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Autore: Ely_Pommy    24/12/2017    1 recensioni
Una vita sapendo di dover combattere, ma contro chi?
Una vita credendo di conoscersi...o forse no?
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In una notte come molte altre, in un paese come tanti altri, un uomo come tanti altri, non dormiva come tutti gli altri. Era un uomo sulla cinquantina, molto ben piazzato, capelli e baffi rossi come il fuoco di cui si serviva per il suo lavoro, la pelle bruciata, occhi azzurri e talmente penetranti da far pensare che con uno sguardo riuscisse a leggere la tua anima. Il sudore gli colava dal volto e come pioggia, bagnava l’acciaio rovente che stava colpendo con un martello contro un incudine usurato. Si chiamava Festus e stava dando vita e forma a una spada. Lavorò fino al mattino dopo, la limò, la rastremò, la lucidò, la attaccò alla splendida impugnatura dorata e finemente lavorata. Su di essa vi era impressa l’effige di un drago, circondato da tante stelle, gli occhi di rubino rilucevano riflettendo l’ormai debole fiamma che Festus aveva usato per la sua opera. Sul manico una parola, un nome. Sofia. Terminata l’opera, Festus crollò sul suo umile giaciglio. La stanchezza lo aveva sopraffatto. L’arma riposava anch’essa sul tavolo del fabbro…quella spada ero io. Qualche ora più tardi, Festus fu svegliato da un suo discepolo, un ragazzo poco più che adolescente dai folti e ricci capelli castani. Il ragazzo doveva portarmi da chi sarebbe diventato il mio proprietario. Festus mi prese tra le braccia e mi guardò. Prese una guaina in cuoio e lentamente mi ci mise all’interno, ma prima che l’ultima parte della mia lama fosse entrata nel fodero, una lacrima cadde dai limpidi occhi di Festus e mi toccò. Fu questo l’ultimo saluto che ebbi dal mio creatore. Il ragazzo prese il fodero che mi conteneva, montò a cavallo e partì. Arrivammo a destinazione. Fui consegnata a un servo che a sua volta mi diede al suo padrone. Quello era un giorno speciale; sentii l’uomo che mi tratteneva tra le mani parlare con il suo servo mentre percorrevano gli ampi corridoi del palazzo. «Il momento è arrivato» «Sarà all’altezza mio signore?» «È il suo destino Minus, sai bene che è necessario» «Non sono preoccupato per questo, ma per chi la giudicherà…nessuno, nemmeno il più valoroso uomo è mai tornato indietro. Cosa ci dice che LEI possa farcela?» «Non lo sappiamo, ma è stata scelta per questa prova prima ancora che nascesse, non possiamo fare altro che sperare. Voglio che però non si senta sola, per questo voglio che abbia questa, perché sappia da dove viene e qual è il suo destino». Entrammo nel cortile. Vi erano molti ragazzi e ragazze che passeggiavano, suonavano, dipingevano o si dedicavano ai diletti più vari. In disparte sedeva una ragazza che nulla aveva di diverso da nessun’altra di quel cortile, ma appena si voltò, furono gli occhi a colpirmi rossi e splendenti come i due rubini che il drago sulla mia elsa aveva come occhi. Salutò con non poca commozione l’uomo che stava conversando con lei. Venni a sapere che lui si chiamava Giglio, era il suo insegnante, ma per lei era molto di più, era la sua guida, il suo amico più intimo e lo amava forse più di suo padre o di chiunque altro. Non era vecchio, ma la sua corta barba e i suoi capelli a chierica già canuti, lasciavano spazio a molti fraintendimenti. I due si strinsero in un forte abbraccio, poi lui le mise una mano sulla spalla e l’accompagnò dinnanzi al padre. «Selene, il momento è giunto. È ora che tu adempia alla tua missione» «Lo so padre» «Vorrei donarti questa…spero che possa esserti di conforto in solitudine e in battaglia. Hai bisogno di qualcosa per il viaggio?» «Mi basterà il libro donatomi da Giglio, il tuo dono farà il resto». La ragazza mi prese tra le mani. Sentivo una