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Autore: samy_97_    15/01/2018    3 recensioni
[Sequel di "Set Fire To The Rain": tornano Sesshomaru, Ayame, Kagome e Inuyasha, questa volta alle prese con un particolare viaggio nel tempo, che li porterà nella famosa Epoca Sengoku.]
"Era una bellerrima giornata di sole, gli uccellini cinguettavano e l’amore della mia vita mi teneva teneramente tra le braccia.
Ahahahah, e voi ci credete anche!
Come se io potessi avere una giornata da normale mezzodemone diciottenne.
[...]
-Cosa hai intenzione di fare?- ringhio, riuscendo a trattenere a stento il mio lato demoniaco che si ribella affinché lo lasci uscire.
-Cosa ho intenzione di fare, mia combattiva Ayame? Ho intenzione di fare un bel viaggetto nel passato e, udite udite, voi tutti sarete i miei accompagnatori.- "
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Songs of Life'
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I Will Always Find You

 

 

18. Dice il saggio: tutto è bene quel che finisce bene.

 

Sospiro per l’ennesima volta e alzo lo sguardo su Maru: non sono molto certa di quali siano state le dinamiche che ci hanno portati a passeggiare nel bosco da soli, ma sono felice che siano accadute.

-E’ tuo padre.- afferma ad un certo punto Maru, rischiando di farmi inciampare sui miei stessi piedi. Annuisco, tenendo la testa bassa per non fargli notare l’espressione triste sul mio viso.

Che palle.

-Hai intenzione di dirglielo?-

Spalanco gli occhi e scuoto la testa, quasi spaventata dalla prospettiva. –No, scherzi? Potrei cambiare il futuro e sicuramente i risultati sarebbero disastrosi.- con la sfiga che mi ritrovo.

-Non necessariamente: potresti metterlo in guardia.-

Rimango in silenzio per qualche secondo: se facessi come dice Sesshomaru, forse una volta tornata a casa potrei scoprire che i miei genitori sono vivi, potrei ritrovarmi nella nostra casa, in una nuova e al contempo vecchia vita. Ma non conoscerei Inu, Izayoi, Inuyasha e nemmeno il mio Sesshomaru.

-Maru?- lo chiamo in un sussurro, sentendo le lacrime pizzicarmi gli occhi. –Potresti darmi un bacio?-

Lui fa un mezzo sorriso –si, lo giuro!- e mi stringe per i fianchi, prima di sollevarmi da terra e bacarmi con molto più trasporto di quello che mi sarei immaginata. Allora gli sono mancata un pochino in questi ultimi giorni di muso lungo e ringhi immeritati!

Mi lascio andare completamente, perdendomi in lui in modo totalizzante, non lasciando che nessun pensiero offuschi la bellezza di quest’attimo: non posso immaginarmi di amare nessun’altro in tutta la mia vita che non sia Sesshomaru.

Restiamo soli per qualche ora e il mio demone si arrischia a tenermi abbracciata per quasi tutto il tempo, coccolandomi di tanto in tanto in modo, oserei dire, quasi tenero; ad un certo punto aggiunge anche un “non ti ci abituare”, ma decido di sorvolare e di far finta di niente. Ti ho addomesticato, mio caro.

Non accenniamo più al discorso di mio padre nemmeno una volta e, anzi, riesco ad accantonare il pensiero in un angolino della mia mente finché non torniamo all’accampamento dove sono riuniti quasi tutti. Quando sbuchiamo dal bosco, Rin ci corre incontro immediatamente, stringendo tra le manine dei mazzolini di fiori rossi che insiste per farci prendere: noto con tenerezza che sono dello stessa specie di quello che Sesshomaru custodisce tanto gelosamente nella sua agenda.

-Sono i miei preferiti!- ci comunica lei, prima di sorriderci e voltarci le spalle per tornare a giocare. Io mi volto verso Maru e gli sorrido a mia volta, intenerita: penso mi mancherà da morire, quando torneremo a casa. Come, probabilmente, mancherà ancora di più a Maru.

Prima di sedermi di fianco ad Inucchan, lancio un’occhiata al cielo: è tutto nuvoloso, ma ad occhio e croce tra poco più di un paio d’ore dovrebbero tornare i miei poteri demoniaci. Speriamo che le cose non si complichino ulteriormente.

