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Autore: Gojyina    08/01/2018    0 recensioni
Questa è la mia versione della stagione 4. Stanno registrando ora il telefilm ma è quasi certo che non sarà presente il personaggio di Zero. Ho "rimediato" scrivendo questa fanfiction.
Genere: Angst, Commedia, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Jude Kinkade, Un po' tutti, Zero
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hit the Floor 4

Capitolo 2

Gojyina

 

Jude si svegliò gemendo. Un intenso calore all’inguine gli stava inviando continui brividi di piacere che lo costrinsero ad inarcarsi e a sospirare.

Premute contro il suo interno coscia, le labbra di Zero erano distese in un sorriso soddisfatto.

– Il bell’addormentato si è finalmente destato.

– Sei diventato il principe azzurro? – Rise, guardandolo attraverso le lunghe ciglia scure. – Sai che mi piacciono i ragazzi selvaggi.

– Vuoi vedere quanto sono selvaggio, Jude? – Domandò allungando un braccio alla ricerca del lubrificante.

– Sempre! – Sollevò il bacino per potersi sfilare più facilmente i pantaloncini neri.

– Così impaziente, – commentò Zero compiaciuto, – così sensibile. – Aggiunse chinandosi per leccare un capezzolo bronzeo.

– Dio! – Ansimò, cingendogli le spalle.

– No, Zero. – Replicò prontamente, divaricandogli le gambe.

– Stupido.

– Lo adori.

– Sto rivalutando le mie scelte di vita. – Jude affondò la schiena sul materasso, mentre Zero preparare il suo corpo. Cercò di rilassare i muscoli, ma le sue abili carezze gli rendevano l’impresa quasi impossibile. – Se non ti sbrighi, verrò come un adolescente.

– Agli ordini, Boss! – Lo prese in giro, posizionandosi tra le sue gambe.

Si guardarono negli occhi mentre Zero spingeva il suo corpo dentro quello di Jude. L’intimità che avevano raggiunto era nuova per loro. Mai avevano permesso ad altri di avvicinarsi così tanto. Eppure non avevano paura, si fidavano ciecamente l’uno dell’altro.

– Gideon! – Ansimò, quando fu colpito alla prostata.

– Lo so, sto arrivando. – Promise, iniziando a spingere a velocità sostenuta.

Jude gli cinse le spalle, sollevando appena il busto, così da aiutarlo a trovare la giusta angolazione.

Il giocatore continuò a colpire il suo punto magico, facendolo gemere rumorosamente. Venne, spruzzando di bianco perla l’addome scolpito di Zero che, a quella vista, perse a sua volta il controllo.

Steso su Jude a riprendere fiato, sentì le sue mani sulla schiena e tra i capelli umidi.

– Sei ancora abbastanza selvaggio. – Disse Jude, facendolo ridere contro il suo petto.

– Lieto di saperlo! Doccia?

– Tra poco, – sussurrò, abbracciandolo. Sembrava molto assonnato e Zero quasi si pentì di averlo svegliato. – Ehi, va tutto bene. – Lo tranquillizzò senza aprire gli occhi. – Ma è sabato mattina, possiamo riposare ancora un po’.

Zero lo aiutò a sistemare le coperte sui loro corpi umidi, un lieve broncio sulle labbra.

– Mi conosci troppo bene, è quasi fastidioso.

– Sei solo facile da capire. – Mormorò, quasi assopito. – Ci somigliamo.

– Riposa, ne parliamo più tardi. – Sbadigliò il giocatore, staccando la sveglia. Notando quanto Jude fosse stanco, decise di spegnere anche il suo cellulare. I Devils potevano sopravvivere qualche ora senza di lui.

Zero adorava quelle mattine pigre, durante le quali poteva sonnecchiare sul petto di Jude. Di solito, il suo ragazzo rispondeva alle e-mail dal cellulare e controllava i video mandati da qualche osservatore. Era raro che dormisse fino a tardi, ma Zero era più che lieto che riposasse. Gli ultimi giorni erano stato impegnativi, con i giornalisti sportivi ad aspettarli un po’ ovunque, bramosi di scoprire i dettagli dell’incontro con Harrison.

Era stressante, soprattutto per Jude, che detestava avere i riflettori puntati contro.

Purtroppo, li attendeva un periodo ancora più complicato.

Non era contento del ritorno di Derek, anche se non lo aveva dato a vedere. La squadra aveva bisogno di un giocatore di esperienza come lui, un serio professionista, ma Zero non aveva ancora sotterrato l’ascia di guerra e non aveva intenzione di lasciargli la fascia di capitano.

Era difficile per lui e Jude essere i Re di Los Angeles. Per quanto tentassero di tenere separati lavoro e vita privata, l’una influenzava per forza di cose l’altra.

Se Jude non aveva obiettato al ritorno di Derek non era stato per offendere Zero. Al momento i Devils avevano diversi giocatori giovani, con poca esperienza ad alti livelli. Derek avrebbe aiutato Zero a far crescere quei ragazzi, facendo loro da mentore.

Jude doveva fare gli interessi della squadra e se poteva anche facilitare il lavoro di Zero, tanto meglio.

Trovare un equilibrio nelle loro vite era un lavoro costante, ma ne valeva la pena. L’amore di Jude era una coperta calda e soffice, che lo avvolgeva senza soffocarlo. Non avrebbe mai più potuto vivere senza.