strana forza tra di esse, ma anche una celata paura. Assicurò me alla sua cintura e prese una bisaccia in cui riporre il libro di Giglio e del denaro, la indossò e si incamminò. Selene, dopo che si fu allontanata dalla grande villa, si diresse verso una scogliera, si sedette sulle maestose pietre e mi prese tra le mani. I suoi occhi erano colmi di lacrime, poi si rivolse a me. «E così mio padre ti ha incaricata di aiutarmi? Sei un’arma splendida, ma le decorazioni di quest’elsa non sono un’idea sua. Qui c’è l’impronta di Giglio…mi ha guidata per molti anni e ora per la prima volta mi lascia la mano. Riprendiamo il cammino, le grotte dei sussurri distano tre giorni da qui». Mi rimise nel cuoio e sentii che ogni suo passo era sempre più pesante come se Selene portasse sulle spalle un fardello insopportabile: quello delle sue preoccupazioni. Calò la prima luna, io e Selene arrivammo davanti ad un’immensa foresta. Gli alberi sembravano non avere fine ed erano talmente fitti che sembrava nemmeno la luce fosse in grado di passarvi…Selene prese in mano il libro di Giglio, lo sfogliò, lo lesse, sorrise ed entrò nella foresta. Dopo qualche passo, non era più possibile vedere l’inizio del bosco, ma l’aria si riempì di rumori. Non sentivamo gufi o altri uccelli notturni, ma solo ruggiti, ululati e passi. Passi sempre più vicini. Si palesò davanti a noi una donna, magrissima, la pelle attaccata alle ossa del corpo quasi non avesse null’altro, i capelli crespi e gli occhi bianchi, vuoti. Si rivolse alla ragazza. «Salve fanciulla» «Chi sei?» «Non è importante chi io sia, ma chi sei tu» «Che domanda è mai questa?» «Oh, non è una domanda…sei sicura di sapere chi tu sia?» «Certo! Mi è noto il mio passato, il mio presente e il mio futuro» «Oh, il passato! Quanto può essere sconvolgente il passato! Forse così tanto da stravolgerlo o, ancora peggio, occultarlo» «Che vuoi dire?». La donna com’era arrivata, sparì. Al suo posto comparve un’altra donna, più giovane, portava un fagotto nelle braccia. Selene la chiamò, ma non ebbe risposta, provò di nuovo, ma questa volta, non uscì alcun suono dalla sua bocca. Fu il panico. Tentò di gridare più volte, ma nulla. Si calmò e decise di sopportare la sua condizione per poter seguire la ragazza. La raggiunse quando si fu seduta davanti a un focolare. La misteriosa figura si voltò. Fu sconvolgente costei aveva gli stessi occhi di Selene. Vide la ragazza, ma non ne sembrò scossa, quasi come la conoscesse già. Non parlò, ma la invitò a sedersi. Selene non sapeva cosa fare, ma lasciò la mia elsa, che aveva tenuto stretta fino a quel momento. Sentiva di potersi fidare. Si sedette accanto alla donna. Costei, allora, svelò il contenuto del fagotto che teneva tra le sue mani. Vi era un grande uovo nero e brillante. Lo poggiò sul terreno. Prese un bastone che usò per vergare il suolo e produrre un’immagine, infine batté un colpo. Il disegno si staccò da terra e prese vita: un’eclissi lunare si posò sull’uovo. Improvvisamente l’immagine e la donna scomparvero. Rimase solo l’uovo, che cominciò a sussultare per poi creparsi. Selene era sconvolta e confusa. In quel mentre arrivarono un uomo ed un ragazzo che pareva sulla ventina. Selene, allora, si nascose tra le fronde di un albero. Per primo parlò il ragazzo: «Eccolo!» «Sì, questo è il frutto dell’eclissi. Sapevo che l’avremmo trovato qui» «Guarda! Si sta aprendo». Dall’uovo uscì una manina e poi con sorpresa di tutti una neonata. «Una bambina?» Esclamò il giovane, ma l’uomo che lo accompagnava lo ammonì: «Oh, non sottovalutare questa piccola creatura. È figlia dell’eclissi di luna: ha in sé il puro bene e il puro male. In lei brucia il fuoco di un conflitto che lei è destinata a spegnere…guarda i suoi occhi» «Bruciano come l’inferno, ma perché siamo qui? Cosa ha a che fare tutto ciò con Sofia?» «Hai