-Hai fame Ayame?- mi domanda mio fratello, mostrandomi una confezione di carta al cui interno galleggiano spaghetti e verdure (?) di dubbia provenienza e, soprattutto, di dubbia cottura. Io arriccio il naso: -Non li avrai preparati tu, spero.-

Mio fratello mi lancia un’occhiataccia. –Si. E allora?- dice, quasi ringhiando: penso sappia che opinione ho sulla sua cucina.

-Sei un pessimo cuoco, Inuyasha.- affermo, alzando un sopracciglio davanti alla sua espressione mezzo offesa e mezzo incazzosa. –Lo sappiamo tutti e due. Non ci tengo a morire in quest’epoca.-

-Non ci vuole una laurea per riscaldare questa roba!-

Io ridacchio. –Ti ricordo che l’ultima volta che hai provato a scaldare un toast hai fatto esplodere il microonde!-

Lui, per tutta risposta, ringhia e mi si fionda addosso dimenticando, evidentemente, che non sono in grado di reagire: mi sento spingere all’indietro e sento distintamente il tonfo della mia testa che sbatte per terra.

-Cazzo Inuyasha!- sbraito, mentre serro gli occhi a causa dei puntini luminosi che mi oscurano la vista.

-Scusami..- borbotta lui, lasciandomi libera di respirare e di rialzarmi, anche se con molta difficoltà.

Gli faccio un gestaccio che non è degno di essere riportato. –Scusa un corno. Ti butterei volentieri nella fossa delle Marianne, guarda un po’!-

Ovviamente, Kacchan nel giro di qualche secondo è vicino a me, tutta preoccupata che mi sia procurata un trauma cranico che muoia nel giro di qualche ora, se non di qualche minuto. Beata ignoranza.

-Kacchan, tra qualche ora riavrò i miei poteri demoniaci e guarirò. Rilassati.- borbotto, passando una mano sulla parte offesa. Inuyasha non sa come lo offenderò io quando recupererò i miei poteri.

Distolgo lo sguardo da mio fratello –temendo che il mio istinto omicida cresca ulteriormente, così come la mia emicrania.- e prendo a chiacchierare con Sango e Miroku, alle prese con una delle loro solite discussioni.

Meglio le loro che le mie.

Dopo qualche minuto, tuttavia, la mia attenzione viene nuovamente attirata su mio padre, il quale si alza da terra e inizia a guardarsi intorno con aria annoiata. –Sesshomaru, tuo padre ha lodato molte volte la tua bravura in battaglia. Vorresti darmene una prova?- lo invita, in modo abbastanza sfrontato, come uno che sa di avere la vittoria in pugno.

Accidenti.

Sesshomaru non fa nemmeno in tempo ad aprire bocca –anche se sono sicura che avrebbe accettato volentieri la sfida.- perché il mio Maru si alza e gli si para davanti.

-Accetto.-

Mi sfugge un gemito strozzato e lancio un’occhiata spaventata a Inucchan, che mi risponde con un sopracciglio alzato: sinceramente, non riesco a capire se sia perché è mortificato che la scelta di mio padre sia ricaduta su Sesshomaru o se condivide la mia stessa perplessità. Entrambi spostiamo lo sguardo sui due demoni che si stanno allontanando da noi abbastanza per non creare danni, ma –ovviamente!- non appena iniziano a combattere io li perdo di vista, a causa della velocità che i miei occhi da umana non possono seguire; tuttavia, date le espressioni degli altri, posso capire che è una lotta che si avvicina all’epicità.

Sant’Ubaldo Baldassini, mio vecchio amico, potresti far si che i miei poteri demoniaci ritornino in fretta, così posso vedere anche io il mio ragazzo e mio padre che combattono?

…..

Ok, ho capito: i santi sono individui che hanno fatto di tutto pur di finire sui calendari. Non mi aiuteranno mai.

Lancio un’occhiata ad Inu e mi chiedo cosa ci dirà quando torneremo a casa: sicuramente, si lascerà scappare con mamma qualcuno dei suoi commenti a metà tra la saggezza e l’incomprensibilità, tipici di quando è in imbarazzo.

