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Autore: Nana_13    11/01/2018    1 recensioni
"...È successo tutto così in fretta che non so spiegarmi come diamine abbiamo fatto a ritrovarci in questa situazione. Vorrei solo aver dato retta alle mie amiche e rinunciato a questa stupidaggine. Potevamo passare una normalissima serata in tutta tranquillità e invece mi sono dovuta impuntare. Per cosa poi? Non lo so nemmeno io.
E adesso che forse sto per morire ho un solo pensiero che mi rimbalza in testa: non saremmo mai dovuti venire qui."
Questi furono i pensieri di Juliet la sera del ballo dell'ultimo anno. Lei e le sue amiche avevano creduto di passare una serata alternativa andando a quella festa, senza avere ancora idea del guaio in cui si stavano cacciando.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 23

 

Nella tana del drago

 

Mary camminava a passo svelto dietro a Carlos, mentre Benedict la seguiva subito dopo con in spalla la ragazza svenuta. Aveva smesso di piovere, anche se il terreno era ridotto a un pantano e lei non sapeva dove mettere i piedi. Per fortuna, non mancava molto al portale. 

Era soddisfatta del modo in cui erano andate le cose, ma quasi le dispiaceva di essersi persa la faccia di Dean mentre leggeva il biglietto che gli aveva lasciato. Era certa che quella sua piccola intromissione non gli avesse fatto piacere e il solo pensiero di vederlo infuriato la eccitava da morire. Un po’ meno vedere infuriato Nickolaij, ma stavolta ne sarebbe valsa la pena. Infatti, nonostante le avesse ordinato di tornare subito a riferire, non si era attenuta al piano e aveva preferito continuare a seguire Dean. 

Nei giorni precedenti le era parso di capire che il suo controllo sugli umani si stesse indebolendo sempre di più e così aveva deciso di dargli una piccola spinta. Non voleva che sfigurasse agli occhi di Nickolaij, non riuscendo a portare a termine la missione e perdendo così la fiducia del loro signore. Inoltre, in quel modo avrebbe potuto finalmente osservare con i propri occhi quegli umani tanto desiderati e capire cosa avessero di tanto speciale. 

Un fruscio sinistro e un violento scuotere di rami li mise in allerta e subito Carlos si parò davanti a lei per proteggerla. Non che ne avesse bisogno, ma in quanto pupilla di Nickolaij non poteva correre rischi. 

Attesero immobili, finché una figura vestita di nero come loro non sbucò dai cespugli.

“Milady!” 

Si rilassarono non appena videro che era Connor, di ritorno dalla fattoria coperto di schizzi di sangue. 

Mary non si preoccupò di chiedergliene il motivo. “Ah, sei tu.” constatò in tono annoiato. “Pensavo ti fossi perso.”

“Chiedo perdono, Milady, ma…”

“Ebbene?” gli domandò, interrompendo le sue inutili scuse. L’unica cosa che le interessava era sapere se avesse adempiuto al suo compito: attirare Dean nel fienile e assicurarsi che capisse la situazione. 

“Tutto come previsto.” confermò il vampiro, sfoggiando un ghigno soddisfatto. “Dopo il nostro scambio di vedute, è corso subito al fienile e dalla faccia che ha fatto quando ha visto il vostro biglietto…” 

Le labbra di Mary si incurvarono leggermente in un sorrisetto compiaciuto. “Splendido.” L’ordine di Nickolaij era di portare quei ragazzi a Bran e di portarglieli vivi, e conosceva Dean troppo bene per non immaginare che, con Connor in giro, avrebbe fatto di tutto pur di non compromettere la missione. “E gli umani?”

“Arriveranno presto.” Connor fece un cenno in direzione della ragazza. “Lei sembra essere importante.”

 “Sarà meglio muoversi allora.” Senza aggiungere altro, lasciò che Carlos la precedesse e si diressero di nuovo verso il portale, il cui ingresso ormai si intravedeva in lontananza. 

Una volta sulla soglia, gli altri entrarono per primi, mentre Mary attese ancora un istante. Si voltò indietro, verso il sentiero da cui erano venuti e dentro di sé sperò che Dean fosse già sulle sue tracce; poi, dopo una rapida occhiata al cielo ancora carico di pioggia, entrò.

 

-o-

 

“Quindi eri d’accordo con loro fin dall’inizio!” esclamò Rachel fuori di sé. Già sapere di Juliet rapita e dei Weaver uccisi era stato un colpo, ora le veniva addirittura a raccontare che quel viaggio non era stato altro che una trappola ben escogitata per finire catturati da un’orda di vampiri? Quella storia stava decisamente rasentando la fantascienza.

Dean emise un sospiro e abbassò lo sguardo, all’evidente ricerca di una giustificazione. “Sì…” confermò, affrettandosi a chiarire il resto, prima che l’espressione indignata di Rachel si trasformasse in parole. “All’inizio lo ero, ma poi è cambiato qualcosa. Stavo pensando di raccontarvi la verità già da un po’…”

“Certo, è comodo dirlo adesso!” ribatté lei incredula, sforzandosi di guardarlo in faccia nonostante il suo aspetto inquietante. “E magari pretendi pure che ti crediamo.”

“Invece di pensare a questo, possiamo concentrarci sul fatto che Juliet è stata rapita?” intervenne Mark, facendoli ragionare sulla priorità del momento. “Dovremmo rientrare in casa e chiamare la polizia…”

“Scordatelo! Non esiste che io torni là dentro.” si oppose Claire risoluta.

“E che cosa racconteresti ai poliziotti?” obiettò Rachel, parlandole sopra. “Buonasera, la nostra amica è stata appena rapita da un gruppo di vampiri assetati di sangue, potete mandare una volante?”

Lui ci rifletté un istante, riconoscendo che avesse ragione. “Beh, in effetti…”

A quel punto, Cedric propose l’unica alternativa rimasta. “Quindi, non ci resta altro da fare che inseguirli.”

“Inseguirli dove?” ribatté lei. “Non abbiamo idea di dove stiano andando.”

“Alla baita.” rispose Dean secco. 

Cedric lo guardò con finta sorpresa. “Ma non mi dire. Esattamente nel posto in cui volevi portarci tu.” osservò sarcastico.

“Si può sapere perché questa mania della baita? Che diavolo c’è là dentro?” Claire sentiva il cervello scoppiarle, mentre tentava di capirci qualcosa in più.

