Hit
the
Floor 4
Capitolo
2
Gojyina
Jude si
svegliò gemendo. Un intenso calore
all’inguine gli stava inviando continui brividi di piacere che lo
costrinsero
ad inarcarsi e a sospirare.
Premute
contro il suo interno coscia, le
labbra di Zero erano distese in un sorriso soddisfatto.
– Il
bell’addormentato si è finalmente
destato.
– Sei
diventato il principe azzurro? –
Rise, guardandolo attraverso le lunghe ciglia scure. – Sai che mi
piacciono i
ragazzi selvaggi.
– Vuoi
vedere quanto sono selvaggio, Jude?
– Domandò allungando un braccio alla ricerca del lubrificante.
–
Sempre! – Sollevò il bacino per potersi
sfilare più facilmente i pantaloncini neri.
– Così
impaziente, – commentò Zero
compiaciuto, – così sensibile. – Aggiunse chinandosi per leccare un
capezzolo
bronzeo.
– Dio!
– Ansimò, cingendogli le spalle.
– No,
Zero. – Replicò prontamente,
divaricandogli le gambe.
–
Stupido.
– Lo
adori.
– Sto
rivalutando le mie scelte di vita. –
Jude affondò la schiena sul materasso, mentre Zero preparare il suo
corpo.
Cercò di rilassare i muscoli, ma le sue abili carezze gli rendevano
l’impresa
quasi impossibile. – Se non ti sbrighi, verrò come un adolescente.
– Agli
ordini, Boss! – Lo prese in giro,
posizionandosi tra le sue gambe.
Si
guardarono negli occhi mentre Zero
spingeva il suo corpo dentro quello di Jude. L’intimità che avevano
raggiunto
era nuova per loro. Mai avevano permesso ad altri di avvicinarsi così
tanto.
Eppure non avevano paura, si fidavano ciecamente l’uno dell’altro.
–
Gideon! – Ansimò, quando fu colpito alla
prostata.
– Lo
so, sto arrivando. – Promise,
iniziando a spingere a velocità sostenuta.
Jude
gli cinse le spalle, sollevando
appena il busto, così da aiutarlo a trovare la giusta angolazione.
Il
giocatore continuò a colpire il suo
punto magico, facendolo gemere rumorosamente. Venne, spruzzando di
bianco perla
l’addome scolpito di Zero che, a quella vista, perse a sua volta il
controllo.
Steso
su Jude a riprendere fiato, sentì le
sue mani sulla schiena e tra i capelli umidi.
– Sei
ancora abbastanza selvaggio. – Disse
Jude, facendolo ridere contro il suo petto.
– Lieto
di saperlo! Doccia?
– Tra
poco, – sussurrò, abbracciandolo.
Sembrava molto assonnato e Zero quasi si pentì di averlo svegliato. –
Ehi, va
tutto bene. – Lo tranquillizzò senza aprire gli occhi. – Ma è sabato
mattina, possiamo
riposare ancora un po’.
Zero lo
aiutò a sistemare le coperte sui
loro corpi umidi, un lieve broncio sulle labbra.
– Mi
conosci troppo bene, è quasi
fastidioso.
– Sei
solo facile da capire. – Mormorò,
quasi assopito. – Ci somigliamo.
–
Riposa, ne parliamo più tardi. –
Sbadigliò il giocatore, staccando la sveglia. Notando quanto Jude fosse
stanco,
decise di spegnere anche il suo cellulare. I Devils potevano
sopravvivere
qualche ora senza di lui.
Zero
adorava quelle mattine pigre, durante
le quali poteva sonnecchiare sul petto di Jude. Di solito, il suo
ragazzo rispondeva
alle e-mail dal cellulare e controllava i video mandati da qualche
osservatore.
Era raro che dormisse fino a tardi, ma Zero era più che lieto che
riposasse. Gli
ultimi giorni erano stato impegnativi, con i giornalisti sportivi ad
aspettarli
un po’ ovunque, bramosi di scoprire i dettagli dell’incontro con
Harrison.
Era
stressante, soprattutto per Jude, che
detestava avere i riflettori puntati contro.
Purtroppo,
li attendeva un periodo ancora
più complicato.
Non era
contento del ritorno di Derek,
anche se non lo aveva dato a vedere. La squadra aveva bisogno di un
giocatore
di esperienza come lui, un serio professionista, ma Zero non aveva
ancora
sotterrato l’ascia di guerra e non aveva intenzione di lasciargli la
fascia di
capitano.
Era
difficile per lui e Jude essere i Re
di Los Angeles. Per quanto tentassero di tenere separati lavoro e vita
privata,
l’una influenzava per forza di cose l’altra.
Se Jude
non aveva obiettato al ritorno di
Derek non era stato per offendere Zero. Al momento i Devils avevano
diversi
giocatori giovani, con poca esperienza ad alti livelli. Derek avrebbe
aiutato
Zero a far crescere quei ragazzi, facendo loro da mentore.
Jude
doveva fare gli interessi della
squadra e se poteva anche facilitare il lavoro di Zero, tanto meglio.
Trovare
un equilibrio nelle loro vite era
un lavoro costante, ma ne valeva la pena. L’amore di Jude era una
coperta calda
e soffice, che lo avvolgeva senza soffocarlo. Non avrebbe mai più
potuto vivere
senza.
L’arrivo
di Harrison era stato
inaspettato. Era il maggiore azionista, anche se le sue quote erano
state
gestite sino a quel momento da Marcus ma, a conti fatti, i Devils erano
di sua
proprietà. Se Jude si fosse rivelato suo figlio, molto probabilmente le
avrebbe
lasciate a lui.
