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Autore: Urban BlackWolf    23/12/2017    4 recensioni
Inesorabilmente trascorse settimane da quella giornata di fine giugno, di Haruka e Michiru non si hanno più notizie. Le hanno cercate ovunque, interminabili ore passate tra le sponde di quel corso d'acqua quasi irriconoscibile, ma di loro non c’è più alcuna traccia.
Ma quando la speranza sembra ormai stata vinta dalla rassegnazione, un giovane dalla zazzera dorata e gli occhi verdi come i prati delle montagne ai quali appartiene, comparirà al servizio di una delle famiglie più in vista di Berna deciso a scoprire cosa realmente sia accaduto dopo quella maledetta sera.
-Sequel de: le trincee dei nostri cuori-
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Makoto/Morea, Michiru/Milena, Minako/Marta, Setsuna/Sidia | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Fino alla fine del mondo

La mia promessa a te

 

Sequel del racconto

le trincee dei nostri cuori

 

I personaggi di Haruka Tenou, Michiru Kaiou, Setsuna Meiou, Usagi Tsukino, Rei Hino, Makoto Kino, Ami Mizuno e Minako Aino appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Il tuo ritorno

 

 

 

Quando Setsuna vide Michiru priva di conoscenza tra le braccia di una Tenou agitatissima, comprese che tutte le ansie che aveva manifestato nel giudicare negativamente il comportamento troppo poco accorto di quelle due ragazze, erano giustificate. I ricordi di Kaiou erano tornati a fluire, ma l’impatto era stato troppo violento.

“Dottoressa…” Chiamò Haruka ansimante mentre Giovanna, Minako e Makoto scattavano verso le due.

“Haruka, cos’è successo?!” Chiese la sorella cercando di aiutarla nel sorreggere il corpo dell’amica.

“Non lo so! Non lo so! Sembrava stare bene e all’improvviso mi è svenuta tra le braccia. Dottoressa…”

“State calma. Non è successo niente che non avessi già calcolato. - Cercò di tranquillizzare rivolgendosi poi direttamente all’altra ragazza. - Michiru… Michiru, mi sentite?” Un paio di buffetti sulla guancia, ma nessuna reazione.

“D’accordo. Haruka ce la fate a portarla nella sua stanza?”

“Certamente!”

“Perfetto. Allora andiamo.” E si diressero tutte verso il corpo femminile cercando di fare il prima possibile.

 

 

Ma dove sono?! Michiru si guardò intorno provando a mettere a fuoco l’immagine che le si stava componendo davanti agli occhi. Un’imponente struttura in stile classico, con il corpo principale che al piano terra portava disegnato agli angoli due paraste in bugnato liscio. Motivo ripreso per tutta la superficie, interrotta solamente da tre porte, ciascuna a doppia anta e ripartito nel piano superiore da quattro semi colonne di ordine corinzio, dove all’interno la faceva da padrona l’eleganza di finestre bifore dalla linea estremamente leggera. La composizione architettonica del più antico e rinomato conservatorio di Berna, terminava con la forza espressiva di un impressionante timpano dal fregio decorato con scene della mitologia greca riferite al dio delle arti musicali Apollo.

Deglutendo alla vista di quello spettacolo, Michiru sentì la mano calda del padre stringere la sua in un’avvolgente, dolcissima e confortante sensazione di sicurezza. Guardando l’uomo fermo accanto a lei sorrise avvertendo nel piccolo palmo dell’altra, la maniglietta in ottone della custodia del suo strumento.

Hai paura amore?” Si sentì chiedere con vena scherzosa.

O si, ne aveva eccome e nessuno avrebbe potuto darle la croce per questo. In fin dei conti non aveva ancora compiuto sei anni ed essere stata ammessa in così giovane età alle lezioni di violino di quel conservatorio, non era da tutti.

Contraccambiando il sorriso paterno, Michiru respirò profondamente controllando un’ultima volta la compostezza del suo bel vestitino di tulle color acqua marina, sentendosi così pronta ad affrontare la prima grande sfida della sua esistenza. Un momento da ricordare per tutta la vita.

