Lost Kingdom
11. Kingdom of Day.
I raggi del sole ferivano
dolorosamente gli occhi appena schiusi di Kagome. La ragazza girò un poco la
testa per cercare di evitare la luce diretta, prima di aprire completamente le
palpebre.
Si guardò attorno più e più volte,
per capire dove si trovava. Le pareti della stanza erano bianche, asettiche. Un
altro letto di ferro, uguale a quello in cui era sdraiata, si trovava accanto a
lei. Un piccolo pensile bianco, adornato da una croce bianca, e un
fonendoscopio abbandonato sul suo comodino le fecero intuire che doveva
trovarsi in un ospedale.
“Che diavolo ci faccio qui?” si
domandò a bassa voce, cercando di alzarsi. Trovò questa operazione estremamente
difficile, seppure non vi fosse niente che glielo impedisse. Sentiva tutto il
corpo intorpidito, e la testa le girava vorticosamente. Che si fosse presa una
sbronza colossale la sera prima?
Sospirò, chiudendo gli occhi e
abbandonandosi contro la testiera del letto. Non aveva le energie per fare
alcunché, tanto valeva attendere che qualcuno varcasse la porta e le spiegasse
che le era capitato.
Aspetta
un attimo… Kagome spalancò gli occhi. Ma
quale sbronza colossale…! Come faceva a trovarsi in
un ospedale? Dov’era Inuyasha? E gli altri? E Naraku?
venne assalita da un’ansia frenetica. Cercò di alzarsi, ma le gambe non
rispondevano bene ai suoi comandi.
Dannazione!
Prese in mano il telecomando del
campanello di chiamata e schiacciò forte il pulsante.
In un istante un’infermiera
grassoccia entrò trafelata dalla porta, guardandola stralunata. “Che è
successo, ragazza mia!?”
“E’ quello che vorrei sapere io!”
gli rispose di rimando la ragazza. “Perché mi trovo qui?”
“Oh, benedetta ragazza… e chi lo sa? I tuoi amici farfugliavano delle cose
senza senso. Eppure sono risultati negativi ai controlli antidroga!”
L’infermiera si mise una mano nel camice e ne estrasse un termometro
elettronico, con cui misurò la febbre a Kagome. “Oh, finalmente ti è passata.
Questa notte, quando ti hanno portata qui, avevi la febbre a 40… ti scendeva e
si alzava improvvisamente!”
Kagome si sentiva sempre più
confusa. Come poteva avere la febbre se… si ricordò
la caduta, il dolore al fianco, la sensazione delle ossa che si rompevano… si scoprì le gambe dal lenzuolo. Sporche,
sporchissime. Ma nemmeno un graffio. Mosse le dita dei piedi per esserne certa.
Le sentiva intorpidite, ma non aveva alcun tipo di dolore. Si tastò il fianco,
si alzò la maglietta lurida. Nulla.
Le mani e le braccia dovevano
esserle state lavate, anche se c’era ancora qualche residuo di terriccio qua e
la e sotto le unghie. “Io ero… ero al campo
archeologico dell’Hakurei… adesso dove sono?”
“Oh, sei solo nell’ospedale paese
vicino, cara. I tuoi amici ti hanno
portato qui su quello che sembrava un pulman tutto
sconquassato, mezzo bruciato e con due gomme a terra. Il ragazzo che lo guidava
sembrava un pilota di rally. Ed è anche moooolto
carino.” L’infermiera arrossi lievemente, ridacchiando.
“E c’era per caso anche un
ragazzo con i capelli bianchi e lunghi?”
Questa volta l’infermiera fece
una smorfia di disappunto. “Si, c’era anche quello scalmanato. Ti ha portato
lui in spalla dal pulman a qui. Non voleva che
nessuno ti toccasse, c’è ne è voluto per farlo calmare. Sembrava appena uscito
da un incontro di lotta libera nel fango, parlava una lingua tutta sua e
sembrava insultare chiunque gli capitasse a tiro. Che maleducato!”
Kagome sospirò sollevata. Quasi
si metteva a piangere dalla gioia. “Dove sono ora tutti?”