Dean parve soppesare le parole, prima di rispondere. “Un portale.”

Per la seconda volta il silenzio scese sui presenti, mentre ognuno cercava di elaborare quanto appena sentito.

“Un portale?” Mark sollevò un sopracciglio perplesso. “Di quelli che si aprono su altre dimensioni?” chiese con evidente interesse, mentre accanto a lui Cedric alzava gli occhi al cielo.

“Qualcosa del genere.” confermò Dean.

Rachel gli rivolse un’occhiata tra l’incredulo e lo stremato. Quella discussione stava decisamente rasentando la follia. Un portale per altre dimensioni? Ma dov’erano finiti, in un film di Steven Spielberg?

Dean sbuffò, sempre più fremente. “Ora non c’è tempo per questo. Devo rimediare al mio errore e andare a salvare Juliet, prima che sia troppo tardi.” Fece per uscire, ma Cedric glielo impedì.

“Aspetta un attimo. Pensi davvero che siamo così stupidi da fidarci di te?” domandò ostile. “Dopo che ci hai fatti arrivare fin qui solo per finire ammazzati? No, grazie. Noi andiamo a riprenderci Juliet, tu fa come ti pare. Basta che ti levi di torno.”

“Ma ti senti quando parli? Non possiamo fare a meno di lui, è l’unico che sappia dove andare!” Malgrado i precedenti, Claire non riusciva a non rimanere stupita dalle idiozie che era capace di farsi uscire di bocca. 

Cedric la fissò come se fosse impazzita. “Questo qui…” Puntò un indice accusatore contro Dean. “si nutre di sangue umano per vivere. Uno dei suoi amici ha appena massacrato due persone. Cosa ti fa pensare che alla prima occasione non finiremo anche noi sul menu dell’aperitivo?” 

“Credi che non lo sappia? Ti ricordo che io c’ero quando è successo!” gli gridò contro. Era la prima a cui non piaceva l’idea di dover ancora godere della compagnia di Dean, soprattutto dopo la sua scioccante rivelazione, ma non avevano scelta se volevano salvare Juliet.

“Quindi stai suggerendo di portarcelo dietro?”

“Se solo ragionassi con la testa ogni tanto, invece di sparare sentenze a caso, ti renderesti conto che è l’unica scelta possibile.” ribatté velenosa.

Cedric sembrò cogliere la frecciata, perché rimase interdetto. Si fissarono per qualche istante con aria di sfida, finché Mark non si mise in mezzo.  

“Finitela! Abbiamo perso fin troppo tempo a litigare.” Poi spostò l’attenzione su Dean, inchiodandolo con lo sguardo. “Facci strada.”

Lui, però, sospirò paziente. “No. Ve l’ho detto, devo pensarci io. È troppo pericoloso per voi venire con me.”

A quel punto, Rachel aveva sentito abbastanza. Minacciosa, gli si avvicinò, intenzionata a mettere le cose in chiaro. “Ora ascoltami bene.” mormorò, fissandolo dritto negli occhi, che stavano tornando del loro colore naturale. “Juliet è la mia migliore amica e non esiste al mondo che la lasci nelle mani di uno stronzo doppiogiochista come te. Veniamo anche noi e non sento ragioni su questo.” 

Quando fu chiaro che non potesse opporsi in alcun modo, Dean capitolò. 

“Aspettate.” li fermò Claire, mentre stavano per seguirlo fuori. “E con i Weaver come facciamo?” 

“Ormai non c’è più niente che possiamo fare.” sentenziò Dean, nonostante la domanda non fosse rivolta a lui. 

La risposta che le aveva dato era alquanto scontata, ma l’indifferenza con cui stava liquidando l’assassinio di quei due poveri vecchietti la lasciò comunque senza parole. Dal suo tono non trapelava alcuna emozione, neppure il minimo dispiacere, come se la morte di quelle persone così gentili non lo toccasse minimamente. Decisa comunque a non mostrarsi debole, ricacciò indietro le lacrime e si apprestò con gli altri a lasciare il fienile. 

Fecero fatica fin da subito a stargli dietro, talmente andava veloce, e anche se aveva smesso di piovere il terreno era ridotto a un immenso pantano in cui le scarpe affondavano a ogni passo. A peggiorare la situazione poi contribuivano i poco gradevoli effluvi di erba bagnata mista a concime per i campi.  

Mentre cercava di stare al passo, Rachel non smise un attimo di tartassare Dean. Nonostante le avesse più volte confermato che il rapimento non faceva parte del suo piano, non era affatto convinta che quella fosse la verità. “Sai, il mio istinto mi diceva di non fidarmi di te già da quando sei piombato in casa di Claire come un ladro. All’inizio volevo solo capire cosa avessi in mente, ma poi…” Si interruppe a metà quando rischiò di ammazzarsi su una radice. “Ma poi mi hai salvato la vita su quel ponte e ho abbassato la guardia. Pensavo fossimo davvero diventati amici… Che imbecille.”

La sua era una provocazione, con cui sperava di riuscire a pungerlo sul vivo e fargli vuotare il sacco, ma lui continuò a ignorarla e così tornò alla carica. Non aveva nessuna intenzione di darsi per vinta. “Se solo fossi riuscita a capirlo prima, magari adesso non mi ritroverei a vagare per i boschi con il fango fino alle caviglie!”

“Se solo mi avessi lasciato venire con te al fienile, magari Juliet non sarebbe stata rapita.” ribatté Dean a tono, stufo di starla a sentire.

Rachel spalancò occhi e bocca indignata. “Quindi adesso sarebbe colpa mia?”

Vista la piega che stava prendendo la discussione, Mark pensò bene di intervenire, così velocizzò il passo per affiancarsi a loro. “Piuttosto, pensi che le faranno del male?” chiese pratico, cambiando discorso.

“No, li conosco. L’hanno fatto solo per infastidirmi.”

“Siete grandi amici allora.” commentò Cedric sarcastico alle sue spalle.

Dean accennò un sorriso amaro, ma nessuno se ne accorse. “Da una vita.”

