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Autore: Roscoe24    08/01/2018    5 recensioni
"Era fortemente convinto che Lewis avesse abbastanza emotività per entrambi. Magnus li definiva una coppia perfetta: diceva che Simon era empatico, solare e affettuoso, mentre lui era distaccato, freddo e metteva paura con una sola occhiata. Magnus, in definitiva, era sempre gentile nei suoi confronti."
> Saphael con accenni Malec
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Raphael Santiago, Simon Lewis
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Simon Lewis era, per definizione, un ragazzo logorroico.
Raphael aveva perso il conto delle volte in cui, in anni di conoscenza, aveva desiderato afferrare il suo candido collo sottile e stringerci le mani intorno fino a soffocarlo. Almeno, pensava ogni volta, in quel modo la sua diarrea verbale sarebbe cessata – per la gioia delle sue orecchie.
L’unica cosa che fermava Raphael Santiago da commettere un omicidio, era il fatto che la persona che portava la sua pazienza al limite e gli faceva roteare gli occhi fino a farli entrare nella scatola cranica, era anche uno dei suoi migliori amici.
Dopo Magnus, ma questo lo diceva solo in presenza dell’orientale perché sapeva che adorava sentirselo dire. Se fosse vero o meno, Raphael non l’avrebbe mai detto.
Era stato un incontro particolare, quello tra Simon e Raphael. Qualche anno prima, all’inizio del suo terzo anno di college, aveva bussato alla porta della sua stanza un ragazzo magrolino, con degli occhiali troppo grossi per il suo viso smunto e l’aria curiosa. Raphael era convinto che, come tutti i suoi compagni di stanza avevano fatto prima di lui, anche quella specie di Milo (*) sarebbe fuggito a gambe levate, davanti alla sua cronica irascibilità.
“Ciao!” Aveva esordito sorridente, con un enorme zaino in spalla. Raphael si era chiesto come fosse possibile che la sua schiena non venisse spezzata sotto un peso simile. “Io sono Simon. Tu sei…?”
“Qualcuno a cui non interessa sapere chi sei.”

Non poteva farci niente, gli veniva naturale allontanare le persone ancora prima che queste provassero ad avvicinarlo. Non era colpa sua se aveva avuto una vita difficile, un padre assente e una madre che piangeva tutte le notti, convinta che il maggiore dei suoi figli non la sentisse, per essersi innamorata di un uomo che non ricambiava in nessun modo il suo sentimento. Se non ti affezioni a nessuno, nessuno può ferirti. E Raphael aveva fatto di quella convinzione il suo motto di vita, allontanando chiunque e tenendo le distanze da qualsiasi persona gli capitasse di incontrare sul suo cammino.
Magnus, suo amico di infanzia, l’unico con il quale questa regola non valesse, lo rimproverava sempre che a cinquant’anni si sarebbe trovato solo e infelice. Raphael, per tutta risposta, gli diceva che era già infelice, dal momento che doveva costantemente avere a che fare con lui e le sue stramberie.
“Ti hanno avvelenato il latte?” Simon era entrato senza farsi scoraggiare da quella brusca accoglienza.
“Io non bevo latte.”
“E cosa ingurgiti? Sangue umano? È per questo che sei così cordiale?”

Raphael aveva serrato le mascelle, il sarcasmo non gli era mai piaciuto. O meglio, gli piaceva essere sarcastico con le persone, ma non gli piaceva ricevere sarcasmo.
“Potrei cominciare bevendo il tuo.”
“Basta che non mi uccidi mentre dormo, stanotte. Sarebbe troppo banale.”

Raphael, gli occhi scuri colmi di una buona dose di irritazione, aveva guardato Simon aggirarsi per quella che era la sua stanza. Il ragazzo si guardò intorno, trovando il materasso spoglio assegnato a lui. Era quello vicino alla finestra, lo stesso che Raphael aveva evitato per anni perché detestava la luce che al mattino filtrava dalle tende e gli invadeva gli occhi, dandogli l’impressione di sciogliergli i bulbi oculari. Sorrise, con una punta di sadismo che sapeva Magnus gli avrebbe rimproverato, al pensiero che il novellino dalla lingua lunga avrebbe subito quel destino ogni mattina e, all’improvviso, si sentì meglio.