L’arrivo di Harrison era stato inaspettato. Era il maggiore azionista, anche se le sue quote erano state gestite sino a quel momento da Marcus ma, a conti fatti, i Devils erano di sua proprietà. Se Jude si fosse rivelato suo figlio, molto probabilmente le avrebbe lasciate a lui.

Ma se il test di paternità si fosse rivelato negativo, cos’avrebbe fatto? Sarebbe tornato in Europa e avrebbe lasciato tutto così com’era?

Zero sollevò un lembo del piumone, così da coprire meglio Jude ancora profondamente addormentato. Avrebbe dovuto anche fare un giro di telefonate e scoprire perché Harrison fosse tornato proprio adesso.

Controllò l’orologio e decise di ritagliarsi ancora qualche ora di ozio. Voleva un fine settimana di solo relax sia per se stesso che per Jude, rimandando i problemi a lunedì.

 

– Non riesco a crederci! – Jude guardò l’orologio sul comodino, sentendosi in forte disagio. – E mi hai anche spento il cellulare. – Lo accusò, aiutandolo a posare il vassoio sul letto.

– Sì, sono un ragazzo terribile. – Tagliò corto, afferrandogli il cellulare prima che potesse riaccenderlo.

– Gideon! – Protestò cercando di recuperarlo.

– Jude! – Lo prese in giro con lo stesso tono. – Te lo confisco. Se lo rivuoi facciamo prima colazione.

– Pranzo, vista l’ora.

– Quello che è. Se farai il bravo te lo renderò. – Concluse cercandogli le labbra.

– Lo sai, vero, che non dovresti cucinare? – Gli accarezzò una guancia. – Se ti tagliassi o bruciassi, potrebbe incidere sul tuo rendimento in campo.

– Non lo faccio così spesso e poi sto attento. – Lo tranquillizzò, passandogli il caffè.

Jude addentò il pane tostato appena imburrato e si appoggiò contro Zero, quando sentì un braccio attorno alle spalle.

Gideon era sempre stato molto tattile, ma negli ultimi giorni lo era ancora di più. Faticava ad ammetterlo anche con se stesso, ma adorava sentirsi coccolato così.

– Stasera vuoi andare al party di J.Lo?

– No, voglio passare il fine settimana a letto con te. – Fu la risposta di Zero, sussurratagli contro una tempia.

Jude increspò la fronte. – Ne sei sicuro? Non stai facendo molta vita mondana ultimamente.

Lo vide scrollare le spalle. – Preferisco fare sesso con te. – Allungò una mano e prese un pezzo di bacon. – Ti stai lamentando?

Il giovane sbuffò. – Sai che non intendevo quello. È davvero impossibile, a volte, fare un discorso serio con te. Soprattutto quando non vuoi rispondere. – Spostò il peso su un fianco, sfregando la fronte contro la sua spalla muscolosa. – Oggi non riesco a restare sveglio. Mi hai messo del sonnifero nel caffè? – Scherzò, ricevendo in cambio una lieve sculacciata.

– Il nostro corpo sa di cosa abbiamo bisogno. Se hai sonno, dormi. – Posò il vassoio sul comodino e si spostò in modo tale che Jude potesse usare il suo petto come cuscino.

– Sono davvero viziato. – Bofonchiò, lottando per tenere gli occhi aperti.

– Mi piaci viziato, perché dipendi da me.

– Prima o poi ti stancherai di farmi da balia. – Si lasciò sfuggire, nel dormiveglia.

Zero perse il sorriso. – Dubito che potrò mai stancarmi di te, stupido. – Jude non rispose, preferendo chinare il viso e nasconderlo sotto al piumone. – Ehi? – Lo chiamò il giocatore, posando due dita sotto al mento, costringendolo gentilmente a guardarlo. – Siamo Team Zude. – Gli ricordò, baciandogli la fronte.

– Continuo a trovarlo un nomignolo strano. – Borbottò, tornando a posare la fronte nello spazio tra la spalla e il collo di Zero.

– Perché non conosci il linguaggio delle fans. Non conosci nemmeno gli hastag! – Lo accusò, accarezzandogli distrattamente la schiena.

– Infatti ero il tuo manager. L’ufficio stampa lo lasciavo ad altri. A proposito, come va con Stevens? – Domandò all’improvviso.

– Più che bene. Non è bravo come te, ma fa il suo lavoro egregiamente. Soprattutto non ha clienti tra i Devils, come Lucas. – Sputò quel nome con una buona dose di disgusto.

– Lo so, è per quello che te l’ho consigliato. – Sbadigliò, chiudendo gli occhi. – Conosco Stevens da anni, ha un ottimo fiuto per gli affari e, cosa più importante, è un grande esperto di legge. Quando avevo dei dubbi, mi sono sempre rivolto a lui e non mi ha mai deluso. Lo consulto ancora oggi per i contratti dei Devils più delicati. Ero certo che avrebbe fatto un ottimo lavoro con te.

– Non sei tu e non ha neanche il tuo bel culo, ma è bravo. – Gli baciò la cima della testa. – Con te a guardarmi le spalle, mi sento protetto.

– Siamo Team Zuro, no?

– Zude. – Lo corresse sbuffando. – Lo stai sbagliando di proposito.

– Mi piace prenderti in giro.

