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Autore: Urban BlackWolf    04/12/2017    4 recensioni
Inesorabilmente trascorse settimane da quella giornata di fine giugno, di Haruka e Michiru non si hanno più notizie. Le hanno cercate ovunque, interminabili ore passate tra le sponde di quel corso d'acqua quasi irriconoscibile, ma di loro non c’è più alcuna traccia.
Ma quando la speranza sembra ormai stata vinta dalla rassegnazione, un giovane dalla zazzera dorata e gli occhi verdi come i prati delle montagne ai quali appartiene, comparirà al servizio di una delle famiglie più in vista di Berna deciso a scoprire cosa realmente sia accaduto dopo quella maledetta sera.
-Sequel de: le trincee dei nostri cuori-
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Makoto/Morea, Michiru/Milena, Minako/Marta, Setsuna/Sidia | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Fino alla fine del mondo

La mia promessa a te

 

Sequel del racconto

le trincee dei nostri cuori

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Setsuna Meiou, Makoto Kino e Minako Aino appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf

 

 

 

A cuore nudo

 

 

 

Si accorse del leggero tremore alle mani Setsuna Meiou, se ne accorse mentre cercava di trattenere lo stupore, la rabbia, lo sconcerto per quello che stava stringendo tra le dita e che di fatto rendeva uno degli uomini più importanti della struttura ospedaliera per la quale lei stava lavorando con tanta dedizione e sacrificio, un ladro. La firma sulle bolle d’accompagno non lasciava dubbi e lei lo sapeva bene. Conosceva quel tratto aguzzo e leggermente storto verso sinistra, come se fosse stato il suo. Quante volte proprio con quei segni incisi con la punta di un pennino aveva avvallato le sue ricette, le cure per i pazienti. Ora tutto d’un tratto se la ritrovava davanti con ignominia, come una lettera scarlatta pronta ad indicare e giudicare. Come medico aveva fatto un giuramento ed ora quel piccolo uomo lo aveva infranto.

“Dottoressa..., cosa intendete fare adesso?”

Wolfgang dritto in piedi accanto alla sua poltrona la guardò dolente notando su quelle dita affusolate i leggeri segni del disagio.

Si erano presentati nel suo studio di buon mattino, tutti e tre; lui, Minako e Michiru, sapendo il dispiacere che avrebbero provocato nella donna, ma sinceramente impossibilitati a fare altro.

“Vi ringrazio per la premura che avete avuto nel mettermi al corrente prima di avvertire le autorità, signor Aino, ma purtroppo mi vedo costretta ad ammettere di non poter far molto di più che provare ad allontanare l’uomo che serve alla mensa.”

“Come? Ma dottoressa!" Intervenne Minako incredula.

“Lasciala finire, Mina. Dottoressa Meiou volete per favore spiegarci perché non si possa fare altro che continuare a rimanere inattivi diventando di fatto dei complici?”

Setsuna si poggiò allo schienale in pelle sentendosi già stanca prima ancora di aver iniziato la giornata con il consueto giro di visite. “Questa struttura si regge in parte grazie a lui ed agli agganci di vecchia data che ha con il Ministero della Salute. Se fosse invischiato in uno scandalo di tali proporzioni, non soltanto ne rimarrebbe illeso, ma con molta probabilità alcune cose all’interno dell’ospedale cambierebbero di colpo, come la soppressione del fondo per gli orfani di guerra e la foresteria gratuita per i famigliari dei degenti meno abbienti. E’ stato lui a volerli ed è lui che ha trovato i finanziatori.”

“Questo vorrebbe dire che mandare a picco lui equivarrebbe rischiare di far chiudere l’ospedale?"

“Magari tutto l’ospedale no, ma rimarrebbero attive solo alcune sue parti. Quelle inaccessibili ai più.”

“E creare una sorta di coalizione tra medici onesti? Potreste comunque fare in modo che si dimetta per lasciare l’incarico della dirigenza ad un altra persona.”

“Potrebbe essere una soluzione, ma il fatto è… che non so di chi fidarmi. Signor Aino ricordate che sono sempre una donna e non sono molti i colleghi che danno alle mie competenze il giusto credito.”

“Cosa vorrebbe dire? Qui non si tratta di competenze mediche, ma d’integrità e voi ne avete! Lo sanno tutti!” Disse la biondina iniziando a stizzirsi per quella troppa compostezza. Se fosse stato per lei avrebbe già chiamato chi di dovere per farlo sbattere in prigione.

