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Autore: eliseCS    03/12/2017    1 recensioni
A quanto pare quello che ho bevuto per il brindisi del compleanno è stato sufficiente per farmi fare questa pazzia, e ovviamente non c'era nessuno che potesse fermarmi...
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Una bambina, gabbie dorate e non e Tortuga.
Oppure
L'Ombra della Doomed Destiny, la nave pirata più famosa dell'epoca, il nuovo capitano Cortès e un vecchio amico dimenticato.
In sintesi assoluta: pirati.
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Dal primo capitolo:
Non sapeva se fosse perché pensavano che fosse stupida, troppo piccola per capire o se semplicemente non gli importasse, ma Isabelle riusciva perfettamente a sentirli.
A quanto pareva stava per essere venduta.
Di nuovo.
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“Con un pezzo da otto posso darti anche da bere se vuoi, ragazzino” propose.
Isabelle si morse un labbro: prima di entrare aveva controllato, addosso non aveva assolutamente nulla di valore, per non parlare di monete o pezzi da otto!
“Io… non ho nulla…”
La donna si ritrasse: “Mi dispiace mocciosetto, ma non do da mangiare gratis, neanche ai bambini. Torna quando avrai qualcosa da darmi in cambio” disse, e si allontanò per servire qualcun altro.
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Buona lettura (spero)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VI - Di duelli, idee molto stupide e punizioni meritate
 
Harry non era stato l’unico nuovo acquisto della ciurma della Doomed Destiny.
Con suo grande sconcerto il figlio del Governatore aveva preso atto che durante il loro passaggio ad Antigua i pirati non avevano visitato solo ville e abitazioni, ma anche l’armeria – a giudicare dal bottino in armi e polvere da sparo – e le prigioni.
E ovviamente quegli avanzi di galera ci avevano messo meno di un battito di ciglia per amalgamarsi all’equipaggio della nave, al contrario di lui che continuava ad essere guardato con diffidenza.
Come se avesse potuto fare qualcosa ai danni degli uomini presenti a bordo: ovunque andasse le armi venivano fatte sparire o tenute sotto stretta sorveglianza dai rispettivi proprietari e il ricordo della lama di Shade sul suo collo per il momento era sufficiente per farlo desistere dal fare qualcosa di stupido.
 
Shade era stata una sorpresa, in tutti i sensi.
Non appena la nave aveva spiegato le vele per allontanarsi da Antigua il più in fretta possibile l’Ombra aveva iniziato a svestirsi.
Gli era quasi andata di traverso la saliva quando, una volta che si fu tolta la giacca, era rimasta in maniche di camicia e corsetto, che lasciavano ben intuire le sue forme femminili.
L’equipaggio l’aveva preso in giro per giorni per la sua espressione sconvolta quando la ragazza – perché sì, la famosa e temuta Ombra della Doomed Destiny era una ragazza – si era scoperta il viso e la testa lasciando libera la lunga chioma di capelli biondi.
In quel momento aveva anche capito perché quando l’aveva sentita parlare la sua voce gli era sembrata strana: non era quella di un ragazzino, ma di una donna.
Da parte sua Shade – quello era il modo in cui tutti si rivolgevano a lei – gli aveva riservato un’unica occhiata divertita prima di dare disposizioni al nostromo su quello che ne sarebbe stato di lui e poi sparire con Cortès alla volta della cabina del capitano.
 
Da quella notte erano passate quasi due settimane e mezza ed Harry ancora non si era abituato alla vita sulla nave, non tanto per il fatto di essere in mare per così tanto tempo – era un capitano della Marina dopotutto – quanto per l’essere a bordo di una nave pirata.
La ciurma continuava a trattarlo come un emarginato e lui non faceva nulla per cambiare le cose.
Sospettava che Shade avesse dato ordini precisi al riguardo altrimenti sarebbe probabilmente stato ucciso nel sonno.
L’unico cambiamento sostanziale poteva essere considerato la comparsa di vesciche sulle sue mani a forza di passare il ponte della Doomed con stracci sempre più luridi.
Non stavano scherzando quando avevano detto che un mozzo in più a bordo fa sempre comodo: da quando era arrivato sembrava essere l’unico a dover fare quel lavoro, avrebbe dato qualsiasi cosa per poter fare qualcos’altro, anche rifare le cime sarebbe andato bene, anche per una sola giornata.
 