Il giocatore sistemò il plaid su di loro. – Un tempo eri carino e timido, ho creato un mostro.

– Non sono mai stato carino e timido! – Protestò, stropicciandosi un occhio. – Ti ho fatto firmare i migliori contratti della tua vita! – Scherzò, fingendo una voce lamentosa.

Zero scoppiò a ridere, abbracciandolo. Bastarono pochi minuti e si addormentarono, avvolti dal calore reciproco, proseguendo il loro fine settimana all’insegna del relax e della pigrizia.

 

Il tardo pomeriggio li trovò abbracciati sul divano, avvolti in una morbida coperta. Zero aveva insistito per vedere qualche film insieme e Jude aveva preparato un paio di ciotole di popcorn, rassegnato a lasciare il cellulare spento.

Complici il calore e la sicurezza che Gideon gli trasmetteva, Jude si ritrovò a sonnecchiare ancora, sfregando di tanto in tanto il viso sul petto del suo uomo.

– Vuoi tornare a letto? – Gli chiese Zero.

– Sto bene qui. – Bofonchiò, assopendosi per l’ennesima volta.

Zero sorrise, soddisfatto nel vedergli recuperare preziose ore di sonno.

Stava scegliendo il secondo film da vedere, quando udì un rumore provenire dal giardino.

– Gideon? – Lo chiamò Jude, aprendo lentamente gli occhi.

– Vado a vedere, torna a dormire. – Rispose scendendo dal divano.

– Sento abbaiare. – Mormorò mettendosi seduto. – Vengo con te.

Infilate un paio di scarpe da ginnastica e la giacca, uscirono insieme.

– Non c’è nulla, – disse il giocatore, – forse era il cane dei vicini.

– Non so forse… – la sua attenzione fu catturata da un cespuglio, – laggiù c’è qualcosa che si muove.

Avvicinandosi al cancello, notarono un paio di piccole zampe marroni che spuntavano da sotto le foglie.

– Si è incastrato tra il ferro e i rami. – Disse Gideon, – Ehi, campione. Non aver paura, adesso ti liberiamo. – Rassicurò il cucciolo, mentre Jude usciva in strada.

– Strano che sia riuscito ad entrare. Deve essere molto piccolo. Oh, Gideon!

– Cosa? – Si incuriosì, non sentendolo più. Quando udì il cancello chiudersi, si voltò verso di lui. – E quello? – Rise, guardando il cucciolo beige che stava leccando il viso di Jude.

– Stava seguendo l’amico, per fortuna non si è incastrato anche lui. Non ho mai avuto un cane, è igienico che mi lecchi la faccia? – S’interrogò, accarezzandolo.

Zero si mise a ridere e diede un leggero strattone ad un ramo, riuscendo così a liberare l’altro cucciolo dal pelo più scuro.

– Eccoci qui, campione. – Lo salutò, prendendolo in braccio. – Portiamoli in casa, mi sembrano entrambi infreddoliti.

Tornati in sala li avvolsero nella coperta lasciata sul divano e li adagiarono delicatamente sul pavimento.

Jude li osservò pensieroso, prima di afferrare il telefono di Zero.

– Astinenza? – Lo prese in giro, tornando dalla cucina con due piatti colmi d’acqua.

– Ricerche, – borbottò concentrato sul display, – se non ricordo male abbiamo qualche carota e credo anche il pollo.

– Jude?

– Dovranno pur mangiare, no? – Replicò scrollando le spalle. – Non possiamo lasciarli tornare in strada. Lunedì potremmo chiedere se qualcuno li vuole.

Il giocatore accarezzò distrattamente i due cuccioli, intenti a bere rumorosamente. L’acqua aveva inzuppato metà coperta, ma poco gli importava.

– Potremmo… – S’interruppe, sentendosi uno sciocco.

Non avevano orari stabili, anche se possedevano un giardino spazioso, avere due cani per lasciarli da soli tutto il giorno non era sensato.

I due piccoli gli salirono sulle cosce, mugolando.

Non doveva affezionarsi a loro. Se ne sarebbero andati, si disse, ridendo quando quello più chiaro si sollevò su due zampe per potergli leccare il naso.

– Potremmo tenerli.

La voce gentile di Jude lo fece sobbalzare, non lo aveva sentito tornare.

– Con la vita che facciamo, sempre fuori casa?

– Meglio che in mezzo alla strada, col rischio che vengano investiti. – Sedé sul bracciolo del divano, incrociando le braccia al petto. – Abbiamo il giardino. Non lo so, potremmo trovare un modo, se li vuoi tenere.

– Sei sicuro?

– Per me è indifferente. Non ho mai avuto animali domestici ed erano proibiti nel mio vecchio appartamento. Quando ci siamo trasferiti qui, non mi è venuto in mente che avremmo potuto averne.

– Nemmeno io ne ho mai avuti. Da piccolo avrei voluto un cane, ma poi… – scollò le spalle. Poi era stato abbandonato ed era finito in una casa famiglia che non aveva spazio neanche per i bambini, figuriamoci per un animale.

– Ehi, che ne dici di cercare un veterinario in zona, o chiedere a qualcuno della squadra se conoscono qualcuno di affidabile? Io intanto preparo loro qualcosa da mangiare.