 

…Era ormai notte fonda e la nebbia era scesa sulla città. Dean vagava senza meta per le strade buie e fredde dell'East End, non proprio il posto ideale per un ragazzo di quindici anni. A quell’ora le vie di Londra erano sempre semideserte, ad eccezione di qualche vagabondo e alcuni operai che tornavano ubriachi dai pub. Si infilò in uno stretto vicolo per evitare di incrociarli. Pochi momenti prima aveva avuto un incontro molto ravvicinato con un uomo, un poveraccio che bazzicava da quelle parti, e proprio da lui aveva ottenuto ciò che voleva da giorni. Sangue fresco. 

Una volta soddisfatto l’appetito, era rimasto a fissare la sua opera con un'espressione vuota sul viso, dopodiché aveva trascinato il cadavere in un angolo nascosto, assicurandosi di non essere visto. 

Voleva evitare che succedesse ancora. Almeno per quella notte.

Era ormai da qualche mese che sentiva il bisogno di bere sangue umano con regolarità, se non voleva impazzire. Doveva essere successo qualcosa al suo corpo, qualcosa che non riusciva a spiegarsi e che faceva ancora fatica ad accettare, ma sapeva che quello era l’unico modo per sopravvivere. E comunque ormai era tardi per farsi venire i rimorsi di coscienza. 

Ne aveva già uccisi parecchi. Agiva sempre di notte e mai in strade troppo frequentate. Di solito sceglieva ubriaconi o senzatetto, attendeva che si avvicinassero al vicolo in cui era nascosto e poi li tirava dentro, cercando di fare meno rumore possibile. Di notte rapine e stupri erano la norma e nessuno faceva caso più di tanto alle urla, ma preferiva comunque essere prudente.

Mentre percorreva il vicolo, all’improvviso avvertì una presenza alle sue spalle. Qualcuno lo stava seguendo e forse lo aveva anche visto uccidere quell’uomo, così non perse tempo e si mise a correre. Doveva seminarlo. 

Sfortuna volle che fosse incappato in un vicolo cieco e quando la sua corsa venne interrotta da un muro, si voltò e l’inseguitore era là. Portava un lungo mantello e aveva il viso coperto da un cappuccio. 

Dean era spaventato, ma non voleva darlo a vedere. Non aveva vie di fuga, perciò si fece coraggio e l’affrontò. “Chi siete?” 

Lo sconosciuto non rispose, limitandosi a fissarlo nell’ombra, e per un momento Dean pensò di liberarsene come aveva fatto con gli altri. Quello però non aveva l’aria di un senzatetto. 

La figura avanzò verso di lui, togliendosi il cappuccio e scoprendo finalmente il proprio volto alla luce della luna, quello di una giovane donna dai lunghi capelli biondi e gli occhi di un azzurro intenso. Era talmente bella che Dean ne rimase per un momento incantato. Da quelle parti non capitava spesso di vedere donne così e con una rapida occhiata generale intuì che doveva trattarsi di una straniera. Subito dopo, il suo accento glielo confermò. 

“Finalmente ti ho trovato. Perché stavi scappando da me?”

Non riuscì a capire da dove venisse, ma al momento non gli importava. Voleva solo che lo lasciasse in pace. “Che cosa volete?” insistette, cercando di mantenere un tono fermo. 

La donna sorrise amabilmente, come divertita dal suo fingersi spavaldo. In realtà, riusciva a percepire la sua paura. “Non avere timore. Sono qui per offrirti aiuto.”

“Io non vi conosco…”

“Ma io sì. Ti sto osservando da tempo.” spiegò candida.

Dean si chiese come avesse fatto a non accorgersene. Eppure era stato attento. 

“So cosa ti sta succedendo. Ci sono passata anch’io.” 

Non fu difficile per lui intuire di cosa stesse parlando, ma dubitava che quella donna potesse davvero capire. Nel suo sguardo, però, non c’era traccia di menzogna e d’altronde perché avrebbe dovuto mentirgli? “Voi sapete perché sono diventato così?” azzardò, cominciando a pensare che lei avesse una risposta alle sue domande. “Il perché della mia sete di sangue.”

La donna annuì. “Tu sei un vampiro.” gli svelò con un certo grado di compiacimento nella voce. “E noi due non siamo gli unici. Ce ne sono molti altri sparsi per il mondo.”

Dean sentì il cuore perdere un battito. Se non fosse stato costretto a viverlo sulla propria pelle per mesi, non le avrebbe mai creduto. “Un...” esitò, incapace di ripetere quella parola. Gli sembrava impossibile. “Com’è potuto succedere? Io non sono nato così…”

“La nostra vera natura si manifesta in età diverse per ognuno di noi. È imprevedibile, nessuno è mai riuscito a spiegarne la ragione.”

Dean avvertì la paura farsi strada dentro di sé. “Esiste un modo per tornare normali? Così da non dover più uccidere nessuno.” 

“No.” La donna scosse la testa, lasciandosi andare subito dopo a una risatina divertita. Probabilmente pensava che fosse un ingenuo. “La nostra esistenza dipende da questo, così come la nostra forza. E comunque noi siamo superiori agli esseri umani, siamo più resistenti, più veloci, più intelligenti. Inoltre, possiamo vivere molto più a lungo.” Spiegò come pervasa da una strana euforia. Si intuiva che ne andasse davvero fiera.

Invece di gioire per questo, di sentirsi fortunato, Dean ne rimase deluso. L’idea di dover continuare in quel modo per il resto della sua vita non lo allettava affatto. 

La donna sembrò leggergli nel pensiero. “Non preoccuparti. Col tempo imparerai a moderare i tuoi istinti e a controllare la fame. E poi non sei costretto a uccidere. Puoi nutrirti del sangue di un uomo anche senza togliergli la vita.”

“Dite sul serio?”

“Certo, anche se personalmente non ne vedo il motivo. Comunque, se proprio ci tieni, ti insegnerò come fare. Ma dovrai venire con me.” 

“Con voi? Dove?”

“In un posto in cui le tue capacità saranno apprezzate e valorizzate.” rispose. “Credimi, ti sentirai finalmente a casa e non dovrai più nasconderti.”

Tutt’a un tratto, la proposta della donna gli apparve come l’unica scelta possibile. Da tempo, infatti, aveva rinunciato all’idea di tornare da sua madre, per non rischiare di metterla in pericolo, dunque non aveva niente da perdere e nessuna vita avrebbe potuto essere peggiore di quella che conduceva attualmente.