“Vi ringrazio della stima Minako, ma quello che intendevo dire è che lo zoccolo duro del sessismo formato dai medici più anziani non darebbe sufficiente peso alla mia denuncia ed anche se dovessero farlo, non credo che qualcuno di loro si metterebbe contro un primario rischiando carriera e reputazione in nome di una collega donna.” Stirò le labbra abbandonando finalmente i fogli sulla scrivania.

“E’ assurdo!”

“Si, ma è un fatto Mina.” Avvallò il fratello avendo fin troppo chiara la situazione.

“Scusate se insisto dottoressa, ma qui si sta parlando di mercato nero, di fondi statali fatti sparire nel mentre di un conflitto mondiale. Mai possibile che in Svizzera non ci sia un altro organo che possa aiutarci in questa situazione?”

Setsuna guardò Wolfgang dritto negli occhi, una diversità cromatica che in quel momento stava rappresentando due modi di affrontare la situazione.

“Il Ministero della Difesa o quello delle Attività Agricole.” Sentenziò la donna puntando il rosso delle iridi su Michiru fino a quel momento rimasta in disparte come assorta nei suoi pensieri.

Il Ministero della Difesa o quello delle Attività Agricole ripeté mentalmente la ragazza sentendosi improvvisamente e senza apparente motivo, presa in causa.

Perché dottoressa mi guardate così? Pensò disorientata.

“Sono gli unici due organi che superano per importanza tutti i dicasteri elvetici. Se avessimo conoscenze al loro interno, sia dirette che indirette, non faremmo fatica a fare allontanare chi che sia da questa come da ogni altra struttura del paese.” Disse non staccando il contatto da Kaiou. Se soltanto avesse potuto aiutarli. Se si fosse ricordata di suo padre e dell'influenza che aveva.

Su coraggio, andiamo Michiru, so che potete focalizzare. I tempi sono maturi ormai, ma non voglio forzarvi troppo a mano. Dovete aiutarmi voi, pregò Setsuna conoscendo Viktor Claus Kaiou ed il suo lavoro.

“Ed immagino che voi in quanto straniera, non conosciate nessuno.” Proseguì Wolfgang non immaginando i pensieri delle altre due.

“Esatto. Come voi d'altronde.” E sorrise accattivante riuscendo a metterlo in imbarazzo.

“Comunque state tranquilli, qualche cosa mi verrà in mente. Dubito che i furti riprenderanno, almeno per il momento, anzi, sono sicurissima che nel giro di qualche giorno, sia voi che la signorina Michiru sarete dimessi.”

Minako sgranò gli occhi. Come dimessi!

“E già sorellina, sarebbe un'ottima azione di centroattacco. Dividere il nemico per indebolirlo riuscendo così a tenerlo sotto controllo.”

Setsuna si alzò dalla poltrona riafferrando la situazione. “Non fasciamoci la testa prima del dovuto. Per adesso cercate di farvi vedere in giro il meno possibile. Tutti e quattro; Sigi incluso. Voi signor Aino, inizierete a denunciare dolori alla nuova protesi così guadagneremo un po’ di tempo e se dovessero tentare d'imbottirvi d’oppio, fatemelo sapere immediatamente. A dispetto dei medici, ho il rispetto di parecchie infermiere e in più potremo contare anche sulla signorina Kino, che ormai è diventata quasi a tutti gli effetti una di loro. Voi Michiru… - La vide sobbalzare essendosi distratta. - Vi chiedo la cortesia di rimanere altri cinque minuti. Dovrei parlarvi.”

“Anche io dottoressa.”

I fratelli Aino si guardarono per poi congedarsi lasciando sole le due. Appoggiandosi informalmente al piano della scrivania Setsuna stirò un sorriso sghembo incrociando le braccia al petto. Quante cose doveva dirle quella ragazza.

“Dunque?” Gettò sul grande tavolo da poker che ormai era diventato quello strano rapporto tra medico e paziente.

“Non so proprio da dove iniziare, dottoressa.”

“Allora lasciate che sia io a togliervi dall’empasse Michiru. So del vostro incontro accidentale con il ragazzo biondo che da qualche giorno si aggira come uno spettro per il parco in orari assurdi e so che non vi è affatto indifferente. Lo ricordate non è vero?”

Dopo un primo istante di stupore la ragazza confermò e senza neanche troppi pudori. “E’ lui dottoressa, è il ragazzo di quelle immagini dalle sensazioni tanto nitide sognate in quegli oceani di smarrimento che sono le mie notti.”