Zero annuì e lo seguì con lo sguardo tornare in cucina. Il cucciolo marrone si accoccolò sulla sua coscia sonnecchiando, per nulla infastidito dai movimenti dell’altro, deciso a sfilacciargli il maglione.

Jude accese sotto alla pentola e tornò a guardare il soggiorno. Raramente aveva visto Gideon sorridere come aveva fatto con quei due cuccioli.

Voleva solo che fosse felice e se quei cani lo facevano sorridere in quel modo, allora li avrebbero tenuti.

Doveva solo capire di cosa avessero bisogno: cibo, cuccia, veterinario, forse dei giochi. Non ne aveva idea.

– Come vuoi chiamarli?

La voce di Zero lo riscosse dai suoi pensieri.

– Non so, decidi tu.

– Dobbiamo farlo insieme. – Protestò, spostando i cuccioli sulla coperta.

– Brown e Beige? – Buttò lì, pensando al colore del loro pelo.

Ottenne un’occhiataccia. – Sul serio, Jude?

– Non lo so! – Sbuffò, controllando il pollo immerso nell’acqua bollente. – Uno dei due mi sembra abbastanza attivo, se lo chiamassimo Devil sarebbe ridicolo?

Il giocatore scoppiò a ridere. – Stacanovista! Solo tu potresti chiamare il cane come la tua squadra! – Guardò il cucciolo beige intento a rosicchiare una gamba del tavolino. – Hai ragione, Devil è più che appropriato!

– E l’altro non so. Logan? Tu adori Wolverine.

– Wolverine non è un cane! – Protestò, incrociando le braccia al petto. – Logan e Devil. Non male. – Afferrò il cellulare e lo raggiunse in cucina.

– Se stai per fare shopping su Amazon, non perdere il controllo. – Lo ammonì, tagliando la carne. – Non ho aggiunto il sale. Credo abbiano un mese o poco più, gli ho fatto pollo e carote lessate, pensi che vada bene?

Zero scrollò le spalle. – Guardando le foto in rete, sembrano avere un mese o due. Essendo meticci è un po’ difficile da capire. Proviamo.

Jude si sedé sul pavimento del soggiorno, usando il divano come spalliera. Avvicinò un pezzo di carne tiepido al naso di Logan, che sembrò moderatamente interessato. Tentò ancora e il cucciolo assaggiò il pollo, scodinzolando.

– Sembra che gli piaccia. Sul serio, Zero? – Rise del suo ragazzo, che ancora non riusciva ad afferrare Devil, convinto che essere rincorso fosse un gioco. – Ha uno scatto migliore del tuo. Dovremmo metterlo in squadra!

– Ti ho sentito, stupido! – Brontolò imbronciatissimo. Con una finta degna di una finale, riuscì finalmente ad afferrare il cucciolo. – Non pensavo che fosse così faticoso! – Sospirò, sedendosi accanto a lui.

Devil parve molto più entusiasta del cibo rispetto al fratello, mangiando velocemente.

– Per fortuna ce n’è ancora. – Jude lasciò il piatto sul pavimento e si diresse in cucina con Logan in braccio. – Dobbiamo controllarli. Devil è più vorace, non gli dà il tempo di mangiare. – Sorrise al cucciolo. – Non possiamo farti morire di fame, vero?

Zero sorrise dal divano. Anche se non aveva familiarità con gli animali, Jude sembrava a suo agio con loro.

– Il fine settimana ha preso una piega inaspettata. – Disse, portando via il piatto vuoto di Devil che riprese a ispezionare la sala annusando qualsiasi cosa. – Ha spazzolato anche le carote. Con lui come va? – Domandò indicando Logan.

– Non ne sembra entusiasta, ma sta mangiando tutto.

Appoggiandosi allo stipite dell’arcata, si immerse nel magico mondo di Amazon. – C’è una quantità di roba assurda. Persino i passeggini per cani, ti rendi conto?!

– Atteniamoci alle cose base. Cuccia, guinzagli e qualche gioco. Poi potremmo chiedere al veterinario, o a qualcuno della squadra.

– Richard ha due cani, non ricordo la razza.

– Se non sbaglio anche Caty ne ha uno, ma forse è un gatto. Non ne sono sicuro.

– Non credo siano la stessa cosa. Preferisco andare sul sicuro. Lunedì chiederò a Ricky. Devil, stai fermo! – Esclamò correndo all’ingresso. – Il tuo cane mi sta distruggendo le scarpe!

– È già diventato il mio cane, appena ha fatto qualcosa di fastidioso?! – Sfregò la punta del naso sulla cima della testa di Logan. – Prevedo centinaia di ramanzine all’orizzonte e decine di scarpe nuove.

 

– Poteva andare peggio. – Disse Jude, infilandosi sotto le coperte.

– Sul serio? – Zero indicò con le mani un angolo della camera, dove i due cuccioli stavano sonnecchiando dentro la solita coperta, ormai divenuta di loro proprietà.

Avevano fatto la pipì in ogni angolo del soggiorno e, quando avevano cercato di salire le scale per seguirli e non ne erano stati in grado, Devil aveva protestato abbaiando con insistenza e Logan aveva cominciato a mugolare.

Si erano calmati solo quando li avevano presi in braccio e portati in camera con loro.

– Hai preso qualche giornale? – Chiese Jude, spostandosi verso di lui.

– Perché? Vuoi legger loro una favola?