“Qualcuno è in giro per il paese,
sai, a cercare di lavarsi e di rimetteresi in sesto… eravate tutti conciati proprio male…
si può sapere che diavolo è successo? Il pilota ha parlato di uno smottamento,
di una frana…”
La ragazza scrollò le spalle.
Sapere che Inuyasha e i suoi amici erano sani e salvi le aveva restituito
energia. “Non so, era buio…” rispose vaga, cercando
di non sorridere immaginandosi Inuyasha con lei sballottata in braccio che
entrava nel pronto soccorso lanciando insulti a destra e a manca.
“In ogni caso, c’è una tua amica
qua fuori. Ha atteso il tuo risveglio per tutta notte…
era appena uscita a prendersi un caffè quando mi hai chiamata. La faccio
entrare?”
Kagome annuì, e l’infermiera
uscì. Dopo pochi istanti Sango entrò di volata, vestita con i resti del suo
pigiama e un camice rubato ad un dottore, con il caffè ancora in mano. Rimase
in piedi a fissarla imbambolata ad un metro dal letto, prima che le salissero
le lacrime agli occhi e che le saltasse addosso, rovesciando il caffè in giro
per la stanza. “Kagome, sono tanto tanto tanto tanto contenta di vederti
sveglia! Abbiamo avuto tanta tanta tanta tanta paura!” L’abbracciò,
continuando ad inondarla di caffè. “Sembravi morta… e
il tuo corpo era così bollente!”
“Sango, per favore calmati! Anche
io sono felicissima di rivederti tutta d’un pezzo…
puoi dirmi che è successo, però?”
“Miroku mi ha detto che in
camicia da notte, mentre combatto e tutta sporca di terra sono sexy da morire!”
Kagome rimase interdetta. Non era
proprio quello che voleva sentire. “Ehm… volevo
sapere altro…”
“Tipo che per poco non facevamo
sesso selvaggio in un ripostiglio vuoto, due minuti fa?”
“No, veramente volevo sapere come
era finita la battaglia e com’è che sono qui…”
Sango si rese conto che
effettivamente era giusto che sapesse quello, piuttosto che la sua rinnovata
attività sessuale. “Quando hai scagliato la freccia contro Naraku,
sei finalmente riuscita a colpire la sfera. Ha iniziato a perdere energia e si
stava sgretolando, ma era comunque pericoloso. Ma non più imbattibile, così
sono bastati un paio di colpi ben assestati di Inuyasha e suo fratello per
ridurlo in una disgustosa poltiglia verde e viola. Però c’era il problema che
tu non ti muovevi, non respiravi e non ti si sentiva il battito cardiaco. “
“Oddio, cos’ero, morta?”
“Dimenticavo: avevi il collo che
si piegava come burro”
Kagome strillò di disgusto,
mentre si toccava il collo, velocemente, per accertarsi che fosse ancora al suo
posto. “Oh mio dio, ero morta di nuovo!”
“Già, però questa volta c’era la
soluzione. Ti ricordi la spada di Sesshomaru? Tenseiga? Bene, a quanto pare riporta davvero in vita i
morti, sennò non saresti qui.
Inizialmente non voleva proprio usarla su di te…
anzi, se ne stava andando, dicendo che non gli interessava. Inuyasha l’ha
pregato e ripregato, lo stava anche per attaccare,
una tragedia, non ti immagini! Che antipatico…” Sango
fece una pausa, per sorseggiare il caffè, accorgendosi solo in quel momento che era dappertutto nella stanza
tranne che nel bicchiere di plastica che aveva in mano. Alzando le spalle,
gettò il bicchiere nel bidone della spazzatura. “Poi è arrivata Rin. Si è parata davanti a Sesshomaru
e l’ha solo guardato! Gli ha preso la
mano e l’ha solo guardato! Sesshomaru si è rigirato indietro, ha preso la spada e te l’ha piantata nel petto… e dopo un istante hai iniziato a respirare di nuovo,
le ossa sono tornate al suo posto… ma eri bollente e
non rispondevi ancora. Sesshomaru ha detto che Tenseiga non era mai stata usata su degli esseri umani,
quindi non conosceva le controindicazioni… Quindi ti
abbiamo caricato in fretta e furia su quello che rimaneva del pullman e siamo
arrivati qui…” Sango prese fiato, studiando l’espressione
attonita di Kagome. “Inizialmente nessun dottore capiva cosa avevi: nemmeno un
graffio, una contusione… test negativi ad alcool e droga…febbre che saliva e scendeva…
e poi stamattina ti è scesa, e hai sorriso nel sonno! Così si è pensato di
lasciarti dormire.”
