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Autore: valeria78    23/12/2017    7 recensioni
Manca poco al Natale e lo sceriffo Emma Swan deve districarsi tra pile di documenti, ma ha anche un importante compito: trovare un albero per Henry, le cose però non vanno proprio come si aspetta e quindi coinvolgerà il sindaco Regina Mills in un'avventura piena di magia e di sorprese, per un Natale davvero unico. (La storia è ambientata in un momento non ben definito della terza stagione). §Ringrazio France per i suggerimenti e il prezioso supporto :*§
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Si sistemarono davanti al fuoco, sedute sul divano, l’una leggermente distante dall’altra.

“Quanto vorrei una cioccolata calda” disse Emma mentre osservava le lingue arancioni zampillare nel camino.

Improvvisamente una luce comparve sul tavolo. “Regina… vedi anche tu…”.

“Sì, Emma” disse osservando la luce che adesso stava come danzando in tondo lasciando una scia luminosa. Poco dopo scomparve lasciando sul tavolo due tazze fumanti di cioccolato. La bionda si girò esterrefatta verso Regina, quindi si alzò dal divano e sbirciò nelle tazze.

“Non ci credo, ha funzionato” quindi tornò al divano sul quale era già seduta Regina, le si sedette accanto e le porse la tazza, lei sorrise e la strinse forte tra le mani.

“Non si sta male qui vero?” chiese Emma.

Regina sorseggiò la cioccolata. “No, è piacevole, stare davanti al camino, insieme…” si accorse troppo tardi di quello che aveva appena detto.

Emma le lanciò un’occhiata: “Ma secondo te si avverano tutti i desideri che vogliamo?” chiese.

Regina alzò le spalle: “Non lo so, proviamo”, ci pensò un attimo e poi disse: “Portaci fuori da qui” disse.

Le due attesero, ma non successe niente.

“Forse non funziona per questa cosa – replicò Emma – Proviamo con… - si portò la mano al mento – un cappello di Natale per Regina”.

La bruna scosse il capo.

Una luce brillante comparve sopra la testa del sindaco e puff: sul capo di Regina si materializzò un cappello rosso con un pon-pon bianco sulla punta.

“Ti sta bene” disse ridendo Emma.

“Okay, allora adesso chiedo una barba per Emma”.

La bionda indietreggiò con la schiena, stupita, e un istante dopo, sul suo mento comparve una finta barba bianchissima e lunga, lei alzò la mano per toccarsela.

Stavolta fu Regina a ridere ed Emma le lanciò un’occhiata di sfida: “Per tua fortuna è finta”.

Le due tornarono a sorseggiare la loro cioccolata, senza parlare. Poi Emma lanciò uno sguardo alla bruna che, pensierosa, osservava il fuoco, con gli occhi seguì il contorno del suo naso, poi delle labbra così carnose, poi il mento. Deglutì.

“Regina…” sussurrò.

Il sindaco la guardò: “Sì?”.

Emma rimase in silenzio, adesso guardando gli occhi marroni della donna, poi scosse la testa: “Niente” e tornò a sorseggiare la sua cioccolata.

“Immagina se Henry vedesse tutto questo” disse poi la bionda.

Regina abbozzò un sorriso: “Gli piacerebbe moltissimo”.

“Molto più dell’albero” disse Emma.

Regina la guardò in cagnesco: “Giusto l’albero, se penso che siamo finite in questo guaio per uno stupido albero”.

“Regina sai che potrei desiderare di farti stare zitta? Il che potrebbe essere molto divertente” disse Emma e sorrise maliziosamente.

“E sai che io potrei desiderare di legarti da qualche parte?”.

Emma arrossì: “La cosa si fa interessante”.

Regina alzò gli occhi al cielo. “Dio, quanto mi piacerebbe un bel bagno caldo”, disse a bassa voce, poi sbarrò gli occhi.

Lo sceriffo la guardò. Immediatamente una luce illuminò il sindaco e, poco dopo, la bionda si alzò in piedi non credendo ai suoi occhi: Regina era dentro una vasca comparsa al centro della stanza, coperta di schiuma.