– No, stupido. Nel caso in cui facessero ancora la pipì. Potremmo mettere qualche foglio sotto e attorno alla loro cuccia improvvisata.

– Lo faccio subito. – Zero strappò i fogli e fece come gli era stato detto. – Sei bravo con loro.

– Ho fatto qualche ricerca su internet. – Replicò con modestia, spostando un lembo del plaid per farlo stendere accanto a lui.

Il giocatore lo abbraccio da dietro, posando il mento sulla sua spalla. – Sembrano più tranquilli. – Notò, guardandoli sonnecchiare l’uno sull’altro.

– Mi auguro che si stanchino anche loro.

– E tu? – Soffiò sul suo orecchio, una mano che scendeva delicatamente sotto l’ombelico. – Sei stanco o vuoi giocare?

– Gideon, non possiamo! – Arrossì, afferrandogli il polso.

– Perché no?

– Potrebbero guardarci!

– Stai scherzando, vero?! – Sbottò a metà tra lo stupito e l’infastidito.

– Non lo farò con quei due che potrebbero vederci. – Fu la sua irremovibile decisione. Si voltò per guardarlo in viso. – Mi dispiace, ma proprio non ci riesco. – Spiegò arrossendo.

– Va bene, ci organizzeremo meglio da domani. Hai sonno?

– Ti sembrerebbe strano se ti dicessi di sì? Eppure ho dormito quasi tutto il giorno!

– È normale. Sei sempre in tensione e gli ultimi giorni sono stati molto stressanti. Abbiamo deciso di prenderci il fine settimana di totale riposo. – Lo rassicurò, passando una mano tra i capelli scuri.

Jude avvolse un braccio attorno al suo corpo e posò il viso sul suo petto. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma la stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.

– Voi due siete in debito con me! – Sussurrò all’indirizzo dei cuccioli assopiti.

Stava sistemando la coperta su Jude, quando il suo cellulare vibrò.

Lesse il messaggio di Lionel e si ritrovò a stringere la mascella con forza.

Saputo dell’incontro tra Jude e Michael, Oscar era intenzionato a rimettere piede all’Arena per controllare la situazione. Quel bastardo cercava di sfruttare ogni opportunità a sua disposizione per tornare.

Non gli avrebbe permesso di ferire ancora Jude, si ripromise, accarezzando distrattamente il suo viso. Amava vederlo così sereno. Solo tra le sue braccia il giovane uomo riusciva ad abbassare completamente la guardia e a rilassarsi davvero.

Questa fiducia a volte lo spaventava, ma Zero non avrebbe rovinato la cosa più importante della sua vita. Era cresciuto solo e abbandonato, ma da quando lo aveva incontrato, Jude lo aveva avvolto tra le sue braccia donandogli sensazioni di calore, amore, cura e protezione, mai provati prima.

Se pensava che aveva rischiato di perderlo per colpa della sua stupidità, non poteva impedirsi di biasimare se stesso. Non fosse stata per la gelosia provata per Lucas, forse a quell’ora sarebbe stato ancora imbrigliato tra feste e alcol, alla ricerca di uno svago che lo aiutasse a combattere la solitudine.

Era stato un pazzo. Per fortuna Jude lo aveva accolto di nuovo nella sua vita.

Baciò la cima della sua testa, ringraziandolo mentalmente.

Nel sonno Logan iniziò a piagnucolare e tirare calcetti a Devil che gli abbaiò contro, infastidito da quel trattamento.

– Gideon, – mormorò Jude, voltandosi verso i due, – possiamo farli salire sul letto?

– Sei sicuro?

Jude annuì. – Abbiamo un letto king size, sfruttiamolo! – Gli sorrise assonnato e lo aiutò prendendo i due cuccioli.

– Non credo che i giornali siano sufficienti. – Disse il giocatore. – Aspetta, abbiamo la plastica che avvolgeva il microonde nuovo, non l’abbiamo ancora buttata. – Si ricordò scendendo di corsa le scale.

Quando tornò, la posò sul letto, adagiandovi sopra la coperta dei cani.

Jude gli sorrise. – Mettila al centro, così questi due non rischiano di cadere.

Sistemati i cuccioli, poterono finalmente infilarsi di nuovo sotto alle coperte.

Zero allungò un braccio e lo adagiò sulla vita di Jude. – La nostra vita sessuale potrebbe avere delle serie difficoltà.

– È solo per una sera o due. Il tempo di farli ambientare, penso. – Sbadigliò, chiudendo gli occhi. – Poi cresceranno e sapranno salire e scendere le scale senza problemi. – Accarezzò i due cuccioli sino a quando non si furono tranquillizzati, ricominciando a dormire senza ulteriori problemi.

Una sensazione nuova fiorì nel petto di Zero, ma non seppe darle un nome. Vedere Jude prendersi cura ed essere così protettivo nei confronti di quelle due piccole vite bisognose lo riempiva di calore e amore.

Decise di non indagare oltre e si chinò per baciare la testa del suo ragazzo, prima di addormentarsi.

 

– Sei diventato davvero bravo. – Si complimentò Jude, rileggendo il compito di matematica di Miguel.

Il bimbo scrollò le spalle. – Mi piace perché è tutto ordinato. Ogni numero ha il suo posto.

Il giovane gli sorrise comprensivo. – Sai, a scuola era la mia materia preferita per lo stesso motivo. L’ho sempre trovata rassicurante. Ma in pochi mi capivano.