La piccola Kaiou era una bambina posata e riflessiva, ma possedeva un coraggio nell’agire invidiabile persino per un adulto. Non avrebbe gettato al vento la possibilità di studiare accademicamente con i migliori e neanche la morsa che quella gigantesca struttura le stava dando allo stomaco l’avrebbe fermata.

Ma sono io con mio padre, disse capendo solo in quel momento di stare dialogando con se stessa, nella sua mente, osservando tutto il mondo attorno a lei dal suo corpo di bambina, in quello che era il suo primo vero ricordo.

Rabbrividendo percepì le sensazioni tattili di quella piccola gemma. Guardando se stessa stringersi a suo padre, ricordò quella giornata con vivido entusiasmo. Era primavera inoltrata quando era stata accompagnata da Viktor ad iscriversi, proprio alcuni giorni dopo aver partecipato e passato le audizioni per l’anno accademico che sarebbe iniziato l’autunno successivo.

Una mattina piuttosto calda, ma vuoi la leggerezza del suo vestito ed una certa dose d'agotazione, aveva provato un gran freddo per tutto il tempo. Tempo passato con il suo adorato genitore mentre l’accompagnava con il petto gonfio d’orgoglio paterno nel posto per lei più magico del mondo. Una Michiru piccola ed aperta alla vita, con le dita serrate al compagno fidato di tanti pomeriggi di studio solitario; il violino di suo nonno. Uno dei giorni più belli della sua esistenza; il giorno che aveva conquistato la sua prima vetta.

Kaiou!” Il suo nome chiamato all’unisono dalla voce di due ragazze e si voltò ritrovandosi in un cortile alberato con in dosso l’uniforme alla marinaretta bianca e blu di una scuola. Un collegio forse. Si, il Collegio di San Patrik nei dintorni di Basilea, dove aveva studiato per quasi un lustro; dai nove, ai quattordici anni.

Accidenti! È più di un’ora che ti stiamo cercando! Ma dov’eri?!”

Nella sala della musica.” Disse sapendo perfettamente di stare mentendo a quelle che erano di fatto le sue più care amiche; Margaret e Sofia.

Bugiarda! Veniamo proprio da li!” Le rispose la seconda, più grande di un anno e perciò la saccente del trio.

Guarda che lo sappiamo.” Fece eco Margaret iniziando a punzecchiarla con l’indice su di un fianco.

Cosa?”

Di la verità Michiru, non è che per caso ti eri appartata con l’insegnante di francese?”

Margi, non essere sciocca! Cosa vai a pensare!”

Ma finiscila di fare la santarellina. Sono settimane che il fascinoso Eduard non fa che farti gli occhi dolci e per i corridoi già si vocifera che voglia chiederti la mano, dopo aver parlare con tuo padre.” Rilanciò la pettegola iniziando a far montare l’urto di una Kaiou sempre estremamente riservata.

In più quella notizia era dannatamente falsa e a lei dava un’inspiegabile fastidio che circolasse tra i loggiati. Non provava ne attrazione, ne tanto meno stima per quel francese pompato dai basettoni impomatati, anzi, ogni volta che lo vedeva avvicinarsi con fare lascivo da cicisbeo, che fosse al suo banco, al tavolo della mensa o nel parco, faceva di tutto per toglierselo gentilmente dai piedi.

Michiru fece una tale smorfia di disgusto che immediatamente la mano di Margaret andò a bloccarle il braccio facendole sbilanciare e cadere in terra i libri che le sarebbero serviti per le lezioni pomeridiane.

Perché fai sempre la strafottente con noi? L’esser bella, talentuosa e figlia unigenita di un diplomatico, non ti arroga il diritto di sentirti migliore di noi!”

Margi ha ragione. Perché non vuoi ammettere che il professore ti piace e che saresti lusingata se parlasse con i tuoi genitori?!”

Perché? Lo vuoi proprio sapere Sofia? Perché non c’è assolutamente nulla d’ammettere! Non corro dietro agli occhi cerulei del signor Eduard e comunque sono ancora troppo giovane per una proposta nuziale. Ho altri piani per il mio futuro e non vedo nel matrimonio la completezza di una donna! Ecco perché! Soddisfatte?!” Ringhiò contro entrambe inginocchiandosi per raccogliere i libri.

