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Autore: Chiaro_di_Luna07    15/01/2018    0 recensioni
"Amami o odiami, entrambi sono a mio favore.
Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore,
se mi odi, sarò sempre nella tua mente."
(Sogno di una notte di mezza estate)
[Personaggi: Jhin, Nuovo Personaggio; scusate non sono riuscita a trovarli nell'elenco TT-TT]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11.CAP10

“Voi conoscerete la verità, e la verità vi renderà folli.
(Aldous Huxley)

 

Assorto nei suoi pensieri, Klein osservava distrattamente il paesaggio verdeggiante di Ionia sfrecciare davanti ai suoi occhi; il giorno prima era partito da Tuula insieme a Shen e Hanzai, con destinazione la sede segreta dell’alto Consiglio di Ionia, ove avrebbe riferito presto il resoconto della riunione precedente; tuttavia Hanzai si era separato da loro, poco dopo che i Guardiani li avevano lasciati soli, dichiarando che avrebbe dovuto occuparsi di alcune questioni e sarebbe partito con un giorno di ritardo. Sapeva che qualcosa gli stava sfuggendo dalle mani, così come era accaduto quattro anni prima, eppure non riusciva ad identificare l’ingranaggio impazzito che avrebbe rischiato di rovinare quell’equilibrio che lui e Roak stavano cercando di mantenere durante la guerra. Improvvisamente il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalla fermata brusca della carrozza; estremamente infastidito e convinto che ad interrompere il suo viaggio fosse stato un futile motivo, scese dalla carrozza seguito da Shen per andare a parlare con il conducente. Si accorse che intorno alla carrozza si era creata una strana foschia oscura e si era levato un insolito vento gelido; Klein rabbrividì quando scorse il cocchiere chino su sé stesso, come fosse svenuto e i cavalli e Shen trovarsi nello stesso stato dell’uomo.

Di fronte ai suoi occhi, dalla foschia oscura prese forma un uomo incappucciato; spaventato e percepita la minaccia, Klein fece per scappare ma il suo corpo non rispose ai suoi ordini e fu costretto a vedere la figura avvicinarsi e allungare una mano artigliata sulla sua spalla.

-Non abbia così fretta, mio caro Klein… –

La voce dell’uomo era profonda e rauca, al punto che ogni parola sembrava fendere l’aria circostante; sotto il cappuccio Klein scorse due occhi scarlatti, spietati e emananti una insaziabile sete di sangue, le labbra dell’individuo erano curvate verso l’alto e nel momento in cui aveva parlato, avevano rivelato due lunghi incisivi affilati come quelli di un demone. Klein riuscì a intravedere una lunga treccia di capelli sotto il cappuccio e alcune ciocche nere come gli abissi ricadere sul viso dello sconosciuto; tuttavia un particolare che lo sorprese fu il suo mantello, aveva la stessa forma e gli stessi intarsi di quello dei due Guardiani, ma di colore nero e con sopra la decorazione di un enorme teschio a forma di un ariete: che fosse un Guardiano?

-Sei un Guardiano? – chiese titubante Klein.

-Non le ho permesso di farmi domande, Klein. Avrà ogni spiegazione durante il viaggio –

A quelle parole l’uomo lo incitò a rientrare nella carrozza, insieme a Shen il cui corpo svenuto si muoveva per effetto di uno strano incanto e quando la porta della carrozza fu richiusa, con un abile schiocco di dita, il suo incantesimo si sciolse e il mezzo riprese il suo viaggio. Klein rimase in silenzio, mentre scrutava i tatuaggi che l’uomo aveva sulle sue mani: chi era? Il suo istinto lo spinse a indagare sulle sue intenzioni.

-Cosa vuoi da me? –

-Io? Io sono qui per proporle un patto – rispose l’uomo ghignando malvagiamente.