Emma provò a parlare. “Non dire niente” disse Regina alzando la mano e poi guardando dentro la vasca, cercando di coprirsi con la schiuma.

“Ma sei proprio… voglio dire… sei nuda?”.

Regina la fulminò: “No, sai di solito il bagno si fa vestite”.

Emma scoppiò a ridere, una risata fragorosa, che prima infastidì Regina, poi però la portò a ridere a sua volta.

“Decisamente bisogna stare attente a cosa si desidera” disse la bionda respirando. “Mi fa male la pancia dal ridere”.

“Comunque si sta benissimo, qui” disse la bruna.

“Per fortuna non hai desiderato di fare una doccia…” poi Emma si portò le mani alla bocca.

Regina sbarrò gli occhi puntandole il dito contro. Rimasero entrambe in attesa che qualcosa accadesse, ma per fortuna con successe niente.

“Emma…” la minacciò il sindaco.

“Che ne dici se desideriamo qualcosa da mangiare?” chiese la bionda.

“Prima fammi uscire da qui… - replicò Regina, ci pensò un attimo e poi disse – desidero uscire dalla vasca con addosso abiti caldi e confortevoli”.

Puff… Regina si ritrovò in piedi al centro della stanza con addosso un pigiama rosa pesante. La bruna si guardò dalla testa ai piedi. Emma sbuffò in una risata clamorosa. Regina la fulminò.

“Desidero che Emma sia vestita da coniglietta” urlò la bruna.

Un istante dopo la bionda si ritrovò con addosso un paio di pantaloncini corti che le fasciavano il sedere, calze a rete, una camicetta con una grossa scollatura davanti, due orecchie da coniglietto sulla testa e il chewing-gum in bocca. Si guardò dall’alto al basso, poi rivolse lo sguardo stupito a Regina.

“Regina…”.

La bruna arrossì.

“Tu hai desiderato questo” disse tra il compiaciuto e lo stupito.

“Ma no, che dici – e rise – figurati se io desideravo di vederti vestita da coniglietta di Playboy”.

“Beh, di certo non l’ho desiderato io”.

Regina guardò Emma soffermandosi sulle gambe lunghe coperte da calze sexy e poi salì temporeggiando sulla scollatura che mostrava il seno della bionda.

“Ci sarà di certo stato un errore” tagliò corto il sindaco. “Okay, desideriamo di tornare a indossare gli abiti che avevamo quando siamo entrare qui dentro”.

“E una tavola imbandita con alimenti da mangiare” aggiunse Emma cercando di essere il più precisa possibile.

Poco dopo le due donne erano vestite come all’inizio e si trovarono sul tavolo ogni ben di Dio da mangiare.

“Ci sono pure le lasagne - disse Regina – questo è un tuo desiderio”.

Le due si sedettero a tavola, l’una di fronte all’altra e mangiarono, parlarono, risero, si lanciarono frecciatine come succedeva sempre.

“Vuoi del vino?” chiese Emma e al cenno di assenso di Regina, versò il liquido nel bicchiere dalla donna.

“Sai cosa pensavo? Che prima di adesso non abbiamo mai avuto occasione di mangiare insieme, da sole voglio dire”.

“È vero – disse Regina, afferrando il bicchiere – non è poi così male” e guardò Emma. “Cin!”

La bionda sorrise e ci fu un attimo, breve, in cui entrambe le donne sentirono che c’era davvero sintonia tra loro, come se l’una riuscisse a completarsi nell’altra. Fu una sensazione bellissima.

“Non avevo la più pallida idea che in questa parte della Foresta ci abitasse niente poppò di meno che Babbo Natale” disse Emma addentando una coscia di pollo.

Regina bevve ancora. “Neppure io ne ero a conoscenza…”.

“Forse quegli esseri là fuori sono il risultato della maledizione” proseguì la bionda pulendosi le mani a un tovagliolo.

“È possibile” rispose la bruna che era assorta in chissà quali pensieri.

“Tutto bene, Regina?”.

“Mhmm? – il sindaco alzò gli occhi verso la bionda – Sì, tutto okay, pensavo che forse sono stata un po’ troppo dura con te in questi giorni”.

Emma non poteva credere alle sue orecchie: “Cosa, cosa?”.