Miguel gli sorrise e proseguì a fare i compiti seduto sul divano.

Era un’abitudine maturata col tempo. Ogni giovedì, dato che non aveva corsi pomeridiani, Miguel veniva all’Arena e faceva matematica nell’ufficio di Jude, quando non era occupato in una riunione. In quel caso Caty gli lasciava la scrivania, in attesa che il giovane Kinkade si liberasse. Ma la cosa importante era che, cascasse il mondo, Jude avrebbe sempre controllato i suoi compiti.

Dalla porta aperta, Jude poté vedere Zero arrivare con il suo solito sorriso impertinente.

– Oggi è giovedì. – Sentì dire a Caty, fermando il giocatore prima che potesse dire qualcosa di inappropriato.

– Oh, i piccoli matematici sono all’opera? – Scherzò il biondo entrando nell’ufficio. – Ehi! Avete finito i compiti?

Jude roteò gli occhi. – Molto simpatico. Vero, Miguel?

Il bambino nascose un sorriso dietro al libro.

Caty portò a Jude l’elenco degli ultimi appuntamenti e si misero a controllare insieme l’agenda per cercare di non accavallarli. Nei mesi successivi ben sei giocatori sarebbero stati in scadenza di contratto e dovevano organizzare gli incontri con i rispettivi agenti.

– Com’è andato l’allenamento di ieri? – Chiese Zero, sedendosi sul divano accanto al bambino.

– Stiamo imparando i tiri da tre punti.

– Non ti piace il basket? – Indagò, sorpreso dalla sua mancanza di entusiasmo.

– Piace a Jelena.

Jude gli rivolse un sorriso triste. – Ehi, lei ti vuole bene. Non importa cosa tu scelga di fare. Non sei obbligato a giocare ad uno sport che non ami, solo per compiacerla.

– Strano consiglio detto da te!

La voce di Oscar li fece sobbalzare. Nessuno si era accorto del suo arrivo e Caty rivolse al suo capo un sorriso di scuse.

– Va tutto bene, – la tranquillizzò alzandosi in piedi. – Cosa vuoi? – Ringhiò, posizionandosi istintivamente tra lui e Miguel.

– Sono passato per vedere come avete ridoto la mia squadra. L’Arena sembra ancora in piedi. – Ammise guardandosi distrattamente attorno. – Ho saputo che hai incontrato Harrison. Ti ha raccontato tutto, vero?

– Stiamo facendo il test, sì.

– Ovviamente, mi aspetto di conoscere il risultato. Spiegherebbe molte cose.

– Già.

– Sai, ho sempre saputo che non eri mio figlio. – Ammise, guardandolo con cattiveria. – Hai sempre avuto qualcosa che mi ricordava lui. Quel sorriso gentile che mette tutti a proprio agio. Umanità e scrupoli che sono letali nel mondo degli affari, ma che Harrison è sempre riuscito a sfruttare a proprio vantaggio, diventando milionario. Tu hai i suoi stessi scrupoli e stai ottenendo i suoi stessi risultati. – Sogghignò maligno. – Ma sei cresciuto come un Kinkade. L’istinto di ferire chi ti sta di fronte per ottenere ciò che vuoi, lo hai imparato da me, vero?

Jude trasalì e si avvicinò ancora di più a Miguel. Ricordava il giorno in cui, per proteggere Zero, aveva minacciato Jelena di farglielo portare via.

Ancora se ne vergognava.

Il giocatore si alzò in piedi, affiancando il compagno in difficoltà. – Quando avremo i risultati del test, ti manderemo una email.

– Zero! Complimenti per la stagione, una delle migliori. Certe attività non inficiano il rendimento in campo, come invece pensavo.

– Al contrario, – replicò con la stessa cattiveria, – sono un allenamento extra.

– Signor Kinkade? – Caty entrò nell’ufficio accompagnata da due ragazzi della security. Nessuno aveva notato la sua assenza, ma Jude la ringraziò mentalmente.

– Non c’è bisogno della scorta, me ne vado da solo. – Disse Oscar, lasciando la stanza accompagnato dai ragazzi in abito scuro. – Ah, prima che mi dimentichi, ho chiesto che facessero il test di paternità anche tra me e te. Così, per toglierci ogni dubbio.

– Per me va più che bene. – Sibilò, rimanendo in silenzio mentre l’uomo veniva accompagnato all’ascensore.

– Stai bene? – Domandò Zero, quando se ne fu andato.

Jude annuì, ma lasciò che lo abbracciasse.

– Quel signore era il tuo papà? – Chiese Miguel, più stupito che spaventato.

– Così pare. – Gli accarezzò la testa. – Finisci i compiti e andremo a prendere il gelato.

Miguel annuì e riprese da dove aveva lasciato.

Jude tornò alla sua scrivania seguito da Zero, che si sedé su un angolo a braccia incrociate.

Il giovane ricominciò a organizzare l’agenda, posando un braccio sulla sua coscia, a mo’ di ringraziamento.

– Possiamo finire domani. – Azzardò Caty, la colpa ancora incisa sul viso.

– Ti ringrazio, ma non è un problema. Tanto devo aspettare Miguel.

– C’è un gelato con il suo nome sopra. – Annunciò Zero, facendole l’occhiolino.