 

 

 

Quella mattina le strade di Tuula erano affollate da miriadi di persone che si spostavano da un negozio a un altro; Hadmon e Selene passeggiavano in tranquillità per le vie del paesino, aventi come unica destinazione il piccolo dojo del maestro Hanzai, situato alle spalle della piazza su cui si ergeva l’alta pagoda al centro di Tuula. Ana aveva spiegato loro che nei due giorni a seguire ci sarebbe stato il festival per festeggiare l’arrivo dell’estate in occasione del raro evento della luna di Sangue; pertanto in quell’occasione ogni abitante acquistava degli abiti caratteristici e addobbi in occasione dei festeggiamenti. Selene guardò Hadmon e sorrise della sua espressione crucciata, come al solito odiava i posti affollati e soprattutto essere spintonato costantemente dai passanti intenti a superarli. Il dragone sbuffò e lei riprese ad osservare il cielo azzurro, correndo con la mente alla mattina stessa; infatti con immensa sorpresa, al momento del suo risveglio Selene si era accorta di essere sdraiata nel suo letto, al punto che aveva dubitato di aver passato la notte insieme al pistolero. Tuttavia non appena era uscita dalla sua stanza con indosso il suo mantello e la sua armatura, aveva incontrato Jhin il quale l’aveva saluta gentilmente e le aveva chiesto come si sentiva quella mattina stessa. Sebbene Selene sentisse ancora il peso della notizia di suo padre gravare pesantemente sul suo cuore, aveva confessato con estremo imbarazzo, che quella notte, in cui aveva smesso di formulare pensieri l’aveva risollevata molto; quella mattina infatti, si sentiva un po' più tranquilla e non poteva negare che, sebbene quel lato umano di Jhin l’avesse estremamente sorpresa, l’aveva allo stesso tempo avvolta con un calore che fino ad alcuni giorni fa non gli avrebbe mai attribuito. Tuttavia la notizia di suo padre l’aveva sconvolta e sebbene desiderasse vendicare la sua morte, doveva cercare di farsi coraggio e proseguire sulla sua strada, nonostante compisse un immenso sforzo nel trattenere le sue lacrime e impedire che la tristezza si facesse largo in lei.

Poco prima di arrivare presso l’abitazione di Hanzai, Hadmon si voltò come se alle loro spalle una presenza oscura li stesse osservando silenziosamente, seguendoli. Selene parve percepire la sua preoccupazione, e si voltò nella sua direzione, chiedendogli se anche lui aveva percepito la strana presenza di qualcuno che li stesse seguendo; di tutta risposta Hadmon aveva annuito, fermandosi qualche minuto di fronte all’entrata del dojo di Hanzai.

-Qualcuno dell’Ordine di Zwey è arrivato a Ionia, e ha intenzione di seguirci fino a casa- osservò Hadmon, comunicando la notizia a Selene tramite le sue abilità telecinetiche.

Selene annuì e chinò il capo, sentendo la tristezza e il dolore del giorno precedenti tramutarsi in rabbia; Hadmon le pose una mano sulla spalla e la avvicinò al suo petto, prima di sussurrarle che la vendetta non avrebbe colmato il suo vuoto. Selene nascose il viso nell’incavo del collo di lui e sospirò pesantemente: aveva ragione il suo compagno, lei ormai era la sovrana dell’Isola e non poteva abbandonarsi all’ira. Quando fu più tranquilla si separò dall’amico e lo ringraziò per le sue parole, in risposta Hadmon le sorrise dolcemente e poi bussò alla porta di Hanzai.

Di fronte a loro si materializzò la figura del maestro, il quale sorrise affettuosamente non appena li vide, invitandoli subito ad entrare. L’interno del dojo prevedeva un morbido tatami su cui era disposto un tavolino con sopra delle tazze per il tè e ai lati di quello che doveva essere il salotto vi erano due porte scorrevoli: una conducente alla cucina e l’altra alla stanza da letto. Sulle pareti vi erano decorazioni floreali e infine opposta all’entrata vi era l’accesso a un piccolo giardino con al centro un lago. Selene e Hadmon apprezzarono la semplicità del luogo e la pace che esso trasmetteva; così in silenzio si sedettero a terra su dei cuscini, di fronte al tavolino e Hanzai si mise di fronte a loro.

