I
Will Always Find You
18. Dice il
saggio: tutto è bene quel che finisce bene.
Sospiro per
l’ennesima volta e alzo lo sguardo su Maru: non sono
molto certa di quali siano state le dinamiche che ci hanno portati a
passeggiare nel bosco da soli, ma sono felice che siano accadute.
-E’ tuo padre.- afferma ad un certo punto Maru,
rischiando di farmi inciampare sui miei stessi piedi. Annuisco, tenendo la
testa bassa per non fargli notare l’espressione triste sul mio viso.
Che palle.
-Hai intenzione di
dirglielo?-
Spalanco gli occhi
e scuoto la testa, quasi spaventata dalla prospettiva. –No, scherzi? Potrei
cambiare il futuro e sicuramente i risultati sarebbero disastrosi.-
con la sfiga che mi ritrovo.
-Non
necessariamente: potresti metterlo in guardia.-
Rimango in
silenzio per qualche secondo: se facessi come dice Sesshomaru, forse una volta
tornata a casa potrei scoprire che i miei genitori sono vivi, potrei ritrovarmi
nella nostra casa, in una nuova e al contempo vecchia vita. Ma non conoscerei Inu, Izayoi, Inuyasha
e nemmeno il mio Sesshomaru.
-Maru?- lo
chiamo in un sussurro, sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi. –Potresti
darmi un bacio?-
Lui fa un mezzo
sorriso –si, lo giuro!- e mi stringe per i fianchi, prima
di sollevarmi da terra e bacarmi con molto più trasporto di quello che mi sarei
immaginata. Allora gli sono mancata un pochino in questi ultimi giorni di muso
lungo e ringhi immeritati!
Mi lascio andare
completamente, perdendomi in lui in modo totalizzante, non lasciando che nessun
pensiero offuschi la bellezza di quest’attimo: non posso immaginarmi di amare
nessun’altro in tutta la mia vita che non sia Sesshomaru.
Restiamo soli per
qualche ora e il mio demone si arrischia a tenermi abbracciata per quasi tutto
il tempo, coccolandomi di tanto in tanto in modo, oserei dire, quasi tenero; ad
un certo punto aggiunge anche un “non ti ci abituare”, ma decido di sorvolare e
di far finta di niente. Ti ho
addomesticato, mio caro.
Non accenniamo più
al discorso di mio padre nemmeno una volta e, anzi, riesco ad accantonare il
pensiero in un angolino della mia mente finché non torniamo all’accampamento
dove sono riuniti quasi tutti. Quando sbuchiamo dal bosco, Rin
ci corre incontro immediatamente, stringendo tra le manine dei mazzolini di
fiori rossi che insiste per farci prendere: noto con tenerezza che sono dello stessa specie di quello che Sesshomaru custodisce
tanto gelosamente nella sua agenda.
-Sono i miei preferiti!- ci comunica lei, prima di sorriderci e voltarci
le spalle per tornare a giocare. Io mi volto verso Maru
e gli sorrido a mia volta, intenerita: penso mi mancherà da morire, quando
torneremo a casa. Come, probabilmente, mancherà ancora di più a Maru.
Prima di sedermi
di fianco ad Inucchan, lancio un’occhiata al cielo: è
tutto nuvoloso, ma ad occhio e croce tra poco più di un paio d’ore dovrebbero
tornare i miei poteri demoniaci. Speriamo che le cose non si complichino
ulteriormente.
-Hai fame Ayame?- mi domanda mio fratello, mostrandomi una confezione
di carta al cui interno galleggiano spaghetti e verdure (?) di dubbia
provenienza e, soprattutto, di dubbia cottura. Io arriccio il naso: -Non li
avrai preparati tu, spero.-
Mio fratello mi
lancia un’occhiataccia. –Si. E allora?- dice,
quasi ringhiando: penso sappia che opinione ho sulla sua cucina.