La segretaria annuì con un lieve sorriso e ricominciò a controllare l’agenda elettronica. – Questa settimana è tranquilla. Potremmo organizzarne due al giorno.

Jude annuì. – Segui l’ordine di scadenza dei contratti, così nessuno si offenderà.

Si adagiò contro lo schienale della poltrona e chiuse gli occhi. Sorrise appena sentendo la mano calda di Zero stringere la sua.

– Finito. – Annunciò Miguel, passando il quaderno a Jude, che fu ben lieto di avere una distrazione.

Controllò con attenzione ogni passaggio e alla fine gli sorrise orgoglioso. – Bravissimo. Ora raccogli tutto e andiamo. Un gelato doppio cioccolato non te lo toglie nessuno! – Mentre il piccolo riponeva tutto nel suo zaino, lui sistemò i suoi documenti nella sua valigetta nera. Prima di uscire, si rivolse alla segretaria. – Per cortesia, avverti la signorina Howard che Miguel è al bar con noi.

– Già fatto, passerà a prenderlo tra mezz’ora.

Jude la ringraziò con un cenno del capo e prese l’ascensore insieme a Zero e al piccolo.

Con Jelena i rapporti erano freddi come sempre, ma per amore del bambino evitavano di discutere in sua presenza. Capitava solo una volta a settimana, non era difficile fingersi cordiali per pochi minuti. Per Zero era più complicato, ma aveva imparato a dargli una gomitata o un pizzicotto per impedirgli di dire qualcosa di maligno. Gesti che si faceva perdonare in camera da letto, ovviamente.

– Stai bene? – Sussurrò Zero, guardano il piccolo che sedeva al bancone con la sua coppa gigante panna e cioccolato.

– Non proprio. Non vedo l’ora di tornare a casa e fare la doccia.

Il biondo annuì, comprensivo.

Ordinarono due caffè, mentre Miguel mangiava il suo gelato in tutta tranquillità.

Aveva quasi finito quando arrivò Jelena.

– Ti sei divertito? – Chiese al bambino, che prontamente annuì.

– Sono migliorato. Poi è arrivato il papà di Jude che non sembrava come lui. Essere parenti non sempre significa che le persone si somiglino. – Ragionò il piccolo. – Jude è gentile e paziente, ma il suo papà aveva una luce cattiva negli occhi. No, non si somigliano per niente. – Decise, prendendo lo zaino. – Grazie Jude, ciao Zero! Ci vediamo giovedì! – Li salutò il piccolo, accettando la mano che Jelena gli porse.

– A domani. – Borbottò lei, con un finto sorriso.

Zero diede al suo ragazzo una lieve pacca sulla spalla. – Andiamo a casa. – Sussurrò gentilmente, guardandolo nascondere gli occhi lucidi dietro ad una ciocca di capelli. – Hai sentito? Anche un bambino sa che tu e Oscar non vi somigliate per niente.

– Gideon. – Sussurrò, senza farsi sentire da nessuno.

– Accettalo. Non sei come lui. Non importa ciò che puoi aver detto, conta solo ciò che fai. – Si mise al volante e allacciò la cintura di sicurezza. – Arrivati a casa dovrò calcolare i danni fatti dalle due palle di pelo. Solo di scarpe mi stanno costando una fortuna.

Jude scoppiò a ridere mentre il giocatore metteva in moto la Porsche.

 

Uscito dalla doccia indossò velocemente un paio di pantaloni della tuta e una maglietta a mezze maniche.

Quando udì il suono del campanello scese le scale giusto in tempo per vedere entrare Lionel, bellissima in un tailleur verde chiaro, con la gonna che le arrivava appena sopra al ginocchio.

La guardò perplesso. La sua presenza aveva solo una ragione: l’incontro con Oscar.

Zero gli sorrise. –  È la stessa faccia che hai fatto quando abbiamo scoperto che Devil è una femmina.

– Chi è Devil?! Oh, per l’amore di Dio! – Urlò l’attrice, quando una furia scatenata cercò di saltarle addosso. – Jude! Jude! Queste calze costano più di cento dollari! Jude!

Il giovane si passò le mani sul viso, cercando disperatamente di non scoppiare a ridere.

Raggiunto il soggiorno, afferrò Devil prima che riuscisse a saltare sull’amica.

– Zero, vorresti prendere Logan, per favore? – Gli chiese gentilmente. Nonostante il cane la stesse solo annusando, la donna continuava a lamentarsi.

– No, è divertente vederla saltellare per la stanza. – Jude si limitò a guardarlo con un sopracciglio alzato. – Va bene, va bene! – Brontolò il giocatore, afferrando con delicatezza il cane più scuro.

– Da quando avete bestie in casa?! Zero a parte. – Domandò accaldata.

– Grazie. – Commentò il diretto interessato con voce incolore.

– Prego. – Si passò una mano tra i lunghi capelli castani. – Jude! Mi hai fatto correre su tacchi quattordici!

– Perché stai incolpando me? – Volle sapere sedendosi sul divano. – Sto anche sacrificando il mio viso per te! – Le fece notare, indicando Devil intenta a leccargli una guancia.

– Si presuppone che tu sia quello maturo della coppia. – Spiegò lei sedendosi ben lontana da loro.

– Non lo trovo corretto, tu che ne pensi Dev? – La cucciola scodinzolò. – Vedi? Mi sta dando ragione anche lei. Non è giusto.