-          Vi ho chiamati qui per porgermi le mie scuse per quanto accaduto ieri- osservò Hanzai, sorseggiando del tè – purtroppo la guerra sta creando molte tensioni interne al Consiglio Supremo, Klein dal canto suo teme di poter fallire e di aver compiuto un errore liberando il Demone d’Oro. Shen invece non ha mai tollerato la sua scarcerazione, non ha mai accettato la sua presenza, per lui doveva morire quattro anni fa –

Di fronte alle ultime parole di Hanzai, Selene e Hadmon si scambiarono un’occhiata di intesa: quello era il momento per chiedere maggiori chiarimenti circa il fantomatico incidente di quattro anni prima.

-Cosa è accaduto quattro anni fa? – chiese Hadmon, incrociando le braccia.

-Un incidente che ha coinvolto Jhin, Shen e Zed… nella notte di quattro anni fa, Khada Jhin che era al servizio del Consiglio e di Klein fu punito per aver infranto un divieto che gli era stato imposto…- disse Hanzai a grandi linee, indeciso se rivelare o meno le vicende di quella notte.

-Chi è Joanna? – chiese Selene, ricordando le parole di Roak e Shen – sia il sovrano di Vindor sia Shen la hanno citata ieri nelle loro frasi –

Dopo un breve periodo di silenzio Hanzai sospirò e decise di parlare.

-Temo di non potervi nascondere più nulla. Quattro anni fa, vi era una donna di Ionia accusata dal Consiglio di spionaggio per conto di Noxus, il suo nome era Joanna; a priori nessuno di noi sapeva se l’accusa fosse fondata o meno, ma gli anziani del Consiglio Supremo, ci ordinarono di tenerla sotto controllo e il compito fu affidato a Khada Jhin. In collaborazione con l’ordine di Kusho, Jhin eseguì quanto gli veniva richiesto, cercava di estrapolare alcune informazioni circa il ruolo della donna a Ionia; gli fu imposto un unico divieto, nessuna forma di affetto si sarebbe dovuta formare tra lui e Joanna…-

A quelle ultime parole, Selene deglutì a vuoto sentendo come un groppo all’altezza della gola che non riusciva a mandare giù: un’insolita gelosia si era fatta largo nel suo cuore insieme a un immenso dispiacere.

-… Già potete immaginare che questo divieto fu infranto da entrambi; inizialmente Jhin si presentò da me spiegandomi che le accuse che erano state fatte a Joanna erano infondate e mi supplicò di sollevarle da lei. Shen che era presente insieme a me, replicò che quella richiesta era inaccettabile e che prima Klein stesso avrebbe dovuto verificare le sue parole; Shen e Jhin non hanno mai avuto buoni rapporti se non conflittuali, inutile dire di Zed e Jhin. Era una fredda mattina di dicembre, Jhin si presentò nuovamente da me, chiedendo spiegazioni sulla condanna a morte di Joanna: Klein per non correre alcun rischio insieme a Roak, avevano deciso di ucciderla. Fu a quel punto che mi confessò di aver infranto il divieto e quindi, di non poter eseguire l’eventuale ordine di giustiziarla. Il pomeriggio stesso io mi presentai in Consiglio e cercai di convincere tutti i presenti che non era una buona scelta, ma nessuno mi diede ascolto e nel tentativo di smuovere i loro gelidi cuori, dichiarai che tra i due era ormai nato un legame profondo di affetto. A quella notizia Zed, Shen e Kusho trasalirono e Klein ordinò subito di giustiziare la donna la notte stessa, a farlo sarebbe dovuto essere Jhin…-

-Perché ucciderla? Se non era veramente una spia perché Klein non ha scelto di fidarsi di lui? -  chiese Hadmon sconcertato.