Sapeva che le amiche non afferravano quel suo liberalismo mentale che per certi versi sfuggiva anche a lei. La visione di un buon matrimonio che pervadeva la stragrande maggioranza delle donne del suo tempo, era senza ombra di dubbio comprensibilissima, più facile e conveniente, soprattutto se appoggiata dalla cospicua dote di un facoltoso genitore, ma la fatica di potercela fare con le proprie forze sfruttando il talento che madre natura le aveva donato, era per Michiru assai più stimolante di una passeggiata verso l'altare. Appoggiata da un carattere libero ed intraprendente, si era sempre chiesta del perché avrebbe dovuto accontentarsi di vivere all’ombra di un uomo o della sua famiglia se poteva puntare alle stelle, ad un appagamento personale fatto di traguardi agognati e raggiunti con il sudore della propria fronte.

Kaiou io proprio non ti capisco…”

Lasciala perdere Sofia, evidentemente la signoria vuole restare zitella a vita e sprecare la sua bellezza a dar lezioni di violino a qualche rampollo della sua Berna. Andiamocene.”

E mentre le guardava andare via, Michiru ebbe la sensazione fortissima che non le avrebbero mai più rivolto la parola, anzi che con il supporto delle altre, sarebbero arrivate addirittura a ghettizzarla e non certo per colpa del professore di francese, ma a causa di un male oscuro chiamato gelosia.

Quel giorno aveva capito che con molta probabilità nella vita sarebbe rimasta da sola, senza amici con i quali dividere le passioni e senza la sua anima gemella, perché se tutti gli uomini fossero stati come quel professore, bene, il nubilato sarebbe stato inevitabile.

Signorina Kaiou stia attenta, quelle ragazzine sono soggetti poco raccomandabili.” La Direttrice del San Giovanni se la guardò accigliata non capendo perché quella giovane appena arrivata da Berna volesse già farsi terra bruciata intorno.

Catapultata dal vortice dei suoi ricordi quattro anni in avanti, lo sguardo preoccupato e leggermente titubante della donna più grande stonò con quello meschino appena sfumato delle sue amiche.

Era chiaro come alcune allieve di quel collegio non fossero ne dotate, ne tanto meno volenterose, ma quei quattro cicloni provenienti dagli altrettanti quattro angoli d’Europa, erano ormai diventate un caso, un problema disciplinare che non aveva fatto altro che mandare fuori di testa ogni singola insegnante avesse tentato con loro, un qualunque tipo d'approccio.

Non saranno certo Gorgoni dotate di bocche sputa fuoco. State pur tranquilla, non mi accadrà nulla.” Le sorrise pronta ad accettare la sfida che la sua nuova vita stava per portarle.

Non aveva neanche finito di disfare i bagagli e già sentiva di stare per mettersi alla prova. Non era stato facile per lei accettare quel posto, lasciare Berna e la sua casa, la famiglia, gli affetti più cari, le sue cose e la comodità di un mondo che bene o male, conosceva e dominava perfettamente, ma lo aveva fatto con gioia e con quello spirito d’avventura che generalmente portava i suoi coetanei maschi a scegliere l'Accademia Militare o ad andarsene in giro per il mondo in un anno sabatico strappato allo studio.

Grazie alle conoscenze di suo padre e ad un’insistenza ai suoi danni a dir poco trapanosa, Michiru aveva finalmente ottenuto il permesso di sciogliersi dal vincolo genitoriale per intraprendere quel viaggio di crescita e ora che sentiva il coraggio stuzzicato da quelle quattro ragazzine, capiva di aver fatto bene ad accettare quel lavoro così tanto lontano dalla sua terra. Era stranamente euforica ed eccitata, anche se gli avvertimenti che la direttrice dell’istituto le stava dando avrebbero scoraggiato chiunque.

Non fraintendetemi signorina Kaiou, non è che mi dispiaccia vedervi tanto risoluta, ma ho paura che non abbiate compreso a pieno quanto quei soggetti siano impossibili.”