Ma se
il test di paternità si fosse rivelato
negativo, cos’avrebbe fatto? Sarebbe tornato in Europa e avrebbe
lasciato tutto
così com’era?
Zero
sollevò un lembo del piumone, così da
coprire meglio Jude ancora profondamente addormentato. Avrebbe dovuto
anche
fare un giro di telefonate e scoprire perché Harrison fosse tornato
proprio
adesso.
Controllò
l’orologio e decise di ritagliarsi
ancora qualche ora di ozio. Voleva un fine settimana di solo relax sia
per se
stesso che per Jude, rimandando i problemi a lunedì.
– Non
riesco a crederci! – Jude guardò
l’orologio sul comodino, sentendosi in forte disagio. – E mi hai anche
spento
il cellulare. – Lo accusò, aiutandolo a posare il vassoio sul letto.
– Sì,
sono un ragazzo terribile. – Tagliò
corto, afferrandogli il cellulare prima che potesse riaccenderlo.
–
Gideon! – Protestò cercando di
recuperarlo.
– Jude!
– Lo prese in giro con lo stesso
tono. – Te lo confisco. Se lo rivuoi facciamo prima colazione.
–
Pranzo, vista l’ora.
–
Quello che è. Se farai il bravo te lo
renderò. – Concluse cercandogli le labbra.
– Lo
sai, vero, che non dovresti cucinare?
– Gli accarezzò una guancia. – Se ti tagliassi o bruciassi, potrebbe
incidere
sul tuo rendimento in campo.
– Non
lo faccio così spesso e poi sto
attento. – Lo tranquillizzò, passandogli il caffè.
Jude
addentò il pane tostato appena
imburrato e si appoggiò contro Zero, quando sentì un braccio attorno
alle
spalle.
Gideon
era sempre stato molto tattile, ma
negli ultimi giorni lo era ancora di più. Faticava ad ammetterlo anche
con se
stesso, ma adorava sentirsi coccolato così.
–
Stasera vuoi andare al party di J.Lo?
– No,
voglio passare il fine settimana a letto
con te. – Fu la risposta di Zero, sussurratagli contro una tempia.
Jude
increspò la fronte. – Ne sei sicuro?
Non stai facendo molta vita mondana ultimamente.
Lo vide
scrollare le spalle. – Preferisco
fare sesso con te. – Allungò una mano e prese un pezzo di bacon. – Ti
stai
lamentando?
Il
giovane sbuffò. – Sai che non intendevo
quello. È davvero impossibile, a volte, fare un discorso serio con te.
Soprattutto quando non vuoi rispondere. – Spostò il peso su un fianco,
sfregando la fronte contro la sua spalla muscolosa. – Oggi non riesco a
restare
sveglio. Mi hai messo del sonnifero nel caffè? – Scherzò, ricevendo in
cambio
una lieve sculacciata.
– Il
nostro corpo sa di cosa abbiamo
bisogno. Se hai sonno, dormi. – Posò il vassoio sul comodino e si
spostò in
modo tale che Jude potesse usare il suo petto come cuscino.
– Sono
davvero viziato. – Bofonchiò, lottando
per tenere gli occhi aperti.
– Mi
piaci viziato, perché dipendi da me.
– Prima
o poi ti stancherai di farmi da balia.
– Si lasciò sfuggire, nel dormiveglia.
Zero
perse il sorriso. – Dubito che potrò
mai stancarmi di te, stupido. – Jude non rispose, preferendo chinare il
viso e
nasconderlo sotto al piumone. – Ehi? – Lo chiamò il giocatore, posando
due dita
sotto al mento, costringendolo gentilmente a guardarlo. – Siamo Team
Zude. –
Gli ricordò, baciandogli la fronte.
–
Continuo a trovarlo un nomignolo strano.
– Borbottò, tornando a posare la fronte nello spazio tra la spalla e il
collo
di Zero.
–
Perché non conosci il linguaggio delle
fans. Non conosci nemmeno gli hastag! – Lo accusò, accarezzandogli
distrattamente la schiena.
–
Infatti ero il tuo manager. L’ufficio
stampa lo lasciavo ad altri. A proposito, come va con Stevens? –
Domandò
all’improvviso.
– Più
che bene. Non è bravo come te, ma fa
il suo lavoro egregiamente. Soprattutto non ha clienti tra i Devils,
come
Lucas. – Sputò quel nome con una buona dose di disgusto.
– Lo
so, è per quello che te l’ho
consigliato. – Sbadigliò, chiudendo gli occhi. – Conosco Stevens da
anni, ha un
ottimo fiuto per gli affari e, cosa più importante, è un grande esperto
di
legge. Quando avevo dei dubbi, mi sono sempre rivolto a lui e non mi ha
mai
deluso. Lo consulto ancora oggi per i contratti dei Devils più
delicati. Ero
certo che avrebbe fatto un ottimo lavoro con te.
– Non
sei tu e non ha neanche il tuo bel
culo, ma è bravo. – Gli baciò la cima della testa. – Con te a guardarmi
le
spalle, mi sento protetto.
– Siamo
Team Zuro, no?
– Zude.
– Lo corresse sbuffando. – Lo stai
sbagliando di proposito.
– Mi
piace prenderti in giro.
Il
giocatore sistemò il plaid su di loro.
– Un tempo eri carino e timido, ho creato un mostro.
– Non
sono mai stato carino e timido! –
Protestò, stropicciandosi un occhio. – Ti ho fatto firmare i migliori
contratti
della tua vita! – Scherzò, fingendo una voce lamentosa.