-Il potere mio caro Hadmon, ci trasforma, ci rende bestie e ci fa commettere errori che si imprimono nella nostra carne a vita. Klein quella sera ordinò di fronte a tutti, che se Khada Jhin non fosse stato in grado di giustiziarla allora sarebbe dovuto essere punito per le sue azioni scorrette ed eventualmente ucciso. Quando rientrai al tramonto Jhin si ripresentò da me chiedendomi se la riunione era andata a buon fine, ma quando comunicai il verdetto lui fu preso dalla rabbia e dal disprezzo, mi accusò di aver rivelato una confidenza a Klein e di aver tradito la sua fiducia; dopo di che tornò alla sua abitazione…-

-Cosa accadde quella notte? – incalzò Selene, sentendo il groppo in gola divenire più pesante.

-Personalmente non so cosa accadde di preciso, questo può solo descrivertelo Khada Jhin stesso; so che quella notte Joanna fu assassinata. Quella notte non morì solo un’innocente, ma nacque il Demone d’Oro; Jhin non perdonò mai le nostre azioni, come biasimarlo, e su ognuno di noi fece cadere il suo marchio che si estinguerà solo con la morte. Quella notte, lo abbiamo privato di ogni cosa, abbiamo distrutto un uomo e abbiamo creato un mostro, il cui estro artistico avrebbe trovato sfogo solo nella morte dei marchiati. Nei successivi anni Jhin assassinò molteplici membri del Consiglio, trucidò le loro famiglie; la sua sete omicida e la sua follia, trovavano pace solo con la morte. Presto iniziò a uccidere anche innocenti, finché non si diffuse il terrore in tutta Ionia, se la patria che lui aveva servito lo aveva privato di tutto allora su di essa si sarebbe riversata tutta la sua rabbia; Shen, Zed e Kusho gli diedero la caccia per anni, finché non lo catturarono e lo imprigionarono. Nel periodo di prigionia, non so dirti che trattamento gli fu riservato, posso solo immaginare… tuttavia in quegli anni la follia di Khada Jhin colpì anche il fratello di Shen, il quale già avviato alle arti oscure, nel momento in cui seppe che Jhin non sarebbe stato ucciso lasciò l’ordine; Kusho perse la sua luminosità in tutti quegli anni di ricerca e Shen, riversò su di lui tutto il suo odio, giurando che non l’avrebbe mai perdonato. Successivamente Jhin rimase in prigione per due anni, non rivelò niente di sé stesso e non permetteva a nessuno di avvicinarsi; il continuo lo potete già immaginare: Noxus ha continuato nella sua guerra e continuerà finché noi non cadremmo in ginocchio, pertanto Klein sollecitato dal Consiglio Supremo, scelse di liberarlo e di richiamare qualcuno che potesse sorvegliarlo adeguatamente. Qui entrate in scena voi, miei cari Guardiani e il resto della storia lo conosciamo tutti e tre…-

Hadmon e Selene rimasero sconvolti dal racconto dell’anziano, entrambi ebbero conferma che il Consiglio di Ionia non era stato così onesto con loro; Selene trovò imperdonabili le azioni di Klein contro Jhin, in quel momento si sentiva estremamente dispiaciuta per la volta in cui aveva accusato Jhin di essere un vigliacco nell’averla allontanata. Sebbene volesse chiedergli cosa fosse accaduto la notte dell’incidente, in quel momento non riusciva a non trattenere la rabbia per quegli omicidi commessi: poteva solo immaginare tutto il dolore che aveva provato e che lui stesso diceva di conoscere così bene. Accanto a lei Hadmon aveva stretto i pugni per trattenere la rabbia nell’essere stati usati come pedine, senza aver avuto precedentemente le spiegazioni che gli spettavano di diritto; avrebbe dovuto credere a Jhin sin dal primo istante in cui aveva detto che Klein nascondeva le sue mani sporche di sangue e li manipolava come pedine.

-Questa cosa è inaccettabile! Come avete osato?! – esclamò Selene, sorprendendo Hadmon per la sua reazione.

-Klein è accecato dal potere, attende di essere nominato membro del Consiglio Supremo, e nel frattempo ogni minimo rischio lo sopprime sul nascere anche se non ce ne è bisogno – sussurrò Hanzai dispiaciuto.