Signora Direttrice, ho frequentato un collegio anche io e conosco perfettamente certe dinamiche che fanno del territorialismo e della coercizione la forza di un branco. Vedrete che saprò tener testa alle signorine… - Una rapida scorsa ai nomi scritti sugli ultimi devastanti compiti in classe e proseguì stirando le labbra con fare di sfida. - Aino, Tzuchino, Kino e Hino.”

E perciò sareste voi la nuova insegnante di musica e pittura.” Si sentì dire provando un leggero capogiro.

Dov’era?! Guardandosi intorno ricordò di aver visto la struttura vetrata della serra il giorno precedente, quando aveva aperto la finestra della sua stanza per far cambiare l’aria prima dell’imbrunire. Un forte profumo di fiori la colpì prima che a farlo potesse essere lo sguardo prepotente che ora le stava davanti.

E’ molto bella, non trovate ragazze? Posata, dolce, sicuramente d’ottimo retaggio. Forse un po’ troppo per permettersi il lusso di venire fin qui… nel nostro covo.”

Covo? Pensò l’insegnante cercando di non sorridere. Davanti aveva indubbiamente la femmina Alfa di quel pugno di dissidenti in erba.

Allora sapete chi io sia anche se non ho ancora avuto il piacere di avervi a lezione. Perfetto! Comunque mi presento; il mio nome è Michiru Kaiou. Voi sareste?” Chiese continuando a fissarla la moretta.

Rei Hino.”

La ragazza che viene da Parigi. Molto piacere. Sareste voi a comandare questo gruppo?”

La mora emise un fischio acuto assai poco femminile indietreggiando per poi sedersi con un saltello su una pila rovesciata di enormi vasi.

Sentito ragazze? Vuoi per il mio accento, ma la signorina qui deve aver letto le nostre schede personali. Però cara signorina, sappiate che tra noi quattro non comanda nessuna. Vero Mina?”

Verissimo.” Confermò venendo avanti una ragazza leggermente più alta dell’altra e dai lunghi capelli biondi ordinati grazie ad un piccolo fiocco rosso stretto dietro la nuca.

Le si mise davanti ricoprendo il posto che prima era stato dell’amica consentendo così a Michiru di poterne raccogliere il dolcissimo odore di mughetto proveniente dalla sua uniforme scolastica. Quell’odore riuscì a fondere per una frazione di secondo la scena che stava rivivendo nell’incoscienza del suo sonno, con il ricordo di quando aveva riaperto gli occhi in un letto d’ospedale di Muhleberg e due grandi ed umidi fari azzurri l’avevano guardata come il più straordinario dei miracoli.

Se sapete tutto di noi allora non c’è bisogno che mi presenti.”

E’ sempre buona creanza, signorina Minako Aino.”

Tagliamo la testa al toro.” Una terza ragazza, dalle maniche arrotolate e la divisa in disordine, comparve alle spalle dell’insegnante costringendola a voltarsi di scatto.

Io sono Makoto Kino e quella biondina dalla capigliatura assurda nascosta la giù, è Usagi Tzukino.” Indicò con un pollice.

Ora che abbiamo terminato questi formalismi da vecchie cariatidi, diteci cosa siete venuta a fare qui.”

Respirando pesantemente Michiru cercò di mantenere la calma. Non le conveniva scendere al loro stesso piano raccogliendo provocazioni.

Volevo sapere perché questa mattina non vi siete presentate alla mia lezione.”

Tutto qui? Volete sapere perché abbiamo preferito la botanica alla musica? Be signorina, credo che sia piuttosto chiaro! Tra noi non c’è nessun Mozart ed è perciò una vera e propria perdita di tempo seviziare quei poveri strumenti senza lo scopo ultimo di arrivare a soddisfare il fine orecchio dei nostri genitori.” Rispose Makoto alzando svogliatamente le spalle.