Zero
scoppiò a ridere, abbracciandolo.
Bastarono pochi minuti e si addormentarono, avvolti dal calore
reciproco,
proseguendo il loro fine settimana all’insegna del relax e della
pigrizia.
Il
tardo pomeriggio li trovò abbracciati
sul divano, avvolti in una morbida coperta. Zero aveva insistito per
vedere qualche
film insieme e Jude aveva preparato un paio di ciotole di popcorn,
rassegnato a
lasciare il cellulare spento.
Complici
il calore e la sicurezza che
Gideon gli trasmetteva, Jude si ritrovò a sonnecchiare ancora,
sfregando di
tanto in tanto il viso sul petto del suo uomo.
– Vuoi
tornare a letto? – Gli chiese Zero.
– Sto
bene qui. – Bofonchiò, assopendosi
per l’ennesima volta.
Zero
sorrise, soddisfatto nel vedergli
recuperare preziose ore di sonno.
Stava
scegliendo il secondo film da
vedere, quando udì un rumore provenire dal giardino.
–
Gideon? – Lo chiamò Jude, aprendo
lentamente gli occhi.
– Vado
a vedere, torna a dormire. –
Rispose scendendo dal divano.
– Sento
abbaiare. – Mormorò mettendosi
seduto. – Vengo con te.
Infilate
un paio di scarpe da ginnastica e
la giacca, uscirono insieme.
– Non
c’è nulla, – disse il giocatore, –
forse era il cane dei vicini.
– Non
so forse… – la sua attenzione fu
catturata da un cespuglio, – laggiù c’è qualcosa che si muove.
Avvicinandosi
al cancello, notarono un
paio di piccole zampe marroni che spuntavano da sotto le foglie.
– Si è
incastrato tra il ferro e i rami. –
Disse Gideon, – Ehi, campione. Non aver paura, adesso ti liberiamo. –
Rassicurò
il cucciolo, mentre Jude usciva in strada.
–
Strano che sia riuscito ad entrare. Deve
essere molto piccolo. Oh, Gideon!
– Cosa?
– Si incuriosì, non sentendolo
più. Quando udì il cancello chiudersi, si voltò verso di lui. – E
quello? –
Rise, guardando il cucciolo beige che stava leccando il viso di Jude.
– Stava
seguendo l’amico, per fortuna non
si è incastrato anche lui. Non ho mai avuto un cane, è igienico che mi
lecchi
la faccia? – S’interrogò, accarezzandolo.
Zero si
mise a ridere e diede un leggero
strattone ad un ramo, riuscendo così a liberare l’altro cucciolo dal
pelo più
scuro.
–
Eccoci qui, campione. – Lo salutò,
prendendolo in braccio. – Portiamoli in casa, mi sembrano entrambi
infreddoliti.
Tornati
in sala li avvolsero nella coperta
lasciata sul divano e li adagiarono delicatamente sul pavimento.
Jude li
osservò pensieroso, prima di
afferrare il telefono di Zero.
–
Astinenza? – Lo prese in giro, tornando
dalla cucina con due piatti colmi d’acqua.
–
Ricerche, – borbottò concentrato sul
display, – se non ricordo male abbiamo qualche carota e credo anche il
pollo.
– Jude?
–
Dovranno pur mangiare, no? – Replicò
scrollando le spalle. – Non possiamo lasciarli tornare in strada.
Lunedì potremmo
chiedere se qualcuno li vuole.
Il
giocatore accarezzò distrattamente i
due cuccioli, intenti a bere rumorosamente. L’acqua aveva inzuppato
metà
coperta, ma poco gli importava.
–
Potremmo… – S’interruppe, sentendosi uno
sciocco.
Non
avevano orari stabili, anche se
possedevano un giardino spazioso, avere due cani per lasciarli da soli
tutto il
giorno non era sensato.
I due
piccoli gli salirono sulle cosce,
mugolando.
Non
doveva affezionarsi a loro. Se ne
sarebbero andati, si disse, ridendo quando quello più chiaro si sollevò
su due
zampe per potergli leccare il naso.
–
Potremmo tenerli.
La voce
gentile di Jude lo fece
sobbalzare, non lo aveva sentito tornare.
– Con
la vita che facciamo, sempre fuori
casa?
–
Meglio che in mezzo alla strada, col rischio
che vengano investiti. – Sedé sul bracciolo del divano, incrociando le
braccia
al petto. – Abbiamo il giardino. Non lo so, potremmo trovare un modo,
se li
vuoi tenere.
– Sei
sicuro?
– Per
me è indifferente. Non ho mai avuto
animali domestici ed erano proibiti nel mio vecchio appartamento.
Quando ci
siamo trasferiti qui, non mi è venuto in mente che avremmo potuto
averne.
–
Nemmeno io ne ho mai avuti. Da piccolo
avrei voluto un cane, ma poi… – scollò le spalle. Poi era stato
abbandonato ed
era finito in una casa famiglia che non aveva spazio neanche per i
bambini,
figuriamoci per un animale.
– Ehi,
che ne dici di cercare un
veterinario in zona, o chiedere a qualcuno della squadra se conoscono
qualcuno
di affidabile? Io intanto preparo loro qualcosa da mangiare.
Zero
annuì e lo seguì con lo sguardo
tornare in cucina. Il cucciolo marrone si accoccolò sulla sua coscia
sonnecchiando, per nulla infastidito dai movimenti dell’altro, deciso a
sfilacciargli il maglione.
Jude
accese sotto alla pentola e tornò a
guardare il soggiorno. Raramente aveva visto Gideon sorridere come
aveva fatto
con quei due cuccioli.