“E adesso che vedo con sollievo che il dolore fisico è diventato abbastanza sopportabile, posso rivelarvi che si tratta dello stesso soggetto che ricorre spessissimo anche nelle nostre sedute ipnotiche.”

Restarono in silenzio alcuni secondi poi la ragazza più giovane sorrise abbassando la testa. C’era una strana luce nei suoi occhi e non era di certo la gioia che Setsuna si sarebbe aspettata di vedere dopo quella conferma. Evidentemente le paure di una possibile negazione del suo essere, si stavano concretizzando.

“Che cosa c’è Michiru? Dovete dirmi qualcos’altro forse?”

Sei una ragazza ed anche piuttosto bella. E così giochiamo a fare l'uomo!? Michiru scosse la testa. “Sono confusa.”

“Su cosa?”

“Su… di me. - Ed il medico capì. Si stava riappropriando della consapevolezza di sapere che l’oggetto del suo amore, del suo desiderio, fosse una donna. - Sto avendo dei lampi di memoria e quel ragazzo potrebbe non essere quello che penso."

“Parlatevi.”

“Non credo che io voglia sapere da lui qualcosa che riguarda solo me.”

Setsuna allora fece una cosa che non si era mai permessa di fare con nessun paziente, sia per indole, sia per troppa professionalità. Mettendole una mano sulla spalla arrivò quasi a sussurrarle all’orecchio.

“Sapete benissimo che non riguarda solo voi.”

Arrossendo Michiru ammise a se stessa che aveva ragione. Il suo era un tentativo bello e buono di fuga. Fuga da se stessa, dai suoi sentimenti e da Jo, o qualunque altro nome i genitori gli avessero dato alla nascita.

“So che alle undici sarà nel parco ad aspettarvi. Non siete una persona che scappa. Perciò coraggio. Fate quello che deve essere fatto.”

Afferrandole la mano ancora posata sulla sua spalla, Michiru gliela strinse forte e ringraziandola si voltò andando verso la porta. Una volta uscita, Setsuna inalò aria tornando al problema originale guardando poi il piano della scrivania e la firma in calce ad una delle bolle d’accompagno.

Ernest Grafft, lesse per l’ennesima volta e per l’ennesima volta i crampi tornarono a colpirle lo stomaco.

 

 

Massaggiandosi lentamente la stoffa dei pantaloni cercando di dar sollievo alla tensione muscolare delle cosce, Haruka tentò di mettere ordine nel discorso che si era preparata mentalmente già dalle prime ore della mattina. Lo aveva formulato mentre versava l’acqua nella tinozza per lavarsi il viso dalle ombre del sonno. Lo aveva rivisto e corretto mentre si infilava una camicia fresca di bucato guardandosi allo specchio. Lo aveva cancellato e riscritto quando, passo dopo passo, si era recata all’ospedale percorrendo gli ormai noti due chilometri che lo dividevano dalla foresteria. Sempre nella sua mente e sempre con la paura addosso di non essere capita. Quello che aveva visto negli occhi di Michiru la sera precedente l’aveva allarmata lasciandole la netta sensazione che qualcosa in lei fosse cambiato. Haruka aveva amato sin da subito quella donna ed era stata ricambiata, venendo in un certo senso forzata nell’abbandonarsi a lei per vivere la loro storia in piena serenità, ed anche se qualche volta era capitato loro di scontrarsi, Haruka non aveva mai visto uno sguardo tanto freddo.

Se avesse capito che sono una donna? Si chiese ravvivandosi la frangia nelle ultime settimane allungatasi tanto da darle fastidio agli occhi.

“Devo stare calma e cercare di mettere ordine. Parlerò lentamente e risponderò come meglio posso ad ogni domanda che vorrà pormi. Si, farò così.” Disse sbattendo i palmi sulle cosce vedendola arrivare.

Alzandosi aspettò di averla vicina per chinare leggermente la testa in segno di saluto. Dopo quello che c’era stato tra loro la mattina precedente avrebbe potuto abbracciarla, pretendere un bacio o quanto meno accarezzarle gentile un braccio o la vita, ma proprio in virtù di come si erano lasciate la sera prima, preferì che fosse l’altra ad agire.

“Signor Jo… Buongiorno.” Un timbro tagliente che chiarì subito che non sarebbe stato un incontro facile.