“Tu cosa studi?”
“Medicina legale.”
“Ma davvero?”
“Vuoi che ti uccida per dartene una dimostrazione?”

Simon strizzò gli occhi, scuotendo la testa. “Si può sapere che hai che non va?”
Raphael serrò la mascella, i denti che cozzarono gli uni con gli altri, mentre i suoi occhi scuri e vispi continuavano a scrutare la figura di quel ragazzo che non sembrava per nulla intimorito dalla sua presenza. Non come gli altri, almeno. Di solito, a questo punto, tutti i suoi ex coinquilini si erano chiusi nel loro mutismo e gli lanciavano occhiate guardinghe, come se si aspettassero da un momento all’altro di finire con la gola squarciata. Questo Simon, invece, sembrava più che altro… incuriosito. Il che era parecchio strano. Ancora più strano, comunque, era il fatto che Raphael fosse incuriosito da Simon, lui che generalmente guardava gli altri con sufficienza, trovandoli noiosi e fastidiosi da principio.
Non che Simon non fosse fastidioso, certo, ma non poteva definirlo un tipo ordinario. Era una specie di grosso mistero. E Raphael aveva cominciato a sentire, in un angolo remoto del suo cervello, la voglia di risolverlo.
“Un cuore arido e l’emotività di un cucchiaio.”
“Ammettere di avere un problema è il primo passo verso la sua risoluzione.”
“Dios, cállate.”
 Raphael lo superò, dirigendosi verso la propria scrivania, dando in quel modo le spalle a Simon e concentrandosi sul libro che stava studiando prima che quel ragazzino lo interrompesse.
“Il fatto che tu dica cose in spagnolo non vuol dire che non possa intuirne il significato dalla tua intonazione!”
Raphael alzò gli occhi al cielo, mordendosi la lingua per evitare di rispondergli che, se aveva risposto, era perché, nonostante la sua intonazione, non avesse capito proprio niente. Ma aveva l’impressione che portando avanti quel teatrino, Simon avrebbe continuato a riempire il silenzio della stanza con la sua voce assillante, quindi decise di ignorarlo, lasciando che capisse l’antifona e decidesse di dargli tregua.

Raphael non pensava spesso al primo incontro avuto con Simon, semplicemente perché non era il tipo che faceva certe cose. Erano cambiate molte cose nel corso della sua vita, ma una costante era rimasta la sua assente emotività. Era Simon quello che piangeva durante ogni film che andavano a vedere, non lui. Era fortemente convinto che Lewis avesse abbastanza emotività per entrambi. Magnus li definiva una coppia perfetta: diceva che Simon era empatico, solare e affettuoso, mentre lui era distaccato, freddo e metteva paura con una sola occhiata. Magnus, in definitiva, era sempre gentile nei suoi confronti.
Non gli aveva mai dato torto, comunque, perché c’era un fondo di verità nelle sue parole. Simon era davvero come lo descriveva Magnus, ma loro non erano una coppia. Erano amici. Se con gli anni, poi, Raphael avesse cominciato ad odiare quella parola, era un altro discorso. Per uno emotivamente arido come lui, ammettere a se stesso di essersi innamorato di Simon era stato più spiacevole della prospettiva di ricevere un calcio in piene palle, ma con gli anni – e con Magnus come grillo parlante – aveva accettato il suo destino: si era innamorato del ragazzo magrolino e logorroico che sei anni prima aveva varcato la soglia della sua stanza ed era riuscito a sfondare quel muro di distaccata freddezza che difendeva il cuore di Raphael. Non sapeva bene cosa potrebbe essere stato. Forse il suo modo gentile di fare, o il fatto che, nonostante Raphael riuscisse a raggiungere livelli altissimi di stronzaggine, Simon non si era mai allontanato, nemmeno quando gli aveva detto quelle cose orribili sul fatto che essere innamorato della sua migliore amica, che mai l’avrebbe ricambiato, era la cosa più patetica di questo mondo. Oh, se solo Simon avesse saputo quanto in realtà era geloso della pel di carota, che attirava tutte le attenzioni di quegli occhi color nocciola che facevano fare le capriole al cuore impietrito di Raphael.