Voleva
solo che fosse felice e se quei cani
lo facevano sorridere in quel modo, allora li avrebbero tenuti.
Doveva
solo capire di cosa avessero
bisogno: cibo, cuccia, veterinario, forse dei giochi. Non ne aveva
idea.
– Come
vuoi chiamarli?
La voce
di Zero lo riscosse dai suoi
pensieri.
– Non
so, decidi tu.
–
Dobbiamo farlo insieme. – Protestò,
spostando i cuccioli sulla coperta.
– Brown
e Beige? – Buttò lì, pensando al
colore del loro pelo.
Ottenne
un’occhiataccia. – Sul serio,
Jude?
– Non
lo so! – Sbuffò, controllando il
pollo immerso nell’acqua bollente. – Uno dei due mi sembra abbastanza
attivo,
se lo chiamassimo Devil sarebbe ridicolo?
Il
giocatore scoppiò a ridere. –
Stacanovista! Solo tu potresti chiamare il cane come la tua squadra! –
Guardò
il cucciolo beige intento a rosicchiare una gamba del tavolino. – Hai
ragione,
Devil è più che appropriato!
– E
l’altro non so. Logan? Tu adori
Wolverine.
–
Wolverine non è un cane! – Protestò,
incrociando le braccia al petto. – Logan e Devil. Non male. – Afferrò
il
cellulare e lo raggiunse in cucina.
– Se
stai per fare shopping su Amazon, non
perdere il controllo. – Lo ammonì, tagliando la carne. – Non ho
aggiunto il
sale. Credo abbiano un mese o poco più, gli ho fatto pollo e carote
lessate,
pensi che vada bene?
Zero
scrollò le spalle. – Guardando le
foto in rete, sembrano avere un mese o due. Essendo meticci è un po’
difficile
da capire. Proviamo.
Jude si
sedé sul pavimento del soggiorno,
usando il divano come spalliera. Avvicinò un pezzo di carne tiepido al
naso di
Logan, che sembrò moderatamente interessato. Tentò ancora e il cucciolo
assaggiò il pollo, scodinzolando.
–
Sembra che gli piaccia. Sul serio, Zero?
– Rise del suo ragazzo, che ancora non riusciva ad afferrare Devil,
convinto
che essere rincorso fosse un gioco. – Ha uno scatto migliore del tuo.
Dovremmo
metterlo in squadra!
– Ti ho
sentito, stupido! – Brontolò
imbronciatissimo. Con una finta degna di una finale, riuscì finalmente
ad
afferrare il cucciolo. – Non pensavo che fosse così faticoso! –
Sospirò,
sedendosi accanto a lui.
Devil
parve molto più entusiasta del cibo
rispetto al fratello, mangiando velocemente.
– Per
fortuna ce n’è ancora. – Jude lasciò
il piatto sul pavimento e si diresse in cucina con Logan in braccio. –
Dobbiamo
controllarli. Devil è più vorace, non gli dà il tempo di mangiare. –
Sorrise al
cucciolo. – Non possiamo farti morire di fame, vero?
Zero
sorrise dal divano. Anche se non
aveva familiarità con gli animali, Jude sembrava a suo agio con loro.
– Il
fine settimana ha preso una piega
inaspettata. – Disse, portando via il piatto vuoto di Devil che riprese
a
ispezionare la sala annusando qualsiasi cosa. – Ha spazzolato anche le
carote.
Con lui come va? – Domandò indicando Logan.
– Non
ne sembra entusiasta, ma sta
mangiando tutto.
Appoggiandosi
allo stipite dell’arcata, si
immerse nel magico mondo di Amazon. – C’è una quantità di roba assurda.
Persino
i passeggini per cani, ti rendi conto?!
–
Atteniamoci alle cose base. Cuccia,
guinzagli e qualche gioco. Poi potremmo chiedere al veterinario, o a
qualcuno
della squadra.
–
Richard ha due cani, non ricordo la
razza.
– Se
non sbaglio anche Caty ne ha uno, ma
forse è un gatto. Non ne sono sicuro.
– Non
credo siano la stessa cosa.
Preferisco andare sul sicuro. Lunedì chiederò a Ricky. Devil, stai
fermo! –
Esclamò correndo all’ingresso. – Il tuo cane mi sta distruggendo le
scarpe!
– È già
diventato il mio cane, appena ha
fatto qualcosa di fastidioso?! – Sfregò la punta del naso sulla cima
della
testa di Logan. – Prevedo centinaia di ramanzine all’orizzonte e decine
di
scarpe nuove.
–
Poteva andare peggio. – Disse Jude,
infilandosi sotto le coperte.
– Sul
serio? – Zero indicò con le mani un
angolo della camera, dove i due cuccioli stavano sonnecchiando dentro
la solita
coperta, ormai divenuta di loro proprietà.
Avevano
fatto la pipì in ogni angolo del
soggiorno e, quando avevano cercato di salire le scale per seguirli e
non ne
erano stati in grado, Devil aveva protestato abbaiando con insistenza e
Logan
aveva cominciato a mugolare.
Si
erano calmati solo quando li avevano
presi in braccio e portati in camera con loro.
– Hai
preso qualche giornale? – Chiese
Jude, spostandosi verso di lui.
–
Perché? Vuoi legger loro una favola?
– No,
stupido. Nel caso in cui facessero
ancora la pipì. Potremmo mettere qualche foglio sotto e attorno alla
loro
cuccia improvvisata.
– Lo
faccio subito. – Zero strappò i fogli
e fece come gli era stato detto. – Sei bravo con loro.
