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Autore: Marauder Juggernaut    07/12/2017    2 recensioni
[ Scritta per la Xmas countdown challenge, indetta dal Forum di FairyPiece. Giorno 7 ]
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« Cracker… ».
« Oven allontanati… ».
« Altrimenti cosa fai, fratello? ».
Se lo sguardo del più giovane avesse potuto incenerire, di Oven non sarebbe rimasta nemmeno la polvere.
« Ti taglio le gambe all’altezza del collo … sai che posso e sono abbastanza potente per farlo … ora, fa’ quindici passi indietro… ».
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« A Natale siamo tutti più buoni … quindi metti giù la pistola e perdonami! »
« Questa è una sacca a poche, Mont d’Or… »
« E questo è un dettaglio che conta se la impugni tu, Cracker? »
« Hai ragione… ».
Perché era appurato che se Katakuri era in grado di perforare teste con delle caramelle gommose, allora anche Cracker poteva uccidere qualcuno con della glassa in una sacca a poche.

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Tutti, ma davvero tutti vogliono essere i primi ad assaggiare i biscotti al pan di zenzero di Cracker.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Charlotte Cracker
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: Incest
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Note autrice: attenzione! Il contenuto di questa fic è altamente demenziale e c'è un piccolo incest alla fine. E tutti sono abbastanza OOC, ma avevo davvero voglia di scrivere una situazione simile. Spero, se non di farvi ridere, almeno di strapparvi un sorriso con questa storia. E poi è una mia hc che tutti i fratelli Charlotte siano pasticceri provetti. E Cracker è un mago dei biscotti. Dato che credo che non pubblicherò altro prima di Natale - eccetto una Kataiji rossa e quindi probabilmente non gradita a tutti, occupo questo spazio per fare un anticipo di auguri di buone feste a tutti!
Ps. Per chi non conosce, pepparkakor è il nome svedese dei comunissimi biscotti al pan di zenzero molto natalizi.
Pps. La prima frase di Cracker è stata la prima frase che mi ha detto Maurizio Merluzzo la prima volta che l'ho incontrato. Mi sembra giusto onorarlo così.
M.J.

 
PEPPARKAKOR


Pudding sbatté le palpebre sorpresa, guardando il fratello: « Cracker, ma non hai freddo? ».
Con un gran sorriso perverso, il decimo fratello annuì: « Puoi dirlo forte. Ho i capezzoli particolarmente turgidi. » e dopo questa pragmatica osservazione, tutti i componenti della famiglia Charlotte presenti si voltarono a guardarlo scioccati e sconcertati.
Charlotte Cracker, temibilissimo pirata con una taglia da ben 860 milioni di Berry, con una sola frase aveva appena dimostrato di non meritarsela. Due frasi, per amor di sintassi.
Per carità, non che non fosse un bel vedere il decimo figlio spogliato dell’armatura e con addosso solo un grembiule  con scritto “kiss the cook or his butt(er)”, ma la neve fuori dalle finestre del castello di Whole Cake lasciava ben intendere che non fosse la temperatura adatta per tale outfit.
E per stessa ammissione di Cracker, lui aveva freddo.
Smoothie, seduta su una sedia, sorseggiava un frullato di decorazioni e lucine di Natale e lo squadrava incerta mentre il maggiore si dava un gran da fare dietro la penisola dei fornelli.
« Ma non potresti vestirti? » domandò obbiettiva. Cracker bloccò il proprio trafficare solo per guardarla scandalizzato.
« Mettiamo in chiaro una cosa, sorella. Quando io, ministro dei biscotti, devo preparare dei biscotti … ah, grazie Katakuri, la farina puoi metterla pure lì… ». Il diretto interessato posò il sacco di farina su uno dei piani della cucina mentre Cracker recuperava tutto il materiale occorrente. Il decimo fratello tornò a fissare Smoothie: « Stavo dicendo … quando io devo preparare dei biscotti, due cose – due – devono essere libere: la mia anima e le mie palle ».