“Ottima idea.” Mugugnò Kagome,
continuando a massaggiarsi il collo. “Ero stanca morta…” Poi chiese dove fosse Inuyasha. Sango le indicò che era fuori, nel
giardinetto dell’ospedale. “Si è lavato nella fontanella.” Aggiunse,
arricciando il naso in una smorfia disgustata.
La ragazza sorrise, e fece per
alzarsi. Sentiva ancora qualche capogiro, ma il peggio sembrava passato. Non era
completamente in forma ma pensò che fosse più che normale, per una persona
appena tornata dritta dritta dall’aldilà. Sango provò a fermarla, ma lei scosse la
testa. “Voglio vedere Inuyasha, muoio dalla voglia di stare con lui” ridacchiò,
cercando le proprie scarpe. Non ne trovò traccia, ed utilizzò un paio di
infradito di plastica bianche molto asettiche e probabilmente monouso. Una veloce passata nel bagno le restituì un
aspetto più umano, e le due ragazze si allontanarono dalla stanza a braccetto,
sorridendo.
“Si scrutano senza parlare da più
di mezz’ora… Inuyasha, credi che comunichino con la telepatia?”
Il mezzo demone alzò un
sopracciglio, fissando il ragazzo vicino a sé con uno sguardo di compatimento. “Noi
non abbiamo il potere della telepatia.”
Miroku alzò le spalle. “Ma perché
non si dicono nulla!” sbuffò. “Dannazione, sono padre e figlia, non si vedono
da migliaia di anni… ne avranno pur di cose da dirsi!”
Seduti sull’erba, non avevano
trovato nulla di meglio che fissare ostinatamente Sesshomaru
e Rin, a pochi metri da loro, sul limitare del
piccolo boschetto del parco dell’ospedale, in piedi uno di fronte all’altro,
distanziati di pochi centimetri. Continuavano a fissarsi in silenzio, lo
sguardo curioso della bambina che si rispecchiava negli occhi, apparentemente
gelidi ed inespressivi, del suo padre originario.
“Mio fratello è sempre stato un
tipo di poche parole” Inuyasha si grattò il collo, volgendo lo sguardo verso l’edificio
ospedaliero a pochi passi. Kagome stava ancora dormendo? Avrebbe dovuto entrare
e vedere come stava, a costo di ringhiare nuovamente a quella curatrice
grassoccia e rompiscatole.
Annusando l’aria, però, le sembrò
di sentire il suo odore. Si volse di scatto, in tempo per vedere Kagome che
avanzava verso di loro, vestita con un camice troppo grosso per lei, assieme a
Sango, che indirizzò uno sguardo languidamente vorace a Miroku, che sorrise
stupidamente.
Inuyasha scattò in piedi, non
riuscendo a trattenersi dal sorridere. Gli ultimi passi di Kagome furono fatti
quasi di corsa. Saltò tra le sue braccia e lo baciò con una foga che quasi lo
fece sbilanciare all’indietro.
Sesshomaru finalmente si era mosso dalla
sua posizione. Si era girato e sembrava sul punto di andarsene.
“E adesso?” lo fermò la voce
della bambina. Lui alzò lo sguardo dorato sopra la spalla.
“Dove andrai?” incalzò lei.
Il Re degli Youkai si voltò
nuovamente verso la bambina. Non poteva davvero credere che quella piccola e
fragile umana fosse davvero la reincarnazione di sua figlia, di una principessa
demoniaca la cui aura palpitava sensazionale appena dopo la nascita. La bambina
si torceva le manine sporche di terra, guardandolo in trepidante attesa. “Andrò
in un’altra dimensione.” Rispose il demone semplicemente. “Questa terra non è
più degli Youkai.”
“E non posso venire con te?” Sesshomaru la
guardò colpito. “I miei genitori sono morti. Non ho nessuno. Anche se io non mi ricordo nulla, e non sono un demone… sento che qualcosa
mi lega a te. Per favore. Portami con te.”