“Allora? Cosa hai deciso?” lo incalzò la donna, dopo avergli lasciato qualche istante di riflessione. 

A quel punto, Dean non ci pensò oltre e si lasciò guidare dall’istinto. “Verrò.” acconsentì con voce ferma.

Lei sorrise compiaciuta. “Hai fatto la scelta giusta.” 

Girò i tacchi, dando per scontato che l’avrebbe seguita, ma Dean esitò. “Aspettate…”

La donna allora si voltò appena per sentire cosa avesse da dire.

“Non conosco ancora il vostro nome.” 

Lei sollevò un angolo della bocca in un sorriso quasi impercettibile, poi rispose: “Rosemary.”

 

“Ci siamo.” 

Dean li guidò verso una piccola costruzione in legno dall’aspetto fatiscente, al centro di una radura circondata dalla boscaglia. Vista da vicino sembrava sul punto di crollare sotto il peso dei rampicanti avvinghiati lungo le pareti e, varcata la soglia, apparve subito chiaro che l’interno non fosse messo meglio. C’era più polvere di quanta ne avessero mai vista e ragnatele in ogni angolo. Le radici degli alberi poi erano cresciute fin sotto il pavimento, rialzandolo in molti punti.

“Così questa è la famosa baita.” constatò Cedric, mentre si guardava intorno. “Accogliente…”

“Attenti al soffitto.” li avvertì Dean, che evidentemente sapeva già come muoversi. “Potrebbe cadere qualcosa.”

In effetti, del tetto rimaneva ben poco e quel poco minacciava di crollare sulle loro teste da un momento all’altro. 

Claire camminava al fianco di Cedric, cercando di mantenere un certo autocontrollo, anche quando intravide un animale simile a un grosso topo sgattaiolare nell’ombra. Istintivamente si strinse a lui, ma poi ricordò di essere ancora arrabbiata e si scansò. Cedric se ne accorse, ma non disse niente.

Nel frattempo, Dean era già arrivato davanti al grande camino sulla parete di fondo, anch’esso ridotto in pezzi come tutto il resto, eccetto una statuetta a forma di drago posta sopra la mensola. Era scolpita in avorio e dall’aspetto pregiato, decisamente fuori luogo lì dentro, oltre ad essere l’unico oggetto integro e non ricoperto di polvere. 

Il ragazzo rimase per un momento fermo a fissarla e tutti attesero la sua prossima mossa, finché non afferrò la statuetta, spingendo all’indietro la testa del drago, che ora sembrava sputare fuoco verso l’alto. 

Dopo qualche istante di silenzio in cui non accadde nulla, il pavimento iniziò a tremare e un rombo riecheggiò nella baita, facendo scricchiolare pericolosamente le travi di legno; poi la parete davanti a loro prese a scorrere lentamente da un lato. D’improvviso vennero investiti da un forte vento e da una luce abbagliante, che li costrinsero a indietreggiare e a coprirsi gli occhi. 

Mark strinse Rachel a sé, nel tentativo di riparare entrambi. “Ma che diavolo…” 

“Dobbiamo attraversarlo!” urlò Dean per sovrastare il rumore del vento.

“Sei impazzito?” gridò Claire di rimando.

Lui però stava già per oltrepassare il portale, il vento che gli sferzava con violenza i vestiti. “Non c’è altro modo! Andiamo!” Poi, senza aspettare che prendessero una decisione, scomparve, inghiottito dalla luce.

 

-o-

 

Era quasi l’alba ormai e di Dean neanche l’ombra. Con la schiena appoggiata al tronco di un albero, in disparte dai suoi accompagnatori, Mary continuava a fissare l’arco d’ingresso della vecchia torre diroccata che celava l’uscita del portale, in attesa del suo arrivo. Distava dal castello solo un breve tratto a piedi, dato che in origine veniva usata per gli avvistamenti, ma ormai era ridotta a un rudere. La parte superiore non esisteva più, mucchi di detriti erano sparpagliati ovunque e sembrava star su per miracolo, ma continuava a svolgere il suo compito. Da secoli, infatti, fungeva da collegamento con gli Stati Uniti, permettendo ai vampiri di spostarsi con facilità da un capo all’altro del mondo.

Mary sbuffò impaziente, spostando poi lo sguardo sulla ragazza, che Benedict aveva scaricato temporaneamente accanto a lei. Le rivolse una rapida occhiata dall’alto in basso e vide che dormiva ancora della grossa. Forse le aveva fatto inalare un sonnifero un po’ troppo forte, ma almeno se ne stava buona e non dava fastidio.

Mentre rifletteva su questo, un flebile bagliore dall’ingresso della torre attirò la sua attenzione. Di lì a poco la luce si fece più intensa e intuì che il portale si stava riaprendo. Giusto il tempo di darsi una sistemata a vestiti e capelli, che Dean lo oltrepassò e, dopo aver realizzato che era rimasta lì ad aspettarlo, si diresse verso di lei come una furia. 

“Cosa credevi di fare?” la accusò immediatamente. “Non avevi il diritto di intrometterti!”

Lei, però, non perse la calma. D’altronde aveva già previsto la sua reazione. “È sempre una gioia rivederti, caro.” ironizzò, regalandogli un candido sorriso a cui Dean non diede la minima importanza.

“Era la mia missione! Era compito mio!”

Il suo sguardo carico di risentimento la colpì, portandola a cambiare atteggiamento e a prenderlo un po’ più sul serio. “E quando avevi intenzione di portarla a termine? Se non fossi intervenuta, ti troveresti ancora in quella fattoria a giocare al contadino e poi te la saresti vista con Nickolaij. Credimi, ti ho risparmiato una bella seccatura.”

Dean fece per replicare, ma a quel punto anche gli altri umani uscirono dalla torre, frastornati e confusi nel trovarsi in tutt’altro luogo rispetto a quello in cui erano prima. 

Fu brava a nasconderlo, ma dovette ammettere che la cosa la sollevò. Non vedendoli arrivare con lui aveva pensato che non fosse riuscito a portarli con sé, e allora sì che ci sarebbe stato da preoccuparsi. Forse doveva smetterla di sottovalutare le sue capacità.

“Juls!” esclamò una delle due ragazze, fissando terrorizzata la biondina ancora svenuta ai suoi piedi. 