– Ho
fatto qualche ricerca su internet. –
Replicò con modestia, spostando un lembo del plaid per farlo stendere
accanto a
lui.
Il
giocatore lo abbraccio da dietro,
posando il mento sulla sua spalla. – Sembrano più tranquilli. – Notò,
guardandoli sonnecchiare l’uno sull’altro.
– Mi
auguro che si stanchino anche loro.
– E tu?
– Soffiò sul suo orecchio, una
mano che scendeva delicatamente sotto l’ombelico. – Sei stanco o vuoi
giocare?
–
Gideon, non possiamo! – Arrossì,
afferrandogli il polso.
–
Perché no?
–
Potrebbero guardarci!
– Stai
scherzando, vero?! – Sbottò a metà
tra lo stupito e l’infastidito.
– Non
lo farò con quei due che potrebbero vederci.
– Fu la sua irremovibile decisione. Si voltò per guardarlo in viso. –
Mi
dispiace, ma proprio non ci riesco. – Spiegò arrossendo.
– Va
bene, ci organizzeremo meglio da
domani. Hai sonno?
– Ti
sembrerebbe strano se ti dicessi di
sì? Eppure ho dormito quasi tutto il giorno!
– È
normale. Sei sempre in tensione e gli
ultimi giorni sono stati molto stressanti. Abbiamo deciso di prenderci
il fine
settimana di totale riposo. – Lo rassicurò, passando una mano tra i
capelli
scuri.
Jude
avvolse un braccio attorno al suo
corpo e posò il viso sul suo petto. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma la
stanchezza ebbe la meglio e si addormentò.
– Voi
due siete in debito con me! –
Sussurrò all’indirizzo dei cuccioli assopiti.
Stava
sistemando la coperta su Jude,
quando il suo cellulare vibrò.
Lesse
il messaggio di Lionel e si ritrovò
a stringere la mascella con forza.
Saputo
dell’incontro tra Jude e Michael,
Oscar era intenzionato a rimettere piede all’Arena per controllare la
situazione. Quel bastardo cercava di sfruttare ogni opportunità a sua
disposizione per tornare.
Non gli
avrebbe permesso di ferire ancora
Jude, si ripromise, accarezzando distrattamente il suo viso. Amava
vederlo così
sereno. Solo tra le sue braccia il giovane uomo riusciva ad abbassare
completamente
la guardia e a rilassarsi davvero.
Questa
fiducia a volte lo spaventava, ma
Zero non avrebbe rovinato la cosa più importante della sua vita. Era
cresciuto
solo e abbandonato, ma da quando lo aveva incontrato, Jude lo aveva
avvolto tra
le sue braccia donandogli sensazioni di calore, amore, cura e
protezione, mai
provati prima.
Se
pensava che aveva rischiato di perderlo
per colpa della sua stupidità, non poteva impedirsi di biasimare se
stesso. Non
fosse stata per la gelosia provata per Lucas, forse a quell’ora sarebbe
stato
ancora imbrigliato tra feste e alcol, alla ricerca di uno svago che lo
aiutasse
a combattere la solitudine.
Era
stato un pazzo. Per fortuna Jude lo
aveva accolto di nuovo nella sua vita.
Baciò
la cima della sua testa,
ringraziandolo mentalmente.
Nel
sonno Logan iniziò a piagnucolare e
tirare calcetti a Devil che gli abbaiò contro, infastidito da quel
trattamento.
–
Gideon, – mormorò Jude, voltandosi verso
i due, – possiamo farli salire sul letto?
– Sei
sicuro?
Jude
annuì. – Abbiamo un letto king size,
sfruttiamolo! – Gli sorrise assonnato e lo aiutò prendendo i due
cuccioli.
– Non
credo che i giornali siano
sufficienti. – Disse il giocatore. – Aspetta, abbiamo la plastica che
avvolgeva
il microonde nuovo, non l’abbiamo ancora buttata. – Si ricordò
scendendo di
corsa le scale.
Quando
tornò, la posò sul letto,
adagiandovi sopra la coperta dei cani.
Jude
gli sorrise. – Mettila al centro,
così questi due non rischiano di cadere.
Sistemati
i cuccioli, poterono finalmente
infilarsi di nuovo sotto alle coperte.
Zero
allungò un braccio e lo adagiò sulla vita
di Jude. – La nostra vita sessuale potrebbe avere delle serie
difficoltà.
– È
solo per una sera o due. Il tempo di
farli ambientare, penso. – Sbadigliò, chiudendo gli occhi. – Poi
cresceranno e
sapranno salire e scendere le scale senza problemi. – Accarezzò i due
cuccioli
sino a quando non si furono tranquillizzati, ricominciando a dormire
senza
ulteriori problemi.
Una
sensazione nuova fiorì nel petto di
Zero, ma non seppe darle un nome. Vedere Jude prendersi cura ed essere
così
protettivo nei confronti di quelle due piccole vite bisognose lo
riempiva di
calore e amore.
Decise
di non indagare oltre e si chinò
per baciare la testa del suo ragazzo, prima di addormentarsi.
– Sei
diventato davvero bravo. – Si
complimentò Jude, rileggendo il compito di matematica di Miguel.
Il
bimbo scrollò le spalle. – Mi piace
perché è tutto ordinato. Ogni numero ha il suo posto.
Il
giovane gli sorrise comprensivo. – Sai,
a scuola era la mia materia preferita per lo stesso motivo. L’ho sempre
trovata
rassicurante. Ma in pochi mi capivano.