detto che aspettavate una bambina e che Sofia è recentemente sparita giusto?» «Sì, e con ciò?» «Proprio non comprendi? Questa È tua figlia. Sofia è solo tornata nel suo vero regno. Questa bambina dovrà superare una prova difficilissima, prima di potersi ricongiungere a lei. È il suo destino» «Mi stai dicendo che non rivedrò più la mia amata e che la figlia che ho avuto da lei potrebbe morire o tornare dalla madre? In pratica non la rivedrò più in ogni caso, Giglio» «Devi essere forte Regulus!» Selene, ebbe un tuffo al cuore, quei due uomini erano suo padre e il suo maestro! Giglio disse: «la prepareremo e la ameremo, come avrebbe fatto Sofia» «Come posso affezionarmi a lei se so che la perderò? Giglio, la educherai tu. Tu che sei custode del cielo e con le stelle guidi i marinai. Voglio che non si leghi a me: sarà più facile. Non le diremo nulla, ma le faremo costruire una spada. Voglio che tu sull’elsa di quell’arma faccia incidere la verità» Il ragazzo se ne andò. Giglio prese la bambina tra le braccia e disse «Ti insegnerò a percorrere la tua via con saggezza, a non avere paura, e ti amerò come fossi mia figlia, ma voglio che tu abbia un nome che ti ricordi da dove vieni…sarai Selene». In quel momento, i rami della foresta si diradarono, mostrando per un attimo la luna, che illuminò la bambina, quasi volesse accarezzarla con la sua luce. L’uomo guardò la luce e disse: «Non temere Sofia, Regulus le vorrà bene e presto potrai riabbracciarla, abbi fiducia. Dal canto mio resterò con lei e la guiderò». Infine Giglio si rivolse un momento verso l’albero dove stava Selene, sorrise, guardò la neonata e disse: «Non avere paura, io ti sono accanto». L’uomo scomparve. Selene scese dal suo nascondiglio e crollò in ginocchio. Per la prima volta in quella lunga notte, riuscì ad urlare. La pervasero emozioni contrastanti. Mi estrasse dal mio fodero e fissò l’elsa, nel punto in cui era stato inciso il nome di sua madre. Pianse. Mi strinse a sé. Riuscii a sentire il suo cuore battere contro il petto come un cavallo in corsa e mi sorpresi che questo non lacerasse il torace per uscire e gridare anch’esso. Crollammo nel sonno. Quando ci svegliammo, non eravamo più nella foresta, ma in aperta campagna. Selene si alzò ancora scossa dalla sera prima. Non riusciva a capire se tutto ciò che aveva visto la sera prima fosse un sogno o realtà. In ogni caso, sentiva di essere stata svuotata. Pensava di avere un padre freddo e austero, un maestro affettuoso e una madre misteriosamente venuta a mancare. Era venuta a scoprire di avere un padre che celava le sue emozioni dietro una gelida maschera, una guida che forse conosceva sua madre e l’amava molto più di ciò che immaginava e una madre che non solo era viva, ma l’aveva praticamente abbandonata lasciandole il fardello di una missione mortale. Sua madre era regina della luna e Giglio custode del cielo, perché non gli e l’avevano mai detto? Era l’alba. Il sole illuminava ogni filo d’erba che scintillava nella rugiada mattutina. Selene prese nuovamente il libro di Giglio. Ancora una volta lesse e si alzò. Mi raccolse e asciugò l’elsa dalla rugiada. Guardò ancora una volta il nome di sua madre e poi ripartimmo. Più avanti, si accorse di trovarsi sopra un villaggio e decise di recarvisi per rifornirsi. In quella valle, gli abitanti cantavano qualunque cosa facessero. Vedendo il suo arrivo, un contadino le andò incontro: «Siete qui per le grotte dei sussurri?» «Come lo sapete?» «Da qui non passa nessuno che non sia diretto lì. Mi chiamo Vetus, vorresti venire nella mia umile dimora a riprendere le forze?» «Certo, siete molto gentile». Si diressero verso l’abitazione dell’uomo. Si sedettero a tavola. Selene notò che egli era l’unico a non cantare in quel villaggio, così disse: «Ditemi una cosa Vetus, perché appena arrivata ho visto