Rimango seduta vicino alle mie amiche, con lo sguardo che si sposta da Inu a mio padre e Sesshomaru –quando riesco a metterli a fuoco-, finché non sento un formicolio e, finalmente, i miei poteri demoniaci ritornare.

Tiro un sospiro di sollievo e mi alzo in piedi, alzando le braccia verso l’alto e tirando tutti i muscoli; inoltre, c’è da dire che il mal di testa che mio fratello mi ha procurato qualche decina di minuti fa è praticamente sparito.

A proposito..

Mi volto verso Kagome e la vedo pacificamente seduta nell’erba, attorniata dai suoi libri scolastici.

-Kagome, ti serve?- chiedo, indicando un tomo di matematica che la ragazza fissa incessantemente, indecisa se studiare oppure no.

-Mmm.. non credo.- borbotta.

Io prendo in mano il librone e, con immensa soddisfazione, lo abbasso sulla testa di Inucchan.

-Trauma cranico per trauma cranico.- ghigno, evitando una sua zampata e rifugiandomi sul ramo di un albero dietro di noi.

-Dannazione a te, Ayame! Scendi giù che ti spacco il culo!-

Volgarità innanzitutto. –Accidenti, Inuyasha, che vocabolario forbito. Il papà non ti ha insegnato che ad una ragazza non ci si deve rivolgere in questo modo?- ghigno, continuando in contemporanea ad arrampicarmi sui rami dell’albero con la speranza che mio fratello non mi raggiunga. Evidentemente, lui non è della stessa idea: non so come, ma riesce ad afferrarmi una caviglia ed a scaraventarmi giù dal ramo su cui sono appoggiata; trasalisco per un attimo, ma mi blocco quasi subito a mezz’aria, sfruttando la mia capacità di volare.

-Non usare il sarcasmo con me.-

Gli faccio la linguaccia. –Sai che vivo di sarcasmo. E, ad ogni modo, hai iniziato tu.-

Vedo che mio fratello sta per ribattere qualcosa, ma Kacchan lo precede: -VOLETE PIANTARLA VOI DUE?- sbraita, stroncando il suo ragazzo sul nascere.

Guardiamo entrambi verso il basso, con un brivido di inquietudine che ci percorre la schiena, e vediamo che gli sguardi di tutti si sono spostati dalla battaglia a noi.

Ok, forse è meglio non dare nell’occhio.

Inucchan deve pensarla più o meno come me, perché salta pacatamente a terra e si accuccia di fianco alla sua ragazza, come un bravo cucciolo.

Pochi secondi dopo si sente un botto: aguzzo lo sguardo e vedo mio padre e Maru in piedi l’uno di fronte all’altro; entrambi abbandonano la posizione di difesa, segno che la lotta è finita, poi si stringono la mano.

-Mi piaci, ragazzo.- dice papà, sorridendo al demone davanti a lui. Io sorrido a mia volta, esultando mentalmente: mio padre approva il mio fidanzato. Wow!

 

Il resto della serata trascorre in modo abbastanza confuso: non riesco a mangiare quasi nulla, ma in compenso Inuyasha è in grado di ingozzarsi per dieci –e secondo me potrebbe benissimo finire le scorte di Miroku in mezzo secondo netto-, tanto che Kagome più di una volta è tentata di mandarlo con le orecchiette pelose nella polvere.

Rin ed io ridacchiamo e ci guardiamo complici e, al momento di andare a dormire, non posso fare a meno di stringerla a me prima di cadere tra le braccia di Morfeo.

-Ti voglio bene, Rin-chan.-

Lei mi stringe il braccio con le manine. –Anche io, tanto.-

Non mi rendo nemmeno conto dello spazio e del tempo che si deformano introno a me –e qui qualcuno potrebbe dire che i miei sensi di demone lasciano molto a desiderare- e quando mi sveglio mi ritrovo accoccolata tra le braccia di Maru, che sta camminando ai lati di un’autostrada.

Spalanco gli occhi ed emetto un gemito strozzato: -Quando siamo tornati?- borbotto, contorcendomi fino a che Sesshomaru non mi permette di scendere a terra.

-Una decina di minuti fa.- mi sussurra Maru, evitando accuratamente di fare incrociare i nostri sguardi.

