Libri > Eragon
Segui la storia  |       
Autore: PrincessintheNorth    26/12/2017    1 recensioni
Prequel di "Family"!
Nel regno del Nord, una principessa e Cavaliere dei Draghi, Katherine, farà conoscenza di Murtagh, il Cavaliere Rosso che si è autoimposto l'esilio ...
In Family abbiamo visto il compimento della loro storia e il loro lieto fine: ma cos'è successo prima?
"-Principessa, per l’amor del cielo … - prese a implorarmi Grasvard. – Spostatevi da lì … non vi rendete conto di chi è?
-È Murtagh figlio di Morzan, ex Cavaliere del Re Nero, erede del ducato di Dras-Leona. – ringhiai. – So benissimo chi è. So anche che è un essere umano come me e come te, a meno che tu non sia un elfo sotto mentite spoglie. È un essere umano ed è vivo per miracolo. Quindi, dato che come me e come te è carne e sangue, gli presteremo le cure che necessita. Sono stata chiara abbastanza?"
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castigo, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
MURTAGH
 
 
 
Si era risvegliato intontito, senza ricordare bene cosa fosse accaduto.
Provò a muovere un passo, ma non riuscì.
Furioso, si rese conto di essere bloccato da pesanti catene per draghi che non gli consentivano di muoversi, figurarsi di volare.
Un dardo avvelenato, si era reso conto. Ecco come l’avevano abbattuto.
Tuttavia, era un drago molto pragmatico.
Dato che per risolvere la sua situazione non poteva fare niente, decise di allungare la mente verso Katherine, e iniziò a vedere il mondo con i suoi occhi, anche se lei non lo percepiva.
Io, invece, immerso nel suo ricordo, potei vedere tutto con i miei occhi.
Katie si risvegliò anche lei confusa, con April tra le braccia. Era un po’ ferita, i capelli spettinati, l’abito lacero.
Nel vederla così, l’odio che già provavo per Grasvard e i ribelli di Lionsgate aumentò a dismisura.
- Cosa …
- Tata …
- Va tutto bene, piccola …
Rassicurò April con un bacio sulla fronte, e andò a bussare alla porta, chiedendo con gentilezza perché si trovasse lì e se, per favore, potesse essere condotta alle sue stanze.
Ricevette solamente insulti.
E pesanti.
L’intenzione di strozzare quella guardia fu piuttosto forte, anche se dovetti ricordare che era solo un ricordo, che non potevo fare un bel niente.
Solo guardare, mentre il disastro si compiva.
Dov’è mia nipote?
- Sta zitta.
- Esigo che mi venga detto.
- Non puoi esigere niente, stupida.
Riuscii a leggere perfettamente lo shock e la rabbia per quegli insulti nei suoi occhi.
- Non potete rivolgervi a me così. – sibilò.
- E perché no? – una delle guardie si girò, ridacchiando. – Chi è dietro le sbarre, piccola?
- Non chiamarmi piccola. – ringhiò.
L’altro fece spallucce. – E cosa ci puoi fare? Colpirmi con la magia? Sappiamo entrambi che sei un’incapace.
Nonostante tutto, lei tentò di far uscire la magia.
Ma la paura e le troppe emozioni che provava la confondevano troppo, impedendole di concentrarsi.
Divenendo ancora di più oggetto di scherno.
- Dov’è Annabeth? – domandò ancora, dopo tre ore.
- La la la la …
- DOV’E ANNABETH?! – urlò a quel punto, completamente impazzita dalla paura.
- Guardala, Jeff, è isterica … - ridacchiò uno.
- Per favore … è solo una bambina, lasciatela stare … - li pregò. – La mia famiglia è ricca, posso darvi ciò che volete …
- Non li vogliamo i tuoi soldi, principessa. – la presero in giro. – Ma devo ammettere che potrebbe esserci qualcosa che potresti barattare …
Istintivamente, lei si coprì.
E altrettanto istintivamente, mi venne da abbracciarla e contemporaneamente ammazzare quello stronzo.
- Si tratta proprio bene, Murtagh, eh?
È abbastanza, signori.
Un raggio di timida speranza le illuminò il viso.
Signor Black? – sussurrò.
Speranza stroncata dalla mano che lui appoggiò sulla spalla del soldato.
Katherine capì che era stato lui a commissionare la sua reclusione.