 
 
҉
 
 
 
Quel giorno, all’ennesima presa in giro da parte della ciurma che si divertiva un sacco a vedere il figlio del Governatore che puliva i pavimenti, scoppiò.
“Adesso basta!” esclamò buttando lo straccio che stava usando dentro al secchio schizzando acqua tutt’intorno.
Gli uomini lì vicino ghignarono.
“Dico sul serio, basta. Mi rifiuto di passare questo ponte un’altra volta! E dubito che il mozzo precedente dovesse farlo ogni giorno
“E quindi cosa proponete? Sapete come funziona: se volete mangiare dovete rendervi utile, e questa è l’unica cosa che potete fare. Temo che qui nessuno si fidi abbastanza da lasciarvi fare qualcosa che abbia a che fare con le armi, con il carico della stiva e nemmeno con la cucina…” rispose tranquilla Shade ignorando il colpo che gli aveva fatto prendere.
Evidentemente quella di muoversi senza far rumore era una sua capacità intrinseca, e il fatto che a bordo girasse quasi sempre a piedi nudi di certo non aiutava.
“Potrei aiutare a rifare le cime…” azzardò Harry e la ragazza scoppiò a ridere non appena ebbe finito di pronunciare l’ultima parola.
“Per ritrovarci tutti i nodi fatti male apposta che si sciolgono al minimo alito di vento che li sollecita un po’? Non credo proprio”
“Per favore! Non ce la faccio più. Fatemi fare qualcos’altro o tanto vale che mi buttate fuori bordo: diventerò matto se vado avanti così” non gli importava neanche di sembrare patetico a supplicare a quel modo.
Vide Shade fare dei cenni con il capo e seguendo il suo sguardo si accorse che il capitano – Julian, come lo chiamava lei – era anche lui lì a seguire la scena.
Alla fine la ragazza si allontanò un attimo, al suo ritorno aveva in mano due spade: gliene porse una.
 
“Duellerete con me” disse. “Primo sangue. In base al risultato deciderò se continuerete a occuparvi del ponte o meno per il resto della vostra permanenza qui” spiegò.
Alle sue parole i pirati si fecero indietro in modo da lasciare libero il campo.
“In guardia!”
Harry si concesse un istante per apprezzare la sensazione di avere una spada in mano dopo tanto tempo per poi mettersi in guardia come gli era stato detto.
Uno sparo a salve diede il via al duello.
Shade gli fu addosso in un attimo, ma da come si muoveva Harry poteva capire che non stava facendo sul serio, non ancora.
Lo stava testando, mettendolo alla prova per farsi un’idea su come combatteva.
Se quella era la sua idea di andarci piano aveva paura di scoprire come sarebbe stato se Shade avesse deciso di impegnarsi davvero.
Scacciò quel pensiero e si concentrò sul combattimento: al primo sangue, nessuno mirava ad uccidere e sarebbe bastato un graffio per far terminare il tutto.
Richiamando alla mente tutti gli insegnamenti ricevuti negli anni dal suo maestro di spada e da suo padre passò al contrattacco.
La ragazza percepì a sua volta il cambiamento e modificò i suoi colpi di conseguenza.
Se gli avessero detto che una donna sarebbe potuta essere così abile con la spada non ci avrebbe mai creduto.
 
 
Il ragazzo non se la cavava male, doveva ammetterlo.
La sua tecnica era impeccabile anche se le sue mosse alla lunga diventavano prevedibili: gli mancava la fantasia e quel pizzico di disonestà che caratterizzavano pressochè qualsiasi pirata non solo in combattimento ma anche nella vita in generale.
Non avrebbe avuto problemi a vincere contro un altro avversario, ma era di Shade, l’Ombra della Doomed Destiny, che si stava parlando.
Lasciò che il duello procedesse per un tempo ragionevolmente lungo, giusto per dare anche un piacevole diversivo alla ciurma, per poi farlo terminare in una manciata di secondi.
Senza neanche rendersene conto Harry si ritrovò seduto per terra, un piccolo taglio sul braccio sinistro e la camicia sporca di rosso in corrispondenza di esso.
Il combattimento era finito e lui aveva perso.
 