Ci metto qualche secondo a recuperare l’equilibrio, ma riesco a scacciare le ultime tracce di rincoglionimento ed a camminare dietro il mio ragazzo; getto un’occhiata dietro di noi e vedo Kacchan e mio fratello teneramente abbracciati e con le dita intrecciate: faccio loro un cenno con la testa e torno a guardare avanti per lasciare un po’ di intimità.

Per la successiva mezz’ora nessuno di noi dice una parola, ognuno assorto nei propri pensieri. Alla fine, non sono riuscita a dire a mio padre chi sono veramente e nemmeno a parlargli o ad abbracciarlo come avrei voluto: ero convintissima di vederlo domattina, non appena mi fossi svegliata nell’epoca Sengoku. Così come ero convinta di vedere la piccola Rin, Kagome, Sango, Miroku, il piccolo Shippo. Rin.

Improvvisamente la consapevolezza si fa strada tra gli strati di confusione che mi offuscano la mente e sento le lacrime che minacciano di traboccare dai miei occhi. Rin. Papà. Non li rivedrò mai più, non potrò più parlare con loro, dir loro quanto li ami, incondizionatamente.

Mi porto le braccia attorno al corpo e stringo, quasi temendo di crollare da un momento all’altro a causa di un dolore sordo nello stomaco, che sa di rimpianto, mancanza e nostalgia.

Mi azzardo a lanciare un’occhiata a Sesshomaru, che sta camminando imperterrito davanti a me: ho l’istinto di domandargli cosa sia successo dopo che ce ne siamo andati –oltre agli altri mille quesiti che mi opprimono-, ma ho la decenza di tenere la bocca chiusa e di rispettare il suo silenzio.

Tuttavia, penso sia quando arriviamo nel punto in cui, settimane fa, abbiamo lasciato la sua macchina e non la troviamo, che il Demone Maggiore perde del tutto la pazienza: senza dire una parola prende le sue sembianze demoniache e si volta verso di noi, degnandoci di uno dei ringhi più impazienti che gli abbia mai sentito fare.

Inuyasha e Kagome mi guardando interrogativi ed io non posso trattenermi dal fare spallucce, avvilita. –Vuole che gli montiamo sul dorso.- borbotto atona, dando il buon esempio e issandomi sulla sua schiena, prima che a Sesshomaru venga in mente di mangiarci per saziare il suo nervosismo. Gli altri due mi seguono docili.

Sesshomaru si alza da terra e inizia a volare in direzione della nostra casa; normalmente sarei stata affascinata dal panorama che mi circonda –le nuvole, le stelle così vicine che sembra di poterle toccare, il vento tra i capelli, la velocità-, ma in questo momento mi limito ad abbassare la testa e a fissare le mie mani, che stringono forte un paio di ciuffi del pelo di Sesshomaru.

-Ayame, come stai?- mi sussurra Kagome, girandosi leggermente verso di me e lanciandomi un’occhiata preoccupata. Io non le rispondo, temendo che al posto della voce escano dei singulti, e mi limito a fare spallucce.

Non riesco a capire per quale ragione mi senta così: sapevo che prima o poi saremmo ritornati a casa e sapevo che non avrei più rivisto Rin per ovvi motivi, come sapevo che sarebbe stato tremendo avere mio padre intorno, anche se per poco. Razionalmente lo so, ma nel mio cuore è come se stessi rivivendo per la seconda volta la morte dei miei genitori.

Persa nei miei pensieri, non mi accorgo che Sesshomaru inizia a scendere verso terra e mi riscuoto solo quando poggia le zampe sul giardino di casa nostra. Ovviamente Inu e Izayoi sono già fuori che ci aspettano.

-Ragazziiiii- urla la mamma, cercando di abbracciarci tutti insieme, cosa che risulta impossibile per una donnina così minuta. I successivi cinque minuti sono colmi da abbracci, coccole, frasi di sollievo e tante, tantissime domande, soprattutto a Sesshomaru: ad un certo punto mi sembra quasi stordito a causa di tutto quell’affetto in un colpo solo.

Anche io vengo stritolata, prima da Izayoi e poi da Inu –anche se il suo abbraccio è un pochino più lungo e carico di significato- e, fortunatamente, lei riesce a farmi scappare una risata spontanea a causa dei suoi soliti gridolini fuori luogo.