Sia lei che Dean la ignorarono, continuando a squadrarsi con aria di sfida, finché lui non sembrò riacquistare la calma. “Che le hai fatto?” le chiese quindi in tono piatto, indicando la ragazza con un cenno del mento. 

“Tranquillo, sta solo dormendo.” minimizzò Mary, sventolando una mano con noncuranza. “Sai che non farei mai niente per compromettere la missione.”

“Che ne facciamo di loro, Milady?” chiese Carlos, con il suo marcato accento latino.

Mary guardò subito Dean con aria serafica. “Chiedilo a lui. La missione è sua, dopotutto.”

Così il vampiro si rivolse a Dean, che sembrò rifletterci sopra, mentre studiava gli umani attentamente. 

Loro ricambiarono confusi, visto che stavano parlando in rumeno ed era evidente che non capissero una parola. 

“Prendeteli.” ordinò in tono distaccato, riassumendo la sua solita aria di sufficienza.

Fu solo quando i tre galoppini si avvicinarono con aria minacciosa che Cedric intuì cosa potesse aver detto. “Tu! Miserabile figlio di…” Fece per avventarglisi contro, ma prontamente venne afferrato da Carlos, che gli impedì di fare un altro passo. “Lo sapevo che non dovevamo fidarci di te, bastardo!” insistette furioso.

Nel frattempo, Mark si era parato coraggiosamente davanti alle ragazze per proteggerle da Benedict e Connor.

“Chi si rivede.” Sogghignò l’assassino dei Weaver, riconoscendo Claire. “Non preoccupatevi. Se fate i bravi non vi verrà fatto alcun male.” Dal tono sembrava più una minaccia che un tentativo di tranquillizzarli.

Mary sorrise, divertita da quell’affermazione. Come se avessero potuto fare qualcosa per opporsi. Al contrario degli altri, che sembravano aver afferrato il concetto, il ragazzo biondo continuava a fare resistenza, tanto che Carlos dovette bloccarlo a terra per farlo stare fermo. 

Dopo avergli rivolto un’occhiata di spregio, Dean gli si avvicinò, chinandosi per guardarlo negli occhi. “Adesso non fai più tanto lo spiritoso, vero?” lo provocò sogghignante. Detto questo, con un breve cenno della testa indicò a Carlos di tirarlo su e insieme agli altri di precedere lui e Mary verso il castello.

Le alte torri con i loro tetti a punta sbucavano da sopra le cime degli alberi, segno che il maniero era vicino. Mentre camminavano, Mary aumentò leggermente il passo per affiancarsi a Dean, il quale non sembrava molto propenso alle chiacchiere. “Andiamo, smettila di essere così serio.” sbuffò, fingendosi seccata. “Rischi di risultare noioso.” 

“Non dovevi metterti in mezzo.” ribatté lui categorico. 

“Questo l’hai già detto.” Alzò gli occhi al cielo. “Piuttosto, mi spieghi cosa è successo? Ormai eri arrivato, il portale distava solo pochi chilometri. Perché non ce li hai portati subito? Cosa stavi aspettando?”

“Il momento opportuno.” 

“Ossia?”

Dall’espressione di Dean, però, trapelò solo fastidio e capì che non aveva intenzione di risponderle. “Non è a te che devo spiegazioni, ma a Nickolaij. Ti sei intromessa fin troppo.” la liquidò.

Tuttavia, Mary non si lasciò impressionare. Sapeva che in fondo le era grato, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Un altro dei lati del suo carattere che la mandava in estasi. “Ho solo eseguito un ordine. Nickolaij mi ha chiesto di tenerti d’occhio...” mentì. In realtà, non era esattamente ciò che le aveva ordinato, ma quelli erano dettagli.

Dean però non abboccò all’amo. “Scommetto che ti aveva chiesto anche di accelerare i tempi.” insinuò sottilmente. 

“E va bene, è stata una mia iniziativa. Contento?” ammise in tono arrendevole. “Cosa vuoi fare? Rinfacciarmelo per il resto della vita? Perché sai che sarebbe alquanto impegnativo.”

Non ottenne risposta, ma avrebbe potuto giurare di averlo fatto sorridere.

Ormai erano praticamente sotto le mura del castello. Dovevano solo attraversare il ponte sopra il fossato e poi avrebbero raggiunto l’ingresso. La pesante grata di ferro che serrava l’accesso era sollevata, come sempre d’altronde, visto che da anni non si temeva nessun visitatore sgradito. Di guardia c’erano solo due sentinelle, che rimasero alquanto interdette nel vederli arrivare. 

Senza mezzi termini, Mary ordinò a uno di loro di annunciarli a Nickolaij, mentre si avviavano verso la sala del trono. 

Dopo aver attraversato il cortile interno, con al centro il vecchio pozzo ormai inutilizzato, e superato il porticato imponente, oltrepassarono il portone che faceva da ingresso alla fortezza vera e propria. Non fecero che pochi metri prima di ritrovarsene di fronte un altro, stavolta in legno massiccio con figure di draghi intagliati. Là attesero, finché la guardia non si affacciò dall’interno per avvertirli che potevano entrare. Si fece da parte per farli passare, poi uscì, richiudendosi il portone alle spalle e il silenzio scese sui presenti. 

Nessuno poteva evitare di sentirsi schiacciato dalla maestosità di quel luogo: una grande sala di rappresentanza, la cui unica fonte di luce naturale era costituita da un’enorme vetrata semicircolare sulla parete di fondo. Sui vetri erano rappresentate figure stilizzate di draghi sputafuoco, che attraversati dalla luce del sole proiettavano raggi di mille colori sul pavimento. Sulle pareti laterali, mezzi pilastri si alternavano a orridi gargoyle dallo sguardo famelico, mentre a terra dei candelabri illuminavano lo spazio, che altrimenti sarebbe rimasto immerso nel buio. 

Alla fine del lungo tappeto bordato d’oro che percorreva la stanza, c’era il trono posto su un rialzo. Qualcuno vi era seduto sopra, ma non se ne indovinavano le fattezze perché seminascoste dalla penombra. Mary e gli altri vampiri però sapevano bene di chi si trattava. Avvicinatisi di più, infatti, tutti chinarono il capo in segno di sottomissione.

Bine ati venit.” li salutò una voce profonda in rumeno. 

Malgrado avesse usato un tono posato, risuonò comunque duro, privo di calore e così penetrante da infondere una certa inquietudine. 

