Eccomi,
sono tornata!
Scusatemi del ritardo.
Ecco a voi il quinto capitolo, forse sarà un pò
noioso e nero, ma giudicate
voi!!!
Mi raccomando recensite in tante!!!
Voglio
anche commenti negativi così potrò migliorare in
qualcosa!!!
CAPITOLO
QUINTO
< NON LASCIARMI!!! NOOOOOOOOO!!!! >
Don House stava salendo le migliaia gradini con passi molto veloci per
raggiungere quella fanciulla. Continuava a correre, a correre e
più correva più
la loro distanza triplicava.
Poi ad un tratto il signorotto, a furia di correre, inciampò
su uno dei
gradini. Non riusciva più ad alzarsi e con le ginocchia a
terra, la schiena
dritta, le mani che cercavano di afferrare quella fanciulla,
continuò a
gridare:
< NOOOOOOO!!!! TI PREGO, RESTA CON ME!!!!! I NEED YOU!!! >
Quella figura si smaterializzò lentamente e sparì
in un buio pesto e cupo.
< NOOOOOOOOOO!!!! >
< Ah! >
Esclamò don House svegliandosi di scatto.
Il suo respiro era affannoso, il cuore batteva all’impazzata
ed era tutto
sudato.
Si guardò in giro con aria guardinga... era la sua stanza.
Aveva fatto un
incubo!
Si alzò dal letto e si avviò verso il salotto,
aprì la credenza e ne estrasse
una bottiglia di whisky. Se ne versò un po’ in un
bicchiere di vetro e bevve
avidamente.
Appoggiò il bicchiere su quel tavolo lungo, e si
avvicinò alla finestra. La
aprì e appoggiò entrambe le braccia sul davanzale.
Davanti a sé vedeva le mura che accerchiava il castello
impedendogli qualsiasi
visuale, ma questo, per lui, non era un ostacolo, infatti, il suo
sguardo si
perdeva lontano in interminati spazi.
In quel castello regnava un silenzio assoluto quasi dark, tutto
sembrava essere
avvolto in un sonno perpetuo, la notte era lunga, scura e tetra. Si
udiva il
sibilo molto forte del vento e il frusciare delle foglie. Si udivano
anche dei
lupi che ululavano ad una luna nascosta, a metà, dietro alle
enormi nuvole
quasi nerastre, gufi che bubbolavano sugli alberi, pipistrelli intenti
a
cercare il cibo battendo le loro grandi ali. Era davvero una notte
molto tetra.
Il signorotto non riusciva a riprendere sonno. La sua mente era ancora
agitata
da tanti pensieri che lo rendevano nervoso. Non gli era mai piaciuto
confrontarsi con qualche cosa che gli risultava essere sconosciuto e
indecifrabile.
Quella fanciulla lo aveva colpito, ammaliato, per di più
stregato e lo metteva
in situazioni che non riusciva a venirne fuori.
Stava ancora meditando su tutte queste cose, rapito in uno stato di
trans quasi
contemplativo, quando notò qualcosa di strano. Si sporse in
avanti per vedere
meglio e si accorse che sotto c’era qualcuno, ma non riusciva
a distinguerlo
bene a causa della scarsa luce; distingueva solo una grossa sagoma
scura che
camminava a passi lenti. Senza pensarci due volte, si
precipitò fuori dal
salotto e si avviò verso l’uscita del castello per
andare incontro a quella
grossa sagoma.
Fece un respiro di sollievo nel vedere chi era in realtà
quella sagoma.
Erano i suoi fidati bravotti.
< Allora, avete notizie? >
Chiese il signorotto con espressione seria e assumendo un tono severo.
Si fece avanti uno di loro. Era un uomo con una carnagione scura,
capelli neri
e cortissimi, occhi nocciola, il suo nome era Eric Foreman. Dal suo
modo di
camminare, di parlare e di pensare tutti lo scambiavano per il
signorotto.
< Le notizie che siamo riusciti a prendere non sembrano
granché! E’ molto
conosciuta in paese per la sua infinità dolcezza, per la sua
voce angelica, per
i suoi occhi raggianti, per il suo sorriso smagliante. Allora ho
pensato che
una fanciulla così doveva per forza essere di un altro e...