-Cosa farete a Jhin quando il nostro incarico sarà terminato? - chiese Hadmon.

Per qualche minuto Hanzai rimase in silenzio e i due Guardiani compresero le intenzioni di Klein circa la vita di Jhin; Selene sentì gli occhi pizzicare e delle lacrime furiose percorsero le sue guance: non voleva perdere anche lui oltre a suo padre. Hadmon vide il suo dispiacere e le passò una mano dietro le spalle per rassicurarla, riconoscendo che anche lui non avrebbe mai permesso che Jhin venisse ucciso.

-No… non potete farlo! Non avete il diritto così come non avreste dovuto tenerci all’oscuro di tutto, manipolandoci come burattini! – disse Selene, mettendosi in piedi.

-Selene mi ascolti, Klein agirà così ma noi troveremo il modo di non far accadere una cosa del genere. Ho un debito aperto con quell’uomo, devo ripagarlo, e io stesso non posso tollerare una tale crudeltà – osservò Hanzai.

-Come intendete agire? – chiese Hadmon, apprezzando le parole della compagna.

-Per ora attenderemo una mossa di Klein, vedremo cosa dirà il Consiglio Superiore; successivamente studieremo l’evoluzione degli eventi e agiremo. In ogni caso bisognerà aspettare, nel frattempo dovrete svolgere il prossimo incarico –

Hanzai porse una missiva a entrambi e Hadmon la prese, infilandola in una tasca nella lunga giacca di pelle che indossava. Il maestro spiegò loro che quell’incarico era di importanza fondamentale, il successo di quella missione avrebbe potuto cambiare le sorti del paese e anche salvare Jhin dal suo destino. A quelle parole entrambi si illuminarono e la loro espressione soddisfatta fece sorridere l’anziano, il quale curvò le labbra sotto i pesanti e lunghi baffi bianchi.

In silenzio li accompagnò all’uscita, spiegando che quella mattina stessa sarebbe partito e avrebbe preso parte il giorno successivo alla riunione del Consiglio Supremo, promettendo loro che avrebbe fatto il possibile per mettere una buona parola a favore del pistolero. I due Guardiani lo ringraziarono e si congedarono, non appena furono sulla soglia della porta, prima che andassero via Hanzai li richiamò un’ultima volta.

-Fate attenzione –

-Stia tranquillo, grazie ancora per il suo aiuto. Prenda questo – osservò Hadmon, porgendogli un amuleto con sopra un occhio scarlatto e la scaglia violacea di un drago -per qualsiasi cosa, può richiamarci con questo. Lo usi in caso di pericolo e nel caso necessiti del nostro aiuto –

-Lo farò, grazie mille. Fate un buon rientro – disse Hanzai, posando una mano sulle spalle di entrambi per poi congedarli definitivamente.

Mentre passeggiavano per i viali della città Selene e Hadmon discussero sulle parole di Hanzai; in cuor suo Hadmon sapeva che la compagna ancora stava riflettendo sulla probabile condanna a morte di Jhin, di fatto lui conosceva troppi particolari scomodi che Klein non avrebbe mai voluto far venire a galla, alcuni dei quali loro non conoscevano proprio. Sebbene come Guardiani avessero il divieto di interferire in questioni strettamente politiche non legate all’ordine del paese stesso, non avrebbero potuto lasciare che potesse accadere una cosa del genere, nonostante le azioni di entrambe le parti fossero state poco corrette.

Improvvisamente Selene, mentre passeggiava si ritrovò avvolta dalle tenebre e posta di fronte agli occhi scarlatti Thanatòs; deglutì a vuoto e si fece coraggio nell’affrontarlo: cosa voleva da lei? La creatura allungò la sua mano artigliata su di lei, ma bloccò il suo artiglio pronto a perforare il suo cuore. Non ancora, non le avrebbe strappato il suo cuore.