Fece una pausa e, in quel momento, Mary immaginò il suo sguardo concentrato che li studiava uno a uno. Anche se da quella distanza riusciva a vedere soltanto le sue mani appoggiate ai braccioli a forma di drago, sapeva che era così. 

Nessuno osò fiatare, mentre aspettavano che parlasse di nuovo. Infine, Nickolaij si alzò e scese lentamente i gradini che lo separavano da loro, finché non si trovò di fronte a Dean, ancora con la testa china. La luce dei candelabri rivelò finalmente i tratti squadrati del suo viso. 

“È un piacere riaverti tra noi.” lo accolse, continuando a parlare nella sua lingua madre. “Sarò lieto di conoscere i motivi all’origine del tuo ritardo.” Con ciò fece subito intendere che per ora non gli concedeva di parlare e si allontanò da lui per dare un rapido sguardo ai prigionieri. I suoi occhi gelidi e privi di emozione li passarono in rassegna, fino a soffermarsi su Claire in particolare. 

Mantenendo un profilo basso, Mary sbirciò alla sua destra e la vide così impaurita da non riuscire nemmeno a respirare. Non poteva biasimarla, la presenza di Nickolaij faceva quell’effetto perfino a lei che lo conosceva da anni. Mentre lo osservava esaminare la ragazza, vide un angolo della sua bocca incurvarsi in maniera quasi impercettibile, come fosse compiaciuto di trovarsela davanti.

Con un rapido gesto della mano, richiamò qualcuno finora rimasto in disparte e Dustin lo raggiunse a passo svelto.

Nickolaij si chinò leggermente per sussurrargli all’orecchio qualcosa che nessuno, a parte loro due, riuscì a captare. Poi, ricevuti gli ordini, il galoppino afferrò Claire per un braccio, con il chiaro intento di portarla via. 

Lei sussultò spaventata. “Che volete da me?” Provò a sfuggirgli, ma inutilmente, e alla fine Dustin la trascinò con sé quasi di peso. 

La reazione dei suoi compagni fu immediata e Mary li guardò dimenarsi, gridando il suo nome, ma ogni tentativo di andare a soccorrerla fu del tutto inutile.

Alla fine, bastò un’unica occhiata raggelante di Nickolaij perché i vampiri rafforzassero le loro prese sui prigionieri, anche se Carlos dovette sforzarsi un po’ di più per riuscire a domare i bollenti spiriti di Cedric. 

“Ah. Un momento.” Nickolaij sembrò ricordare qualcos’altro e richiamò Dustin prima che uscisse. “Tornando, avverti Byron che lo attendo qui.”

Mentre lui chinava leggermente il capo in segno di assenso, per poi lasciare la sala con la ragazza, Mary provò un moto di repulsione al solo sentir pronunciare quel nome. Senza farsi notare, roteò gli occhi, sperando di venire congedata prima dell’arrivo di quel druido da strapazzo.

“Quanto a loro, signori, sapete cosa fare.” disse poi Nickolaij a Benedict e gli altri, che obbedirono all’istante portando via gli umani ancora piuttosto agitati.

Una volta usciti tutti, Mary e Dean rimasero soli al suo cospetto. La tensione iniziava a farsi sentire, ora che era arrivato il momento delle spiegazioni. Nessuno dei due, però, si azzardò a proferire parola per primo, attendendo un segnale da parte sua che li invitasse a farlo. Segnale che non tardò ad arrivare.

“Dunque.” Esordì infatti di lì a poco. “Sono molto curioso di sentire cosa avete da raccontarmi.” Puntò su di loro il suo sguardo penetrante, che entrambi fecero fatica a sostenere. Ogni volta sembrava capace di leggere i loro pensieri più reconditi. 

Accanto a lei, Dean si inginocchiò con aria penitente, mostrando tutto il suo rammarico per l’accaduto. 

“Imploro il vostro perdono, mio Signore. Fin dall’inizio non è stato facile convincere gli umani a seguirmi e, anche dopo esserci riuscito, una serie di imprevisti mi ha costretto a cambiare più volte percorso e a compiere un giro più lungo.” spiegò frettolosamente. “Credevo di poter rientrare nei tempi, ma mi sbagliavo. È stata una mia mancanza.”

Intanto, Nickolaij era tornato a sedersi senza lasciar trapelare alcuna emozione, anzi, sarebbe stato difficile dire se fosse interessato o meno alle sue giustificazioni. “Avevo incaricato Rosemary di controllare che tutto procedesse come stabilito, per poi tornare a riferire.” Sorrise leggermente, posando lo sguardo su di lei. “Ma a quanto pare la mia parola è stata interpretata diversamente.” 

Mary alzò gli occhi e sorrise a sua volta, in verità alquanto sollevata. A quel punto, lo vide più rilassato e anche la tensione nell’aria si attenuò. Le faceva piacere vederlo soddisfatto e al momento lo era, sebbene non lo dimostrasse apertamente. Questo significava non averlo deluso. 

“Comunque, in futuro preferirei che vi atteneste alle mie disposizioni.” chiarì Nickolaij subito dopo. 

Entrambi annuirono, consapevoli che in caso contrario non sarebbe stato altrettanto comprensivo. Nello stesso momento, Dustin fece nuovamente ingresso nella sala, stavolta accompagnato da Byron. 

Seccata per non essere riuscita a evitare quell’incontro, Mary lanciò di sottecchi un’occhiata fulminante all’odiato rivale. I suoi modi tronfi e impertinenti non le erano mai andati a genio, tantomeno l’atteggiamento di superiorità con cui le si rivolgeva di solito, condito dal suo insopportabile attaccamento a Nickolaij, che da sempre lo considerava più di chiunque altro. 

“Ad ogni modo entrambi avete svolto i vostri compiti come richiesto, quindi siete liberi di andare.” li congedò il loro Signore. 

Dopo il consueto inchino di riverenza, per raggiungere l’uscita passarono inevitabilmente accanto al negromante, che la salutò con quel suo sorrisetto ipocrita che la mandava in bestia. “Oh, Milady. Bentornata.” Si finse sorpreso, ma Mary sapeva che in realtà non lo era affatto. Si divertiva solo a prenderla in giro, come sempre.