Ma che discorso è?! Primo, se non ci si mette alla prova non si potrà mai sapere se dentro di noi batte il cuore di un Mozart e secondo, io insegno musica non certo per farvi arrivare alla partitura di un’orchestra, ma per farvi aprire la mente a nuove esperienze, per spingervi oltre quelli che pensiate siano i vostri limiti e che invece non lo sono affatto! Non lo capite? Per farvi appassionare a qualcosa che sia un poco di più che due punti all’uncinetto!”

La risata argentina di Usagi irruppe per tutto l’ambiente vetrato. “Usa, smettila!” Comandò Rei.

Vedete signorina, questo è il vostro punto di vista, ma cosa ne penserebbe l’insegnante di economia domestica se venisse a sapere quello che avete appena detto? Per ognuna di voi la sua materia è la più importante di tutte. Cosa vi da la consapevolezza che la musica sia più degna di altre nozioni?”

Sono tutte degne di considerazione, ma signorina Hino... dovete ammettere che il saper suonare uno strumento richiede molta più passione, dedizione e… - Lanciando il guanto di sfida fece un passo in avanti stirando un sorriso sicuro. - … coraggio che saper fare un bel punto a Tombolo.”

Come?”

Avete compreso perfettamente; passione, dedizione e CORAGGIO.” Sottolineò l’ultima parola con la stoccata di una grande schermitrice.

A me piacerebbe provare. Mia madre suona molto bene il piano.”

Usagi ti ho detto di stare zitta! Va bene signorina. Avete espresso il vostro pensiero e ne abbiamo preso atto. Ora potete andare. Credo che sappiate dove si trovi la porta.” Disse la mora e Michiru colse in quegli occhi neri una scintilla. Ne era certa; il giorno successivo le avrebbe avute tutte e quattro in aula pronte a guerreggiare contro di lei per dimostrarle che aveva torto.

Uscì busto bene eretto dalla struttura dal tetto a falda ed il ferro battuto a comporre disegni floreali a protezione dei grandi vetri che lasciavano filtrare la luce del sole, per svoltare l’angolo e ritrovarsi nella quasi completa oscurità, avvolta dal profumo del brodo di pollo e legna bruciata che serpeggiava nell’aria di quel paese montano ai piedi del Passo del San Gottardo.

Dove sei?” Chiese sapendo di essere stata preceduta in quel piccolo spiazzo lontano dalla strada principale dove le donne portavano i loro panni ad asciugare e chiamavano “Aia di San Bartolo”.

Qui Michi.”

Sentì non capendo però da quale parte provenisse quella voce tanto fascinosa.

Non ti vedo. Non si vede niente.”

Una risata ed il consiglio di venire avanti di qualche passo stando però bene attenta alle buche.

La fai facile.” Ancora qualche metro poi solo il canto dei grilli e il richiamo di qualche rapace notturno proveniente dal bosco sottostante.

Ci sei ancora?”

Certo.” Si sentì soffiare nell’orecchio sobbalzando leggermente.

Che c’è?! Ti ho messo paura?”

Michiru sorrise avvertendo due braccia calde e rassicuranti avvolgerla da dietro. Era una sensazione così meravigliosa che si permise di rilassarsi inclinando il collo per poggiarle la nuca all’altezza della sua clavicola.

Paura di te Ruka?”

Sono contenta che tu sia riuscita a venire. Le ragazze si sono già coricate?”

No. Rei ha voluto sfidare le altre a carte. Ti lascio immaginare cosa stia accadendo in quella stanza.” Voltandosi verso la bionda, le lasciò una carezza ringraziandola per l’invito.

Di nulla. Il cielo è talmente nitido che sarà bellissimo guardare le costellazioni insieme.”

Il loro “primo appuntamento”. Un invito sorto spontaneo dal cuore timido di Haruka all’indirizzo della ragazza che le stava completamente facendo perdere la testa. Durante la fase di discesa dei valichi alpini che le avrebbe portate a Berna, in un paese segnato sulle carte con il nome di Tilone, finalmente libere di dare sfogo al loro amore, le due andarono a sedersi su di un tronco poggiando comodamente le spalle al muro di un pollaio addormentato. Abbracciandosi e puntando lo sguardo all’immensità di un cielo talmente carico di stelle, iniziarono a parlare.