Smoothie quasi soffocò col frullato e Katakuri lo guardò schifato: « Vuoi dire che non indossi i pantaloni in questo momento? ».
Cracker sorrise malizioso: « Ho quelli dell’armatura di biscotto in questo momento, ma sotto di essi non ho nulla ... li vuoi assaggiare, Katakuri? ».
Il secondogenito alzò gli occhi al cielo, Smoothie tirò fuori la lingua disgustata e Pudding quasi svenì.
« Cracker, che schifo! ».
« Ehi, ehi! Poi baci Mama con quella bocca, Galette? Dammi il burro invece di lamentarti! ». La sorella lo squadrò sospettosa prima di posare tutti i panetti dove le aveva indicato Cracker. « E poi scusate, Oven cucina nudo e io non posso cucinare indossando solo i pantaloni dell’armatura? »
Katakuri sospirò: « Oven non cucina nudo, Cracker… ».
« Allora cosa diavolo stava facendo quella volta che l’ho visto nudo in cucina?! » Cracker si bloccò sconcertato, ma poi cominciò a mettere miele e acqua in una casseruola sul fuoco.
« E che sia chiaro! » gridò all’improvviso, mettendo all’erta tutti e minacciandoli con un cucchiaio di legno come se impugnasse la fedele Bretzel « Nessuno tocca i miei Pepparkakor finché non li ho glassati! E in ogni caso il primo che è pronto lo mangio io perché ho lavorato… » concluse, aggiungendo burro e spezie nella casseruola, cominciando a mescolare energicamente il composto e a canticchiare a labbra chiuse una canzone di Michael Bublé.
Ormai era tradizione. Quando si avvicinava il Natale, più o meno tutta la famiglia Charlotte – chi più chi meno insistentemente, chi proprio senza proferire parola – cominciava a bramare gli omini di pan di zenzero che il decimo figlio maschio sapeva preparare tanto bene. Cracker acconsentiva, ma alle sue regole – che poi, diciamolo, cucinare biscotti per ottantacinque fratelli non era una passeggiata, senza contare che Mama ne mangiava a vagonate.
Innanzitutto, voleva solo gli ingredienti migliori e per quello i vari ministri di Totland provvedevano senza il minimo problema.
Mangiava lui il primo biscotto pronto e qui cominciavano i problemi, perché quando il profumo della perfetta cottura del pan di zenzero si spandeva nell’aria, era davvero difficile resistere dall’allungare la mano per arraffare uno di quei favolosi biscotti. Ma Cracker non si sarebbe fatto problemi a spezzare in più punti il braccio di chi ci avrebbe provato: prima lui, esimio ministro dei biscotti, doveva controllare che fossero perfetti, poi gli altri avrebbero potuto favorire. Se non erano come voleva lui, Cracker era capace di buttare via tutti i quintali preparati e ricominciare tutto da capo, nonostante le proteste di tutti.
Cracker versò il composto nella miscela di farina e bicarbonato, cominciando a impastare mentre la traccia del suo personale disco di canticchio passava da Michael Bublé a uno stonatissimo tentativo di “All I want for Christmas is you” di Mariah Carey.
Anana posò il mento sul ripiano della penisola: « Fra quanto sono pronti? ».
« Tra un po’. »
« Fra quanto sono pronti? »
« Tra un po’. »
« Fra quanto sono pronti? »
« Tra un po’. »
« Fra quanto sono pronti? »
« Tra un po’. »
« Fra quanto sono pr-?»
« Anana, dillo un’altra volta e non avrai più i denti per mangiarli… ».
La bambina si ammutolì, tirando le labbra dentro la bocca, come a voler proteggere in quel modo tutti i denti, prima di andarsene indispettita.
« Cracker, modera i termini con tua sorella. »
« Ma l’hai sentita, Katakuri! Rompeva le scatole per nulla! » protestò senza smettere di impastare, prendendo poi un mattarello per cominciare a spianare l’impasto.