Regina sbuffò: “Sì, okay lo ammetto, sono stata un po’ troppo dura con te…. Insomma, pure tu fai del tuo meglio”.

La bionda si stiracchiò le braccia sulla sedia: “Che musica per le mie orecchie” e sorrise.

“Adesso basta – Regina puntò il dito verso Emma – ti sto parlando seriamente Emma Swan!”.

“Io ti prendo molto seriamente” rispose lo sceriffo.

La bruna si alzò dalla sedia e si diresse verso le scale, quindi iniziò a salirle.

“Che vuoi fare? Regina…”. Le corse dietro e la prese per la mano, ma lei si liberò.

“Voglio aprire questa botola e vedere se sono andati via”, la bruna fece leva verso l’alto senza ottenere alcun risultato.

“Lascia che provi io”.

Regina si scansò. Lo spazio era davvero minimo. Emma si posizionò davanti a lei dandole le spalle e fece pressione verso l’alto. Il sindaco respirò il profumo dello sceriffo, chiuse gli occhi un attimo assaporando quel momento e sentendo la vicinanza di quella donna. Poi spalancò gli occhi chiedendosi mentalmente cosa stesse facendo. L’apertura si sollevò leggermente, quanto basta per vedere che uno dei giganti aveva appena messo il piede sul Pick Up di David facendolo diventare un ammasso di ferraglia. Emma sbarrò gli occhi e richiuse la botola.

“Se esco viva da qui, sarà David a uccidermi” commentò. Intanto Regina era ridiscesa da basso ed Emma le corse dietro: “Regina, che hai?”.

“Voglio uscire da qui” disse portandosi una mano alla fronte. “Non ce la faccio a stare qui dentro… con…” si bloccò.

Emma la guardò storcendo la bocca: “Con…?”.
Il sindaco non rispose.

“Stavi per dire con me… vero?”.

La bruna scosse la testa: “Non è come pensi, è solo che non ce la faccio più a rimanere chiusa qui”.

In quell’istante entrambe sentirono un rumore, si guardarono. Emma indicò una porta chiusa, afferrò un ciocco di legno posto vicino al camino e si avvicinò alla porta, pose la mano sulla maniglia, guardò Regina ancora una volta, poi abbassò la maniglia mentre il suo cuore accelerava, spalancò la porta e rimase sbalordita. Regina fece capolino poggiando una mano sulla spalla della bionda che a quel tocco fece cadere il ceppo in terra. Le due donne si guardarono.

“Oh, vi ringrazio!” disse l’uomo mentre Emma gli liberava le mani da uno spago. L’ometto si alzò dalla sedia e si lisciò la barba andando verso la credenza della cucina da cui prese una bottiglia.

Le due donne lo osservarono in disparte, Emma con le braccia incrociate: “Ma è davvero…”.

“Certo che è lui, guarda il vestito” sussurrò il sindaco.

La bionda raggiunse l’uomo che si era seduto al tavolo e si versava una bevanda nel bicchiere.

“Rum?” chiese lo sceriffo.

“Stai scherzando – disse l’ometto – questo è sidro di mele!”.

Regina spalancò gli occhi e raggiunse i due.

“Il sidro di mele più buono del mondo”.

“Oh, dubito davvero che lo sia” disse la bruna e si sedette.

“Stai attento Babbo Natale, qui abbiamo la Regina Cattiva” lo avvertì Emma.

L’uomo versò il liquido in due bicchieri e li porse alle donne.

Loro sorseggiarono il sidro ed Emma spalancò gli occhi: “Regina, mi dispiace dirlo ma è più buono del tuo”.

La bruna bevve il liquido senza parlare.

“Allora, Babbo Natale, chi ti ha legato in quel modo?”.

L’uomo si lisciò la barba: “È stato il Grinch, da tempo voleva catturami, quel mostriciattolo verdastro”.

“Come mai?” chiese Emma, mentre Regina si versava altro sidro. “Ti piace eh?” bisbigliò alla bruna per poi colpirla con la punta del gomito. Il sindaco arrossì.