-Sei audace rispetto alle ultime volte, Selene – ringhiò la creatura, mostrando il suo ghigno diabolico e i suoi denti affilati come lame.

-Cosa vuoi da me? – domandò Selene, voleva sapere di più sul patto che avrebbe dovuto stringere con lui.

-Parlare, stranamente a quanto tu possa pensare – osservò Thanatòs, assumendo una forma umana e avvicinandosi a lei.

Di fronte a lei, il Demone prese le forme di un uomo alto e slanciato, il viso sottile su cui spiccavano gli occhi scarlatti, naso all’insù e sottili labbra come lo stelo di una rosa; infine morbidi e scarmigliati capelli corvini lunghi fino alle spalle, ricadevano sul viso. Indosso aveva un lungo mantello nero e un cappuccio, lasciando in vista il suo torace su cui spiccava un grande amuleto alato con al centro un occhio rosso sangue, infine aderenti pantaloni neri e alti stivali su cui erano fissati affilati aculei; sulle braccia vi erano avvolte lunghe catene e sotto esse spiccavano i tatuaggi che lei stessa aveva, ovvero i suoi sigilli. A partire da essi si diramavano sul suo collo lunghe scritte arcaiche rosso sangue; improvvisamente Thanatòs sollevò la mano e fece apparire lo scettro degli abissi, e contemporaneamente ad esso apparve il cranio di un dragone sul suo capo e sulle sue spalle, e la spina ossuta e la coda della bestia lunga fino al fondoschiena. Sebbene Selene non avesse abbandonato la difensiva, rimase estremamente sorpresa dalla rivelazione del Demone e dal fatto che questi si fosse mostrato a lei nella sua forma umana; fu un istante e lo ritrovò di fronte a sé, lei indietreggiò impaurita.

-Non ti darò il mio cuore – disse Selene, vedendo l’altro ridere divertito.

-Non mi interessa in questo momento, mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro – ribatté la creatura, scuotendo il capo e proseguendo – Zwey è a Ionia, ti sta raggiungendo e mira a prendere possesso di me. Non intendo cadere nelle mani di quel pazzo, perciò sarò disposto a collaborare con te finché non lo faremo fuori. Dopo di che il tuo cuore mi spetterà di diritto, nel frattempo avrai a disposizione il mio potere –

-Sai bene che non posso farne uso? Morirei e farei il tuo gioco –

-Posso offrirti la vendetta Selene, la sua morte e la sua testa su un piatto d’argento, se solo me lo chiedessi – disse Thanatòs ghignando maliziosamente.

-Non ne ho bisogno, grazie –

-Non puoi mentirmi, conosco il tuo cuore meglio di chiunque altro e so che desideri ucciderlo. Non è così Selene? Non puoi mentire al dio della morte – ringhiò l’uomo, afferrandole il mento con la mano artigliata.

-Ti sbagli! Non voglio vendetta, voglio solo che paghi per tutti i crimini che ha commesso e lo farò senza cadere vittima dei tuoi tranelli – disse Selene, poi afferrò il suo cappuccio – se avrai intenzione di collaborare con me senza che tu mi uccida, allora stipulerò un patto con te –

Thanatòs sgranò gli occhi, sorpreso dalla estrema audacia di Selene; rise per l’immenso coraggio della donna nel parlare di pratiche che lei non conosceva minimamente.

-Non conosci affatto cosa stai chiedendo, non sei in grado di reggere il mio potere e tutto il dolore e la sofferenza che io stesso ho patito per anni. A malapena riesci a reggere la tua –

-Non sottovalutarmi, sono disposta a sostenere ogni peso, pur di collaborare con te. Io non ho intenzione di morire e lasciare il mio paese in mano a un folle, te non hai intenzione di essere sigillato di nuovo in un corpo di un altro Guardiano –

Nuovamente il Demone rimase in silenzio; negli occhi ghiaccio di lei colse la risolutezza, così incrociò le braccia e rifletté su quella proposta. La sua forza di volontà le ricordò l’unico Guardiano che aveva provato ad avvicinarsi a lui e a quel pensiero sorrise tra sé e sé; l’altra parve notare il suo sorriso e rimase sorpresa, temendo di essere presa di nuovo in giro da lui. Incrociò le braccia e scosse il capo, porgendole lo scettro.

