ampio corridoio illuminato da versioni più piccole del lampadario che avevano visto di sotto.

Su una delle pareti si susseguivano alte finestre che davano sulla foresta, mentre dal lato opposto una serie di porte tutte uguali disposte a qualche metro l’una dall’altra. Ne superarono parecchie, prima che Dean li fermasse, indicandone una in particolare. 

Vi sostarono davanti, guardandosi attorno nervosi, in attesa che riuscisse a prendere la chiave dalla tasca con il braccio sano e ad aprire. 

Superata l’anticamera, entrarono subito in camera da letto, dove Mark e Cedric scaricarono Dean, massaggiandosi poi le spalle indolenzite. 

L'ambiente era molto spartano, con solo una scrivania in un angolo, un paio di librerie mezze vuote e un camino spento. Il tutto illuminato dalla luce fioca delle lampade e immerso in un'atmosfera macabra e misteriosa.

Mentre reprimeva il dolore causato dall’ennesima fitta, il ragazzo si distese supino e, dopo aver abbozzato un flebile grazie, li congedò con un: “Me la cavo da solo adesso.”

“Figurati, non c’è di che.” tagliò corto Cedric, seguendo poi Mark fuori dalla stanza. “Okay, ora possiamo anche andare.” disse alle ragazze, rimaste nell’anticamera. 

“No che non possiamo.” obiettò Juliet indignata. “Prima dobbiamo cercare qualcuno che lo aiuti.”

“Ma ormai se ne saranno andati tutti. La sala era vuota, l’hai visto anche tu.”

Dal canto suo, anche Claire pensava fosse meglio approfittarne per defilarsi. D’altronde, il loro dovere l’avevano fatto, avevano la coscienza pulita. “Non mi sembra che stia così male, dopotutto. È solo un graffio, Juls…”

“Sì, ma un animale selvatico può portare chissà quali malattie.” la interruppe frustrata. “La ferita va pulita, altrimenti si infetterà.” Possibile che nessuno si rendesse conto della potenziale gravità della situazione? Da come la guardavano sembrava di no. Forse pensavano che stesse esagerando, ma lei era convinta delle sue ragioni. “Bene.” sospirò seccata. “Penserò io a lui e non me ne andrò finché non sarò sicura che è tutto apposto.” sentenziò e, ignorando la volontà popolare, entrò in camera a passo deciso. Non appena si fu avvicinata al letto, però, si accorse con orrore che Dean era privo di sensi e respirava a fatica. Era alquanto improbabile che gli fosse già salita la febbre e invece quando lo toccò per verificare scoprì che scottava parecchio. Allarmata, corse in bagno senza dire niente e, imbevuto d’acqua un asciugamano, lo usò per tamponargli la fronte. 

“Che succede?” chiese Rachel, vedendola così spaventata. 

Juliet non la guardò, continuando a tamponare con una mano, mentre con l’altra sbendava la ferita. Il sangue si era fermato e non sembrava essersi già infettata. “Non capisco, ma sta troppo male. Dobbiamo andare a cercare un dottore.”

Cedric sbuffò alle spalle di Rachel, mettendosi le mani dietro la nuca. “Ma tu guarda che serata. Non so come ho fatto a lasciarmi convincere.” 

“È stata una tua idea.” ribatté Claire, alzando un sopracciglio.

“Non mi pare il caso di discuterne adesso.” li interruppe Rachel, prendendo in mano la situazione. “Facciamo così: io e i ragazzi scendiamo di sotto e vediamo di trovare qualcuno, mentre Juliet rimane qui con Claire a vegliare sul moribondo.”

Cedric, però, scosse la testa in segno di disapprovazione. “Non se ne parla. Io non ce le lascio da sole con Tim...”

“Si chiama Dean.” gli ricordò Juliet, guardandolo male.

“Quello che è. Chi lo conosce in fondo? Potrebbe anche essere un maniaco per quanto ne sappiamo.”

Claire alzò gli occhi al cielo, schioccando la lingua esasperata. “Come sei melodrammatico...”

“Niente da fare.” sentenziò definitivo; poi si rivolse a Rachel. “È meglio che io rimanga qui e voi andiate di sotto.” propose.

“Allora vengo anch’io.” disse Claire all'amica, uscendo dalla camera e borbottando: “Prima che lo strangoli.”

   
 
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