“Vuole impedire che io parta questa sera e che consegni i regali ai bambini nel mondo – proseguì l’uomo - Non posso neppure uscire da qui, il Grinch ha trasformato i miei aiutanti in esseri giganteschi, mi ucciderebbero”.

“Sì, ne abbiamo fatto la conoscenza” disse lo sceriffo, poi rifletté: “Dobbiamo trovare un modo per sconfiggere loro e il Grinch… ma non abbiamo la magia”.

Nessuno parlò più per qualche minuto, alla ricerca di una soluzione, poi Regina sbarrò gli occhi: “Ma abbiamo i giocattoli” disse, ottenendo l’attenzione degli altri due.

“Che vuoi dire?” chiese Emma.

“Possiamo utilizzare i giocattoli: biglie, cerbottane, stelle di Natale…” disse la bruna.

“…palline di Natale” aggiunse lo sceriffo.

Il sindaco annuì.

“E con il Grinch come facciamo?” chiese la salvatrice.

“Improvviseremo, non è la cosa che ti riesce meglio Swan?”.

Le due si alzarono insieme dalle sedie mentre Babbo Natale le guardava stupito, poi si versò altro sidro.

Afferrarono un grosso sacco di iuta e vi misero all’interno tutti i giocattoli più diabolici che riuscirono a trovare.

“Emma ti rendi conto di quello che sto facendo” disse Regina guardando la bionda con aria torva. “E tutto per colpa tua e di questa tua stramaledettissima idea di venire in questo posto dimenticato da Dio per prendere un albero di Natale. Ti ricordi ancora dell’Albero di Natale vero Swan”. Si avvicinò alla bionda con far minaccioso.

“Certo che me lo ricordo Regina, mi hai fatto una testa…”.

La bruna sospirò: “Tu fai perdere la pazienza anche all’essere più mite di questo mondo”.

“Che però non sei tu…” sussurrò.

“Ti ho sentita Swan!” urlò.

“Oh, andiamo Regina, lo so che ti stai divertendo…”

“Ah! Divertendo io? Swan, mi divertirei solo se potessi torturarti con queste mie mani” e allungò le braccia verso la bionda che indietreggiò.

“Non credo che potresti uccidere la madre di tuo figlio”.

Regina mise le mani avanti: “Okay, respiro profondamente, per evitare di farti mooooolto male sceriffo!”, quindi tornò a cercare i giocattoli mentre Emma sorrideva divertita.

Quando ebbero raccolto un numero sufficiente di giocattoli all’interno del sacco di iuta, le due salirono le scale che conducevano alla botola. Emma sollevò l’apertura e sbirciò fuori.

“Via libera!” sussurrò, spalancò l’apertura e uscì allo scoperto, prese il sacco e lo poggiò sulla neve, poi allungò la mano verso Regina che la afferrò, aiutandola così a uscire.

“Bene cerchiamo un riparo e attendiamo che tornino i giganti”.

Le due si nascosero dietro un grosso albero colorato: “Sei sicura che il piano funzioni?” chiese Regina titubante.

“Lo spero…”.

“Emma…” disse la bruna.

Lo sceriffo si girò verso di lei: “Sì?”.

“Beh, se non dovesse funzionare credo che dovresti sapere che…”.

Un rumore assordante le colpì alle spalle. Le due istintivamente si abbassarono. Emma spinse via Regina che cadde distesa nella neve.

Il gigante alzò le mani mentre sul suo volto si disegnava un’espressione di profondo disprezzo. Abbassò il pungo chiuso dove si trovava Emma.

“Swaaaaaaannn!” urlò Regina.

La bionda, ancora distesa sulla neve, riuscì per un soffio ad alzare le gambe prima che il pugno la colpisse, poi si mise in piedi con uno scatto repentino.

“Regina trova un riparò!” urlò afferrando il sacco di iuta e correndo verso un gruppo di alberi.

La bruna si alzò da terra e fece come le aveva detto la salvatrice.

Il gigante avanzò verso la bionda smuovendo il terreno come un terremoto. Emma frugò nel sacco alla ricerca di qualcosa, mentre continuava ad alzare lo sguardo verso l’essere, che si abbassò allungando le mani verso lo sceriffo. Poi qualcosa colpì il gigante alla testa, lui si girò lentamente emettendo un grido stridulo.