-Sei un pessimo
cuoco, Inuyasha.- affermo, alzando un sopracciglio davanti alla sua
espressione mezzo offesa e mezzo incazzosa. –Lo sappiamo tutti e due. Non ci
tengo a morire in quest’epoca.-
-Non ci vuole una
laurea per riscaldare questa roba!-
Io ridacchio. –Ti
ricordo che l’ultima volta che hai provato a scaldare un toast hai fatto
esplodere il microonde!-
Lui, per tutta
risposta, ringhia e mi si fionda addosso dimenticando, evidentemente, che non
sono in grado di reagire: mi sento spingere all’indietro e sento distintamente
il tonfo della mia testa che sbatte per terra.
-Cazzo Inuyasha!-
sbraito, mentre serro gli occhi a causa dei puntini luminosi che mi oscurano la
vista.
-Scusami..- borbotta lui, lasciandomi libera di respirare e
di rialzarmi, anche se con molta difficoltà.
Gli faccio un
gestaccio che non è degno di essere riportato. –Scusa un corno. Ti butterei
volentieri nella fossa delle Marianne, guarda un po’!-
Ovviamente,
Kacchan nel giro di qualche secondo è vicino a me, tutta preoccupata che mi sia
procurata un trauma cranico che muoia nel giro di qualche ora, se non di
qualche minuto. Beata ignoranza.
-Kacchan, tra
qualche ora riavrò i miei poteri demoniaci e guarirò. Rilassati.-
borbotto, passando una mano sulla parte offesa. Inuyasha
non sa come lo offenderò io quando
recupererò i miei poteri.
Distolgo lo
sguardo da mio fratello –temendo che il mio istinto omicida cresca
ulteriormente, così come la mia emicrania.- e prendo a
chiacchierare con Sango e Miroku,
alle prese con una delle loro solite discussioni.
Meglio le loro che le mie.
Dopo qualche
minuto, tuttavia, la mia attenzione viene nuovamente attirata su mio padre, il
quale si alza da terra e inizia a guardarsi intorno con aria annoiata.
–Sesshomaru, tuo padre ha lodato molte volte la tua bravura in battaglia.
Vorresti darmene una prova?- lo invita, in modo
abbastanza sfrontato, come uno che sa di avere la vittoria in pugno.
Accidenti.
Sesshomaru non fa
nemmeno in tempo ad aprire bocca –anche se sono sicura che avrebbe accettato
volentieri la sfida.- perché il mio Maru si alza e gli si para davanti.
-Accetto.-
Mi sfugge un
gemito strozzato e lancio un’occhiata spaventata a Inucchan,
che mi risponde con un sopracciglio alzato: sinceramente, non riesco a capire
se sia perché è mortificato che la scelta di mio padre sia ricaduta su
Sesshomaru o se condivide la mia stessa perplessità. Entrambi spostiamo lo
sguardo sui due demoni che si stanno allontanando da noi abbastanza per non
creare danni, ma –ovviamente!- non appena iniziano a
combattere io li perdo di vista, a causa della velocità che i miei occhi da
umana non possono seguire; tuttavia, date le espressioni degli altri, posso
capire che è una lotta che si avvicina all’epicità.
Sant’Ubaldo
Baldassini, mio vecchio amico, potresti far si che i
miei poteri demoniaci ritornino in fretta, così posso vedere anche io il mio
ragazzo e mio padre che combattono?
…
…..
Ok, ho capito: i
santi sono individui che hanno fatto di tutto pur di finire sui calendari. Non
mi aiuteranno mai.
Lancio un’occhiata
ad Inu e mi chiedo cosa ci dirà quando torneremo a
casa: sicuramente, si lascerà scappare con mamma qualcuno dei suoi commenti a
metà tra la saggezza e l’incomprensibilità, tipici di quando è in imbarazzo.
Rimango seduta
vicino alle mie amiche, con lo sguardo che si sposta da Inu
a mio padre e Sesshomaru –quando riesco a metterli a fuoco-, finché non sento
un formicolio e, finalmente, i miei poteri demoniaci ritornare.
Tiro un sospiro di
sollievo e mi alzo in piedi, alzando le braccia verso l’alto e tirando tutti i
muscoli; inoltre, c’è da dire che il mal di testa che mio fratello mi ha
procurato qualche decina di minuti fa è praticamente sparito.
A proposito..
Mi volto verso
Kagome e la vedo pacificamente seduta nell’erba, attorniata dai suoi libri
scolastici.