Una volta completamente piatto, fece un gran sorriso a trentadue denti: era tempo di far emergere tutta la sua capacità artistica con le formine da biscotto. Uno a forma di Cracker, uno a forma di Perospero, uno a forma di Compote, uno a forma di Katakuri, di Daifuku, di Oven, di Mama, di Randolph – tanti a forma di Randolph.
« SCUSAMI BRULÉE, QUELLO CHE TI ASSOMIGLIA MI È VENUTO DEFORME, MA È BUONO LO STESSO, GIURO! » urlò per farsi sentire in qualunque specchio del castello fosse la sorella. Non era per nulla pentito. Tanto – con tutto l’affetto del mondo, eh! – non che nemmeno l’originale fosse un’opera d’arte. O forse sì, di quelle contemporanee.
« OVEEEEN! TEMPO DI CUOCERE! ».
« Non urlare, idiota, sono sempre stato qui… ».
Cracker spalancò gli occhi, certo di non averlo mai notato in cucina da quando aveva cominciato la preparazione. Sbatté le palpebre: « Da quanto sei qui? ».
Il quarto fratello lo fissò senza espressione: « Dall’inizio. »
« Quindi hai ascoltato ogni dialogo? »
« Proprio così. »
« Allora cosa ci facevi quella volta nudo in cucina? »
« Beh, io… ». Cracker gli fece stendere le braccia e aprire i palmi delle mani: « Mi raccomando, duecentoventicinque gradi per tre minuti. Io penso alla glassa. » disse, non curandosi più delle parole che uscivano dalla bocca di Oven.
Quando finì la miscela per la deliziosa guarnizione, la prima infornata di biscotti era già pronta e Cracker vedeva già l’insaziabile voglia negli occhi di Oven. L’espressione di puro desiderio sul suo volto fece irrigidire il decimo fratello che lo guardò serio come se il maggiore fosse sul punto di commettere il più grave dei crimini.
« Cracker… ».
« Oven allontanati… ».
« Altrimenti cosa fai, fratello? ».
Se lo sguardo del più giovane avesse potuto incenerire, di Oven non sarebbe rimasta nemmeno la polvere.
« Ti taglio le gambe all’altezza del collo … sai che posso e sono abbastanza potente per farlo … ora, fa’ quindici passi indietro… ».
« La carne è debole fratello, non puoi pretendere che resista troppo… » tentò di giustificarsi per quella tentazione che lo stava portando ad assaggiare uno di quei meravigliosi biscotti di pan di zenzero.
Il volto di Cracker era immobile, come se il decimo fratello stesse dando la possibilità al maggiore di ritirare e annullare tutte quelle intenzioni.
La voce del ministro dei biscotti era gelida e tagliente: « Oven, fa’ quindici passi indietro, immediatamente… »
« Cracker… »
« Subito. » freddo, mortalmente perentorio, come se fosse stato Katakuri. Questi infatti intervenne per mettere la mano sulla spalla del gemello e accompagnarlo nel suo indietreggiamento, lontano dall’ira funesta di Cracker.
Messa la glassa nella sacca a poche, con estrema perizia e mettendo la lingua tra le labbra nel pieno della concentrazione, Cracker cominciò a guarnire i particolari.
La sciarpa del biscotto di Katakuri, i ghirigori delle ginocchiere di Smoothie, gli occhi di Pudding, l’armatura di Daifuku, le rose del vestito di Praline…
Tornò a riempire la sacca a poche una volta finito il dolce contenuto. Fece appena in tempo a voltarsi nuovamente, pronto a riprendere il lavoro da dove lo aveva lasciato, che colse un ladro con le mani nel sacco. Per riflesso condizionato, Cracker sollevò lo strumento da cucina come fosse una pistola.
Beccato in flagrante nel tentativo di furto, Mont d’Or cominciò a pregare in tutte le lingue che conosceva che il maggiore lo risparmiasse.
Invano.
Nessuno poteva assaggiarli prima di lui. E se qualcuno lo avesse fatto, probabilmente non avrebbe vissuto abbastanza a lungo da poter decantare il prelibato sapore, al diavolo i vincoli di sangue e l’affetto fraterno.
