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Autore: DolceZeref    07/01/2018    2 recensioni
Una giovanissima strega riceve la sua personale lettera per Hogwarts e, fra incredulità e meraviglia, arriva finalmente alla Scuola di Magia e Stregoneria. Non sa ancora, però, che lì la attende una prova molto importante. Stiamo parlando, ovviamente, della Cerimonia dello Smistamento.
Genere: Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cappello Parlante, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Dopo la II guerra magica/Pace
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A Sophie
 
Universi alternativi
 
Rossa salì sul battello con cui lei ed altri tre compagni avrebbero attraversato il Lago Nero e, appena si fu seduta, tornò a guardarsi intorno meravigliata, mentre l’imbarcazione scivolava sulla superficie piatta dell’acqua. Non c’era da stupirsi: aveva raggiunto per la prima volta in vita sua la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, essendo una nuova studentessa del primo anno, e tutto, addirittura la cosa più piccola ed insignificante, le sembrava incredibile.
Il castello era arroccato sopra un’enorme scogliera di fronte al lago scuro e presentava uno stile gotico, romanico, dalle grandi arcate e vetrate; era costituito da fabbricati svettanti, contornati da torri e torrette. I babbani non potevano vederlo a causa di una serie di incantesimi che lo proteggevano, ma lei sì e non avrebbe saputo descriverne la bellezza e l’imponenza con semplici parole. Ne aveva sentito tanto parlare, ma avere la possibilità di ammirarlo dal vivo era proprio un’altra cosa.
 
Accompagnati da Hagrid, il guardiacaccia conosciuto appena scesi dal treno, i giovani maghi e streghe salirono la scalinata in pietra che conduceva a un immenso portone di quercia ed ebbero accesso ad una stanza grandissima illuminata da torce: il Salone d’Ingresso. Nelle pareti si trovavano delle imponenti statue con le fattezze di cavalieri, che pareva si potessero animare da un momento all’altro, e quattro grosse clessidre, riempite di gemme dai colori diversi.
I ragazzi vennero accolti da quello che era evidentemente uno dei professori della scuola, che li accompagnò in una saletta vuota e gli diede qualche spiegazione veloce su cosa sarebbe successo di lì a breve. Dopodiché, uscì dalla stanza con la promessa di tornare entro pochi minuti. La mantenne, ovvio, tuttavia quei minuti sembrarono interminabili.
Rossa si strinse la coda di cavallo, dalla quale sfuggivano dei castani ciuffi ricci, e si sistemò gli occhiali a montatura rotonda sul naso; si sentiva nervosissima, addirittura terrorizzata, e l’ansia non la aiutava affatto. Per fortuna, non era l’unica, dato che pure gli altri non erano in condizioni migliori.
Quando il professore li guidò nella Sala Grande, Rossa sgranò gli occhi ed imprecò sottovoce, senza che nessuno la potesse udire tranne forse quelli che le stavano a fianco, da tanto era sorprendente. Da brava amante del disegno, pensò che avrebbe passato lì ore e ore del suo tempo per provare a rappresentare quel luogo nel suo splendore.
La sala era illuminata da delle torce e da migliaia di candele sospese a mezz’aria; il soffitto rispecchiava il cielo all’esterno – in quel momento era di un elegante blu scuro – e dava l’impressione di trovarsi in uno spazio aperto, benché non fosse così. C’erano quattro lunghi tavoli uno di fianco all’altro, intorno ai quali erano seduti gli studenti più grandi, ed in fondo, su una piattaforma rialzata, si trovava quello di coloro che dovevano essere gli insegnanti: al centro, su uno scranno d’oro, sedeva una donna anziana, dai lineamenti duri e severi e dai capelli una volta corvini stretti in una crocchia, che indossava un mantello verde smeraldo, portava un paio di occhiali dalle lenti squadrate ed un cappello.
 
Il professore accompagnò i nuovi allievi in fondo alla sala, cosicché potessero vedere i quattro tavoli e viceversa, e poi collocò uno sgabello, con sopra un vecchio cappello rattoppato, davanti a loro. Rossa si domandò cosa caspita centrava un copricapo consunto e pieno di macchie con la Cerimonia dello Smistamento. Ad un tratto, intanto che lei lo scrutava con diffidenza mista a curiosità, questo si contrasse, uno strappo vicino al bordo si squarciò e lui cominciò a cantare una filastrocca.
 