“Non sono posti per una bambina
umana.” Rispose gelido Sesshomaru.
Rin alzò le spalle. “Ho qualche
potere. Potrà essere utile.” Si avvicinò a lui, senza timore di essere respinta,
e gli prese la mano. “Possiamo andare anche ora, se lo desideri”
Il demone non si sciolse dal
contatto. Tenne la piccola e tiepida manina sporca nella sua, tra i suoi
artigli affilati che avrebbero potuto mozzare quelle dita infantili in un
istante, e si incamminò verso il bosco.
Rin si voltò solamente per accennare
un “Ciao!” di saluto ai quattro ragazzi, che non fecero in tempo a ribattere, perché
padre e figlia scomparvero tra le fronde degli alberi.
Tre
mesi dopo.
La sveglia che suonava insistentemente
lo fece imprecare. Come diamine riuscivano ad iniziare la giornata in un modo
così traumatico? La spense con un calcio che la fece schiantare contro il muro
della stanza. Poi si voltò verso il lato dove dormiva la sua dolce metà.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto?
Inuyasha emerse dalle coperte
stropicciate e aggrovigliate guardandosi attorno, cercando di captare rumori ed
odori. “Kagome?” domandò.
La ragazza entrò
in camera avvolta in un telo di spugna bianco, mentre di sfregava la chioma
corvina bagnata con un altro asciugamano del medesimo colore. “Buongiorno
tesoro!” cinguettò. “Mi sono svegliata un’ora fa per riuscire a prepararmi
meglio.”
Il mezzo demone si
lasciò cadere di nuovo sul letto, premendosi uno dei cuscini sul viso. “Kagome,
hai la laurea alle 3 del pomeriggio!” si lamentò.
La ragazza gi si avvicinò
sorridendo. “Ho bisogno di tempo per prepararmi. Oggi sarà un giorno speciale,
e desidero che sia tutto perfetto. Ah, tra mezz’ora riprovo la discussione della
tesi.”
“Ancora?”
“Oh, suvvia Inuyasha! E’ solo la
terza volta che l’ascolti! Io ho ascoltato quella di Sango almeno una decina di
volte, prima di oggi.”
“Figurati quante volte l’avrà
sentita Miroku…”
La ragazza alzò una spalla, sorridendo
maliziosamente. “Avrà sentito i primi cinque minuti almeno venti volte. Poi però
l’ha sempre interrotta, per…”
Il cuscino scagliato dal mezzo
demone sfiorò la ragazza di un palmo di mano, mentre lui la implorava di non
andare oltre nella spiegazione. Ridendo, Kagome si sedette sul bordo del letto,
senza smettere di guardare quello spettacolo della natura aggrovigliato tra le
lenzuola. Vedendola così vicino, il ragazzo gettò il cuscino di lato e si mise
a sedere, i suoi occhi d’oro nei suoi castani.
“Quand’è che mi sposi?” gli
chiese per l’ennesima volta. Un gioco che seguitavano a fare, quello di
domandarsi la mano a vicenda, per poi trovare una scusa fittizia per rimandare
le nozze. E poi abitavano già insieme, che altro si poteva chiedere di più?
Kagome gli tirò un buffetto sulla
guancia. “Quando ti troverai un lavoro serio”
“Io ho già un lavoro!”protestò il
ragazzo. “Sono il reperto archeologico vivente
della facoltà. I tuoi insegnati, compresa Kaede, mi pagano per farmi
toccare e studiare da un branco di matricole. E ti dirò, le ragazze sono quelle
che ci tengono di più a studiarmi.”
La ragazza finse gelosia,
incrociando le braccia falsamente stizzita.
Il mezzo demone l’attirò
a se, ridacchiando. “Ma sappi che ho sempre rifiutato le loro proposte
indecenti.” Con una mano le sfilò l’asciugano che l’avvolgeva, attirandola sul
materasso di fianco a sé. “Una alla volta, per favore…!”
aggiunse, iniziando a baciarla lungo il collo, ad accarezzare la pelle morbida
e profumata, vincendo i suoi inutili rimproveri sul presunto ritardo sulla sua
tabella di marcia.