-Kagome, ti serve?- chiedo, indicando un tomo di matematica che la
ragazza fissa incessantemente, indecisa se studiare oppure no.
-Mmm.. non credo.- borbotta.
Io prendo in mano
il librone e, con immensa soddisfazione, lo abbasso sulla testa di Inucchan.
-Trauma cranico
per trauma cranico.- ghigno, evitando una sua zampata e rifugiandomi sul ramo di un
albero dietro di noi.
-Dannazione a te,
Ayame! Scendi giù che ti spacco il culo!-
Volgarità innanzitutto. –Accidenti, Inuyasha,
che vocabolario forbito. Il papà non
ti ha insegnato che ad una ragazza non ci si deve rivolgere in questo modo?- ghigno, continuando in contemporanea ad arrampicarmi sui
rami dell’albero con la speranza che mio fratello non mi raggiunga.
Evidentemente, lui non è della stessa idea: non so come, ma riesce ad
afferrarmi una caviglia ed a scaraventarmi giù dal ramo su cui sono appoggiata;
trasalisco per un attimo, ma mi blocco quasi subito a mezz’aria, sfruttando la
mia capacità di volare.
-Non usare il
sarcasmo con me.-
Gli faccio la
linguaccia. –Sai che vivo di sarcasmo. E, ad ogni modo, hai iniziato tu.-
Vedo che mio
fratello sta per ribattere qualcosa, ma Kacchan lo precede: -VOLETE PIANTARLA
VOI DUE?- sbraita, stroncando il suo ragazzo sul
nascere.
Guardiamo entrambi
verso il basso, con un brivido di inquietudine che ci percorre la schiena, e
vediamo che gli sguardi di tutti si sono spostati dalla battaglia a noi.
Ok, forse è meglio non dare nell’occhio.
Inucchan deve pensarla più o meno come me, perché
salta pacatamente a terra e si accuccia di fianco alla sua ragazza, come un
bravo cucciolo.
Pochi secondi dopo
si sente un botto: aguzzo lo sguardo e vedo mio padre e Maru
in piedi l’uno di fronte all’altro; entrambi abbandonano la posizione di
difesa, segno che la lotta è finita, poi si stringono la mano.
-Mi piaci, ragazzo.- dice papà, sorridendo al demone davanti a lui. Io
sorrido a mia volta, esultando mentalmente: mio padre approva il mio fidanzato.
Wow!
Il resto della
serata trascorre in modo abbastanza confuso: non riesco a mangiare quasi nulla,
ma in compenso Inuyasha è in grado di ingozzarsi per
dieci –e secondo me potrebbe benissimo finire le scorte di Miroku
in mezzo secondo netto-, tanto che Kagome più di una volta è tentata di
mandarlo con le orecchiette pelose nella polvere.
Rin ed io ridacchiamo e ci guardiamo complici
e, al momento di andare a dormire, non posso fare a meno di stringerla a me
prima di cadere tra le braccia di Morfeo.
-Ti voglio bene, Rin-chan.-
Lei mi stringe il
braccio con le manine. –Anche io, tanto.-
Non mi rendo
nemmeno conto dello spazio e del tempo che si deformano introno a me –e qui
qualcuno potrebbe dire che i miei sensi di demone lasciano molto a desiderare-
e quando mi sveglio mi ritrovo accoccolata tra le braccia di Maru, che sta camminando ai lati di un’autostrada.
Spalanco gli occhi
ed emetto un gemito strozzato: -Quando siamo tornati?-
borbotto, contorcendomi fino a che Sesshomaru non mi permette di scendere a
terra.
-Una decina di
minuti fa.- mi sussurra Maru,
evitando accuratamente di fare incrociare i nostri sguardi.
Ci metto qualche
secondo a recuperare l’equilibrio, ma riesco a scacciare le ultime tracce di
rincoglionimento ed a camminare dietro il mio ragazzo; getto un’occhiata dietro
di noi e vedo Kacchan e mio fratello teneramente abbracciati e con le dita
intrecciate: faccio loro un cenno con la testa e torno a guardare avanti per
lasciare un po’ di intimità.
Per la successiva
mezz’ora nessuno di noi dice una parola, ognuno assorto nei propri pensieri.