Vorrei rimanere qui per sempre.”Disse dopo qualche minuto una Kaiou totalmente appagata dal corteggiamento dolcissimo che da qualche giorno stava mettendo in atto la bionda.

In un piccolo paese sperduto tra le Alpi e per di più con un perenne odore di brodo di pollo? Non vi ci vedo molto, signorina.” Sfotté attendendo il broncio della controparte.

Cosa vuoi dire scusa?”

Voglio dire che le tue mani sono ancora troppo delicate per la dura terra di questa zona.” Prendendole il palmo della destra glielo baciò delicatamente provocandole un brivido.

Che sciocca! Non intendevo questo.”

E allora cosa intendeva dire… signorina?” Chiese spostando la bocca dalla mano al suo collo, respirando affondo l’odore buono che ancora emanava la sua pelle nonostante fossero a fine giornata.

Mmmm… Intendevo dire che vorrei rimanere con te per sempre. Poco importa se qui, a Berna, a Bellinzona o nelle americhe.”

Haruka la strinse nelle braccia posandole il mento sulla spalla e facendosi seria. Anche se l’oscurità non permetteva loro di guardarsi, Michiru avvertì nitido il cambio d’umore nell’irrigidimento della sua postura.

Ruka, che c’è?”

Nulla.”

“Nulla? - Si voltò per cercarla nell’ombra ed una volta trovata le afferrò il viso avvicinandosi. - Credo di sapere a cosa tu stia pensando e lascia che metta subito le cose in chiaro. Anche se sei una donna non intendo nascondermi e sarò pronta a dirlo a mio padre quando vorrai.”

L’altra sospirò lieve. Sarebbe stato meraviglioso se quelle parole si fossero concretizzate una volta arrivate a casa Kaiou, ma Haruka sapeva sin troppo bene come l’omosessualità fosse vista dalla società. Il suo stesso genitore non ci aveva pensato su due volte prima di sbatterla in mezzo ad una strada una volta venutolo a sapere. Il signor Viktor era certamente una persona acculturata, un liberale, ma sempre di un padre si parlava e le speranze che riponeva nella sua unigenita erano le stesse di ogni altro uomo; matrimonio e discendenza.

Non mi credi?”

Sorridendo la bionda le strofinò la punta del naso nell’incavo del collo. “Certo che ti credo, ma da anni non sono più il tipo di donna che fa calcoli a lungo termine, perciò prendiamo le cose giorno per giorno, così come vengono. Vuoi?”

Poco convinta Michiru accettò quella momentanea tregua, sapendo che prima o poi il discorso avrebbe dovuto essere ripreso ed affrontato. Chiudendo gli occhi si appoggiò all’altra lasciandosi guidare alla calma dai suoi respiri regolari e da quel calore che solo il suo petto riusciva a regalarle.

Un petto imperlato di sudore e sangue quasi del tutto abbandonato alle sue braccia. I respiri ansanti, spezzati da gemiti di dolore che ad ogni passo Michiru involontariamente le provocava. Ginocchia che si piegano. Forza che abbandona.

No Ruka mia. Ti prego... ancora un po'. L'inizio del greto è qui vicino.”

Ascoltami, devi andar via. Tu ce la puoi fare... a correre... Vai da Giovanna... alla foresta.”

Ti ho detto che non voglio...”

E' inutile che si muoia entrambe!”

Io non me ne vado senza di te Haruka!”

Sei una pazza...”

Ad essermi innamorata di una gran testarda? O si, lo so. Lo so bene.”

In questa vita o nell'altra?”

In questa vita o nell'altra.”

 

 

“Ruka…” Articolò gemendo leggermente. Dio la testa le doleva in maniera insopportabile.

Cercando di aprire le palpebre, la luce nella stanza la ferì provocandole abbagli multicolori.

“Michi, sono qui.”

“Ruka… L’acqua…”

“L’acqua? Hai sete? Michiru…”

“No, credo si stia riferendo all’incidente che vi ha divise. Il crollo della diga.” Setsuna si alzò dal bordo del letto per andare alla finestra e tirare le tende.