“Buongiorno a voi. Spero che siate riuscita a riposare dopo l’avventura di ieri.”

“L’ho fatto benissimo, grazie.” Mentì, perché non aveva chiuso occhio e quando era riuscita a farlo, era stato per brevissime parentesi condite da sogni allucinanti tutti incentrati sul biondo e su quella frase assurda piombatale nel cervello come un macigno; sei una ragazza ed anche piuttosto bella. E così giochiamo a fare l'uomo!? Era ora di capire cosa stesse succedendo e che cosa volessero dire quelle frasi, per la verità anche troppo eloquenti.

“Volete camminare un po’?” Si sentì chiedere dal biondo non accettando.

“Preferirei restare qui. E’ un posto tranquillo per quello che ho da dire e da ascoltare.”

“Giusto.” Sedendosi entrambe, Haruka iniziò a frugare tra la memoria in cerca di quel famoso discorso imbastito e mai del tutto terminato. Avrebbe dovuto aiutarla, ma nella realtà non ne ricordava neanche una parola.

“Dunque, io…” Prendendo a torturarsi il pollice non riuscì a dire altro rimanendo vergognosamente muta.

Maledizione cosa le dico adesso?! Michi scusa, ma sono una donna e ti amo alla follia e so che nel sentirtelo dire proverai sconcerto?

“Vi ascolto.” Incoraggiò Kaiou composta sul bordo della panchina, stranamente molto più lontana di quanto non avrebbe voluto.

“Non… Non è così facile esprimere quello che dovrei ed ho paura che potrei portarvi a dubitare della mia buona fede, Michiru.” Non usò neanche il signorina tanto si sentiva agitata.

Arpionandosi i quadricipiti la bionda respirò affondo provando a calmarsi. “Credo che forse dovrei parlarvi un po’ di me prima. - Una rapida occhiata a quel bellissimo viso e poi schiarendosi la voce punto' l’attenzione al cielo iniziando cosi' con il raccontarle di lei, dov’era nata, chi fossero i suoi genitori e sua sorella. - Bellinzona non è che una cittadina, ma è graziosa ed ha la fortuna di avere dei picchi alpini molto belli e complessi. Sono cresciuto in mezzo ai boschi diventando abbastanza esperto da permettermi il lusso di diventare un capo cordata.”

Tornò a guardarla accorgendosi della completa inespressività che aveva assunto e non riuscendo a sostenerne la durezza distolse nuovamente le iridi. “Questa primavera mi è capitato di aiutare un gruppo di ragazze a valicare parte delle Alpi per arrivare a Berna ed è stata in quell’occasione che ho incontrato la donna più incredibile che abbia mai visto. Di una bellezza rara, sia fisicamente che interiormente, testarda, caparbia, ma anche dolcissima e gentile, una vera dea, che mi ha irretito il cuore spingendomi a fare cose che mai avrei pensato di poter fare. Come, per esempio…”

“Come, per esempio?”

“Come, per esempio continuare a lottare per la mia vita anche quando tutto sembrava perduto.” Cercò un appiglio che però Michiru non volle ancora concederle.

“Continuate.”

Grattandosi il collo obbedì. “Ricordate quando ieri mi avete chiesto dove avessi avuto modo d’incontrare la signoria Aino? Ebbene lei faceva parte delle sei ragazze provenienti dall’Austria che mia sorella ed io abbiamo cercato di accompagnare fino a Berna.”

“E’ dunque la signorina Minako la ragazza che amate? Mi state forse dicendo questo?”

“O Dio no!” Quasi urlò.

“Allora chi e’?!” Intuendo la risposta avvertì il cuore sobbalzare ritrovandosi a stringere nervosamente le mani l’una dentro l’altra.

“E’ l’insegnante che si era presa l’onere di portare Mina dal fratello ferito e le altre al sicuro lontano dalla guerra. Siete voi Michiru.”

Passò quasi un minuto nel quale ognuna delle due restò in completo silenzio, dove si sentiva solo il vento ormai freddo di fine autunno ed il sibilo ondulato dei loro respiri.

Improvvisamente e senza apparenti scosse per una dichiarazione come quella, Michiru riprese implacabile il filo del discorso. “Perciò voi mi conoscevate già? Sapete chi sono e qual è la mia famiglia.”

“Si ed è grazie alla fiducia di vostro padre che dopo tanto cercare sono riuscito a trovarvi.”

“Mio padre?!” E questa volta fu lei ad alzare la voce.