Miguel
gli sorrise e proseguì a fare i
compiti seduto sul divano.
Era
un’abitudine maturata col tempo. Ogni
giovedì, dato che non aveva corsi pomeridiani, Miguel veniva all’Arena
e faceva
matematica nell’ufficio di Jude, quando non era occupato in una
riunione. In
quel caso Caty gli lasciava la scrivania, in attesa che il giovane
Kinkade si
liberasse. Ma la cosa importante era che, cascasse il mondo, Jude
avrebbe
sempre controllato i suoi compiti.
Dalla
porta aperta, Jude poté vedere Zero
arrivare con il suo solito sorriso impertinente.
– Oggi
è giovedì. – Sentì dire a Caty, fermando
il giocatore prima che potesse dire qualcosa di inappropriato.
– Oh, i
piccoli matematici sono all’opera?
– Scherzò il biondo entrando nell’ufficio. – Ehi! Avete finito i
compiti?
Jude
roteò gli occhi. – Molto simpatico.
Vero, Miguel?
Il
bambino nascose un sorriso dietro al libro.
Caty
portò a Jude l’elenco degli ultimi
appuntamenti e si misero a controllare insieme l’agenda per cercare di
non
accavallarli. Nei mesi successivi ben sei giocatori sarebbero stati in
scadenza
di contratto e dovevano organizzare gli incontri con i rispettivi
agenti.
– Com’è
andato l’allenamento di ieri? –
Chiese Zero, sedendosi sul divano accanto al bambino.
–
Stiamo imparando i tiri da tre punti.
– Non
ti piace il basket? – Indagò,
sorpreso dalla sua mancanza di entusiasmo.
– Piace
a Jelena.
Jude
gli rivolse un sorriso triste. – Ehi,
lei ti vuole bene. Non importa cosa tu scelga di fare. Non sei
obbligato a
giocare ad uno sport che non ami, solo per compiacerla.
–
Strano consiglio detto da te!
La voce
di Oscar li fece sobbalzare.
Nessuno si era accorto del suo arrivo e Caty rivolse al suo capo un
sorriso di
scuse.
– Va
tutto bene, – la tranquillizzò
alzandosi in piedi. – Cosa vuoi? – Ringhiò, posizionandosi
istintivamente tra
lui e Miguel.
– Sono
passato per vedere come avete
ridoto la mia squadra. L’Arena sembra ancora in piedi. – Ammise
guardandosi
distrattamente attorno. – Ho saputo che hai incontrato Harrison. Ti ha
raccontato tutto, vero?
–
Stiamo facendo il test, sì.
–
Ovviamente, mi aspetto di conoscere il
risultato. Spiegherebbe molte cose.
– Già.
– Sai,
ho sempre saputo che non eri mio
figlio. – Ammise, guardandolo con cattiveria. – Hai sempre avuto
qualcosa che
mi ricordava lui. Quel sorriso gentile che mette tutti a proprio agio.
Umanità
e scrupoli che sono letali nel mondo degli affari, ma che Harrison è
sempre
riuscito a sfruttare a proprio vantaggio, diventando milionario. Tu hai
i suoi
stessi scrupoli e stai ottenendo i suoi stessi risultati. – Sogghignò
maligno.
– Ma sei cresciuto come un Kinkade. L’istinto di ferire chi ti sta di
fronte
per ottenere ciò che vuoi, lo hai imparato da me, vero?
Jude
trasalì e si avvicinò ancora di più a
Miguel. Ricordava il giorno in cui, per proteggere Zero, aveva
minacciato
Jelena di farglielo portare via.
Ancora
se ne vergognava.
Il
giocatore si alzò in piedi, affiancando
il compagno in difficoltà. – Quando avremo i risultati del test, ti
manderemo
una email.
– Zero!
Complimenti per la stagione, una
delle migliori. Certe attività non inficiano il rendimento in campo,
come
invece pensavo.
– Al
contrario, – replicò con la stessa
cattiveria, – sono un allenamento extra.
–
Signor Kinkade? – Caty entrò
nell’ufficio accompagnata da due ragazzi della security. Nessuno aveva
notato
la sua assenza, ma Jude la ringraziò mentalmente.
– Non
c’è bisogno della scorta, me ne vado
da solo. – Disse Oscar, lasciando la stanza accompagnato dai ragazzi in
abito
scuro. – Ah, prima che mi dimentichi, ho chiesto che facessero il test di paternità anche tra me e te. Così, per toglierci ogni dubbio.
– Per
me va più che bene. – Sibilò,
rimanendo in silenzio mentre l’uomo veniva accompagnato all’ascensore.
– Stai
bene? – Domandò Zero, quando se ne
fu andato.
Jude
annuì, ma lasciò che lo abbracciasse.
– Quel
signore era il tuo papà? – Chiese
Miguel, più stupito che spaventato.
– Così
pare. – Gli accarezzò la testa. –
Finisci i compiti e andremo a prendere il gelato.
Miguel
annuì e riprese da dove aveva
lasciato.
Jude
tornò alla sua scrivania seguito da
Zero, che si sedé su un angolo a braccia incrociate.
Il
giovane ricominciò a organizzare
l’agenda, posando un braccio sulla sua coscia, a mo’ di ringraziamento.
–
Possiamo finire domani. – Azzardò Caty,
la colpa ancora incisa sul viso.
– Ti
ringrazio, ma non è un problema.
Tanto devo aspettare Miguel.
– C’è
un gelato con il suo nome sopra. –
Annunciò Zero, facendole l’occhiolino.
La
segretaria annuì con un lieve sorriso e
ricominciò a controllare l’agenda elettronica. – Questa settimana è
tranquilla.