Solo la presenza di Nickolaij le strappò a fatica un grazie dalla bocca; poi si premurò di lasciare la sala prima che il suo impulso omicida prendesse il sopravvento. 

Una volta fuori e avvertendo il suo disappunto, Dean non mancò di scherzarci sopra. “Certe cose non cambiano mai, eh?”

“Lo detesto, è così viscido. Sempre appiccicato alle sottane di Nickolaij.” sibilò tra i denti, tesa come una corda di violino. “Cosa avranno di tanto segreto da dirsi…”

Dean sbuffò, parlandole sopra. “La tua gelosia rasenta la paranoia. Da quanto tempo va avanti questa storia? Un paio di secoli? Rischi di risultare noiosa.”

Mary colse l’allusione, ma non ribatté. D’altra parte non aveva tutti i torti. Non sopportava che Nickolaij preferisse quell’idiota a lei, come se fosse più degno della sua fiducia, e il tarlo della gelosia la stava facendo uscire di testa. 

Rimasero in silenzio per il resto del tragitto, ognuno in compagnia dei propri pensieri, finché non arrivarono ai piedi del grande scalone che portava ai piani superiori. Dean fece per salire, ma si fermò al richiamo di Mary. 

“Ti rivedrò più tardi in sala comune?” gli chiese, sperando in una sua risposta positiva. “Saranno tutti ansiosi di conoscere le tue gesta.” ironizzò.

Lui però non parve divertito dalla cosa. “Non so. Vedremo.”

Le fece piacere sentire che il tono delle sue risposte non era cambiato di una virgola. Indisponente come al solito. “È bello vedere che sei sempre lo stesso.” commentò, accennando un sorrisetto compiaciuto.

Dopodiché le loro strade si divisero e Mary scese le scale dalla parte opposta, diretta al suo laboratorio nei sotterranei. Nessuno tranne lei vi aveva accesso, ma dopo una lunga assenza preferiva sempre controllare che fosse tutto in ordine. Era una specie di mania. 

Non appena entrò, l’odore inconfondibile di erbe macinate le giunse alle narici. Diede una rapida occhiata generale e alla fine non trovò niente fuori posto. D’altra parte, chiunque al castello sapeva che se avesse spostato qualcosa, anche solo di un centimetro, lei se ne sarebbe accorta. Soddisfatta, ne approfittò per riporre alcune piante utili che aveva raccolto durante il viaggio e anche il rimanente della sua pozione soporifera. Prepararla richiedeva molto tempo e non era saggio sprecarne neanche una goccia. Aprì l’armadietto dove conservava le bottigliette, tutte catalogate secondo l’utilizzo, e la mise al suo posto. Mentre lo faceva, le tornò in mente il pensiero di quelle settimane passate nei boschi a spiare Dean e una piccola parte di lei aveva il timore che qualcosa in lui fosse cambiato, che stare tutto quel tempo a contatto con gli umani gli avesse fatto venire strane idee. Non riusciva a togliersi dalla testa il fatto che si trovasse a pochi metri dal portale e avesse comunque esitato. La spiegazione che lo aveva sentito dare a Nickolaij continuava a non convincerla del tutto. –Ma no… Perché avrebbe dovuto mentire?- si disse. Non avrebbe mai messo a rischio la sua vita per un gruppetto di umani insignificanti. Non era da lui, lo conosceva troppo bene. Così scacciò l’idea.

Una volta finito di sistemare, si assicurò che la porta fosse ben chiusa a chiave e si diresse ai suoi appartamenti, per darsi una rinfrescata e togliersi di dosso l’odore dei boschi. 

Decise poi di riposare qualche ora, giusto il tempo di recuperare le forze, e si buttò esausta sul letto con solo l’intimo addosso. Più tardi avrebbe scelto dei vestiti puliti e sarebbe scesa in sala comune. Non che morisse dalla voglia, ma sperava che alla fine Dean si sarebbe fatto vivo. Da quella sera del plenilunio non c’era stata più occasione di vedersi e lui le era mancato tanto. 

Era ormai pomeriggio inoltrato quando fece il suo ingresso nella sala gremita di gente. Più del solito, in effetti. Mary sapeva che non si trattava certo di un caso, perché era sempre così quando qualcuno tornava da una missione particolarmente delicata. 

C’era chi beveva, chi giocava a poker, fumava o semplicemente chiacchierava. Negli anni, infatti, i vampiri avevano acquisito molte delle abitudini tipiche degli umani, tanto per ammazzare il tempo tra un plenilunio e l’altro.

Non appena si accorsero che era entrata, il chiacchiericcio però si affievolì e lei captò le occhiatine di sottecchi che le venivano rivolte, ma non vi badò. Era abituata a incutere timore e non faceva mai nulla per nascondere il proprio compiacimento al riguardo. Con noncuranza si diresse direttamente al mobile bar per servirsi un whisky, mentre i presenti si spostavano per lasciarla passare. Le era sempre piaciuto il gusto dell’alcol ed essendo un vampiro poteva berne a volontà, senza che le facesse alcun effetto. Certo, la cosa aveva anche i suoi lati negativi, perché c’erano stati dei momenti nella sua vita in cui avrebbe preferito ubriacarsi e dimenticare. 

Le bastò una rapida occhiata in giro per capire che Dean non c’era e la cosa la indispose. Non fosse stato per lui, avrebbe volentieri evitato di mischiarsi a quel branco di idioti, ma ormai era là. Tanto valeva scolarsi un drink. Se lo versò in un bicchiere a cui aggiunse due cubetti di ghiaccio, e buttò giù il primo sorso, dando così agli altri il pretesto per ignorarla e tornare alle loro occupazioni. 

Tra i discorsi che sentì c’era soprattutto la notizia del ritorno di Dean. Erano eccitati per l’arrivo degli umani, visto che era da un po’ che non se ne vedevano nei dintorni di Bran. Quella zona ormai era interamente sotto il controllo dei vampiri. 

Un ragazzo stava confidando a un compagno la propria impazienza in vista della nuova cerimonia in programma, a cui non vedeva l’ora di partecipare. Finalmente qualcosa da fare dopo il periodo morto trascorso dall’attacco a Düsseldorf. 

Altro argomento di conversazione era il fatto che Nickolaij avesse ordinato di rinchiudere da sola una delle ragazze e capirne il motivo rappresentava la sfida del momento. 