“Vi hanno già detto di avervi trovata nel fango del FullerGraft Fluss, dopo il parziale crollo della diga del giugno scorso, giusto? Ebbene, anche io sono stato tratto in salvo da quell’inferno e appena ho potuto sono andato a cercarvi, perché siete stata proprio voi a salvarmi la vita. Ma neanche la vostra famiglia, i vostri genitori sapevano più nulla di voi. Perciò, di comune accordo con loro, ho continuato le ricerche riuscendo finalmente a trovarvi qui, a Muhleberg.”

“Chi sono i miei genitori?”

“Non sta a me dirvelo Michiru. Credo di aver già fatto troppo danno. Perdonatemi, ma sarà la Dottoressa Meiou a darvi queste informazioni.”

Kaiou sembrò accendersi di colpo inferocita. Stringendo i pugni sulla stoffa della gonna la guardò come se avesse due pugnali al posto degli occhi.

”Sono francamente stanca che nessuno si prenda la responsabilità di mettermi a conoscenza del mio passato!”

”Michiru...”

“Allora ditemi… chi siete voi!?"

Ed ecco il momento della verità, arrivato come un treno in corsa a colpirle in pieno viso entrambe, anche se in maniera del tutto diversa. Si guardarono, poi la bionda raddrizzando il busto le disse con un filo di voce. “Il mio nome è Haruka Tenou e sono la donna che ti ama, Michiru.”

Salve sono Michiru Kaiou e voi dovete essere la guida di cui tanto si decantano le lodi; la signorina Tenou.”

Haruka, solo Haruka. Piacere.”

Solcando la fronte con una ruga, Michiru scosse lentamente la testa mentre una valanga di frasi iniziavano ad accavallarsi nella testa. La testa, la sua povera testa iniziò a farle un male lancinante.

Michiru... se non vuoi raggiungerla all'inferto, fermati immediatamente!” Daniel e la sua follia.

Michi sei qui...”

Oddio Ruka... fammi vedere.” La ferita al fianco, il sangue e poi… un muro d’acqua.

“No, non è possibile.” Con dita tncerte andò a sfiorarle il gilet e capendo Haruka si sbottonò un paio di asole per poi sfilarsi la camicia dai pantaloni mostrandole la cicatrice del colpo di pistola che l’aveva quasi uccisa. Nel vedere quella mezza luna solcata da una linea che era servita alla lama di un coltello per estrarle il proiettile, Kaiou ritirò la sinistra di scatto sentendosi tremare in tutto il corpo.

“Te l’avevo promesso… Ti avrei trovata ovunque. Ma non avrei mai creduto di poterti rivedere viva. Ho sperato, lottato contro me stessa e la voglia che avevo di arrendermi al dolore fisico che quell’incidente mi aveva lasciato sulla carne e sulle ossa, ma alla fine ne sono uscita e ti ho cercata… tanto.”

Io ti troverò ovunque...”

Me lo prometti?”

Si amore mio. Te lo prometto.”

"Ecco perchè avete male alle gambe? È stata la violenza del fiume?“ Disse portando per un attimo la destra alla tempia.

"Si."

"Non potete essere voi il ragazzo biondo dei miei sogni. Voi siete… una donna.”

Sospirando al fastidio crescente che Michiru stava manifestando, Haruka estrasse dalla tasca posteriore dei pantaloni un fazzoletto con all’interno il suo di tesoro. Una ciocca scura legata dallo stesso nastrino bicolore che stringeva quella che possedeva Kaiou. Mostrandogliela le chiese di tirare fuori la sua facendole così notare come le due estremità dei nastrini combaciassero perfettamente rivelando come una volta dovessero essere state un corpo unico.

“Questo ti convince?”

Nella busta troverai un piccolo “talismano” e ti confesso che spero lo porterai con te come io ho fatto con il tuo, rubato alle forbici prima che questo viaggio, il nostro viaggio, iniziasse.”

Quelle parole lette su un foglietto e scritte con infinita dolcezza per incoraggiarla a non cedere alla volontà di Daniel.

“Siete una donna…” Ribadì quasi con una punta d’orrore.

“Si.”

“E ci siamo amate… fisicamente?!”

“Si.”

Ho freddo e voglio che il tuo corpo mi scaldi.”

“No!”