“Ed adesso,
rimarrai a lavorare per la facoltà come ti ha chiesto Kaede?” le domandò Sango,
aggiustandosi orgogliosa la corona di alloro sulla testa. La proclamazione era
avvenuta da poco, e il rinfresco organizzato per i neolaureati si era
trasformato nella gara a chi mangiava più tartine tra Koga,
il metallaro uscito con la votazione minima, ed Inuyasha, guest
star dell’evento, fotografatissimo e conteso da madri
di giovani laureate single.
“Si, prenderò
proprio il posto di Miroku. A proposito, non mi hai ancora spiegato come mai
lasci il posto di assistente!” rispose, all’indirizzo dell’amico. Il ragazzo
alzò le spalle vago e si scambiò uno sguardo complice con Sango. “Diciamo che
voglio dedicarmi alla carriera dello scrittore.” Avvolse le spalle della
proprio ragazza con un braccio e le stampò un bacio sulla tempia. “Ora che ho
trovato anche la mia musa…”
Kagome storse il
naso, fingendo disgusto. “Finirai per scrivere romanzetti romantici letti da
ragazzine palpitanti.” Lo rimproverò, schernendolo. “Tutti miele e primi baci”
Sango e Miroku si
scambiarono un’altra occhiata, sorridendo misteriosi. “Più o meno…” rise lei. “E poi abbiamo in progetto di andare a
fare un lungo viaggio in Egitto.”
“Esatto, siamo
quasi sicuri di essere le reincarnazioni di Nefertiti
e Akenathon. Andremo li trovare le prove ed avere
ricordi della nostra vita passata.”
“Se ne siete sicuri…”
Inuyasha era
riuscito a scappare dalle grinfie dalla madre ultracinquantenne con il fisico
di una ventenne di una compagna di corso di Kagome, con la scusa di dover
portare alla propria ragazza un bicchiere di bibita. La ragazza bevve, grata
per la scusa che Inuyasha aveva inventato: iniziava a sentire sete.
Poi si interruppe
improvvisamente, lo sguardo perso nel vuoto. Gli altri tre la fissarono con
occhi sgranati. “Kagome, cosa stai vedendo?” domandò Miroku con voce tremante,
temendo una visione della ragazza.
Ma Kagome scosse
la testa. “L’Egitto mi ha fatto venire in mente una cosa importante…”
Deglutì, mentre
gli altri sembravano non capire. “Ragazzi, che fine ha fatto Hojo?
Si guardarono l’un
con l’altro. Inuyasha domandò chi fosse Hojo.
“Non è più tornato
dall’Egitto…” si ricordò Miroku. “Non si è più saputo
nulla di lui.”
“Lo cercheremo
quando saremo là.” Decise Sango. “Sempre che sia ancora vivo…”
“Io ho un brutto
presentimento” aggiunse Kagome, grattandosi la testa.
Si guardarono l’uno
con l’altro. Inuyasha domandò nuovamente chi fosse questo dannatissimo Hojo.
“Forse è meglio
che lo andiamo a cercare tutti insieme.” Disse Miroku. “Partiamo domattina?”
Sango e Kagome
annuirono. “Su Inuyasha, dobbiamo andare a casa a fare le valigie. Domani si
parte per una nuova avventura archeologica!”
Il mezzo demone li
guardò perplesso. Miroku gli tirò una pacca sulla spalla. “Come ai vecchi
tempi!” esclamò, convincente, senza un gran risultato.
“Hojo è il mio ex ragazzo, andato in Egitto prima che io ti
incontrassi – di nuovo. Essendo sparito, non ho mai potuto sciogliere la
promessa di matrimonio che c’era fra me e lui” mentì Kagome. “E non sarebbe
onorevole sposarci senza che io l’abbia lasciato, no?”
Il mezzo demone guadagnò
l’uscita. I tre fecero appena in tempo a sentirlo urlare qualcosa sull’occorrente
per il viaggio.
Miroku si
complimentò con Kagome per il suo metodo di convincimento. “Ci verrebbe fuori
un bel romanzo da questa storia, non credi Sango?”
THE
END!
E
con un ultimo ritardo inconcepibile, ecco che concludo questa storia!
Io
vi ringrazio tutte quante per averla letta, commentata, aggiunta ai preferiti o
ai seguiti!
NON
HO PAROLE PER ESPRIMERE LA MIA GRATITUDINE!!!
E.C.