Quando sembra che le acque si calmino decido di entrare in casa, desiderosa di godermi una lunga doccia dopo essere stata costretta per settimane a lavarmi quando capitava, ma vengo bloccata da Inuyasha: lo vedo prendere frettolosamente le mani di Kagome ed inginocchiarsi davanti a lei, con una velocità tale che mi fa pensare che temi di non avere più il coraggio di farlo se avesse perso l’occasione.

-Kagome..- inizia, guardandola intensamente negli occhi. -so che non sono la persona ideale con cui stare, che sono impulsivo, testardo e molte volte mi comporto da sciocco, facendoti arrabbiare e stare male. E so anche che il tempo che abbiamo da passare insieme non è molto, non lo è mai stato, ma quello di cui sono assolutamente certo è che voglio passare tutto questo tempo insieme a te. Se per te è lo stesso.. sposami.-

I miei parenti ed io tratteniamo in respiro –si, anche Izayoi si astiene da commenti!-, e rimaniamo in silenzio, aspettando trepidanti la risposta di Kagome; io mi aspetto di vedere la mia amica scoppiare a piangere come una fontana e saltare addosso ad Inuyasha, invece lei si limita a fissarlo negli occhi, senza imbarazzo, con uno sguardo talmente maturo e consapevole che mi sembra estraneo nella sua persona.

-Certo che voglio sposarti, Inuyasha.-

Alla fine, l’unica che piange come una fontana sono io.

 

E che credevo di aver finito tutte le mie lacrime per oggi.

Guardo il fiorellino rosso che mi ha regalato Rin con una stretta al cuore e, tra le lacrime, riesco ad infilarlo in una busta trasparente per evitare che si rovini ulteriormente.

Kagome se ne è andata via da un pezzo e io ho fatto in tempo sia a farmi la doccia sia a vedere Inuyasha felice come se avesse appena vinto alla lotteria. Egoisticamente, non riesco a condividere totalmente la loro felicità, non in questo momento in cui l’unica cosa a cui riesco a pensare è il tremendo cratere che sento nello stomaco; non so come ho fatto –e probabilmente quando riacquisterò un filo di razionalità me ne pentirò-, ma nell’ultima mezz’ora ho chiesto sia a mia madre, che a mio padre che, ovviamente, ad Inuyasha di lasciarmi sola: sebbene una parte di me senta il bisogno immenso di restare con la mia famiglia, l’altra metà si ribella a qualsiasi cosa che non sia il pianto e il desiderio di sbattere i piedi per terra come una bambina.

L’unico con cui vorrei parlare e l’unico che sarebbe in grado di capire il mio dolore è Sesshomaru, ma ne ha passate tante –e ne sta passando tante anche ora- che non posso pretendere si sobbarchi anche di una parte del mio dolore.

Mi asciugo le lacrime con la manica del pigiama, che ancora non mi sembra vero indossare, e cerco di concentrarmi su qualcos’altro: appena sono entrata nella mia stanza ho dovuto spalancare la finestra per cercare di fare entrare un po’ d’aria in un luogo che altrimenti mi sarebbe sembrato fin troppo opprimente. I disagi di aver vissuto per troppo tempo all’aperto.

Vorrei provare a dormire qualche ora, ma sono certissima che il sonno non arriverebbe neanche a pagarlo oro, sebbene sia stata una mattinata parecchio impegnativa: in tutta risposta, il mio stomaco brontola in maniera imbarazzante.

Decido allegramente di ignorarlo e mi accoccolo sul letto, stringendo forte il cuscino e cercando di trovare dentro di me quella forza e quella razionalità per venire fuori da questo stato apatico verso il quale, me lo sento, sto scivolando velocemente.

Non so quanto rimango in questa posizione –forse un’oretta o poco più-, ma vengo riscossa solamente da un insistente battito alla porta; inizialmente penso di far finta di riposare e di ignorarlo –come ho fatto e sto facendo tutt’ora per la fame-, ma sono costretta ad alzarmi quando sento la voce di Sesshomaru che mi chiama. Prima di aprire la posta esito qualche secondo per asciugarmi le lacrime dalle guance anche se, data l’occhiata che mi da il demone davanti a me, le tracce devono essere comunque ben visibili.