cantare, ma voi non avete emesso alcun suono» «Ve lo rivelerò: gli abitanti di questa valle posseggono la musica di ogni oggetto di questo mondo e ne cantano la melodia. La musica di ogni oggetto del mondo è nata proprio qui. Per ricordarlo noi cantiamo questi suoni» «E voi Vetus?» «Io canto alle stelle: è un canto che l’uomo non sa ascoltare, perché è il suono dei desideri di ognuno» «Desideri?» «De Sidera, dalle stelle. I desideri di ogni individuo, giacciono nascosti nelle stelle, per questo esse sono così affascinanti ai nostri occhi» «Perché l’uomo non sa ascoltare?» «Il canto dei propri desideri è sempre offuscato dal rumore dei desideri materiali e malvagi, solo chi riesce a non farsi sopraffare e combatte contro il suo male, può scoprire i suoi desideri» «Perché nessuno è mai tornato?» «È necessario essere abbastanza forti da combattere contro di sé, ma non rivelerò di più». Mangiarono e si salutarono in silenzio. Calò la sera. Dopo tutta una giornata di cammino, Selene si trovò ai piedi di un monte. Era talmente alto che la cima era invisibile. Cominciò ad arrampicarsi. Dopo molti metri, Selene guardò il cielo. Quella sera non vide la luna, ma le stelle erano particolarmente luminose. Ad un tratto si sentì una voce, ma vi era solo una stella scintillante: «Selene». La voce parve provenire dal cielo «Abbandona l’impresa!» «Chi sei?» «La stella dei tuoi desideri più profondi. Sei sicura di voler compiere l’impresa? Non vorresti sapere perché tua madre ti ha abbandonato e perché Giglio non è con te?» «Hanno fatto ciò che è giusto» «No, dentro di te sai bene, che hanno paura che il male in te possa prendere il sopravvento. Diventeresti la loro rovina, perché potresti essere molto potente. Giglio avrebbe perso il potere sul cielo e tua madre quello sulla luna» «Non voglio crederci! Non verrò sopraffatta dal male» «Loro non ti amano davvero. Se tu morissi, Giglio avrà un nuovo alunno e tua madre potrebbe già avere un’altra figlia senza un briciolo di male.» «Non voglio crederci! Mai!». Così dicendo, una colonna di fuoco da lei arrivò fino al cielo. Infine svenne. Il sole sorse sulla montagna. Un alito di vento accarezzò Selena. Quando si svegliò notò di essere sulla cima del monte. Guardò la sua borsa per cercare il libro di Giglio. Non lo trovò. Pianse, come poteva aver perso ciò che la legava al suo maestro. Doveva esserle caduto la sera prima. Mi prese tra le mani. Sfiorò il nome di sua madre, e le stelle. Guardò il drago e disse: «Ora devo affrontare il mio destino». Mentre camminava, teneva la mia elsa stretta nella mano destra e intanto rifletté ad alta voce: «Cosa voleva dirmi quella stella? E se tutto fosse vero? Se loro non mi amassero veramente? Se non l’avessero mai fatto? Effettivamente mi hanno mentito su ciò che ero. Hanno giocato con la mia vita e mi hanno abbandonata!». Sentì un fuoco dentro che non aveva mai sentito, quello della vendetta. Passò tutta la giornata in silenzio. La notte calò. Davanti a lei, le grotte dei sussurri. Si procurò un ramo da cui ricavò una torcia. Entrò. Dopo pochi passi si palesò una figura. Restò nell’ombra e disse: «Selene! Finalmente sei arrivata» «Sono pronta per adempiere al mio destino» «Dovrai compiere una scelta: alla fine della galleria, troverai due persone e un pericolo. Potrai sconfiggerlo solo con un sacrificio. Una persona dovrà morire. La decisione spetta a te» La misteriosa figura sparì. Selene si incamminò. La caverna si illuminò. Comparvero due prigionieri, legati alle rocce sporgenti. Selene alzò lo sguardo. Rimase senza parole quando vide Giglio e la madre. Selene tentò di correre verso di loro, ma un burrone si aprì davanti a lei. «Quanta fretta» disse una voce «Chi sei?» chiese Selene «Non l’hai capito? Sono te, o almeno una parte, quella migliore!» Selene si accorse di esser lei a parlare «Non