Erano passate più di dodici ore da quando una Kaiou completamente incosciente era stata portata nella sua stanza, spogliata ed adagiata tra le lenzuola del suo letto. Nel trascorrere lento di quel lasso di tempo, Haruka non si era mai o quasi allontanata dal suo capezzale, concedendosi il movimento solo per andare a chiedere informazioni ad una Setsuna un po’ accigliata. Visto come Haruka e Michiru si erano comportate, rientrava in una probabilità abbastanza alta quello che stava accadendo alla mente della seconda; un black out fulmineo e privo di avvisaglie che aveva allarmato tutti.

“La signorina Kaiou si sta riappropriando dei suoi ricordi, anche se non sapremo quanti e quali avrà riconquistato se non dopo averci parlato.” Aveva detto il medico lasciando che due infermiere si prendessero cura di infilarle la camicia da notte e misurarle la temperatura.

La febbre non era apparsa e Michiru sembrava essersi immersa in un sonno senza sogni fino al primo pomeriggio, quando aveva iniziato ad agitarsi parlando flebilmente.

“Maledetta me! E’ colpa mia! Avrei dovuto stare più accorta non avvicinandomi a lei e rimanendo nell’ombra come mi avevate ordinato!” Disse la bionda scostando dalla fronte della sua dea una ciocca della frangia.

“Stare a rimuginarci sopra non serve e poi come vi ho già detto, il “bruciare le tappe” abbandonando la prudenza può essere stato comunque un bene. Michiru ha una mente piuttosto elastica. Coraggio, dobbiamo solo attendere che si risvegli.” Consigliò la Meiou sorridendo a quella povera anima in pena.

“Spero con tutta me stessa che abbiate ragione, ma credo che Michi stia provando dolore.”

“Molto probabilmente. L’equilibrio che aveva trovato si è spezzato di colpo e la testa ha ripreso a farle male.”

“Potete darle qualcosa?”

“Assolutamente no Haruka. Farle assumere una qualsiasi dose d'oppio ora sarebbe devastante. La sua mente deve rimanere vigile, anzi… parlatele, stimolatele i ricordi.” Suggerì.

“Io non… non credo di saperlo fare.”

“Sono sicura di si.” Posando una mano sulla fronte di Michiru, Setzuna stirò le labbra capendo la situazione e notando il disagio della bionda, si congedò con la scusa di dover far fronte alle visite su piano che non era riuscita a svolgere in quella particolarissima giornata.

“Per qualunque cosa fuori troverete l’infermiera. Io sarò nei paraggi. Non vi preoccupate Haruka. Andrà tutto per il meglio.”

“Si, grazie dottoressa.”

Già con la mano sull'ottone della maniglia, la straniera si voltò un’ultima volta. “Parlatele… Lei vi ascolterà.” Ed uscì richiudendosi la porta alle spalle.

“Parlarti?! - Disse rabbuiando il viso. - Non sono mai stata molto brava in questo.”

Poggiando la fronte sulla spalla dell’altra sospirò. “Sei sempre stata tu a pungolarmi, a spronarmi, ad inseguirmi. Io che non volevo neanche lontanamente avere a che fare con una signorina di città come te. Troppo educata. Troppo fine. Troppo e basta. Io abituata al silenzio dei miei monti, invece che alle luci della tua Berna, io che da quando ho scoperto la mia diversità ho creduto fermamente ogni singola notte passata nel mio letto a guardare il soffitto, che mai nessuna donna avrebbe potuto innamorarsi di me, … ora sono io che devo pungolare te. Spronarti. Inseguirti. O Michi…”

Stringendolo con forza si aggrappò al tessuto della camicia da notte come se fosse l’ultimo appiglio presente sulla faccia della terra. Si sentiva così stanca di tutto. Pur se indomita, quei giorni di altalenanti emozioni erano riusciti a sfiancare anche una testa dura come la sua.

“Mi vergogno Michi, ma devo confessarti che dopo aver ripreso conoscenza piena di ferite e priva di te, angelo mio, ho maledetto spesso il giorno nel quale sei entrata nella mia vita. Era facile allora; c’eravamo solamente Flint ed io e nessun altro. Niente dolore o gioia, niente speranze o disperazione, niente labbra morbide da assaporare o carezze da ricevere. Un limbo benedetto e privo di sostanza.”