>
Si fermò un attimo poiché il signorotto che gli
stava di fronte, emise uno
sbadiglio molto grosso facendogli pure sentire l’alito.
Quando finì di sbadigliare, don House iniziò a
dire:
< Avanti! Tu sei me! Cosa avrei fatto? >
Foreman si sentì avvampare dalla rabbia ma si dovette
contenere e continuò il
discorso:
< E ho chiesto in giro il suo... come si suol dire... ragazzo!
Ho scoperto...
>
Non completò la frase che gli altri due tossivano.
Foreman li guardò e roteò gli occhi per aria.
< E va bene! Abbiamo scoperto che il giorno di festa
entrerà in chiesa con
il nome Cuddy e uscirà con un altro nome... >
Non fece in tempo a dire quel nome che lo urlarono tutti e tre in coro:
< TRAMEZZINO! >
Don House stava giocherellando con la spada battendosi con
l’aria e quando
sentì quel nome pronunciato in coro si sentì
sprofondare. Gli sembrò di stare
in mezzo all’oceano che senza forze si lasciava trascinare
sempre più a fondo
nell’abisso più nero e tetro. Era come se il mondo
gli fosse piombato addosso e
si sentiva amareggiato, tradito, sconfitto e arrabbiato. Non era
possibile che
lei sarebbe diventata la donna di un altro. Non poteva sopportarlo. Era
più
forte di lui, doveva fare qualsiasi cosa per impedire questa unione.
Qualsiasi
cosa.
Mentre il signorotto era indaffarato nei suoi pensieri, i tre bravotti
parlavano tra di loro. D’un tratto uno di loro si
fermò e puntò lo sguardo
verso il padrone.
< Ehm, mio signore! >
Fece l’indiano soprannominato dal capo
“Colui-che-si-entusiasma-per-niente”. Ma
vedendo che non riusciva ad attirare la sua attenzione, si
avvicinò e gli
sussurrò all’orecchio:
< Avrei un’idea! Potete sempre sfidarlo a duello!
Entusiasmante! >
Don House gli indirizzò un’occhiataccia e lui
arretrò i passi velocemente dalla
paura di essere incenerito o fatto a pezzi dalla spada.
< IDIOTI!!!! >
I tre bravotti rimasero fermi come una statua e con la fifa che
attraversava le
loro vene.
< P... p... p... osso? >
Balbettò un uomo più basso di quei tre con il
dito alzato in modo da avere il
consenso di poter proferire parola.
Il signorotto sbruffò e con tono secco gli disse:
< Hai altre idee migliori di
“colui-che-si-entusiasma-per-niente” ? Oppure
hai altre notizie, Taub? >
Con la fifa addosso e il sudore nella fronte, si fece coraggio e
cominciò a
dire:
< Mio signore, l’altra notizia è che
stamattina la madre si è sentita male
mentre stava lavorando nelle vostre terre. >
Si fermò facendo un sorriso sforzato.
< E sai quanto mi frega! >
Rispose ancora con la rabbia addosso.
< IDEA! >
Don House, Taub e Foreman puntarono gli occhi verso Kutner.
L’indiano si senti troppo osservato e con la tremarella
addosso cominciò a
formulare la sua idea:
< Ehm, mio signore la madre è in ospedale quindi la
figlia sarà sempre con
lei. Potete almeno andarla a farle una visita e conquistarla, sempre se
vi
riuscite! >
Il signorotto, nell’udire le ultime parole, si
avvicinò, col volto rabbioso,
verso lui.
L’indiano, nel vederlo che si avvicinava con
quell’espressione, puntò lo
sguardo verso terra.
< Hai ancora coraggio di affermare l’ultima frase?
>
Domandò con tono secco e arrabbiato.
< N... n... no, mio signore!!! >
Il signorotto lo guardò ancora con gli occhi pieni di fiamme
e, pensando a
quella sua idea si calmò.
< Devo dire che certe volte hai delle idee... Ora ragazzi vado a
nanna!
Continuate a fare la ronda in paese! >
Disse voltando le spalle a loro e dirigendosi verso l’entrata
del castello.
< Questo matrimonio non s’ha da fare!!! >
L’angolo
di ladyT:
@
Miky91:
Agli ordini, continuerò!!! Grazie mille per incoraggiarmi ^_-
@ ChrisP:
E continuo
sia!!! ^_^