Alla fine, non sono riuscita a dire a mio padre chi sono veramente e nemmeno a
parlargli o ad abbracciarlo come avrei voluto: ero convintissima di vederlo
domattina, non appena mi fossi svegliata nell’epoca Sengoku.
Così come ero convinta di vedere la piccola Rin, Kagome,
Sango, Miroku, il piccolo Shippo. Rin.
Improvvisamente la
consapevolezza si fa strada tra gli strati di confusione che mi offuscano la
mente e sento le lacrime che minacciano di traboccare dai miei occhi. Rin. Papà. Non li rivedrò mai più, non potrò più parlare
con loro, dir loro quanto li ami, incondizionatamente.
Mi porto le
braccia attorno al corpo e stringo, quasi temendo di crollare da un momento
all’altro a causa di un dolore sordo nello stomaco, che sa di rimpianto,
mancanza e nostalgia.
Mi azzardo a
lanciare un’occhiata a Sesshomaru, che sta camminando imperterrito davanti a
me: ho l’istinto di domandargli cosa sia successo dopo che ce ne siamo andati
–oltre agli altri mille quesiti che mi opprimono-, ma ho la decenza di tenere
la bocca chiusa e di rispettare il suo silenzio.
Tuttavia, penso
sia quando arriviamo nel punto in cui, settimane fa, abbiamo lasciato la sua
macchina e non la troviamo, che il
Demone Maggiore perde del tutto la pazienza: senza dire una parola prende le
sue sembianze demoniache e si volta verso di noi, degnandoci di uno dei ringhi
più impazienti che gli abbia mai sentito fare.
Inuyasha e Kagome mi guardando interrogativi ed io
non posso trattenermi dal fare spallucce, avvilita. –Vuole che gli montiamo sul
dorso.- borbotto atona, dando il buon esempio e
issandomi sulla sua schiena, prima che a Sesshomaru venga in mente di mangiarci
per saziare il suo nervosismo. Gli altri due mi seguono docili.
Sesshomaru si alza
da terra e inizia a volare in direzione della nostra casa; normalmente sarei
stata affascinata dal panorama che mi circonda –le nuvole, le stelle così
vicine che sembra di poterle toccare, il vento tra i capelli, la velocità-, ma
in questo momento mi limito ad abbassare la testa e a fissare le mie mani, che
stringono forte un paio di ciuffi del pelo di Sesshomaru.
-Ayame, come stai?- mi sussurra Kagome, girandosi leggermente verso di me
e lanciandomi un’occhiata preoccupata. Io non le rispondo, temendo che al posto
della voce escano dei singulti, e mi limito a fare spallucce.
Non riesco a
capire per quale ragione mi senta così: sapevo che prima o poi saremmo
ritornati a casa e sapevo che non avrei più rivisto Rin
per ovvi motivi, come sapevo che
sarebbe stato tremendo avere mio padre intorno, anche se per poco. Razionalmente
lo so, ma nel mio cuore è come se stessi rivivendo per la seconda volta la
morte dei miei genitori.
Persa nei miei
pensieri, non mi accorgo che Sesshomaru inizia a scendere verso terra e mi
riscuoto solo quando poggia le zampe sul giardino di casa nostra. Ovviamente Inu e Izayoi sono già fuori che
ci aspettano.
-Ragazziiiii- urla la mamma, cercando di abbracciarci tutti
insieme, cosa che risulta impossibile per una donnina così minuta. I successivi
cinque minuti sono colmi da abbracci, coccole, frasi di sollievo e tante,
tantissime domande, soprattutto a Sesshomaru: ad un certo punto mi sembra quasi
stordito a causa di tutto quell’affetto in un colpo solo.
Anche io vengo
stritolata, prima da Izayoi e poi da Inu –anche se il suo abbraccio è un pochino più lungo e
carico di significato- e, fortunatamente, lei riesce a farmi scappare una
risata spontanea a causa dei suoi soliti gridolini fuori luogo.
Quando sembra che
le acque si calmino decido di entrare in casa, desiderosa di godermi una lunga
doccia dopo essere stata costretta per settimane a lavarmi quando capitava, ma
vengo bloccata da Inuyasha: lo vedo prendere
frettolosamente le mani di Kagome ed inginocchiarsi davanti a lei, con una
velocità tale che mi fa pensare che temi di non avere più il coraggio di farlo
se avesse perso l’occasione.