- Signor Black … mi dica dov’è Annabeth, la prego …
- Sua Altezza risposa nelle sue stanze.
Detto questo, la liberò.
In un attimo, Katherine prese in braccio April e seguì Black, stringendo la piccola.
Black le condusse nelle nostre stanze, dove c’era anche Annabeth, seduta sul letto, lo sguardo perso e spaventato.
Nel rivederla, Katie non riuscì a trattenere le lacrime.
- Oh, piccola … - sussurrò stringendola a sé, mentre Annabeth iniziava anche lei a piangere dal sollievo. – Come stai, tutto bene?
- Sì, tia Katie …
- Hai avuto paura?
Tanta … - pigolò la piccola, e mi si strinse il cuore. 
- Non devi più averne, tesoro mio, adesso sono qui con te …
Annabeth annuì, raggomitolandosi tra le braccia della sua tata.
Vi interesserà sapere, Altezza, che non siete più al comando di questa tenuta. – fece Black con un sorrisino cattivo, mentre gli occhi di Katie si scurivano di rabbia. – Siete stata rinchiusa e abbiamo ristabilito l’ordine.
- Come avete osato. – sibilò. - Vi farò bruciare vivi!
L’altro scoppiò a ridere di gusto.
- Io non credo. Vedete, Altezza, c’è un motivo se Annabeth non era con voi. Uno dei nostri maghi migliori ha praticato su di lei un incantesimo: se parlerete, o cercherete di ribellarvi, il suo piccolo cuoricino smetterà di battere.
Non riuscii nemmeno a immaginare il dolore che Katie aveva provato in quel momento.
Io mi sentivo già morire, sapevo che sarei sceso ad ogni patto pur di tenere Annie in vita.
Lei, che era sua zia, che l’aveva protetta nei boschi?
Katherine guardò la piccola, che la guardava di rimando, ora tranquilla e contenta. Teneva gli occhioni verdi fissi in quelli nocciola della sua tata, un sorriso felice sul viso. Non aveva idea di ciò che accadeva al di fuori delle braccia sicure di Katie.
Iniziò a dormire, mentre lei la cullava, cercando di rassicurarla.
- Per favore … è solo una bambina … - lo pregò, ottenendo in cambio solo un sorriso malvagio.
- E ci da un potere immenso su di voi.
Black le sfiorò la guancia con la nocca dell’indice, e lei non poté ribellarsi. Solo una lacrima di rabbia e umiliazione le rotolò sulla guancia.
Riprovaci e te la stacco, quella mano.
- Ecco qui. – rise, prendendola in giro. - La fiera Principessa, Comandante della Marina, incinta di un uomo che non è suo marito e sottomessa al mio volere.
Posso davvero fare quello che voglio … anche strapparti il piccolo bastardo dal ventre.
La paura si impadronì dei suoi occhi, mentre scuoteva lentamente la testa.
Una mano raggiunse rapidamente il ventre, per proteggere il bambino.
- Oh, rilassati. Non ho intenzione di farti usare dai soldati, o trattarti come schiava. Potrai continuare ad occuparti delle bambine, e condurre la tua vita. Ma vedi, dovrai stare ai miei ordini, o la piccola Annabeth non avrà nemmeno tempo di dirti addio. Oh, e ovviamente non dovrai farne parola con nessuno. Nemmeno con il tuo caro Cavaliere, e bada che non capisca niente. Oppure …
Completamente distrutta, lei non poté far altro che annuire.
Molto bene. Hai capito chi comanda. – ridacchiò soddisfatto Black. – Allora bevi questo.
Prese un bicchiere dalle mani di una domestica, che ridacchiava stupidamente nel vedere Katherine in quelle condizioni, e glielo porse.
- Cos’è? – sussurrò lei, sospettosa.
Black inarcò un sopracciglio e alzò una mano nel gesto di picchiarla.
Provaci e sei morto.
Alla fine, ritirò la mano, ripensandoci.
- Ti ho per caso dato la facoltà di fare domande, ragazzina?
Io non bevo se non so cos’è.
Quel gesto di ripresa le costò caro.
Annabeth aprì gli occhi, iniziando a piangere e portandosi una manina al petto.
Katherine iniziò a scuoterla, nel tentativo di aiutarla.
- Annie … no, ti prego … Annabeth …
Ti avevo avvisata. – fece Black. – Disobbedisci, e lei paga.