Era uno stupido, comunque.
Simon lo vedeva e sempre l’avrebbe visto come il suo migliore amico. E… be’, adesso era lui quello patetico.
“Rafe?”
La voce di Magnus gli fece alzare lo sguardo dalla sua figura elegante, riflessa nello specchio intero della sua camera, per portarlo sull’amico.
“Sei pronto?”
Raphael si voltò. “Sì.” Si lisciò le pieghe della giacca bordeaux che indossava. E poteva essere visto come un puro caso che per la serata speciale di Simon, lui avesse scelto proprio il completo che il ragazzo gli aveva regalato per il suo ultimo compleanno. Poteva, certo, ma non agli occhi di Magnus.
“Rafe…” cominciò cauto l’orientale. “Quando ti deciderai a dirglielo?”
“Non so di cosa stai parlando.” Il ragazzo si sistemò la camicia nera sotto alla giacca, sbottonando il primo bottone. Niente cravatta, grazie al cielo. Raphael odiava le cravatte e, se Dio vuole, Simon aveva fatto in modo che per la presentazione ufficiale del suo primo romanzo, l’abbigliamento fosse sì elegante, ma abbastanza casual da non obbligare nessuno a dover tenere un specie di cappio al collo.
“Preferisci continuare a fare finta che sia tuo amico e basta?”
“Tu l’hai fatto per anni con Alec.”
“Il fatto che tu prenda d’esempio l’uomo che tra poco più di tre settimane sarà mio marito, la dice lunga su come vedi Simon.”
Raphael cercò di non guardare l’anello di fidanzamento che brillava all’anulare sinistro di Magnus, inutilmente. Alec sapeva di certo come fare una proposta. Era stato così disgustosamente romantico che Magnus si era messo a piangere. Si era inginocchiato davanti a Magnus, parlandogli prima di come adorasse averlo nella sua vita, di quanto lo rendesse un uomo migliore. Aveva accennato al fatto che, prima di essere il suo unico e vero amore, era il suo migliore amico, la persona di cui più si fidava al mondo. Raphael aveva dovuto distogliere lo sguardo, ritrovandosi fin troppo nelle parole di Alec, che aveva il privilegio di possedere qualcosa che lui avrebbe voluto, ma che sempre gli sarebbe stato negato.
“Il fatto che io lo ami,” sussurrò a denti stretti Raphael – detestava quando Magnus sapeva leggergli dentro, “Non significa che lui ami me.”
Magnus fece un passo verso di lui, una mano tesa ad accarezzare la guancia del ragazzo più giovane. Raphael non si scostò, ma si irrigidì visibilmente. Il contatto umano non era il suo forte, a meno che, ed era estremamente irritante ammetterlo, non venisse da Simon.
“Non lo saprai mai, se continui a tenerlo nascosto. Se non avessi mai trovato il coraggio di confessare ad Alexander che lo amavo, adesso passerei ancora le mie giornate al telefono con Catarina ad assillarla su quanto siano belli i suoi occhi.”
Raphael, nonostante tutto, contrasse il viso in una smorfia che doveva assomigliare ad un sorriso. Accennato, ma pur sempre un sorriso. “Catarina è una santa.”
“Dimmi qualcosa che non so, hermano.
Raphael sbuffò una risata. “Sei fastidioso come pochi al mondo, Bane.”
“Sono tra i pochi al mondo che ti sopportano, Rafe. Uno di questi è Solomon. Dovresti trovare un modo per tenertelo stretto, non trovi?”
“Simon, Magnus. Il suo nome è Simon.”
Magnus lo liquidò con un gesto incurante della mano, lanciandosi un’occhiata allo specchio prima di voltarsi elegantemente e lasciare la stanza dell’amico.