-Kagome..- inizia, guardandola intensamente negli occhi. -so
che non sono la persona ideale con cui stare, che sono impulsivo, testardo e
molte volte mi comporto da sciocco, facendoti arrabbiare e stare male. E so anche
che il tempo che abbiamo da passare insieme non è molto, non lo è mai stato, ma
quello di cui sono assolutamente certo è che voglio passare tutto questo tempo
insieme a te. Se per te è lo stesso.. sposami.-
I miei parenti ed
io tratteniamo in respiro –si, anche Izayoi si
astiene da commenti!-, e rimaniamo in silenzio,
aspettando trepidanti la risposta di Kagome; io mi aspetto di vedere la mia
amica scoppiare a piangere come una fontana e saltare addosso ad Inuyasha, invece lei si limita a fissarlo negli occhi,
senza imbarazzo, con uno sguardo talmente maturo e consapevole che mi sembra
estraneo nella sua persona.
-Certo che voglio
sposarti, Inuyasha.-
Alla fine, l’unica
che piange come una fontana sono io.
E che credevo di aver finito tutte le mie lacrime per
oggi.
Guardo il
fiorellino rosso che mi ha regalato Rin con una
stretta al cuore e, tra le lacrime, riesco ad infilarlo in una busta
trasparente per evitare che si rovini ulteriormente.
Kagome se ne è
andata via da un pezzo e io ho fatto in tempo sia a farmi la doccia sia a
vedere Inuyasha felice come se avesse appena vinto
alla lotteria. Egoisticamente, non riesco a condividere totalmente la loro
felicità, non in questo momento in cui l’unica cosa a cui riesco a pensare è il
tremendo cratere che sento nello stomaco; non so come ho fatto –e probabilmente
quando riacquisterò un filo di razionalità me ne pentirò-, ma nell’ultima
mezz’ora ho chiesto sia a mia madre, che a mio padre che, ovviamente, ad Inuyasha di lasciarmi sola: sebbene una parte di me senta
il bisogno immenso di restare con la mia famiglia, l’altra metà si ribella a
qualsiasi cosa che non sia il pianto e il desiderio di sbattere i piedi per
terra come una bambina.
L’unico con cui
vorrei parlare e l’unico che sarebbe in grado di capire il mio dolore è
Sesshomaru, ma ne ha passate tante –e ne sta passando tante anche ora- che non
posso pretendere si sobbarchi anche di una parte del mio dolore.
Mi asciugo le
lacrime con la manica del pigiama, che ancora non mi sembra vero indossare, e
cerco di concentrarmi su qualcos’altro: appena sono entrata nella mia stanza ho
dovuto spalancare la finestra per cercare di fare entrare un po’ d’aria in un
luogo che altrimenti mi sarebbe sembrato fin troppo opprimente. I disagi di aver vissuto per troppo tempo
all’aperto.
Vorrei provare a
dormire qualche ora, ma sono certissima che il sonno non arriverebbe neanche a pagarlo
oro, sebbene sia stata una mattinata parecchio impegnativa: in tutta risposta,
il mio stomaco brontola in maniera imbarazzante.
Decido allegramente
di ignorarlo e mi accoccolo sul letto, stringendo forte il cuscino e cercando
di trovare dentro di me quella forza e quella razionalità per venire fuori da
questo stato apatico verso il quale, me lo sento, sto scivolando velocemente.
Non so quanto
rimango in questa posizione –forse un’oretta o poco più-, ma vengo riscossa
solamente da un insistente battito alla porta; inizialmente penso di far finta
di riposare e di ignorarlo –come ho fatto e sto facendo tutt’ora per la fame-,
ma sono costretta ad alzarmi quando sento la voce di Sesshomaru che mi chiama.
Prima di aprire la posta esito qualche secondo per asciugarmi le lacrime dalle
guance anche se, data l’occhiata che mi da il demone
davanti a me, le tracce devono essere comunque ben visibili.
Ottima figura Ayame, complimenti.