Annie …
- Se bevi, le sue sofferenze finiranno. – la tentò.
E lei cedette.
Cercò di non obbedirgli, ma nel sentire Annie piangere e la vita abbandonarla ogni momento di più, crollò, mandando giù in fretta il liquido. Sapevo cosa fosse.
Sapevo cosa sarebbe accaduto, di lì a breve.
E volevo solamente uscire da quel ricordo.
Ma non riuscii, impietrito da ciò che vedevo.
Un urlo di dolore lasciò le labbra di Katherine, che cadde a terra con una mano sul ventre.
- Black … cosa diavolo era … - ansimò, mentre impallidiva dal dolore ogni momento di più.
Io lo ammazzo.
Non potevo sopportare di vederla lì, accasciata a terra dal dolore, confusa e disperata, senza capire ciò che le stesse succedendo.
- Non lo immagini? – ridacchiò Black, che sapevo in realtà essere Grasvard. Le prese il mento per sollevarle lo sguardo al suo. – Perché dovrei lasciare che dentro di te cresca un bambino?
La sua espressione, da confusa, si tramutò nell’orrore e nella paura.
- NO! – gridò portandosi le mani al ventre, sconvolta. – No, ti prego …
Ma ormai, intorno a lei si era formata una pozza di sangue.
Basta … basta …
Non potevo restare lì, a vedere lei disperarsi e mio figlio morire.
Non ce la facevo, ma non riuscivo nemmeno ad uscirne.
- No … non lui … Black, ti prego … non il mio bambino … per favore … - lo pregò, ma ottenne solo scherno.  
- Non Black, tesoro. Non hai ancora capito, vero? Sono io, cara. Grasvard.
L’espressione d’orrore che aveva, se possibile, crebbe di più, mentre si rendeva conto che non era al sicuro nemmeno lì.
La perdita di sangue la fece crollare poco dopo, sotto gli sguardi impietriti di Annabeth ed April.
 
 
Quando ritornai in me, se possibile, il mio umore era ancora peggiore.
Avevo chiesto io a Castigo di mostrarmi cosa fosse successo, per poter comprendere meglio Katie.
La realtà che avevo visto era di gran lunga più grave di ciò che mi era stato, confusamente, raccontato.
Ed è ancora sana di mente …
Non riuscivo a immaginare quanto coraggio le dovesse essere servito per riuscire a richiudere il dolore, sterminare gli insorti, vendicare il bambino e riprendere Lionsgate.
E contemporaneamente, rimanere con April e Annabeth la Katie dolce e affettuosa di sempre, dedita sempre e soltanto a loro.
Quando dentro di sé, in realtà moriva.
Fu quello a darmi la spinta decisiva per alzarmi dal letto.
Dovevo sì lasciarla all’accampamento, senza la mia protezione, ma anche, e di più, andare a Winterhaal ad uccidere chi le aveva strappato la serenità e nostro figlio dal ventre.
Dovevo vendicare lei e il nostro piccolo.
Era bellissima, addormentata, anche con quella rughetta di preoccupazione che le solcava la fronte.
I capelli spettinati, il naso che ogni tanto si arricciava, probabilmente sognava.
- Andrà tutto bene. – mormorai, lasciandole la mano, alzandomi e iniziando a vestirmi.
Ero già in ritardo, in effetti. Perciò mi sbrigai, e nel frattempo controllai che le mie difese fossero tutte attive, e tutte funzionanti.
Nel dubbio, le rinforzai, e già che c’ero ne misi di più su Katherine.
A quel punto uscii, raggiungendo il limitare del bosco, dove le truppe e i draghi aspettavano.
Grazie al cielo, eravamo troppo vicini a Winterhaal e alle sentinelle perché potessi mettermi a fare un discorso. Meglio, perché quelle cose non erano il mio forte.
Perciò, mi limitai ad un. – Conoscete i vostri compiti. Andiamo.
Entrammo insieme nella foresta, ma quasi subito Antares e Castigo ci abbandonarono: resi invisibili, sarebbero volati il più in alto possibile, per essere coperti dalle nuvole, cosa facilitata anche dalle stesse, piuttosto numerose e basse, e al momento giusto entrare in scena garantendosi un effetto sorpresa micidiale.