Zero lo affiancò, posando la testa sulla sua spalla. Logan era molto più tranquillo e stava sonnecchiando tra le sue braccia.

– Hai saputo, vero? – Arrivò subito al punto.

– Ho le mie fonti. – Lo guardò preoccupata. – Come stai?

Scrollò le spalle.  – Non lo so. Sporco, credo. Ma dopo aver fatto la doccia mi sento meglio. È stupido?

– No, capisco la sensazione. Ti ricordo che ci andavo a letto.

– Che schifo! – Esplosero i due uomini all’unisono e con la medesima espressione disgustata.

– Ehi! Non giudicate! – Protestò, sistemandosi la giacca. – Cosa è venuto a fare all’Arena?

Jude indurì i lineamenti del viso. – Sputare un po’ del suo veleno, come al solito. E sono così stupido da restarci ancora male. – La sua tristezza fu percepita da Devil, che mugolò contro la sua guancia.

Zero le sorrise. – Vedi? Anche lei ti sta dicendo che non sei stupido, stupido.

– Grazie tante. – Ironizzò.

– Sai cosa intendo.

Jude gli sorrise con dolcezza. – Lo so.

– Piantatela di farvi gli occhi dolci. Siete rivoltanti.

Il biondo inarcò le sopracciglia. – Lascio liberi i cani?

– Jude, mi sta minacciando!

– Jude, ci stava insultando!

– Dio, che male ho fatto? – Il giovane prese Logan dalle mani del suo ragazzo. – Loro devono fare il bagno, voi due arrangiatevi. Ciao Lionel, grazie per essere passata. – La saltò con gentilezza, prima di salire le scale con i due cuccioli in braccio.

– Sapevo che stava tramando qualcosa. – Commentò Lionel. – Oscar non si è ancora rassegnato all’idea di aver perso la squadra.

– Quello che mi fa rabbia è che riesca ancora a ferirlo. – Ammise Zero.

– Un tempo sarebbe stato peggio. Avrebbe sanguinato per giorni, invece adesso ha solo bisogno di un cerotto.

– Ma il taglio c’è.

– Quello ci sarà sempre. È troppo sensibile per il suo bene.

– Per fortuna ha due come noi, con molto pelo sullo stomaco.

– A proposito di pelo, i tuoi cani mi hanno rovinato le calze! – Sollevò una gamba, mostrando due smagliature e qualche pelo marrone e beige sparso qua e là.

– Per lo meno non ti hanno leccata il viso, è andata bene.

– Me ne vado! – Annunciò, alzandosi velocemente. Guardò la scalinata che conduceva al piano superiore. – Strano che l’abbia voluta.

– Cosa?

– La scala. – Spiegò. – Le odia, eppure eccola lì. Forse sta affrontando i fantasmi del passato.

– Non so di cosa tu stia parlando.

Lei inarcò le sopracciglia. – Non te l’ha detto. – Abbassò il tono della voce. – Jude era alle medie ed era appena entrato nella squadra di baseball della scuola. Quando Oscar lo ha saputo ha dato di matto. Gli disse che per il proprietario di una squadra di basket avere il figlio che giocava a un altro sport era inaccettabile. Litigarono e non so di preciso cosa sia accaduto. Forse è inciampato o forse Oscar lo ha spinto, comunque Jude cadde dalla scala e si ruppe il braccio sinistro. Legamenti lesi e carriera sportiva finita prima ancora di cominciare.

– Per questo si tocca il braccio quando cambia il tempo. – Sussurrò Zero più a se stesso che a lei.

– Motivi per odiare Oscar ne ho a sufficienza. Ora devo andare. Se succede qualcosa, voglio saperlo.

Rimasto solo, Zero non poté impedirsi di provare un moto di disgusto per Oscar. Avrebbe voluto prenderlo a pugni per tutto quello che aveva fatto all’uomo che amava.

– Devil, no!

Il grido disperato di Jude lo costrinse a salire di corsa al piano superiore.

– Non ci credo! – Scoppiò a ridere trovandolo steso per terra completamente bagnato con Logan sul suo stomaco e Devil, ancora insaponata, che saltellava per la camera da letto.

– Non so come ci siano riusciti, ma hanno quasi ribaltato la bacinella. Ho cercato di prenderla, ma…

– Sei finito col sedere per terra. – Finì per lui, aiutandolo ad alzarsi. – Cambiati i vestiti o ti verrà un malanno, penso io a questi due. – Disse, prendendo in braccio il cane marrone.

Jude si guardò increspando la fronte. – Sembro un pulcino bagnato. – Borbottò sfilandosi la maglietta.

– Oh, credimi, fossimo soli ti avrei già sbattuto sul letto. – Disse, asciugando Logan con un panno pulito.

Jude arrossì. – Te l’ho detto, con loro che ci guardano non riesco!

– Voi due avete distrutto la mia vita sessuale! – Brontolò afferrando Devil prima che scivolasse contro la cassettiera.

Il giovane Kinkade gli sorrise. – Una volta asciutti, potremmo sempre lasciarli qui in camera con la porta chiusa, mentre io e te potremmo fare una doccia insieme. – Suggerì guardandolo ancora a torso nudo.

Zero gli rivolse un sorriso predatore. – Il mio stratega preferito!

 

 

   
 
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