Tra le risate generali degli spettatori che già si stavano disperdendo non potè fare altro che abbassare la testa, umiliato.
Due furono le uniche persone che osarono avvicinarsi.
Shade, l’espressione illeggibile, e Matt.
 
Matt era un ragazzo di appena 16 anni recuperato mentre cercava di scappare dalla condanna all’amputazione della mano destra per aver rubato.
Era il più giovane della ciurma, stava simpatico a tutti e anche gli individui più burberi e inavvicinabili erano affezionati a lui.
Era quasi la mascotte della Doomed.
Per non parlare del fatto che fosse un’ottima vedetta e che a volte riuscisse a fare dei veri e propri miracoli con i pochi ingredienti che erano disponibili a bordo dando una mano al povero cuoco.
Ed era anche l’unico che aveva cercato di mettere Harry a suo agio consigliandogli il modo per pulire il ponte in meno tempo, il modo migliore per dare sollievo alle vesciche che aveva sulla mani e dandogli batuffoli di cotone da mettersi nelle orecchie quando il russare degli altri uomini o le loro risate ubriache diventavano troppo per riuscire a dormire la notte.
E proprio per quella gentilezza che il ragazzo gli aveva sempre dimostrato si maledisse una volta di più per quello che stava per fare, ma in quel momento seduto sul ponte, ferito nel corpo e ancora più gravemente nell’orgoglio, gli sembrava l’unica cosa che potesse fare.
Afferrò la mano che Matt gli stava porgendo per aiutarlo ad alzarsi, e come fu in piedi gli torse il braccio dietro la schiena.
Preso alla sprovvista il ragazzo non ebbe neanche il tempo di provare a liberarsi e l’istante successivo Harry aveva portato il filo della spada – che nessuno gli aveva ancora tolto – a contatto con la sua gola.
In un attimo i pirati che stavano già tornando alle loro solite occupazioni fecero dietro front stringendosi di nuovo in cerchio intorno a lui.
Il vago sorriso che era spuntato sul viso di Shade, e che lui aveva notato un attimo troppo tardi, era stato velocemente rimpiazzato da un’espressione fredda e calcolatrice.
 
“Di grazia cosa pensate di ottenere in questo modo?” gli domandò, le parole affilate come lame.
“Voglio che mi lasciate andare” rispose pregando che nessuno notasse il tremolio della sua voce.
Matt si mosse appena e lui aumentò la stretta.
Shade si lasciò andare ad una breve risata, completamente priva di allegria.
“Non possiamo lasciarvi andare e sapete perché”
“Voglio una scialuppa, provviste e che mi lasciate andare” replicò lui.
La ragazza alzò gli occhi al cielo: “Forse non l’avete capito, ma così facendo otterrete solo di farvi ammazzare” disse spietata.
Harry rabbrividì.
Si ritrovò a stringere convulsamente la presa sul braccio di Matt, quasi fosse il ragazzo a dover sostenere lui, quando al fianco di Shade arrivò Julian.
“Volete morire, Harry?” domandò il capitano, l’ira nei suoi occhi rispecchiata in quella degli altri pirati.
Suo malgrado Harry scosse la testa: no che non voleva morire.
“Lasciate andare Matt” gli ordinò.
 
Julian sospirò nel vedere che Harry ancora non mollava la presa: estrasse un flintlock e gliela puntò contro.
A quel punto il ragazzo sbarrò gli occhi ma d’altronde cosa poteva aspettarsi da un pirata?
Ad un secondo cenno del capitano i pirati attorno a lui tirarono fuori a loro volta una pistola puntandola contro lo stesso bersaglio.
Persino Shade – non l’aveva mai vista con in mano un’arma che non fosse uno dei due pugnali che portava sempre appresso o la spada.
 