ti permetterò di far loro del male!» «Non ne ho alcun bisogno, lo farai tu!». Detto ciò Selene venne avvolta dal fuoco. Io caddi a terra e assistetti a una scena incredibile: il fuoco prese la forma di un drago dagli occhi rubino e incastonato nel petto, Selene. La voce parlò «Bene, bene, cominciamo a divertirci, mia controparte. Potremmo iniziare da colei che ti ha abbandonato perché non ti trovava abbastanza pura!» «No!». La mano di Selene si mosse involontariamente e la seguì la zampa infuocata, essa trapassò il petto della madre e ne estrasse il cuore ancora pulsante. Poi continuò «e chi abbiam qui! Colui che ti ha cresciuto nella menzogna e ti ha mandato senza colpo ferire verso una missione suicida!» «Non farlo!». Ancora una volta l’arto del drago, guidato dalla mano di Selene, entrò all’interno di un corpo, quello di Giglio, estraendone la fonte della vita. «Che ne dici Selene? Giochiamo un po’con le loro vite?» Il drago e Selene, strinsero i due cuori e i due prigionieri urlarono, straziati dal dolore. «Perché fai questo?» «Ti ho già detto, mia cara, che non farò proprio nulla io. Tutto quello che vedi è frutto dei tuoi desideri più nascosti e malvagi. È la tua sete di vendetta che sta facendo tutto. Se ora li uccidessimo entrambi, saremmo potentissime e governeremo sul mondo, sul cielo e sulla luna!» «No ora so perché hanno fatto questo. Dovevo essere padrona di me per essere pronta alla conoscenza e da ora lo sarò!» Selene gridò, spinse le due braccia del drago nel petto dei suoi due affetti e restituì loro il cuore. Poi, mi afferrò con le zampe infuocate e diresse la mia lama verso di sé dicendo:” qualcuno dovrà morire oggi, ma non saranno loro! Tu non vivrai più in me, perché io non vivrò”. Si colpì al petto. Il drago sparì e Selene stava precipitando, ma prima di toccare il suolo, si ritrovò a fluttuare nel cielo. Si toccò il petto. La ferita non c’era più ed io ero nel mio fodero. Sofia e Giglio si fecero avanti. «Selene!» «Mamma, Giglio!» «Hai avuto coraggio, figlia mia, ora sei pronta per conoscere la verità» Giglio disse «Tu non sei mai stata un mostro, anzi, la più speciale creatura che abbia mai calpestato il suolo terrestre, ma proprio per questo, dovevi mostrarti meritevole del tuo futuro. Per questo sei dovuta crescere senza sapere della tua natura, perché capissi l’umiltà. Per questo hai dovuto lottare contro il tuo passato, contro i desideri malvagi e contro te stessa, perché fossi padrona di te». Sofia, abbracciò la figlia: «Ora potrai unire il nostro cielo e la Terra, governando su di essi e potremo stare insieme» Selene disse: «E cosa sarà di papà?» «Se rimarrai qua, potrai solo osservarlo da quassù. Gli uomini non possono venire qui, se non quando la loro anima abbandona il loro corpo». Selene andò verso Giglio: «Giglio, la poesia del tuo libro, mi ha continuato a guidare nel mio cammino, ma se c’è una cosa che ho imparato da esso è che l’amore è un’arma potentissima e che va utilizzata con saggezza.» Poi si rivolse alla madre «Tornerò da mio padre, non lo lascerò solo e finalmente non dovrà avere paura di perdermi. Ci rivedremo un giorno e quel giorno saremo tutti insieme. Ora so che non mi lascerete mai sola» «Ne sei certa?» «Certo mamma». Giglio e Selene si abbracciarono e Sofia diede un bacio sulla fronte della figlia. Ci svegliammo sulla scogliera. Selene guardò il cielo e la luna. Sorrise. Infine mi prese tra le mani e disse: «Ora racconta questa storia, racconta a chi è preso da sconforto che si può essere forti e a chi è malvagio che si può sconfiggere il male, ma soprattutto racconta agli uomini che non sono mai soli». Mi gettò in acqua. Ora viaggio per i mari e per i fiumi. Racconto a chiunque si metta ad ascoltare il suono dell’acqua con orecchie e cuore aperti.
   
 
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