Il pomeriggio prima, io e Katie eravamo stati nel bosco, e con parecchie difficoltà lei era riuscita a trovare il tronco cavo che portava al passaggio segreto: dopotutto, lei di solito arrivava dal lato opposto della foresta.
L’aveva ritrovato solo perché ci aveva messo su un incantesimo per ritrovarlo.
Nel dubbio, sulla strada del ritorno avevamo lasciato delle montagnette di sassi e rametti vicino alle radici degli alberi per guidarci il giorno dopo.
Per fortuna, la nevicata, seppur abbondante, non le aveva coperte del tutto, e io avevo un senso dell’orientamento migliore del suo.
Infatti, ci mettemmo solo un’ora a raggiungerlo, al posto delle cinque del pomeriggio precedente: a un certo punto, esasperato, mi ero convinto che stessimo girando in tondo, che ci fossimo persi e che magari quel passaggio nemmeno esistesse. L’attimo dopo, lei si era messa ad esultare, indicando il tronco.
Togliemmo il midollo del tronco, che fungeva da tappo all’ingresso del passaggio, ed entrai, solo per fare un rapido incantesimo per capire se ci fossero o meno maghi e soldati appostati.
Non ce n’erano.
Perciò, uscii e lasciai entrare la squadra di maghi e soldati che ci doveva entrare.
Già cinque minuti dopo, non ne sentivamo più i passi.
- Proseguiamo.
Ci volle parecchio perché attraversassimo tutta la foresta, almeno quattro ore, e a passo svelto di soldati la cui prestanza fisica era migliorata dalla magia: a quel punto, ringraziai che il mio cervello mi avesse suggerito quell’incantesimo.
Ma alla fine, scorsi la bandiera sventolare sulla torre Nord, e poco a poco comparvero alla nostra vista le mura di pietra di Winterhaal.
I soldati che ci camminavano su portavamo lo stemma di Grasvard, lo stesso che per un paio di giorni aveva sostituito il mio a Lionsgate.
Quel vessillo l’avrei strappato e usato per strozzare Grasvard, avvolgercelo dentro e darlo in pasto agli alligatori di Orrin. In origine volevo buttarlo in mare, ma Katherine mi aveva guardato male, dicendo che se avessi anche solo provato ad inquinare le sue acque con il corpo di quell’essere, mi sarei potuto scordare di amarla ancora.
Perciò, diedi l’ordine di iniziare l’assedio.
E come mi aspettavo, la prima pedina a venir mossa fu la giumenta di Katherine, Chelsea, che sulla groppa portava l’immagine della sua padroncina.
Lentamente, uscì dalla sicurezza che il bosco dava, per fermarsi a circa cinquanta metri dalle mura di Winterhaal.
- Sono Katherine Mavis Shepherd, Principessa del Nord e Comandante della Marina Reale. – disse l’imitazione, anche se era proprio Katie a farla parlare, ad una foresta di distanza. – Dichiaro la cessazione delle ostilità mie e del Cavaliere Murtagh verso Sua Maestà il legittimo Re del Nord, Grasvard, accettando con cuore gioioso e animo sinceramente benevolente la sua proposta di matrimonio, cosicché ogni impeto di ribellione nei cuori dei cittadini del Nord venga spento dal fresco vento di rinnovamento che porta una nuova unione. Chiedo quindi di poter entrare a Winterhaal, perché si compia il mio destino.
Quel discorso l’avevamo scritto insieme la sera prima, ma fu comunque poco bello sentirlo dalla sua voce, anche se sapevo che era un diversivo, una trappola ben congegnata.
- E perché. – la voce di Grasvard risuonò amplificata. – Hai deciso di cessare il fuoco, mia cara?
- Non ho intenzione di mettere a rischio la serenità del mio regno. – rispose tranquillamente. – Bisogna anche saper perdere.
-  E il tuo Cavaliere non può darti un esercito?
- Non l’avevi sterminato?
Dall’altra parte, silenzio per un attimo.
- E i tuoi valorosi marinai?
- Si sono ammutinati, a causa della mia fuga. Questo è l’unico posto dove non rischi la vita.
Ci fu ancora un quarto d’ora di botta e risposta, ma Katie riuscì tranquillamente a rispondere a tutte le domande.
E Grasvard aprì i portoni di Winterhaal.
Non persi l’occasione, e con un incantesimo impedii che potessero venire richiuse.