Sospiro e cerco di
abbozzare un sorriso. –Sesshomaru. Cosa ti serve?-
borbotto, chiudendo nuovamente la porta a chiave con molta nonchalance.
Lui rimane in
silenzio per qualche secondo. –Le tue spade sono in soffitta: le ho portate con
me quando sono tornato ad abitare qui.-
-Oh.- sussurro sorpresa, guardandolo con tanto d’occhi. –Le
hai tenute per me.-
-Certo.- mi risponde lui, con un certo tono di ovvietà,
andando a sedersi sul letto e facendomi cenno di imitarlo. Vedere il connubio Sesshomaru-mio letto è sempre un colpo
al cuore, devo ammetterlo.
Mi siedo vicino a
lui, leggermente a disagio, ma sorrido sinceramente quando Maru
mi circonda le spalle con un braccio e mi attira a sé. Lo abbraccio a mia
volta, rabbrividendo nel sentire il suo profumo di neve e inverno, mentre i
suoi capelli mi coprono la spalla: mi sembra quasi di precipitare in una
dimensione parallela, in cui ci siamo lui ed io soltanto.
-Manca molto anche
a me.- sussurra ad un certo punto, con la voce attutita
dal fatto che ha il viso immerso nei miei capelli.
Mi aspetto di
sentire le lacrime premere di nuovo per uscire, tuttavia i miei occhi restano
asciutti: non so se sia perché non ho più niente da piangere o perché con
Sesshomaru non ne ho bisogno.
Non rispondo,
perché non c’è bisogno di parole, e rimango ferma con la testa sulla sua
spalla, ad ascoltare il battito regolare del suo cuore. So che il peso della
mancanza e della nostalgia graverà per parecchio sulla mia anima, specialmente
a causa della mia tendenza a rimuginare molto sulle cose e a non darmi pace, ma
sono convinta che con Maru al mio fianco –in grado di
capire il mio dolore e di condividerlo- sarò in grado di superare tutto. Saremo
in grado di superare tutto insieme.
-Cosa è successo
quando siamo andati via?- sussurro, dopo qualche
minuto di silenzio.
Sesshomaru fa un
sospiro talmente leggero che quasi penso di essermelo immaginato. –Abbiamo
continuato la nostra ricerca di Naraku. Tutto è
andato come doveva andare.-
Annuisco,
sollevata: ora ho la certezza che il nostro viaggio nel tempo non ha causato
troppi casini. –E.. mio padre?-
-Loro se ne sono
andati il giorno stesso insieme ad Inuyasha, ma da
quel che so si sono separati subito. Tuo padre deve essere tornato in Europa.-
Io sorrido, intenerita.
–E’ lì che ha conosciuto mia madre, a Londra. Qualche anno più tardi.- “qualche”.
Maru mi da un bacio
sulla fronte e io alzo la testa, per unire le mie labbra alle sue: non ho il
coraggio di chiedergli di Rin e non avrei nemmeno il
coraggio di sentire la risposta, probabilmente.
Cerco dentro di me
quell’entusiasmo e quella voglia di vivere così tipici di lei e li afferro
flebilmente; poi mi alzo e spingo Sesshomaru sul mio letto, mettendomi a
cavalcioni su di lui e tornando a baciarlo con una risatina.
Lui per tutta
risposta mi stringe i fianchi con forza, prima di mordermi il labbro e
ribaltare le posizioni con un colpo d’anca; così, mi ritrovo schiacciata tra il
materasso e il suo corpo, con la sua bocca che mi toglie il fiato e lo stomaco
che mi si stringe in una morsa di piacere.
Sospiro e mi
abbandono a lui: spero solamente che i nostri genitori non ci sentano!
(Ultimo) angolino dell’autrice: Buonasera e grazie a tutti per essere arrivati fin
qui! Anche questa avventura è finita dopo tanto tempo e l’unica cosa di cui mi
dispiaccio è di non essere stata abbastanza veloce. Sono una fan dei lieto fine
e questo non è da meno: chissà che Sesshomaru e Ayame riescano a passare un bel
po’ di tempo tranquilli adesso.
Grazie ancora se
avete finito di leggere questa storia fino alla fine. Vi adoro.
Un abbraccio
enorme,
Sami