Potremmo organizzarne due al giorno.
Jude
annuì. – Segui l’ordine di scadenza
dei contratti, così nessuno si offenderà.
Si
adagiò contro lo schienale della
poltrona e chiuse gli occhi. Sorrise appena sentendo la mano calda di
Zero
stringere la sua.
–
Finito. – Annunciò Miguel, passando il
quaderno a Jude, che fu ben lieto di avere una distrazione.
Controllò
con attenzione ogni passaggio e
alla fine gli sorrise orgoglioso. – Bravissimo. Ora raccogli tutto e
andiamo.
Un gelato doppio cioccolato non te lo toglie nessuno! – Mentre il
piccolo
riponeva tutto nel suo zaino, lui sistemò i suoi documenti nella sua
valigetta
nera. Prima di uscire, si rivolse alla segretaria. – Per cortesia,
avverti la
signorina Howard che Miguel è al bar con noi.
– Già
fatto, passerà a prenderlo tra
mezz’ora.
Jude la
ringraziò con un cenno del capo e
prese l’ascensore insieme a Zero e al piccolo.
Con
Jelena i rapporti erano freddi come
sempre, ma per amore del bambino evitavano di discutere in sua
presenza. Capitava
solo una volta a settimana, non era difficile fingersi cordiali per
pochi
minuti. Per Zero era più complicato, ma aveva imparato a dargli una
gomitata o
un pizzicotto per impedirgli di dire qualcosa di maligno. Gesti che si
faceva
perdonare in camera da letto, ovviamente.
– Stai
bene? – Sussurrò Zero, guardano il
piccolo che sedeva al bancone con la sua coppa gigante panna e
cioccolato.
– Non
proprio. Non vedo l’ora di tornare a
casa e fare la doccia.
Il
biondo annuì, comprensivo.
Ordinarono
due caffè, mentre Miguel
mangiava il suo gelato in tutta tranquillità.
Aveva
quasi finito quando arrivò Jelena.
– Ti
sei divertito? – Chiese al bambino,
che prontamente annuì.
– Sono
migliorato. Poi è arrivato il papà
di Jude che non sembrava come lui. Essere parenti non sempre significa
che le
persone si somiglino. – Ragionò il piccolo. – Jude è gentile e
paziente, ma il
suo papà aveva una luce cattiva negli occhi. No, non si somigliano per
niente. –
Decise, prendendo lo zaino. – Grazie Jude, ciao Zero! Ci vediamo
giovedì! – Li
salutò il piccolo, accettando la mano che Jelena gli porse.
– A
domani. – Borbottò lei, con un finto
sorriso.
Zero
diede al suo ragazzo una lieve pacca
sulla spalla. – Andiamo a casa. – Sussurrò gentilmente, guardandolo
nascondere
gli occhi lucidi dietro ad una ciocca di capelli. – Hai sentito? Anche
un
bambino sa che tu e Oscar non vi somigliate per niente.
–
Gideon. – Sussurrò, senza farsi sentire
da nessuno.
–
Accettalo. Non sei come lui. Non importa
ciò che puoi aver detto, conta solo ciò che fai. – Si mise al volante e
allacciò la cintura di sicurezza. – Arrivati a casa dovrò calcolare i
danni
fatti dalle due palle di pelo. Solo di scarpe mi stanno costando una
fortuna.
Jude
scoppiò a ridere mentre il giocatore
metteva in moto la Porsche.
Uscito
dalla doccia indossò velocemente un
paio di pantaloni della tuta e una maglietta a mezze maniche.
Quando
udì il suono del campanello scese
le scale giusto in tempo per vedere entrare Lionel, bellissima in un
tailleur
verde chiaro, con la gonna che le arrivava appena sopra al ginocchio.
La
guardò perplesso. La sua presenza aveva
solo una ragione: l’incontro con Oscar.
Zero
gli sorrise. – È la stessa faccia che hai
fatto quando
abbiamo scoperto che Devil è una femmina.
– Chi è
Devil?! Oh, per l’amore di Dio! –
Urlò l’attrice, quando una furia scatenata cercò di saltarle addosso. –
Jude!
Jude! Queste calze costano più di cento dollari! Jude!
Il
giovane si passò le mani sul viso,
cercando disperatamente di non scoppiare a ridere.
Raggiunto
il soggiorno, afferrò Devil
prima che riuscisse a saltare sull’amica.
– Zero,
vorresti prendere Logan, per
favore? – Gli chiese gentilmente. Nonostante il cane la stesse solo
annusando,
la donna continuava a lamentarsi.
– No, è
divertente vederla saltellare per
la stanza. – Jude si limitò a guardarlo con un sopracciglio alzato. –
Va bene,
va bene! – Brontolò il giocatore, afferrando con delicatezza il cane
più scuro.
– Da
quando avete bestie in casa?! Zero a
parte. – Domandò accaldata.
–
Grazie. – Commentò il diretto
interessato con voce incolore.
–
Prego. – Si passò una mano tra i lunghi
capelli castani. – Jude! Mi hai fatto correre su tacchi quattordici!
–
Perché stai incolpando me? – Volle
sapere sedendosi sul divano. – Sto anche sacrificando il mio viso per
te! – Le
fece notare, indicando Devil intenta a leccargli una guancia.
– Si
presuppone che tu sia quello maturo
della coppia. – Spiegò lei sedendosi ben lontana da loro.
– Non
lo trovo corretto, tu che ne pensi
Dev? – La cucciola scodinzolò. – Vedi? Mi sta dando ragione anche lei.