Il bibliotecario alzò le mani colpevole e cominciò a indietreggiare non appena Cracker fece un passo in avanti puntando la sacca a poche contro di lui.
« Te lo giuro, fratello, non so cosa mi è preso. Erano qui, sul ripiano e sembravano così buoni… »
Cracker  non si fece impietosire, ma continuò ad avanzare minaccioso quanto gli potevano consentire quel grembiule e quell’arma: « Mont d’Or, vattene… »
« A Natale siamo tutti più buoni … quindi metti giù la pistola e perdonami! »
« Questa è una sacca a poche, Mont d’Or… »
« E questo è un dettaglio che conta se la impugni tu, Cracker? »
« Hai ragione… ».
Perché era appurato che se Katakuri era in grado di perforare teste con delle caramelle gommose, allora anche Cracker poteva uccidere qualcuno con della glassa in una sacca a poche.
Il decimo fratello non ci vide più; sentì la rabbia bollirgli dentro come fosse stata cioccolata calda pronta per essere tolta dal fuoco.
« FUORI! » un urlo degno del miglior capo Cherokee pronto alla guerra fece immobilizzare e terrorizzò tutti i presenti, che guardarono Cracker nella speranza di cogliere un suo ultimo barlume di magnanimità; ma questa non c’era più: solo una gran voglia di finire il proprio lavoro in pace.
Capendo che no, non sarebbero più riusciti a restare fino all’ultimazione di quei Pepparkakor, tutti i fratelli Charlotte presenti abbandonarono la cucina, insultando a bassa voce Mont d’Or per aver instillato la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della pazienza di Cracker.
Beh, quasi tutti i fratelli se ne andarono. Una restò. Lei che in silenzio aveva assistito a tutta la preparazione dei biscotti, senza mai dare fastidio. Cracker non l’avrebbe mai cacciata da lì, ne era certa.
Il fratello infatti, notando che lei era rimasta, non disse nulla; si limitò unicamente a un ghigno divertito mentre finiva di guarnire la prima infornata di biscotti.
Quando concluse del tutto il lavoro, soddisfatto, si mise a sedere sulla penisola, tenendo tra le mani un Pepparkakor a forma di rosa ancora caldo che Cracker aveva modellato per sé e per lei. Con un sorriso malevolo, il ministro dei biscotti ne inspirò il delizioso profumo, mentre Amande si alzava dalla propria seduta dove era rimasta tutto il tempo a leggere un buon libro.
Cracker porse quella rosa di biscotto alle labbra della sorella che si era avvicinata senza dire una parola. Senza smettere di sorridere colmo di malizia il fratello chiese una controprova: « Puoi confermarmi che sono ancora il miglior pasticcere di biscotti di Totland? » domandò egocentrico, mentre Amande, senza nemmeno prendere il biscotto, si beò anche lei dell’invitante profumo di spezie direttamente dalle mani del decimo fratello.
« Sembrano buoni.» distaccata, ligia, ma sincera. Cracker l’adorava.
Troppo soddisfatto per quei complimenti che per lui valevano più dell’oro, la prese per la vita, avvicinandola di più a sé con un braccio, senza perdere nemmeno una sfumatura di quell’aria maliziosa che possedeva: « Amande, se per caso comincia a creparsi il cavallo dei pantaloni della mia armatura in biscotto … conosci il motivo. Non rispondo delle mie reazioni ⁓ ».
Lei sbuffò una risata. Era così raro vederla ridere. Diventava ancora più bella.
« Sicura di non voler assaggiare quelli? Giuro che dentro c’è una sorpresa… ».
Amande sollevò un sopracciglio, non rispondendo, ma prese l’omino di pan di zenzero a forma di Cracker e gli staccò la testa con un morso, prima di andarsene lasciandolo solo in cucina.
Il decimo fratello colse l’antifona.
Scrollò le spalle, sebbene terrorizzato: magari la prossima volta.
Prese un bel respiro: « OK, POTETE VENIRE A MANGIARLI, SONO BUONI! ».
   
 
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