Ottima figura Ayame, complimenti.

Sospiro e cerco di abbozzare un sorriso. –Sesshomaru. Cosa ti serve?- borbotto, chiudendo nuovamente la porta a chiave con molta nonchalance.

Lui rimane in silenzio per qualche secondo. –Le tue spade sono in soffitta: le ho portate con me quando sono tornato ad abitare qui.-

-Oh.- sussurro sorpresa, guardandolo con tanto d’occhi. –Le hai tenute per me.-

-Certo.- mi risponde lui, con un certo tono di ovvietà, andando a sedersi sul letto e facendomi cenno di imitarlo. Vedere il connubio Sesshomaru-mio letto è sempre un colpo al cuore, devo ammetterlo.

Mi siedo vicino a lui, leggermente a disagio, ma sorrido sinceramente quando Maru mi circonda le spalle con un braccio e mi attira a sé. Lo abbraccio a mia volta, rabbrividendo nel sentire il suo profumo di neve e inverno, mentre i suoi capelli mi coprono la spalla: mi sembra quasi di precipitare in una dimensione parallela, in cui ci siamo lui ed io soltanto.

-Manca molto anche a me.- sussurra ad un certo punto, con la voce attutita dal fatto che ha il viso immerso nei miei capelli.

Mi aspetto di sentire le lacrime premere di nuovo per uscire, tuttavia i miei occhi restano asciutti: non so se sia perché non ho più niente da piangere o perché con Sesshomaru non ne ho bisogno.

Non rispondo, perché non c’è bisogno di parole, e rimango ferma con la testa sulla sua spalla, ad ascoltare il battito regolare del suo cuore. So che il peso della mancanza e della nostalgia graverà per parecchio sulla mia anima, specialmente a causa della mia tendenza a rimuginare molto sulle cose e a non darmi pace, ma sono convinta che con Maru al mio fianco –in grado di capire il mio dolore e di condividerlo- sarò in grado di superare tutto. Saremo in grado di superare tutto insieme.

-Cosa è successo quando siamo andati via?- sussurro, dopo qualche minuto di silenzio.

Sesshomaru fa un sospiro talmente leggero che quasi penso di essermelo immaginato. –Abbiamo continuato la nostra ricerca di Naraku. Tutto è andato come doveva andare.-

Annuisco, sollevata: ora ho la certezza che il nostro viaggio nel tempo non ha causato troppi casini. –E.. mio padre?-

-Loro se ne sono andati il giorno stesso insieme ad Inuyasha, ma da quel che so si sono separati subito. Tuo padre deve essere tornato in Europa.-

Io sorrido, intenerita. –E’ lì che ha conosciuto mia madre, a Londra. Qualche anno più tardi.- “qualche”.

Maru mi da un bacio sulla fronte e io alzo la testa, per unire le mie labbra alle sue: non ho il coraggio di chiedergli di Rin e non avrei nemmeno il coraggio di sentire la risposta, probabilmente.

Cerco dentro di me quell’entusiasmo e quella voglia di vivere così tipici di lei e li afferro flebilmente; poi mi alzo e spingo Sesshomaru sul mio letto, mettendomi a cavalcioni su di lui e tornando a baciarlo con una risatina.

Lui per tutta risposta mi stringe i fianchi con forza, prima di mordermi il labbro e ribaltare le posizioni con un colpo d’anca; così, mi ritrovo schiacciata tra il materasso e il suo corpo, con la sua bocca che mi toglie il fiato e lo stomaco che mi si stringe in una morsa di piacere.

Sospiro e mi abbandono a lui: spero solamente che i nostri genitori non ci sentano!

 

 

(Ultimo) angolino dell’autrice: Buonasera e grazie a tutti per essere arrivati fin qui! Anche questa avventura è finita dopo tanto tempo e l’unica cosa di cui mi dispiaccio è di non essere stata abbastanza veloce. Sono una fan dei lieto fine e questo non è da meno: chissà che Sesshomaru e Ayame riescano a passare un bel po’ di tempo tranquilli adesso.

Grazie ancora se avete finito di leggere questa storia fino alla fine. Vi adoro.

Un abbraccio enorme,

Sami

 

  
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