Non è
giusto.
Zero lo
affiancò, posando la testa sulla
sua spalla. Logan era molto più tranquillo e stava sonnecchiando tra le
sue
braccia.
– Hai
saputo, vero? – Arrivò subito al
punto.
– Ho le
mie fonti. – Lo guardò preoccupata.
– Come stai?
Scrollò
le spalle. – Non lo so. Sporco, credo. Ma
dopo aver
fatto la doccia mi sento meglio. È stupido?
– No,
capisco la sensazione. Ti ricordo
che ci andavo a letto.
– Che
schifo! – Esplosero i due uomini
all’unisono e con la medesima espressione disgustata.
– Ehi!
Non giudicate! – Protestò,
sistemandosi la giacca. – Cosa è venuto a fare all’Arena?
Jude
indurì i lineamenti del viso. –
Sputare un po’ del suo veleno, come al solito. E sono così stupido da
restarci
ancora male. – La sua tristezza fu percepita da Devil, che mugolò
contro la sua
guancia.
Zero le
sorrise. – Vedi? Anche lei ti sta
dicendo che non sei stupido, stupido.
–
Grazie tante. – Ironizzò.
– Sai
cosa intendo.
Jude
gli sorrise con dolcezza. – Lo so.
–
Piantatela di farvi gli occhi dolci.
Siete rivoltanti.
Il
biondo inarcò le sopracciglia. – Lascio
liberi i cani?
– Jude,
mi sta minacciando!
– Jude,
ci stava insultando!
– Dio,
che male ho fatto? – Il giovane
prese Logan dalle mani del suo ragazzo. – Loro devono fare il bagno,
voi due
arrangiatevi. Ciao Lionel, grazie per essere passata. – La saltò con
gentilezza, prima di salire le scale con i due cuccioli in braccio.
–
Sapevo che stava tramando qualcosa. –
Commentò Lionel. – Oscar non si è ancora rassegnato all’idea di aver
perso la
squadra.
–
Quello che mi fa rabbia è che riesca
ancora a ferirlo. – Ammise Zero.
– Un
tempo sarebbe stato peggio. Avrebbe
sanguinato per giorni, invece adesso ha solo bisogno di un cerotto.
– Ma il
taglio c’è.
–
Quello ci sarà sempre. È troppo
sensibile per il suo bene.
– Per
fortuna ha due come noi, con molto
pelo sullo stomaco.
– A
proposito di pelo, i tuoi cani mi
hanno rovinato le calze! – Sollevò una gamba, mostrando due smagliature
e
qualche pelo marrone e beige sparso qua e là.
– Per
lo meno non ti hanno leccata il
viso, è andata bene.
– Me ne
vado! – Annunciò, alzandosi
velocemente. Guardò la scalinata che conduceva al piano superiore. –
Strano che
l’abbia voluta.
– Cosa?
– La
scala. – Spiegò. – Le odia, eppure eccola
lì. Forse sta affrontando i fantasmi del passato.
– Non
so di cosa tu stia parlando.
Lei
inarcò le sopracciglia. – Non te l’ha
detto. – Abbassò il tono della voce. – Jude era alle medie ed era
appena
entrato nella squadra di baseball della scuola. Quando Oscar lo ha
saputo ha
dato di matto. Gli disse che per il proprietario di una squadra di
basket avere
il figlio che giocava a un altro sport era inaccettabile. Litigarono e
non so
di preciso cosa sia accaduto. Forse è inciampato o forse Oscar lo ha
spinto,
comunque Jude cadde dalla scala e si ruppe il braccio sinistro.
Legamenti lesi
e carriera sportiva finita prima ancora di cominciare.
– Per
questo si tocca il braccio quando
cambia il tempo. – Sussurrò Zero più a se stesso che a lei.
–
Motivi per odiare Oscar ne ho a
sufficienza. Ora devo andare. Se succede qualcosa, voglio saperlo.
Rimasto
solo, Zero non poté impedirsi di
provare un moto di disgusto per Oscar. Avrebbe voluto prenderlo a pugni
per
tutto quello che aveva fatto all’uomo che amava.
–
Devil, no!
Il
grido disperato di Jude lo costrinse a
salire di corsa al piano superiore.
– Non
ci credo! – Scoppiò a ridere
trovandolo steso per terra completamente bagnato con Logan sul suo
stomaco e
Devil, ancora insaponata, che saltellava per la camera da letto.
– Non
so come ci siano riusciti, ma hanno
quasi ribaltato la bacinella. Ho cercato di prenderla, ma…
– Sei
finito col sedere per terra. – Finì
per lui, aiutandolo ad alzarsi. – Cambiati i vestiti o ti verrà un
malanno, penso
io a questi due. – Disse, prendendo in braccio il cane marrone.
Jude si
guardò increspando la fronte. –
Sembro un pulcino bagnato. – Borbottò sfilandosi la maglietta.
– Oh,
credimi, fossimo soli ti avrei già
sbattuto sul letto. – Disse, asciugando Logan con un panno pulito.
Jude
arrossì. – Te l’ho detto, con loro
che ci guardano non riesco!
– Voi
due avete distrutto la mia vita
sessuale! – Brontolò afferrando Devil prima che scivolasse contro la
cassettiera.
Il
giovane Kinkade gli sorrise. – Una
volta asciutti, potremmo sempre lasciarli qui in camera con la porta
chiusa,
mentre io e te potremmo fare una doccia insieme. – Suggerì guardandolo
ancora a
torso nudo.
Zero
gli rivolse un sorriso predatore. – Il
mio stratega preferito!