Raphael rimuginò sulle parole di Magnus. Aveva due opzioni da considerare. La prima: continuare a celare i suoi sentimenti per Simon, lasciandosi corrodere dalla gelosia e tramando i piani più subdoli per fare in modo che il suo partner di turno – uomo o donna che fosse – scappasse a gambe levate (e, davvero, Raphael aveva perso il conto delle volte che aveva terrorizzato gli ex di Simon), o poteva cominciare a comportarsi da persona normale e confessare i suoi veri sentimenti.
Non era una scelta così scontata come poteva sembrare, in realtà. Sospirò. “Tu sia dannato, Magnus Bane!” imprecò, mentre si dirigeva verso l’uscita della sua camera e, di conseguenza, della sua stessa casa. Non avrebbe mai ammesso che stava dando ragione a Magnus e che avrebbe seguito un suo consiglio, almeno per una volta. Aveva una reputazione da difendere, lui.

Simon aveva scritto un libro fantasy, il primo di una serie di sei, che parlava di una ragazza che scopre di essere per metà angelo solamente quando compie diciotto anni. Dopo quella scoperta, e aver casualmente trovato l’amore della sua vita, mezzo angelo anche lui, la ragazza dovrà affrontare una serie di peripezie, scontrandosi con un uomo malvagio che ha come unico scopo quello di distruggere chiunque non avesse sangue angelico. Simon si era impegnato a creare tutto un mondo fantastico: i mezzi angeli, i mezzi demoni – stregoni, fate, lupi mannari, vampiri. Per uno di questi ultimi, Simon gli aveva confessato di essersi ispirato proprio a lui. “È tenebroso e affascinante, proprio come te. Sembra scontroso, ma in realtà è buono.”
Raphael aveva cercato di non concentrarsi troppo sul fatto che Simon l’avesse definito affascinante. “Mi dovrò leggere tutte le tue bozze e darti un parere?”
“Dovrai. È il minimo che puoi fare, dopo essere finito nel mio libro.”
“Non te l’ho chiesto io.”
“Andiamo, Raf. Fallo per me.”

Oh, le cose che avrebbe fatto per lui erano davvero tante. Per questo si era trovato, nell’anno precedente, a dormire si e no un’ora a notte perché Simon lo chiamava in preda al panico per avere un parere sul nuovo capitolo appena scritto. Si precipitava nella sua stanza – perché dopo il college avevano continuato ad essere coinquilini – e saltava sul suo letto, incurante del fatto che ogni dannatissima volta le sue ginocchia finivano contro le sue gambe, schiacciandolo. Raphael, dopo avergli lanciato un’occhiataccia, si spostava di lato e lasciava che Simon si sdraiasse accanto a lui nel proprio letto. Dopodiché, il ragazzo gli porgeva le pagine appena stampate e attendeva, mangiucchiandosi un’unghia, il verdetto di Raphael. Simon aveva una dote innata per la scrittura, quindi finiva sempre con dirgli la stessa cosa: “Mi piace, Simon. È intrigante e ben scritto.”
Il sorriso che illuminava il viso di Simon valeva tutte le ore passate insonni. Prima di incontrarlo, detestava qualsiasi cosa fosse fantasy, ma stando con lui, vivendo con lui, quel genere letterario era diventato uno dei suoi preferiti. Dio, a volte a stento si riconosceva. Simon lo ammorbidiva, riusciva a toccare corde del suo essere che anche lui stesso si era dimenticato di avere. Era uno dei motivi per cui lo amava: Simon lo lasciava essere se stesso, ma al tempo stesso, riusciva a creare una migliore versione di lui. Ed era una cosa estremamente rara, soprattutto perché, nel tempo, erano state davvero pochissime le persone che erano riuscite ad affezionarsi a lui, nonostante il suo carattere scontroso.
“Sei qui! Dio, Raphael, ti ho cercato ovunque!” il suo cuore sussultò non appena riconobbe quella voce. Si voltò, cercando di mantenere la sua solita espressione di neutro distacco. Simon aveva i capelli sparati in ogni direzione, un velo di delicato sudore copriva la sua fronte. Cercò di non indugiare troppo sulle clavicole che venivano lasciate scoperte dai primi due bottoni sbottonati della camicia bianca che indossava. Sapeva cosa celava, quella camicia. Si era cambiato la maglietta davanti a lui non si sa quante volte, durante tutti gli anni della loro convivenza e, sebbene Simon sembrasse minuto, era tutta un’impressione. Era quel genere di nerd-hot che non ti aspetteresti, con gli addominali definiti e il sorriso impacciato. Quel genere di mistura che lo rendeva… beh, interessante al punto da attirare tutte le attenzioni di Raphael, fisiche e mentali. Non che l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, comunque.