Emma abbassò lo sguardo e oltre le gambe dell’essere vide Regina che tirava una palla di neve dietro l’altra addosso al gigante che si concertò sul sindaco e le andò incontro, la bruna allora corse via infilandosi tra gli alti alberi e perdendosi nel bosco.

“Reginaaaaaaa!” urlò la bionda.

La mora corse, corse guardandosi alle spalle, ormai stava per essere raggiunta dal gigante. Proseguì la sua corsa ancora superando il gruppo di alberi, la neve si stava facendo sentire, per lei stava diventando difficile correre, il gigante spiccò un balzo, Regina si spostò appena in tempo, l’essere cadde oltre la scarpata che poneva fine alla foresta. La bruna, in ginocchio, si sporse per guardare il corpo senza vita del gigante.

“Regina…”.

La bruna si girò. Emma le tese la mano aiutandola a sollevarsi da terra. Il sindaco si scosse via la neve di dosso, ma non era ancora finita, ne restavano altri due ma forse avevano trovato il modo di eliminarli.

Tornarono alla casa di Babbo Natale e presero una corda lunghissima, Emma legò una delle estremità a un albero che si trovava a pochi passi dalla scarpata. Intanto Regina andò in avanscoperta, il secondo dei giganti si aggirava nel bosco, lei ripeté quello che aveva fatto in precedenza colpendolo con palle di neve. Il mostro la seguì correndo per il bosco, non appena raggiunse la zona in cui si trovava la bionda, lo sceriffo tese la corda e i piedi del gigante inciamparono nella corda, cadde rotolando giù per la scarpata.

Emma alzò le braccia al cielo: “Sì!” urlò, poi le due si scambiarono uno sguardo complice. Ripeterono la stessa tattica liberandosi anche del terzo gigante. Ma non appena l’ultimo finì nella scarpata, dalla chioma di uno degli abeti saltò giù il Grinch infuriato.

“Che cosa avete fatto!” urlò alle due donne, mosse le sue unghie artigliate nell’aria mentre il suo volto rugoso assumeva un’espressione di profondo odio.

“Arrenditi o farai la stessa fine dei tuoi amici – disse Regina – non puoi fermare Babbo Natale”.

“Ah! Proprio tu parli? Che hai fatto anche cose peggiori nella tua vita” rispose l’essere verdastro.

“Ehi – urlò Emma – non ci provare nemmeno, Regina sta cambiando…”.

“Già – disse il Grinch sempre più arrabbiato – ma si è mai chiesta come stanno le persone a cui lei ha fatto del male?”.

Regina corrugò la fronte, Emma si girò verso la bruna.

“Voi vi conoscete?” chiese infine al sindaco.

“Oh, probabilmente lei non ricorda – proseguì l’ometto verde puntando il dito artigliato verso la Evil Queen – ma molto tempo fa mi derise davanti ai suoi sudditi, era proprio il giorno di Natale e se odio questa festività è solo per colpa sua”.

Regina ci penò un attimo e davanti ai suoi occhi si materializzò un ricordo così vivido da essere simile a un sogno: era appena arrivata in uno dei villaggi del suo regno, gli abitanti erano molto poveri. Lei era scesa dalla sua splendente carrozza e si era guardata attorno con un’espressione indignata. “Poveri” aveva sussurrato. Le guardie reali avevano costretto gli abitanti a uscire dalle loro case e ad abbandonare le loro attività, adesso si trovavano tutti in fila con gli occhi rivolti verso il basso.

“Dov’è l’uomo che doveva portare il mio albero alla reggia?” disse la Regina avanzando.

Un ometto piccolo, si tolse il cappello e avanzò di un passo, tremava dalla paura.

“Sei tu?” chiese la bruna con disprezzo.

“Mi dispiace Maestà – balbettò l’uomo – mia figlia è stata molto malata e non ho potuto portarvelo”.

Gli occhi di Regina brillarono di rabbia.

“Inginocchiati!” urlò la donna.

L’uomo si guardò attorno: il terreno era fangoso a causa di un’abbondante pioggia: “Ma qui mia Signora?”.

