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Autore: Watson_my_head    31/12/2017    5 recensioni
Raccolta di one shot a tema Johnlock.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Rieccomi qui con un regalo di fine anno. John aveva delle cose da dire che non poteva portare con se. E credo che sarebbe una cosa che dovremmo imparare a fare tutti....

Alla prossima e

Buon anno!

 

 

 

The last day

 

 

 

“E' l'ultimo giorno dell'anno.”

“Lo so.”

 

A lungo, furono le uniche cose dette di fronte ad un camino acceso. John guardava le fiamme con un bicchiere di scotch in mano. Il secondo. Sherlock guardava John.

“Ci sono cose che dovrei dire.”

Sherlock non rispose.

“Ci sono molte cose che dovrei dire.”

E poi il silenzio, di nuovo.

 

Erano le dieci di sera. Nevicava ormai da due giorni e tutto era silenzioso. Troppo. La luce del fuoco e le lucine natalizie illuminavano da sole i loro visi, le loro mani. John se ne stava seduto davanti al camino da un paio d'ore, in silenzio. Aveva pensato molto. Aveva pensato a quell'anno terribile, a Mary, a Rosie, a Sherlock. Gli sembrò di essere schiacciato dal peso di tutte le cose che non aveva avuto il coraggio di dire. Tutti i mi dispiace taciuti. Le scuse. I ti voglio bene.

“Ci sono cose che dovrei dire”- pronunciò più per se stesso che per chiunque altro. E Sherlock, che inutilmente stava cercando di dedurre i suoi pensieri, attese.

 

“Non credo che supererò mai quello che è successo nell'obitorio, e no, stai zitto, fammi parlare. Sono certo che non lo supererò mai. Mi tormenta ogni notte, quando cerco di dormire, mentre sto dormendo, quando sono sveglio. Mi tormenta sempre. Anche quando credo di essere felice e vado a dormire con il sorriso perché Rosie ha fatto qualcosa di nuovo, anche quando non ci sto pensando. E' un attimo. Chiudo gli occhi e vedo quella scena.” - prese un respiro - “so che non lo supererò mai. Mi conosco abbastanza.” - chiuse gli occhi al ricordo.

“John..”

“Per favore, lasciami parlare. Non è...facile per me. Non so dire queste cose, non è da me sedermi e discutere per risolvere un problema. Io agisco, e combino casini, questo lo abbiamo appurato più volte. Ma è l'ultimo giorno dell'anno e sono appena un po' annebbiato e so che non voglio portare con me il peso di quello che ho qui dentro, Sherlock. Non ce la farei. Quindi adesso io dirò delle cose e tu le ascolterai.” - lo guardò dritto negli occhi.

“Dirò che mi dispiace. Lo so che l'ho già detto diverse volte, ma non credo che saranno mai abbastanza e quindi lo ripeterò. Ripeterò che mi dispiace e tu non potrai fare niente se non sopportarlo. Perché so che non è questa l'ultima volta in cui sentirai dire che mi dispiace. Lo sentirai ancora e ancora. Ogni volta in cui sarò triste e ogni volta in cui sarò felice. Ogni volta in cui ti farai male o mi farò male. Ogni volta che Rosie piangerà o sorriderà o farà qualcosa che la farà assomigliare a sua madre, ogni volta, dirò che mi dispiace. Perché non so come altro fare ad alleggerire questo peso che porto qui dentro” - si sfiorò il petto - “se non ripetendo che mi dispiace. Lo dico anche quando sono solo, e a volte piango, perché vorrei poter tornare indietro e cancellare cose, molte cose e farne altre e non posso farlo. Vorrei poter mandare indietro il tempo e cambiare tutto, avere il coraggio. Quindi dirò che mi dispiace. Lo dirò sempre e spesso. E starò male. E se davvero vuoi che io torni qui, ed è quello che voglio anche io, voglio che tu sappia che non sarà mai facile, che ci saranno giorni in cui sarò intrattabile e non vorrò parlare, e altri in cui non farò che dire che mi dispiace e potrei volere troppo da te e potresti anche odiarmi per questo. Ma io spero che mi sopporterai. E so che lo farai. A volte un po' ti odio, perché non hai reagito, non hai detto niente, hai accettato tutto come se lo meritassi. Credi davvero di meritare quello che ti ho fatto? L'obitorio, quella...dannata lettera, e poi, il matrimonio e ” - si interruppe all'improvviso. Sherlock, gli occhi fissi su di lui, non ebbe il coraggio di dire niente. John prese un profondo respiro e l'ultimo sorso di scotch.

“Potremmo restare in questo limbo per sempre e farcelo andare bene, vero? Tu ci riusciresti. Perché pensi di non poter meritare altro. Non fare quella faccia, si ti sto deducendo. Ho imparato dal migliore.” - sorrise appena - “Sherlock io posso chiedere scusa fino alla fine dei miei giorni, ed è quello che farò probabilmente, ma tu dovresti imparare che non è così che funzionano le cose. Non è così che va una relazione. Perché questa è una relazione. Si lo è. Non so di che tipo, non so quale sia il mio ruolo e quale sia il tuo, ma oggi è l'ultimo giorno dell'anno e io voglio tornare a vivere qui e tu vuoi che io torni a vivere qui e sono stufo di sentire che c'è qualcosa tra di noi che non riesce ad avere un nome. Perché? Mi sto inventando tutto? Dimmi che mi sto inventando tutto e mi fermo adesso. Non dirò più niente.”

Sherlock non aveva smesso per un solo secondo di guardarlo. Aveva le labbra socchiuse e gli occhi un po' persi. Non disse assolutamente niente.

“Bene. Adesso ho perso il filo del discorso. Forse dovrei bere un altro po'.”

“No.”

John lo guardò.