“Sono sempre stato qui. Sei tu che sei sparito.” Per andare a ballare con Maia. Ma questo se lo tenne per sé. Non aveva diritto di essere geloso, giusto? Il fatto che il suo carattere lo portasse ad essere estremamente possessivo, non gli dava il diritto di mostrarsi come tale nei confronti di qualcuno che altro non era che un suo amico.
O forse no?
“Vuoi bere?” gli domandò, avvicinandosi. Raphael riusciva ad immaginarsi i fiumi di alcol che Simon, in preda all’euforia del successo avuto dal suo libro, aveva già consumato. Vodka, con ogni probabilità. Quella era l’unica che riusciva davvero a sciogliere i freni inibitori di Simon, riducendolo ad un grumo di iperattività.
“No, pare che tu abbia bevuto per entrambi, bisoño.”
Simon corrugò la fronte, le sopracciglia schizzarono al centro di essa, formando una ruga di disappunto. “Non mi piace quando mi chiami così. Non sono più un novellino.”
Raphael sorrise, ma avrebbe preferito amputarsi le mani anzi che ammettere che lo trovava tenero, da brillo. “Sì che lo sei.”
Simon non parlò per un po’, rimanendo a fissare Raphael, che a sua volta continuava a fissare Simon, leggendo nel suo viso una strana espressione. “Stai bene?” gli domandò, quindi, preoccupato che l’alcol potesse in qualche modo aver danneggiato le sue funzioni cerebrali.
Simon parve rinsavire, come se fosse stato svegliato da una trance improvvisa. “Certo, certo. Solo che… è strano vederti sorridere.”
“Io sorrido sempre.” Con te.
Simon rise dal naso e appoggiò una mano sulla spalla di Raphael. Il messicano decise di non prestare troppa attenzione al fatto che quel contatto si stava protraendo un po’ troppo per essere casuale. Come cercò di non prestare attenzione al fatto che la mano di Simon stesse lentamente risalendo fino al suo viso.
“Tu non ridi mai, Raf. Ma dovresti farlo più spesso.” Simon cominciò ad accarezzargli una guancia con il pollice.
Si stava avvicinando? Sì, si stava decisamente avvicinando al suo viso. I loro nasi si stavano sfiorando e Raphael aveva una mezza idea di quello che stava per succedere. Poteva essere l’alcol, a parlare, era vero. Ma se non ci fosse stato un desiderio di fondo, Simon non si sarebbe comportato così, giusto? Non l’avrebbe guardato in quel modo, adesso, come se altro non aspettasse di sentire che sapore avessero le labbra di Raphael pigiate sulle proprie. Di certo, il sud americano se l’era chiesto tante volte. Si era sempre chiesto come sarebbe stato baciare Simon, sentire che sapore avesse, se le sue labbra fossero davvero morbide come sembravano. Deglutì. La mano di Simon non si era mossa e il suo respiro si era fatto accelerato, mentre i suoi grandi occhi nocciola, privi di occhiali quella sera, continuavano a vagare sul viso del maggiore, alternando uno sguardo dagli occhi alle labbra, dove poi si fermarono.
“Simon…”
“Mh?” l’altro si passò la lingua sulle labbra, nervoso, mentre continuava a fissare la bocca piena di Raphael. Fu un gesto, quello, che bastò a mandare all’aria tutto il controllo del maggiore. Non gli importava più di niente. Tutti i suoi dubbi vennero spazzati via nell’esatto momento in cui appoggiò le sue labbra a quelle di Simon, facendolo indietreggiare fino a che non lo schiacciò contro il muro dietro di lui. Non gli importava se in quel modo si sarebbe esposto, gettando nel cesso anni di amicizia. Era stanco di essere solo suo amico. Ne aveva piene le palle di dover lanciare sguardi truci alle persone che si avvicinavano a Simon, al Pandemonium, con l’intento di provarci con lui. Simon era suo, punto. Era stanco di dover ascoltare le storie di come Simon incontrava le persone con cui sarebbe uscito e che, inevitabilmente, gli avrebbero spezzato il cuore. Lui non gliel’avrebbe mai spezzato. E non avrebbe più permesso a nessuno di farlo.