Alzandosi di scatto seguita dall’altra, Michiru fece un passo indietro per allontanarsi. Negli occhi il cieco terrore di una scoperta totalmente sconvolgente. Aveva amato quella donna, ne era sicura, non poteva negarlo ne a lei, ne a nessun’altro e dal momento della loro separazione si era sentita così sola. Ora capiva che cos’era quel vuoto nascosto in profondità, silente, quasi impercettibile, che da quando si era risvegliata dal coma aveva preso ad accompagnarla giorno dopo giorno. Sempre.

“Michiru ascolta…”

“Mi avete ingannata! Non dovevate farmi questo.”

“Non ti ho detto nulla sulla mia natura non per ferirti o approfittarmi di te, ma perché non potevo. La tua memoria.... Non potevamo rischiare di confonderti ancora di più.”

“E allora perché girare per la struttura ed arrivare a presentarsi con un nome fittizio invece di rimanere in disparte aspettando la mia guarigione!?” Un taglio di lama che l’altra avvertì nitidamente. Aveva ragione. Non aveva scusanti.

“Forse per… per debolezza. Le cose mi sono sfuggite di mano. Non sono riuscita a controllarmi e di questo ti prego di perdonarmi, ma a mia discolpa c’è l’amore che provo e che non credevo fosse possibile donare ad un’altra persona.”

“Perdonarvi? Qui non si tratta di una bravata tra ragazzine. Cosa mi avete fatto?! Come vi siete permessa!”

“Per favore…” E fece per sfiorarle un braccio quando la mano dell’altra scattò colpendola in pieno viso.

“Non osate toccarmi!” Un colpo che forse fece più male a lei che alla bionda. Avvertendo le prime lacrime soffocarle gli occhi, Kaiou serrò la mascella imbestialita. Il cuore le stava battendo nel petto con una tale frenesia da renderle difficoltoso anche il solo respirare.

Come poteva avere avuto un simile abbaglio? Ora che sapeva la verità ai suoi occhi era palese che Haruka fosse una donna. Le lunghe ciglia ad incorniciarle gli occhi troppo dolci per essere quelli di un giovane uomo. La pelle del viso troppo morbida per essere il semplice risultato di un’accurata rasatura. Il collo troppo sottile e privo del Pomo di Adamo!

“Non voglio più vedervi.” Disse adirata con se stessa nel provare dolore al solo pensiero di quell’eventualità.

 

 

 

L’aveva vista scappare via non sentendo la forza per poterla inseguire ed anche se avesse potuto, una volta raggiunta cosa le avrebbe detto? Michiru era stata più che chiara ed aveva colpito giù duro gettandole il cuore nel fango come neanche il FullerGraft Fluss era stato in grado di fare. Ora, in piedi a capo chino, con le spalle incurvate e gli occhi ancora troppo fragili per tornare ad aprirsi senza che le lacrime fossero uscite a mortificarla ancora di più, Haruka sentiva di aver perso tutto.

Aveva fatto l’impossibile per lei, spingendosi oltre la soglia del dolore per recuperare le forze e tornare a camminare. Aveva abbandonato il nome che l'identificava come donna, calpestando il suo orgoglio calzando vesti non sue, ordinando ai piedi di andare avanti e ancora avanti, di città in città, di paese in paese, sperando e avendo paura di continuare a farlo ad ogni piccolo barlume di novità, solo per riuscire a mettere un punto a quella storia. Ora il punto c’era stato, ma non per ricominciare, bensì per distruggere quello che di bello avevano creato insieme. Ed era stata proprio Kaiou a metterlo sul loro amore.

Appena riuscì a muoversi riaprendo le palpebre ad un mondo leggermente deformato da una visione liquida, Haruka si fece coraggio dirigendosi verso il viale principale e da li alla strada sterrata diretta alla foresteria. Non riusciva neanche a pensare, a riordinare le idee, ma sapeva di desiderare ardentemente un abbraccio, uno di quelli senza alcun giudizio e senza alcuna aspettativa. Un gesto di sincerità che solo un essere che ti ama veramente può darti. Vide Giovanna poco più avanti che con molta probabilità era stata a far visita a Mina e Mako e non seppe come, ma la vide fermarsi e voltarsi indietro come se fosse stata chiamata.

“Ruka.” Urlo' sorridendole mentre alzava il braccio. E la bionda corse.

Corse con tutta la forza che ancora si sentiva nelle gambe per poi stringersela al petto e scoppiare a piangerle nell’incavo del collo, come una ragazzina, come solo un’altra volta in vita sua l'era capitato di fare; con sua madre, il giorno della sua piena consapevolezza di se.