“Sì, tu sei fango e a esso appartieni!” disse.

L’ometto si inginocchiò, affondando nella melma, i suoi pantaloni subito si bagnarono, rimase sempre con i capo chino.

“E poiché hai tradito le richieste della tua Regina, subirai le conseguenze!”.

La bruna fece un incantesimo sull’ometto e lo trasformò in un essere verde e brutto. Gli altri abitanti spaventati per quel sortilegio, si allontanarono da lui, mentre Regina gli voltò le spalle e se ne andò, risalendo sulla sua carrozza.

Allora gli abitanti cacciarono l’uomo dal villaggio e lo soprannominarono “Grinch”.

Regina alzò lo sguardo verso l’essere verde.

“Sì – disse la bruna – ricordo perfettamente - Ti chiedo scusa, allora ero un’altra persona”.

“Troppo facile” rispose l’ometto pieno di ira.

“Cosa vuoi che faccia?” chiese il sindaco.

Emma corrugò la fronte: “Stai scherzando? Non vorrai scendere a patti con lui” disse a Regina.

“Che altro devo fare? È solo colpa mia”.

Lo sceriffo scosse la testa.

“Molto bene” disse eccitato Grinch, poi si portò la mano al mento per pensare quale punizione infliggere alla donna.

Ma in quell’istante accadde qualcosa di magico: le lacrime che erano cadute dalle guance di Regina e che erano finite nella neve crearono un cerchio luminoso intorno ai tre e poco dopo al posto del brutto e verde Grinch, c’era un uomo di bell’aspetto, dai capelli sale e pepe e con occhi azzurri.

Lo sceriffo spalancò gli occhi passando lo sguardo meravigliato dall’uomo a Regina.

L’uomo sbalordito allargò le braccia per osservare meglio.

“Ma cosa è successo…” sussurrò lo sceriffo.

Improvvisamente comparve Babbo Natale

“Vi ringrazio, avete salvato il Natale!” disse l’uomo barbuto. “Il perdono di Regina ha liberato Grinch dalla maledizione…”.

L’uomo sorrise: “Grazie” disse.

Regina che ancora non aveva compreso bene cosa fosse accaduto, si limitò a sorridere.

“Tutto è bene quel che finisce bene” disse sospirando Emma.

“Questa sera consegnerò i regali ai bambini e credo proprio che avrò bisogno di un aiutante” disse Babbo Natale rivolto all’uomo che annuì.

“Come posso ricompensarvi per il vostro aiuto?” chiese infine alle due donne.

Regina guardò Emma e quest’ultima si avvicinò a Babbo Natale e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, lui sorrise e annuì, quindi si portò le dita alla bocca e fischiò due volte.

Trotterellando arrivarono due renne. Regina alzò il sopracciglio.

“Questo è il nostro Pick Up” disse Emma guardando la bruna che alzò gli occhi al cielo.

“Ovvio, era troppo chiedere una nuova macchina”.

“Sindaco, come si dice: questo è quello che passa il convento, anche se tu sei abituata ai castelli” e rise, poi salì sulla groppa dell’animale.

Regina fece altrettanto.

“Grazie Babbo…” disse la bionda.

L’uomo alzò la mano in segno di saluto.

“Credi che questi animali conoscano Sven, la renna di Kristoff?” disse Emma mentre le due cavalcavano l’una accanto all’altra lasciandosi alle spalle la casa di Babbo Natale.

Regina stava per aprire bocca quando…

“Certo che lo conosco…”.

Le due si guardarono con meraviglia.

La renna girò il collo in direzione di Emma.

“Ma tu parli” disse la bionda.

“E so anche cantare” e prese un bel respiro.

“Ah! – Regina alzò la mano – Mi è bastata Emma. Almeno per il viaggio di ritorno vorrei risparmiarmi un’altra tortura!”.

La bionda le lanciò un’occhiata torva. Intanto alle loro spalle l’intera foresta tornava ad avere la magia e così anche tutta la cittadina.

Raggiunsero Storybrooke due ore dopo e trovarono un capannello di persone davanti a casa di Regina. Le due scesero dalle renne e si avvicinarono.