Con un urlo selvaggio, marinai e soldati, Draghi e Leoni si precipitarono dentro Winterhaal, mentre il cielo si riempiva dei ruggiti e del fuoco dei draghi.
Subito, io e quindici uomini ci facemmo strada fino alla taverna che mi aveva indicato Katie, la Figlia del Capitano.
Nel vederci, l’oste annuì rapidamente, facendoci correre dietro al bancone e aprendo il mobile che ci stava sotto.
A prima vista, era solo un mobile pieno di liquori, ma afferrò con decisione un ripiano, tirandolo verso di sé.
Si aprì uno dei passaggi segreti di Katherine.
Fui il primo ad entrare, e subito mi misi a cercare la mappa nella sacca.
Dove diavolo è …
Spesi cinque minuti a cercarla, ma con orrore mi resi conto che non c’era.
L’avevo persa.
- Signore? La mappa di Sua Altezza?
-  L’ho persa. – sibilai.
- E come facciamo?!
- Adesso cerco Katherine, ci guiderà lei.
Aprii la mente, raggiungendo la sua.
Cosa succede?, sussurrò. Era terrorizzata.
Kate, ho perso la mappa, ho bisogno che mi dici dove andare …
Cosa significa, “ho perso la mappa”?!
Esattamente quello! Adesso dimmi cosa devo fare!
Silenzio, qualche secondo.
Arrivo.
No, ehi, Katherine, se tu esci da quella tenda io ti …
Aveva chiuso la mente.
- Cretina. – ringhiai.
- Signore?
- Aspettiamo Katherine. – non potei dire altro. Perché di sicuro io non avevo la memoria per immagini, di quella mappa mi ricordavo solo che era piena di linee, bivi e incroci.
Ah, e che era ben più intricata di quella che segnava i passaggi segreti di Ilirea.
Muovere anche un solo passo senza conoscere la direzione in quel labirinto significava di sicuro perdersi, e altrettanto sicuramente finire ammazzati.
Fuori, la battaglia infuriava, e noi eravamo bloccati nell’armadio dei liquori di una taverna per marinai. Io, impegnatissimo a preoccuparmi per lei.
Ma dopo due ore, sentii una mano familiare appoggiarsi alla mia spalla.
- Katie!
Senza preoccuparmi del fatto che non fossimo soli, la strinsi e la baciai.
- Come diavolo hai fatto a perdere la mappa?
- Non lo so, l’ho persa e basta! E tu come hai fatto ad arrivare così in fretta?
- Ho usato il passaggio segreto del tronco.
- Sì, ma quando me ne hai parlato hai detto che ci volevano ore per raggiungere Winterhaal da quel passaggio.
-  Conosco scorciatoie. – alzò le spalle.
- E perché non me ne hai parlato prima, potevano tornare utili per la guerra, stupida, non …
- Preferivi che mezzo esercito venisse schiacciato da massi in caduta libera? -sibilò.
- Sono arrivati quelli che sono entrati prima in quel passaggio?
- Sì, alla fine gli avevo detto di lasciare una X alla fine del tunnel e così hanno fatto. E sai come hanno fatto? Non hanno perso la loro mappa!
- Non preoccupiamoci della mappa, facci strada.
Annuì, ma vidi quanto era felice di essere lì, utile a qualcosa, anche se io non ero proprio così gioioso.
Prese la torcia dalle mie mani, e si pose in testa alla fila, iniziando a camminare con sicurezza.
In quei corridoi, lei si muoveva da quando camminava, quindi era ovvio che non sbagliasse.
Mi beccai, beh, in realtà ci beccammo tutti parecchi insulti da lei, perché secondo Katie facevamo troppo rumore.
- Sì, qua ci sono le lame che escono dalla parete … - commentò, strappandosi un pezzo del mantello e lanciandolo nel vuoto.
L’attimo dopo, un sibilo e almeno una decina di lame affilate come rasoi lo avevano fatto a fettine.
Lei si concesse un sorrisetto soddisfatto.
- E bravo il nonno Rijkaard … bravo. – commentò.
Con nonchalance, passò attraverso le lame, cosa facile per uno stuzzicadenti come lei.
- Beh, che aspettate? È sicuro. – fece.
- Katie, non vorrei dire ma non siamo piccoli come te. – osservai.
Alzò gli occhi al cielo, beh, in realtà al soffitto.
- Ce la potete fare. Però muovetevi.