Le mani di Simon, che si allacciarono alla sua nuca, spingendolo più verso di sé, gli fecero perdere il filo dei suoi pensieri: non lo stava respingendo, stava rispondendo al bacio. E, Cristo, era davvero buono come se l’era immaginato. Le sue mani si intrufolarono avide dentro la camicia del minore, mentre faceva aderire i loro corpi, che andarono ad incastrarsi in maniera perfetta: Simon allargò le gambe per fare in modo che Raphael riuscisse a sistemarsi al meglio. Non c’era niente di loro che non era in contatto e, contro le aspettative dell’intera umanità, probabilmente, Raphael si trovò a sorridere sulle labbra di Simon, confermando il fatto che solo lui riuscisse a fargli quell’effetto.
“Sei più bello quando sorridi.” Gli disse Simon, quando si staccò da lui. La fronte appoggiata alla sua.
“Risparmiami queste smancerie, bisoño.”
“Non ti risparmio un bel niente. Ci hai messo sei anni a capire di provare qualcosa per me.”
“Lo sapevi?” ringhiò Raphael, interrompendo il contatto.
Simon scrollò le spalle. “Non ne ero sicuro. Avevo paura che se ti avessi detto di essermi innamorato di te, mi avresti riso in faccia. O strappato il cuore a morsi. Sai essere piuttosto plateale, se ti impegni.”
“Sei un cretino, Lewis.” strinse la mascella, ma non riuscì comunque a trattenere quel sorriso che le parole innamorato di te gli provocarono.
“Ma ti piaccio lo stesso. Sei tanto tenero, Raf.”
“Dillo in pubblico e ti spezzo le braccia.” Gli puntò un indice al petto, ma in realtà era una scusa per toccarlo. Adesso che poteva, l’avrebbe fatto ad ogni occasione che gli capitava a tiro.
Simon mise su un finto broncio. “Vuoi dire che non mi terrai mai per mano, quando usciremo?”
“Il tuo sarcasmo mi irrita.”
Simon rise e avvicinandosi al viso di Raphael, lo baciò di nuovo. “Sei un bugiardo. Adori il mio sarcasmo.”
Raphael roterò gli occhi al cielo. Avere a che fare con Simon era davvero difficile, gli faceva saltare i nervi e metteva a durissima prova la sua pazienza, ma sapeva anche farlo sentire in pace con se stesso e con il mondo. Quindi andava bene così.
“Interrompo qualcosa?”
I due si voltarono verso la fonte di quella voce. Magnus, con un drink in mano e un impeccabile completo verde smeraldo, li guardava con uno strano luccichio negli occhi, come se avesse intuito tutto. E se il suo sguardo non fu abbastanza eloquente, lo fu l’occhiolino che riservò a Raphael.
“Chiedilo a Raphael.” Disse Simon, trovando l’occhiata glaciale che l’altro gli riservò parecchio divertente.
“Ti sei finalmente deciso, Rafe?” Magnus portò il suo drink alle labbra, celandoci dentro un sorriso vittorioso.
“Sì.” Grugnì l’altro, serrando la mascella.
“Sono felice di saperlo, hermano. Dico davvero. Era ora che lo capiste! Io e Alexander abbiamo anche scommesso-”
“Tu che cosa hai fatto?” tuonò Raphael, facendo ridere Simon. Non riusciva davvero a prendersela per le parole di Magnus perché l’espressione stranita sul viso di Raphael era troppo divertente: i suoi occhi neri erano spalancati per l’affronto subito e poteva giurare di vedere un leggero rossore colorargli le guance olivastre.