“Emma!” la chiamò Mary Margaret andandole incontro. “Ma dove eri finita?”, l’abbracciò con aria preoccupata per poi guardare il sindaco con volto severo.

Henry raggiunse le due tendendo le braccia al collo di Regina. “Grazie, è stupendo!” e baciò la donna sulla guancia.

“Prego… ma…” farfugliò la bruna per poi cercare in Emma una spiegazione, ma lei si limitò ad alzare le spalle.

“Grazie mamma” disse poi il piccolo abbracciando la bionda.

“Che ci fate con le renne?  - chiese David – Ehi dov’è il mio Pick-Up!” urlò poi.

Ma le due non lo stavano ad ascoltare, intente a osservare la bellezza che si era parata loro dinanzi: nel giardino di Regina spiccava un bellissimo albero di Natale, addobbato di palline colorate, luci dai mille colori, ma la cosa più sorprendente era che il tronco e gli aghi dell’abete cambiavano colore.

Tutti erano estasiati, lo indicavano, ridevano e commentavano, era un brulichio di voci.

“È bellissimo, ma dove lo avete preso?” chiese Ruby avvicinandosi alle due donne.

Regina era abbagliata da quella luce, non riusciva a credere ai suoi occhi. “Emma… - disse poi sussurrando – sei stata tu?”.

Lei le fece l’occhiolino per poi regalarle un dolce sorriso.

“Andiamo! – urlò Granny – ci aspetta una cena luculliana!”.

Tutti si diressero verso il diner della Nonna. Mary Margaret prese David sottobraccio e ridendo si fermarono accanto a Regina ed Emma, con il piccolo Henry che ancora fissava l’albero.

“Non vieni?” disse Biancaneve alla figlia.

Lei annuì: “Solo se viene anche Regina”.

La bruna si voltò di scatto verso lo sceriffo, non aspettandosi una simile risposta.

Biancaneve guardò il Principe Azzurro, lui annuì e la donna sospirò cercando di sorridere. “Credo che si possa fare, in fondo siamo una famiglia, no?”.

Regina sentì le lacrime bussare prepotentemente ai suoi occhi, ma cercò in tutti i modi di ricacciarle indietro.

Entrarono tutti dentro il locale di Granny e subito iniziarono a risuonare canti natalizi, rumore di stoviglie, furono alzati i bicchieri di vino e distribuito tanto buon cibo.

Mancava poco alla mezzanotte, Emma stava parlando con Mary Margaret vicino al bancone ma la sua attenzione era rivolta verso Regina seduta al tavolo che sorrideva mentre parlava con il figlio.

Lo sceriffo sospirò, la voce della madre era solo un brulichio lontano.

“Mi stai ascoltando?” chiese Biancaneve.

Emma sospirò: “A dire la verità…. Devo fare una cosa” disse e lasciò la donna per raggiungere Regina.

“Regina vieni fuori un attimo, devo darti il mio regalo” le sussurrò Emma avvicinandosi a lei.

“Fuori? – chiese il sindaco, poi guardò Henry - Va bene”.

Le due si allontanarono, sotto l’occhio indagatore di MM che aveva preso in custodia il bambino.

Uscirono nel freddo di Storybrooke, attraversarono il vialetto e si posero nei pressi della staccionata un po’ nascoste, vicino a un grosso albero, l’una di fronte all’altra.

“Questo è il mio Swan” disse Regina allungando alla bionda un pacchetto piuttosto grande.

Lei lo prese era morbido, lo scartò in maniera animalesca sotto lo sguardo esterrefatto e divertito del sindaco e spalancò gli occhi una volta rivelato cosa fosse: “È bellissimo”.

“Visto che hai sempre freddo, ho pensato che questo ti avrebbe riscaldato”.

Emma teneva tra le mani un maglione che aveva sul davanti il disegno di un cigno. La bionda sorrise a Regina e i suoi occhi si fecero lucidi.

“Grazie, Regina, davvero” disse guardandola dritto negli occhi.

“Bene – rispose la bruna cercando di rompere quella situazione un po’ imbarazzane - e il tuo?”.