Forse pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete
io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Potete tenervi le vostre bombette
i  vostri cilindri lucidi e alteri,
son io quello che al posto vi mette
e al mio confronto gli altri son zeri.
Non c’è pensiero che nascondiate
che il mio potere non sappia vedere,
quindi indossatemi ed ascoltate
qual è la casa in cui rimanere.
É forse Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore.
O forse è Tassorosso la vostra vita,
dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,
se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan linguaggio
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure
E mettetemi in capo all’istante
Con me sarete in mani sicure
Perché io sono un Cappello Parlante!
 
Applausi generali del pubblico; il copricapo senziente doveva essere, al castello, una specie di star. A quel punto Rossa si chiese se ogni volta si inventava una filastrocca diversa con tanto di rime oppure se riciclava quelle degli anni passati. C’era da dire che aveva davvero tanto tempo a disposizione.
 
Comunque, il professore si fece avanti tenendo fra le mani un lungo rotolo di pergamena. Lo strotolò ed iniziò a chiamare per nome i ragazzini affinché si sedessero sullo sgabello e venissero smistati nelle quattro case. Quando fu il suo turno e venne interpellata, con un imperioso “Fox, Rossa” sobbalzò e si sistemò di nuovo occhiali e capelli, un’abitudine che aveva quando era nervosa, camminando poi in direzione dello sgabello. Prese il copricapo fra le mani e, sedendosi, se lo mise in testa.
In quale casa sarebbe stata smistata? Non aveva idee.
 
“Cosa abbiamo qui?”
-Cosa?- chiese lei ad alta voce, realizzando solo successivamente che il Cappello Parlante le aveva appena sussurrato nella mente. Attese.
“Mmmh...vedo...un cervello ingegnoso, creativo e  sveglio...intelligenza e tanta voglia di imparare, nonché una grande prontezza di mente. Fantasia, curiosità...qui, non mancano, tuttavia...vedo anche altruismo, una grande sensibilità e, soprattutto,  pazienza e lealtà. Mmmh...è difficile...insomma, dove ti metto?”
Rossa si sentiva la gola secca. Avrebbe voluto dire qualcosa ma non sapeva che cosa. Non riusciva nemmeno a pensare, poteva solo ascoltare.
“Massì, ho deciso”
Dove?
Dove l’avrebbe smistata?
Forse Corvonero?
Oppure...
“TASSOROSSO!”
 
L’ultima cosa che vide fu il tavolo di ragazzi con le cravatte dai colori giallo e nero che esplodeva in urla di esultanza e applausi, pronto ad accoglierla.
 
Poi, la scena divenne sfocata.
 
***
 
Rossa aprì gli occhi, se li stropicciò, e si guardò intorno, riconoscendo la sua cameretta. Si trovava nel suo letto, sotto le coperte, ed erano le sei e venticinque di mattina: aveva ancora due minuti prima che suonasse la sveglia. Considerò un buon risultato il fatto di aver realizzato tutte quelle cose in così breve tempo, dato che normalmente le sarebbero serviti almeno tre minuti buoni per capire chi era. E a proposito di ricordi...quello che aveva fatto era solo una mera rappresentazione onirica, purtroppo, e non la realtà. Era davvero un peccato non essere una strega e dover andare in una scuola che madama Rowling avrebbe definito “babbana”, ma, d’altronde, arrivata lì avrebbe potuto raccontare ai suoi amici del suo fantastico sogno, che non aveva bisogno di appuntarsi da qualche parte perché se lo rammentava a memoria, e loro avrebbero avuto delle reazioni da non perdere.
La sveglia suonò e lei la spense: i due minuti a sua disposizione prima che questo accadesse erano finiti.
Per una volta nella sua vita, non vedeva l’ora di andare.
 
 
 
Spazio dell’autrice
 Questa piccola fiction è dedicata ad una mia carissima amica, che non ha poteri magici però che è comunque straordinaria.
Piccolo disclaimer: Rossa Fox non è un mio personaggio (Ma suo), io mi sono limitata a farlo muovere nel contesto con il permesso della proprietaria.
Detto questo, spero che la one-shot sia piaciuta anche alle altre persone che l'hanno letta.
Grazie e alla prossima!
   
 
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