“Allora potrei dirti” - e combattè a lungo con se stesso per trovare le parole - “potrei dirti che voglio tornare qui e che potrei volere altro. Altre cose. Cose che potrebbero spaventarti e farti allontanare. Non ho idea di...non so niente di te, non so con chi tu sia stato, non so chi tu abbia amato. Se hai mai amato qualcuno. Se qualcuno abbia amato te. Non so niente. Ci conosciamo da così tanto eppure non so niente. Tu conosci tutto, quasi ogni cosa. E io non so niente. Ma io voglio sapere. Voglio sapere ogni cosa. E sai quando è stata la prima volta in cui ho capito che avrei voluto sapere ogni cosa? Lo sai? Quando ti sei buttato da quel dannato tetto. Ero lì sotto e pregavo Dio che non ti buttassi, l'ho pregato e ho sperato così tanto che tu non lo facessi. Fa che non si butti, fa che non mi lasci. Fa che non mi...lasci...” - guardò intensamente le fiamme del camino. Il ricordo faceva ancora così male.

“E' stata quella la prima volta in cui ho pensato che in fondo non sapevo niente di te. E che avrei voluto sapere tutto. Ma poi ti sei buttato.”

Ci fu un lungo silenzio.

“Sono morto anche io quel giorno, non te l'ho mai detto ma è così. E sono stato morto a lungo. Fino a quando non sei tornato. Ti ho odiato così tanto. E odio me stesso per quello che sto per dire, ma devo dirlo perché altrimenti mi consumerà dentro e non mi lascerà in pace mai.” - i suoi occhi si riempirono di lacrime e pianse, silenziosamente.

“Credevo di amare Mary, ci credevo davvero. Ma poi tu sei tornato e all'improvviso è stato come vedere le cose da una prospettiva diversa. L'ho sposata e sono stato così infelice. E devo dirlo, devo dirlo a qualcuno che la sera prima del matrimonio ho pensato a mille modi diversi per fuggire. Mi sono sentito in colpa a lungo e poi quando hai dedotto che aspettavamo una figlia mi sono sentito anche peggio. E ho capito che il nostro tempo era finito. Io ero finito. Non sono mai stato quello che voi credevate che io fossi. Tu, Mary, chiunque altro. Questo sono io. Quello che ha tradito sua moglie, perché non furono solo messaggi Sherlock, quello che ha incolpato il suo migliore amico della sua morte solo perché era sopraffatto dai sensi di colpa, e quello che ti ha picchiato quel giorno. Questo sono io.” - si prese la testa tra le mani. Sherlock tentò di consolarlo allungando una mano verso di lui.

“No. Non fare come quel giorno. Non sono io che ho bisogno di essere abbracciato, consolato, capito. Non sono io. Avrei dovuto chiedere scusa, e invece ho pianto la mia miseria e ho guadagnato la tua compassione. Mentre ancora avevi sul viso i segni di quello che ti avevo fatto. Non voglio più essere quell'uomo.” - si asciugò gli occhi e si rimise dritto sulla poltrona.

“Ci sono altre cose che dovrei dire anche se sento di non averne il diritto. Ma ormai ho detto molto più di quello che mi aspettavo e non credo che a questo punto si possa tornare indietro. Posso prenderti la mano?”

Sherlock ebbe solo la forza di annuire e John gli prese la mano, con delicatezza.

“Questa cosa senza nome che c'è tra noi, io vorrei che lo avesse un nome. Perché non ce la faccio più Sherlock. Non ce la faccio più a vederti e non poterti toccare, a non poter sfiorare queste mani, e i tuoi capelli. A volte è un pensiero così naturale che l'innaturale è il doverli reprimere. Ma se tu non vuoi queste cose, devi dirlo adesso perché io non lo so se sarò in grado di tornare indietro dopo averti sfiorato anche solo una volta.”

Lo guardò negli occhi. Sherlock aveva smesso di muoversi, forse anche di respirare.

“Perché io vorrei baciarti Sherlock, vorrei farlo adesso e ogni giorno e vorrei che tu mi dicessi che tutto andrà bene, che non ci saranno altri tetti e matrimoni, e anni di nulla. Vorrei baciarti adesso e dirti che mi dispiace immensamente per ogni cosa e vorrei toccarti e farti sentire quanto... Ecco, questa è l'ultima cosa di quelle che potrei dirti oggi. Potrei dirti che ti amo e che non riesco più a vivere con il peso di questo segreto. E la voglia che ho di averti è così forte, così come il senso di colpa, che in alcuni giorni fa davvero troppo male.”

Si era avvicinato pericolosamente ed ora i loro visi erano a pochi centimetri l'uno dall'altro.

“Lasciati amare Sherlock. Posso imparare a farlo.” - John aveva posato una mano sulla sua guancia e ormai, piangevano entrambi. - “Lascia che io ti baci ogni giorno.” - gli baciò una palpebra - “lascia che io ti dimostri quanto mi dispiace” - gli baciò la fronte - “lascia che io ti dimostri quanto tu meriti di essere amato.” - lo baciò sulle labbra, dolcemente.

“Lasciati amare.” - ripetè sulle sue labbra, prima di baciarlo ancora.

Sherlock chiuse gli occhi lasciando che le lacrime scivolassero via sulle sue guance e sulle mani e sulle labbra di John. Lo baciò, come aveva fatto migliaia di volte nei suoi sogni, eppure nessuno di quelli era minimamente paragonabile alla realtà.

 

L'orologio segnò la mezzanotte.

E poi l'una.

E poi le due.

 

Sherlock si lasciò amare.

John lasciò all'anno passato il peso di tutte le cose che non era mai riuscito a dire e imparò che essere felici non è mai una cosa di cui avere paura.

 

   
 
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