Emma alzò lo sguardo verso il cielo, Regina fece lo stesso: era colmo di stelle, una più brillante dell’altra.

“Regina…” sussurrò la bionda.

Il sindaco annuì.

Emma tornò a guardare il cielo.

“Perché continui a guadare il cielo e non parli Swan?” disse con tono di voce irritato.

“Un attimo di pazienza” rispose la bionda.

Qualche secondo dopo si diffuse un rumore nell’aria, un rumore che andava crescendo, un misto di campanellini e scalpitio di zoccoli. Emma sorrise, tornò ad alzare lo sguardo verso l’alto e qualcosa cadde lentamente finendo nella mano dello sceriffo che aveva prontamente aperto.

La bruna osservò la scena a bocca aperta.

“Eccolo…” disse Emma.

Il sindaco sorrise: “Ma come… Chi era?”.

“Beh, ho chiesto un aiuto a Babbo Natale” disse la bionda arrossendo.

Regina prese il pacco dalla mano di Emma e guardò la donna con uno sguardo che colpì lo sceriffo dritto al cuore, poi lentamente tolse la carta che avvolgeva il regalo e spalancò gli occhi tornando a guardare la bionda, aprì la scatola e sorrise.

“Emma…”.

La bionda si mise le mani nelle tasche del giubbotto mentre dentro di sé gongolava per la perfetta riuscita del suo piano.

Regina estrasse dalla scatola la giostra in legno intagliata che aveva visto nella casa di Babbo Natale e che le ricordava quella che aveva avuto da bambina.

“Ma come hai fatto?”.

La bionda alzò le spalle: “Magia” disse e sorrise.

Regina la guardò mentre il suo cuore batteva sempre più veloce, fece un passo avanti verso la bionda, poggiò la mano libera dal pacco sulla guancia dello sceriffo e la baciò sulle labbra. Il cuore dello sceriffo sobbalzò nel petto, mentre un immenso calore si impossessava di lei. In quell’istante i loro corpi emanarono una luce intensa e sgargiante. Regina si ritrasse mentre Emma rimase imbambolata.

“Sei riuscita a sistemare tutto Swan e non so proprio come tu abbia fatto, questo bacio è tutto per te” disse Regina con una voce calda e sensuale che colpì Emma dritto allo stomaco.

La bionda farfugliò qualcosa di incomprensibile, poi si avventò letteralmente verso Regina spingendola contro la staccionata del locale di Granny e poggiò le sue labbra su quelle della bruna che non si oppose. Lasciò cadere a terra il pacco contente il maglione e prese il volto del sindaco tra le mani per avvicinare ancora di più le loro labbra. Regina vi pose sopra le sue e insieme assaporarono quel momento mentre tutto intorno era uno sfavillio di colori.

Mary Margaret che aveva seguito le due, vide la scena alla finestra, in quell’istante la sopraggiunse David.

“Che stai guardand… ooooh!” si bloccò l’uomo spalancando la bocca.

“David… - sussurrò Biancaneve - Vedi anche tu quello che vedo io?”.

Il Principe Azzurro annuì: “Finalmente si sono decise”.

Mary Margaret guardò l’uomo corrugando la fronte.

“Non dirmi che non te ne eri accorta… Guarda cosa stanno lanciando i loro corpi, questo è puro amore - e abbracciò la donna da dietro cingendole la vita - Anche per loro è arrivato il lieto fine” disse per poi baciare Snow White sulla guancia.

Emma e Regina si baciarono ancora per alcuni minuti, poi, una volta abbandonate le labbra l’una dell’altra, sorrisero un po’ imbarazzate. La bionda raccolse subito il pacco che aveva lasciato cadere a terra.

“Questo è sicuramente il più bel Natale della mia vita” disse Emma.

“Anche il mio Swan, grazie a te”.

Le due unirono la loro magia e in cielo scoppiettarono fuochi d’artificio. Emma si posizionò accanto alla bruna e le cinse la vita con il braccio. Regina poggiò la sua testa sulla spalla della bionda e in silenzio osservarono il luccichio dei fuochi, ma il rumore più forte era quello prodotto dai loro cuori, innamorati più che mai.

FINE

   
 
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