“Dio Santissimo che cos’è successo?!” Ma nulla, solo lacrime, singulti composti e tanta, tanta vergogna per quell’inaccettabile fragilità femminile esposta senza più alcun tipo di freno.

A Giovanna non servirono parole, sapeva che quella mattina la sorella avrebbe cercato di spiegare tutto a Michiru e vista quella reazione, non ci voleva tanto per capire come Kaiou avesse reagito nello scoprire di essere stata innamorata di una ragazza.

“Ssss, Ruka calmati. Dai.”

Restarono strette allungo poi, sentendosi svuotata di tutto, Haruka tornò a guardarla mentre la maggiore le asciugava gli occhi.

“Voglio tornare a casa!”

“Non essere affrettata. Sono andata a consegnare alla Dottoressa Meiou il violino ed il diario di Michiru. Aspetta qualche giorno. Dalle un po’ di tempo.”

“No Giò, tu non l’hai vista. Nel guardarmi aveva gli stessi occhi di nostro padre. Ho letto disgusto e paura e non voglio più sentirmi respinta da una persona che amo. Appena possibile io tornerò a casa. Tu fai come credi.” E tornata la roccia di sempre, la bionda le lasciò le spalle iniziando ad incamminarsi mani nelle tasche verso la foresteria, lasciando che il vento le soffiasse contro il freddo.

 

 

Da quanto tempo aveva preso a sentirsi tanto male? Da quanto tempo il suo cuore non riusciva a riprendere un ritmo accettabile? Da quanto tempo era ferma in piedi a guardarsi accigliata quella mano che ancora le formicolava? Michiru proprio non lo sapeva, tanto sta che ormai alla soglia del mezzogiorno, sentendo i rintocchi del grande orologio avvertire tutto l’ospedale dell’approssimarsi del pranzo, non si era ancora decisa a muovere un passo.

“Come ho fatto a colpirla?!” Mugolò non capacitandosi di averle potuto fare del male.

“Il mio nome è Haruka Tenou e sono la donna che ti ama, Michiru.”

Le aveva detto con pudore e fierezza e non appena aveva cercato un contatto, lei era scattata come una molla rendendosi conto di quello schiaffo solo dopo avere avvertito bruciore al palmo della destra. Quelle stesse dita che le avevano provocato piacere ed emozione, ora al solo pensiero di averle nuovamente addosso, l’avevano fatta reagire in maniera violenta. E proprio non riusciva a capacitarsene.

“Sono una pazza. - Si disse arpionandosi il viso ridendo istericamente. - Le ho sognate quelle mani e mi hanno fatto tremare di piacere. Ed ora che sono a conoscenza della verità, che il mio lui è in realtà una lei, cosa faccio? La respingo? Padre cielo aiutami. Cosa devo fare?!”

 

 

Non aveva mangiato e non intendeva farlo fino a quando non fosse riuscita a trovare una soluzione a quell’intricato problema. Il contrabbando in una grande e rinomata struttura ospedaliera elvetica? In tempi non sospetti solo una sciocca barzelletta da bettola, ma con una guerra mondiale a premere sui confini e la fame della popolazione, una drammatica realtà.

Con la fronte poggiata ai dorsi delle mani, i fogli compromettenti portati da Wolfgang Aino dimenticati tra i gomiti puntati contro il piano della sua scrivania, Setsuna cercò di non badare al vociare fanciullesco proveniente dall’esterno, dove alcuni bambini capeggiati da Sigi, dopo aver mangiato stavano giocando a rincorrersi. Fosse riuscita a farlo anche lei. Avesse potuto liberarsi di tutte le preoccupazioni per correre serenamente fuori da quella stanza.

“Proprio non avrebbe dovuto Dottor Grafft.”

Se soltanto avesse potuto denunciarlo lo avrebbe fatto quella mattina stessa, di persona, fiduciosa nella legge. Invece forte delle conoscenze che quell’uomo aveva da anni con membri poco raccomandabili del Ministero della Salute, sentiva le mani legate da un ceppo. In una situazione del genere le strade da perseguire erano solo due; o trovare agganci più elevati per denunciarlo senza la paura di fare un buco nell’acqua, o cedere ed andarsene.

Aprendo il secondo cassetto della sua scrivania, prese il fascicolo privato riguardante Michiru e lo aprì leggendo un nome scritto con inchiostro giovane soltanto un paio di giorni prima.

Viktor Claus Kaiou – diplomatico.”