“Scommesso!” disse l’altro con semplicità, per nulla turbato dalla reazione turbolenta del messicano. “Alexander!” chiamò poi, attirando l’attenzione di Alec, che attraversò tutto il loft di Magnus, dove si stava tenendo la festa per Simon, e si incamminò verso di loro, raggiungendo l’angolino dove erano appartati. Aveva abbandonato la sua giacca grigia, rimanendo solo con la camicia blu notte arrotolata fino ai gomiti. Magnus indugiò un attimo sui suoi avambracci nudi con ingordigia, prima di parlare. “Ci sono delle novità, amore.”
“Del tipo?”
Raphael si fece livido. Se gli sguardi avessero potuto uccidere, avrebbe trafitto Magnus all’istante. E lui che si era anche fidato, raccontandogli i suoi timori e confessandogli cosa provava veramente per Simon!
Tutti amici finché non ti pugnalano alle spalle.
“Rafe e Simon hanno finalmente deciso di smettere di fingere di non volersi saltare addosso!”
Alec allargò gli occhi, voltandosi verso Simon. “Davvero??”
L’interessato annuì.
“Ti prego, dimmi che l’hai baciato tu, per primo.” Lo supplicò quasi Alec e Simon si sentì in colpa a negare.
“Lo sapevo!” disse vittorioso Magnus. L’orientale si sporse verso il messicano per stringerlo in un abbraccio che Raphael ricambiò solo con una pacca sulla spalla. Era ancora arrabbiato con lui per la faccenda della scommessa.
Alec, invece, sbuffò sconfitto. “Sappi che mi hai appena condannato a morte, Simon.”
“Non esagerare, amore mio.” Lo rimbeccò Magnus, le labbra tese in un sorriso.
“Dovrò sposarmi in una sala arancione, adesso! Arancione, Simon. Arancione!” Alec alzò le braccia al cielo e si allontanò dal gruppo, sconfitto.
“Lo stress lo rende melodrammatico. Adesso, se volete scusarmi…” Magnus lasciò la frase sospesa, mentre indietreggiava, guardando i due con orgoglio. “Fate presto, di là vogliono fare un brindisi per te.” Ammiccò a Simon, prima di voltarsi e raggiungere Alec.
Simon e Raphael si scambiarono uno sguardo intenso, carico di tutti quei significati nascosti che si erano tenuti dentro in tutti quegli anni. Nessuno dei due proferì parola riguardo ad un possibile pentimento perché entrambi sapevano che nessun dei due si era pentito di quello che avevano fatto.
“Raf?” spezzò poi il silenzio Simon, senza lasciare un attimo le iridi scure dell’altro. Raphael non rispose, ma Simon sapeva di avere la sua completa e totale attenzione. Ed era una sensazione che gli faceva attorcigliare le budella. “Non ho capito, ma quindi, tu, sei innamorato di me?”
Lo sapeva, ma non gliel’aveva ancora sentito dire. E Simon moriva dalla voglia di sentirselo dire. E anche di stuzzicare Raphael, che avrebbe preferito camminare sui carboni ardenti, piuttosto che parlare apertamente dei suoi sentimenti. Era una cosa un po’ sadica, lo sapeva, ma voleva sentirselo dire, almeno una volta. Poi avrebbe trovato un modo per farsi perdonare – anche se una mezza idea già l’aveva.
“Certo che ti amo, idiota.”
Simon sorrise e Raphael, nonostante i suoi sforzi, non poté far altro che imitarlo.



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Della serie: non sapevo di shippare Saphael fino a quando non ho fatto un rewatch della prima stagione e ho fatto un giro su Tumblr con il tag Saphael. Sono shippabili e la parte di me che non è Sizzy sfegatata, è riuscita a vedere un legame particolare tra questi due, che si è trasformato in questa dose di fluff demenziale. Perdonatemi, ma non ho resistito.
Se volete, potete incolpare la chimica che c’è tra David ed Alberto, ma non credo servirà a molto, quindi mi prendo piena responsabilità di tutto ciò.
Ringrazio chiunque abbia deciso di arrivare fino alla fine, scegliendo di dare una chance a questa piccola shot. Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
Alla prossima! :D

(*) Milo è il protagonista di Atlantis – l’Impero Perduto! 

   
 
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