Finalmente riuscì a costringersi a mollare la presa su Matt lasciando cadere la spada per terra affianco ai suoi piedi.
Il ragazzo gli riservò un unico sguardo ferito prima di sparire tra la ciurma che si richiuse all’istante su di lui per controllare che non avesse neanche un graffio.
Davanti a lui erano rimasti solo Cortès, Shade e Wilson, il nostromo.
Quello tirò fuori dal doppio petto della giacca un rotolo di pergamena che cominciò a scorrere velocemente.
“Trentanove” disse semplicemente prima di passare la pergamena al capitano.
Shade la intercettò a metà strada e cominciò a leggere a sua volta a labbra strette.
“Trentanove” ripetè a bassa voce restituendo la pergamena al nostromo.
 
“Avete detto che non volete morire, quindi ecco quello che vi aspetta: trentanove frustate in base a quanto sancito dalla legge del Codice, e vi sarà risparmiata la vita. Questa è la punizione che spetta a chi colpisce un uomo dell’equipaggio”.
Harry sentì la testa girare ma si sforzò di restare saldo sulle gambe.
“Potete accettare le frustate oppure quello che vi sarà riservato sarà un colpo di flintlock in testa, capite?”
Il figlio del Governatore annuì piano, la nausea si era aggiunta ai giramenti.
“Accetto la frusta” riuscì a sussurrare.
In un attimo Shade gli aveva punto un polpastrello con la punta di un pugnale premendo poi il suo dito su un altro pezzo di pergamena che il nostromo stava porgendo, in modo da lasciare la firma.
“Frustate siano” confermò Cortès non appena il nostromo ebbe finito di riporre le carte.
Lo prese saldamente per una spalla portandolo ad appoggiarsi all’albero di mezzana facendogli intendere che doveva abbracciarlo mentre qualcuno gli toglieva la camicia lasciandogli la schiena nuda.
 
In quel momento, esposto davanti a tutti in attesa di ricevere la sua punizione, si rese veramente conto di quello che era successo.
Le frustate erano la pena da scontare secondo quanto diceva il Codice.
Ma il Codice veniva applicato solo ai pirati, ai membri effettivi della ciurma… e lui non lo era.
Con quella goccia di sangue non aveva firmato solo il suo accettare la frusta, aveva firmato il suo ingresso nell’equipaggio della Doomed Destiny.
Certo, avrebbe fatto qualsiasi cosa per non morire, ma realizzare di essere appena diventato un pirata – almeno sulla carta – lo avrebbe definitivamente fatto crollare se non fosse già stato appoggiato all’albero che lo sorreggeva.
 
Qualcuno gli fece ondeggiare un pezzo di cima davanti alla faccia.
“Mordi, aiuta…” riconobbe la voce di Cortès nonostante le orecchie che gli fischiavano.
Si costrinse ad alzare la testa per prendere la corda: non c’era un uomo della ciurma che non sembrasse soddisfatto per quello che sarebbe successo.
Prima di tornare a guardare il pavimento il suo sguardo si soffermò su Shade.
Al contrario degli altri sembrava non provare nulla: il volto impassibile e gli occhi rivolti nella sua direzione come se però non lo stessero vedendo veramente, quasi persi nel vuoto.
 
“Uno!”
Il primo numero urlato dal nostromo venne accolto da esclamazioni soddisfatte.
Solo che insieme al dolore dovuto al colpo arrivò anche qualcosa che Harry non si sarebbe mai aspettato, non in quel momento.
Un ricordo.













Buon pomeriggio a tutti!
Aggiornamento inaspettato, eh?
Semplicemente so che non avrei avuto tempo di pubblicare nè domani, nè martedì (giorno stabilito) e nemmeno mercoledì... e faccio prima a dire che ho tutta la settimana impegnata, ecco.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto (anche se molto probabilmente mi odierete per come l'ho fatto concludere...).
Prossimo aggiornamento per martedì 19 dicembre! Alla prossima
E.
   
 
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