Quella notizia riaccese per un istante l’interesse di Mary, che finora si era limitata a osservarli in disparte, cogliendo di tanto in tanto qualche parola mentre sorseggiava il suo whisky. Ben presto però si rese conto che erano solo speculazioni prive di fondamento, così tornò ad annoiarsi, nella vaga speranza di veder comparire Dean.  

Quando stava quasi per desistere e tornarsene in laboratorio, si accorse di un gruppetto di vampiri che si accalcava all’ingresso. A quanto pareva, finalmente Dean si era deciso a scendere. 

Si liberò in poco tempo della calca, dirigendosi poi verso di lei, o forse solo verso il mobile bar. Mentre si versava da bere, Mary non poté fare a meno di notare quanto fosse ancora più bello del solito ora che si era dato una ripulita. 

Ovviamente non fu l’unica ad accorgersene. Tutto intorno continuavano a rivolgergli saluti di bentornato e le donne lo squadravano da capo a piedi con occhiate languide e bramose, che si interruppero solo quando, con un eloquente cenno del capo, lei le invitò a girare a largo. 

“Oche giulive.” mormorò nauseata, scambiandosi un’occhiata con Dean, che scosse la testa annoiato, prima di mandare giù un altro sorso del suo drink. Anche se era perfettamente consapevole che ai suoi occhi non fossero altro che misere mosche, se paragonate a lei, tutte quelle attenzioni non potevano fare a meno di seccarla.

 “Allora è vero, sei di nuovo tra noi!” 

Da un tavolo in fondo alla sala un vampiro si alzò e venne verso di loro con le braccia spalancate. 

“Se fosse stata solo una diceria non l’avrei sopportato.” ironizzò con un sorriso finto stampato in faccia, mentre si versava da bere. 

“Alekseij!” esclamò Dean, ricambiando l’entusiasmo. “L’unica cosa che mi è davvero mancata in questi giorni è stato il suono soave della tua voce.”

I vampiri là intorno sghignazzarono divertiti. Tra i due non correva buon sangue, lo sapevano tutti. Perfino Mary, che di solito non era interessata alle stupide rivalità all’interno della Congrega, conosceva i modi detestabili di quel gradasso. Era sempre pronto ad attaccare briga con Dean, chiaramente invidioso di ogni successo che riusciva a ottenere. 

Alekseij colse la provocazione, ma era abituato alle sue frecciate e non perse la calma. “Vedo che il contatto ravvicinato con gli umani non ha leso il tuo sarcasmo.”

Dean lo fissò un istante, poi sogghignò. “Quindi sono queste le voci che girano sul mio conto?” 

“C’è chi la pensa così, chi no…” rispose lui, facendo spallucce. “Qual è la tua versione?”

L’attenzione generale si focalizzò su Dean, che parve rifletterci sopra, mentre faceva roteare il bicchiere con il liquore rimanente; poi prese una bottiglia e se ne versò dell’altro, abbandonandosi a un sospiro. “La verità è che…” 

Mary lo osservava attentamente, divertita dal vederlo giocare a tenerli sulle spine. Chissà cosa si aspettavano di sentire. 

“L’unico pregio degli umani è che hanno un ottimo sapore.” rivelò infine, mandando giù un altro sorso e non mancando di deludere l’intera sala. 

Era chiaro come il sole che quella risposta fosse solo un espediente per interrompere la conversazione, ma qualcuno pensò bene di insistere.

“Come hai fatto a trattenerti?” chiese una vampira di nome Lucy. “Non avevi voglia del loro sangue durante il plenilunio?”

“Ammetto che non è stato facile. Perfino per me. A un certo punto, sono quasi andato vicino ad assaggiare una delle ragazze…”

“E poi?” chiese Alekseij impaziente, vedendolo esitare.

“Sono riuscito a evitarlo.” Dean scambiò con Mary uno sguardo complice. “Con un piccolo aiuto.”

Compiaciuta, lei sollevò leggermente il bicchiere, lasciando intendere un implicito non c’è di che.

“D’altronde…” riprese. “Gli ordini di Nickolaij erano chiari. Voleva che arrivassero tutti integri.” 

Il chiacchiericcio si levò di nuovo dopo quell’affermazione. La domanda che tutti si ponevano era perché Nickolaij tenesse tanto alla vita di cinque umani qualunque e cosa intendesse fare di loro. 

“E non è abbastanza chiaro? Vuole divertirsi un po’.” rispose Alekseij, come se qualcuno gliel’avesse chiesto direttamente. Lui e Isaac, il suo compare di sempre, ghignarono divertiti. 

“Sì, ma perché tenere in isolamento una delle ragazze?” chiese Carlos, semisdraiato su una sedia con i piedi sul tavolo, intento a godersi un meritato riposo.

Accanto, Benedict gli rivolse un’occhiata ammiccante, pungolandogli il fianco con il gomito. “Quella vuole tenersela tutta per sé, te lo dico io.”

Carlos rise a sua volta. “Allora sarà meglio sbrigarsi quando verrà il momento, prima che Nickolaij si prenda anche le altre e ci lasci solo gli avanzi.” osservò sarcastico, senza preoccuparsi della presenza di Mary e sollevando l’ilarità generale.

“Già.” approvò Connor esaltato dall’idea del pasto imminente. “Mi piacerebbe mettere le mani sulla biondina. È davvero un bocconcino niente male.” Detto questo, incontrò lo sguardo di Dean, con cui non aveva più avuto modo di parlare dallo scontro avuto alla fattoria. “A proposito, spero che tu non ce l’abbia con me per l’altra sera. Niente di personale…” 

Lo disse con finto rammarico. Di certo non era davvero dispiaciuto e Mary era sicura che Dean lo sapesse. 

“Come se non fosse mai successo.” rispose infatti calmissimo, concedendogli poi quello che si poteva definire un sorriso di cortesia.

A quel punto, Mary avvertì una certa tensione fra i due, ma si trattò di un momento. Poi l’interesse degli altri per la conversazione iniziò a scemare e tutti preferirono tornare a farsi i fatti propri, finché la porta d’ingresso non si spalancò di colpo, attirando l’attenzione dell’intera sala. 

“Ascoltate tutti!” esordì il vampiro appena entrato. “Nickolaij ci vuole immediatamente nella sala delle cerimonie. Ha un annuncio importante da fare.”

 
   
 
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