A quel punto, ci toccò passare, e strano ma vero nessuno ne uscì con il minimo graffio.
- Preparatevi, tra circa un chilometro arriva un’altra sorpresina.
Personalmente, non riuscivo a chiamare quelle trappole “sorpresine”. Le sorpresine erano i regali, il tuo piatto preferito a cena, Katie che fa le coccole.
Non certo lame assassine.
- Sei sicura che sia la direzione giusta? – le chiesi.
- Ma sì, dai. – fece. – Tra un po’ giriamo di là, e tra un altro po’ dall’altra parte. Un quarto d’ora, qualche deviazione e poi ci siamo.
Okay.
 
 
 
Strano ma vero, aveva ragione.
Ci mancavano solo cinquecento metri e cinque trappole per arrivare alla fine del tunnel, che sbucava nel suo camino.
- E se è acceso? – chiesi.
Lei si voltò a guardarmi, il ritratto della serenità.
- Se è acceso lo spegniamo. – fece tranquilla.
Ovvio.
- Bene. – si sfregò le mani. – Che cinque di voi si tolgano il mantello.
Nessuno osò fiatare.
Katherine creò delle sorte di uomini d’aria, e il primo iniziò a camminare.
Venne abbattuto da delle frecce che iniziarono a uscire dalle pareti ad una velocità inconcepibile.
- Fuori uno. – sussurrò.
Il secondo avanzò.  
Cento metri, e venne tagliato a metà da una lama che cadde dall’alto, come una ghigliottina.
- Fuori due.
Il terzo venne fatto fuori da un muro appuntito, che saltò su dal terreno quando l’omino toccò una mattonella.
- Fuori tre.
Un mezzo sorriso iniziò a comparirle sul viso.
Quando il quarto percorse duecento metri, in un attimo due muri si eressero dietro e davanti a lui, schiacciandolo.
- Fuori quattro … adesso dovremo metterci tutti.
- Cosa?
- La prossima è il pavimento. Solo alcune mattonelle sono assicurate al terreno, altre cedono. Se ne sbagli una, cede tutto il pavimento. Mettete i piedi dove li metto io e non dovrebbero esserci problemi.
- Dovrebbero? – sibilai, scettico.
- L’ultima volta che l’ho usato, avevo sette anni. – confessò.
Di bene in meglio.
Mi stavo affidando alle conoscenze di una ragazza che aveva visto quella trappola dieci anni prima.
Ottimo.
- Cederebbe tutto il pavimento tranne le mattonelle fisse. – riflettei.
- Sì … - commentò.
- E allora. Facciamole crollare, e avanziamo su quelle sicure. – proposi.
Lentamente, annuì.
- Sì, è una buona idea. Cioè, no, ci sentirebbero …
Giusto.
- E noi non facciamole cadere. Fermiamone la caduta a metà. Così non si sentirebbe niente.
- Okay. Facciamo così.
Le tenni la mano mentre si sporgeva, e con la punta dello stivale sfiorava una delle mattonelle sbagliate.
In un attimo, una crepa serpeggiò su tutto il pavimento, e un bagliore azzurrino comparve, mentre la trappola si attivava e le mattonelle cadevano nelle acque termali.
In un attimo, frenai la loro caduta, e nessun tonfo che potesse tradire la nostra presenza si udì.
Peccato che le “mattonelle buone” fossero dieci, piuttosto separate l’una dall’altra.
- Vado per primo. – si propose Vector, e giunse sano e salvo dall’altro lato.
Per ultimi rimanemmo io, Terence e Katherine, dato che lei era la peggiore a saltare. Lui sarebbe andato per primo, lei per seconda e io per terzo, così che, se fosse caduta in avanti, lui l’avrebbe presa, e se fosse volata all’indietro, ci sarei stato io.
Ma sorprendentemente, lei non ebbe bisogno né di lui, né di me.
Con calma e grazia, saltellò da una mattonella all’altra fino a giungere all’altra sponda, raggiunta poco dopo da me.
- Brava … - riuscii solo a dire.
Beh, più che brava. Era stata spettacolare.
E un bel sorriso le illuminò il viso.
- Grazie.
Sporse una mano a toccare il fondo del passaggio.
- È freddo, il camino è spento.
A quel punto mi feci indicare la pietra da spingere, e la parete del camino si aprì.