Tornando a guardarla sorrise tristemente parlandole all'orecchio. “Svegliati Michiru. Svegliati e ritorna da me. Ti prego. Non lo voglio più quel limbo, non lo voglio più.”

Un singulto e si rese conto di stare per cedere. Non amava quel lato fragile di se, ma questa volta non impedì alle lacrime di scivolarle sulla pelle.

“Al diavolo! - Mugolò stizzita abbassando nuovamente il capo. - Ecco, sei contenta? Sto piangendo come una femminuccia ai primi batticuori amorosi. Svegliati per tutte le corna dell’inferno, svegliati! Gesù Cristo, non credere che ti bacerò come un principe delle favole, perché non sono certo il tipo di persona alla quale piace ricalcare favolette da bamb…” Si bloccò sentendosi la zazzera arpionata come da una morsa.

Alzando la testa di qualche centimetro si vide gli occhi socchiusi di Kaiou puntati contro.

“Parla pulito Ruka e ... abbassa la voce... Per favore.”

“Michi?!"

“La Dottoressa Meiou ha detto che dovevi parlarmi, non chiamare a raccolta tutte le schiere celesti.” Strizzando le palpebre serrò di riflesso anche le dita provocando nell’altra un gemito.

“I capelli… Michi…”

“La testa… Mi fa male…”

“Michiru … i capelli…”

"Ti prego... Parla piano."

"Va bene, ma... i capelli. Lasciami i capelli!"

“Oh... Scusami." Stirando le labbra tornò a guardarla aprendo la mano.

Haruka si asciugò frettolosamente le guancie. “Allora eri sveglia.”

“Si, ma non riuscivo ad aprire gli occhi. Che cos’è successo?”

“Sei svenuta.”

“E la diga?”

“La diga?”

Guardando le pareti bianche di quella che da settimane era la stanza che stava dividendo con un’altra paziente, sembrò perdersi per qualche istante, poi come se fosse stata colta da un’improvvisa folgorazione cercò di alzarsi sugli avambracci. “E’ stato solamente un sogno! Kurzh, la diga, il tuo ferimento! Tutto!”

“No Michiru, non ti alzare.”

Gemendo si vide costretta all’immobilità da una forte stretta alle spalle. Tornata per un attimo a quel giorno di giugno di qualche mese prima, ci volle tutta l’autorità di Haruka per farla stare ferma.

“Non capisco. E’ tutto così confuso. “

“Cerca di stare calma. Non è stato un sogno, parte della diga è venuta giù davvero.”

“Ma tu eri ferita, c'era tutto quel sangue ed eri così pesante. Siamo riuscite a scappare?”

“Si e no. Ma questo ora non ha più alcuna importanza. Siamo vive e siamo insieme e ti assicuro amore mio, non lascerò mai più che qualcuno ci divida.”

“Come mi hai chiamata?” Chiese illuminandosi tutta.

Leggermente sorpresa da se stessa, l’altra sbatté le palpebre un paio di volte arretrando il busto mentre Michiru richiamava a se la forza per alzarsi a sedere. Dopo un attimo di ferale imbarazzo, la bionda prese atto della frase appena detta e grattandosi la testa mugugnò. Non era forse vero? Quella donna terribile non le era entrata nell’anima diventando l’amore della sua vita?

“Amore… “ Ripeté espellendo l’aria dai polmoni tornando finalmente a sentirsi completa nell’abbraccio della sua dea.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: Ciau. Ho cercato di accelerare la fine del capitolo per approfittare dalla messa on line ed augurarvi buonissimo Natale. L’epilogo di questa storia uscirà l’anno nuovo. Spero di essere riuscita a rendere l’idea della ritrovata memoria di Michiru saltando qui e la tra avvenimenti toccati nel racconto precedente ed assolute novità, come il primo incontro tra lei e le ragazze; un branco di assolute teppiste. ;)

 

 

 
 
 
   
 
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