Unico tassello famigliare che per ora la donna era riuscita ad estrapolare dalle giornaliere sedute ipnotiche svolte sulla mente della ragazza. Un diplomatico. Una figura che avrebbe potuto aiutarla a fare giustizia.

Gettando il collo all’indietro sospirò delusa per passarsi poi una mano nel folto della chioma corvina. “Credevo in voi Grafft e dopo la fine della mia specializzazione con il Dottor Freud, vi avevo persino scelto come mentore, come una guida da seguire per diventare un medico migliore. Che stupida illusa.”

In fin dei conti Setsuna voleva solo una figura da emulare, un esempio, un altro Professor con il quale confrontarsi. Nei mesi successivi al suo arrivo in Svizzera, aveva già capito che Ernest Grafft non avrebbe mai avuto lo stesso spessore del suo insegnante newyorchese, troppo ottuso e privo d’intuizione. Ma saperlo addirittura un ladro! Non avrebbe scommesso neanche un franco sull’aprirsi di uno scenario tanto avvilente. Cosa poteva aver indotto un uomo affermato, ben voluto e soprattutto già estremamente benestante di famiglia com’era quel piccolo furetto dai capelli bianchi, a lordarsi le mani nei loschi affari del mercato nero?

Un paio di colpi discreti alla porta e la donna venne strappata dalle sue elucubrazioni. Riponendo velocemente il fascicolo si alzò invitando Michiru ad entrare.

“Come avete fatto a capire che ero io dottoressa?” Chiese richiudendo l’anta cercando di sorriderle.

“Avete un tocco estremamente leggero. Nulla di paragonabile all’irruenza di Sigi, alla giocosità della signorina Aino o alla mascolinità del fratello.”

“Avete un orecchio musicale.”

“Può essere, ma con il mestiere che faccio sono abituata ad ascoltare.” E sottolineò l’ultima parola con forza, perché da quegli occhi umidi era chiaro che qual’cosa nell’incontro con Haruka non era andato per il verso giusto.

“Cos'è successo? Siete riuscita a vederlo? A capire qualcosa di più sul vostro legame?”

“Si…”

“Dunque?” Chiese avvicinandosi.

“Setsuna,… ho bisogno di voi. Aiutatemi, vi prego!” E le braccia andarono a serrarsi al collo dell’altra come una bambina in cerca della madre, non potendo neanche immaginare come Haruka avesse fatto la stessa cosa soltanto un’ora prima.

Irrigidendosi un poco e non essendo assolutamente avvezza ai contatti fisici, Setzuna iniziò comunque ad accarezzarle la testa nella speranza di calmarla. Forse non aveva molta esperienza nei rapporti interpersonali, ma come professionista della mente umana sapeva come agire. Guardando l’armadietto in noce dalle ante vetrate posto accanto alla porta, scorse il contenitore scuro deposto su uno degli scaffali. Quello scrigno del tempo ed il suo contenuto, con molta probabilità avrebbe potuto aiutare Michiru in uno dei momenti più difficili della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Stesso copione. Interruzione delle comunicazioni al prossimo capitolo.

Perdonatemi, ma sono “battute” della storia delicate e ho la necessità di far prendere loro un ritmo più lento e ponderato, altrimenti rischio di fare un casino. In questo capitolo ci sono tre cuori, ognuno avvolto in paure, titubanze e desideri, anche se quello messo a nudo è inesorabilmente di Haruka. Non so se qualcuno avesse messo in programma una reazione di Kaiou tanto violenta. In effetti è dall’inizio di quest’avventura che non faccio che pensare al momento del loro vero incontro e non sono proprio riuscita a figurarmelo in altro modo. Per Michiru sta andando tutto troppo veloce; i ricordi che man mano stanno tornando, ma in maniera discontinua e completamente fuori logica, lo scoprire di essere il soggetto dell’amore profondissimo di un’altra persona, il sentire dentro di se di ricambiarlo e la mancanza di coraggio per accettarlo. Non credo che si debba biasimare per quello schiaffo. Come della sua fuga..

Di controparte c’è una bionda vinta, abbattuta, che come unico desiderio ora vuole solo tornarsene a casa. In ultima battuta abbiamo Setsuna e la scoperta della testa d’ariete dalla quale è partito tutto il giro dei furti a danno dell’ospedale. Una scelta difficile quella di denunciare, ma l’unica possibile per un tipo come lei.

A prestissimo!

 

   
 
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