In un attimo, rividi la sua stanza, con persino la culletta di April.
E rivedere quella culla non solo mi fece pensare al mio bambino, ma anche ad April.
Alle sue lacrime, alla paura.
Grasvard l’aveva ridotta così, aveva ridotto così la bambina di cui, con Katherine, mi ero preso cura da quando era piccolissima.
Non l’avrebbe passata liscia.
E quando mi voltai verso Katie, non solo nel suo volto rividi quello della sua sorellina, ma le stesse determinazione e rabbia che animavano me.
- Andiamo. – comandò.
Fu la prima ad uscire, e si recò immediatamente verso la libreria.
- Katherine, non credo sia il tempo di mettersi a leggere Sìgfrid e il drago. – sbuffai.
- Sta un po’ zitto.
Prese un libro, tirandolo verso di sé, e rivelando una teca nascosta.
Da essa, prese la sua spada viola, facendo un sorriso soddisfatto non appena strinse le dita sull’elsa.
- Finalmente. – sospirò.
A quel punto, aprì la porta.
La sala del trono distava solamente cinque minuti, distanza che coprimmo in un attimo.
Dentro ci trovammo Derek e Miranda, incatenati al trono.
- SCAPPATE! – ci gridò Derek. – MUOVETEVI!
- Non stavolta. – mormorò Katherine. – Non stavolta.
- Katie, vattene! – la implorò sua madre.
Niente da fare.
- Dov’è Grasvard? – sussurrai.
Perché non riuscivo a vederlo.
- È scappato, ma siete in pericolo, dovete andarvene! – insistette Derek.
Non se ne parlava proprio.
A quel punto, sentii i miei uomini emettere all’unisono un grido strozzato, mentre si accasciavano al suolo.
Dall’espressione di Katherine, capii che il mio istinto ci aveva preso.
Grasvard aveva preferito darsela a gambe, ma aveva lasciato lì il mago.
L’attimo dopo, da dietro il trono comparve una figura ammantata di nero. I suoi piedi non toccavano terra per pochi centimetri, come se non volesse sporcarsi gli stivali.
-  Merda.
Anche perché, l’attimo dopo, almeno quaranta soldati irruppero nella sala.
- Pensa tu a loro. – sussurrò Katie. – Io al mago.
-  Sei scema, non sei abbastanza forte, Katherine, non …
Il suo sguardo mi fece capire che mi sbagliavo.
E decisi di darle fiducia, rispettando il suo piano.
Sfoderai Zar’roc, e mi lanciai all’assalto dei soldati.
 
 
Quando, un quarto d’ora dopo, li ebbi sterminati tutti, andai da Katie.
Di certo era un combattimento strano.
Lei era impegnatissima, ma il mago no.
Sembrava cercasse di non farle male, che si trovasse proprio dove non voleva essere.
Feci per alzare la mano per aiutarla, ma mi guardò male.
Voleva farcela da sola.
Quella era la sua battaglia.
E non potevo togliergliela.
Perciò, andai a liberare Derek e Miranda, e da suo padre lei si lasciò aiutare.
In fondo, lei era stata costretta a fuggire da casa sua, lui imprigionato in essa.
Quando riuscirono a togliergli le difese, il mago non tentò nemmeno di difendersi.
E mentre Derek lo trapassava, Katherine elaborava un incantesimo non verbale, che probabilmente nemmeno aveva pensato.
Era una pura emanazione di magia, in cui aveva concentrato tutta la rabbia, la disperazione e la sofferenza, e la scagliò contro il mago, che a quel punto crollò riverso a terra.
Era finita.
Winterhaal era stata ripresa, era finita.
Derek aveva raggiunto Miranda, che era rimasta ferita dall’incantesimo di Katie, ma lei era rimasta a fissare il corpo del mago, nei suoi occhi soddisfazione e appagamento.
Fu in quel momento, in cui ci saremmo finalmente potuti rilassare, che lo notai.
Un movimento dietro le colonne.
Una balestra.
Una freccia, diretta al cuore di Katie, il cui sforzo magico aveva lasciata priva di difese magiche.
Non lei.
 Non la mia Katie.
In un attimo, mi misi davanti a lei, e la freccia arrivò a me.
L’ultima cosa che sentii, fu il suo urlo disperato.
 
 
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Eragon / Vai alla pagina dell'autore: PrincessintheNorth