-Hai perfettamente ragione. Staremo a vedere cosa sei in grado di fare Selene, mi piace la tua determinazione… mi dovrai convincere, nel frattempo voglio provare a collaborare con te ma sappi che un passo falso e io ti divorerò – disse minacciosamente sorridendo e mostrando i suoi incisivi lunghi e affilati.

-Come saprò che lo farai? – chiese di getto Selene, afferrando la sua mano e percependo il suo potere iniziare a pervaderla.

-Lo sto già facendo… - rispose l’altro consegnandogli la sua arma: il primo passo del contratto – corri alla tua casa ragazzina, i sicari di Zwey la stanno invadendo e assassineranno chiunque li intralcerà. La domestica e l’altro umano non possono fermarli -

Detto così la creatura scomparse, Selene afferrò il suo scettro e sentì parte del potere di lui fluire attraverso il suo corpo a partire dalle cicatrici; di botto fu riportata alla realtà e si accorse che erano quasi arrivati a destinazione. Improvvisamente si accorse che Hadmon l’aveva chiamata per tutto il tempo che era rimasta intrappolata davanti a Thanatòs e subito si voltò.

-Selene, ti senti bene? Sei rimasta in silenzio tutto il tempo – osservò Hadmon.

-Ti spiegherò tutto più tardi, Thanatòs mi ha detto che i sicari di Zwey hanno raggiunto la nostra casa. Probabilmente l’uomo che ci seguiva ha capito dove abitiamo – disse Selene, sentendo la preoccupazione e la rabbia montare in lei.

Molto velocemente Hadmon, agitò la mano destra finché non apparirono simboli arcaici che si deposero a terra; fu un istante e una nube blu notte li avvolse e furono teletrasportati di fronte all’entrata della casa. Selene corse all’interno della casa giusto in tempo per vedere un accolito incappucciato allungare il suo coltello su Ana, posta di spalle e incurante del pericolo dietro di lei; Hadmon si voltò rimanendo sull’uscio della porta scorgendo tre figure mascherate materializzarsi da portali rosso fuoco e correre nella sua direzione. Nel frattempo Selene aveva sfoderato i suoi pugnali, con un calcio aveva colpito il capo dell’assassino e poi lo aveva colpito alla gola senza pietà; sentiva la rabbia scorrere nelle sue vene, mista all’odio: non avrebbe permesso a nessuno di loro di portargli via altre persone a lei care. Ana non appena si era accorta di lei e del corpo sanguinante dell’uomo aveva gridato per lo spavento; Selene le diede indicazioni di chiudersi nella sua stanza, lì sarebbe stata al sicuro e lei, lacrimante, la prese subito in parola.

-Selene! –

Sull’entrata di casa Hadmon la chiamò frettolosamente, lei corse da lui giusto in tempo per vedere al centro del giardino i tre seguaci di Zwey correre verso di loro e sfoderare le loro armi; improvvisamente entrambi videro i tre uomini inciampare in una trappola sotto i loro piedi a forma di fiore di loto. I loro piedi erano stati trapassati da uno dei petali in acciaio, dopo di che il fiore aveva iniziato a roteare su sé stesso finché poi non era esploso ferendoli con i suoi petali mortali; gli accoliti presi dalle ferite sanguinanti sulle loro gambe, rimasero immobili non accorgendosi di qualcuno che dall’alto della abitazione era pronto a far fuoco su di loro. Selene comprese che era opera di Jhin e si voltò verso la finestra della sua stanza che dava sul giardino, si era affacciato: aveva messo un piede sul bordo della finestra, imbracciato la sua arma dopo di che aveva fatto fuoco sui tre uomini colpendoli in testa. I tre accoliti ricaddero all’indietro, privi di vita e con metà cranio distrutto dall’esplosione dei proiettili. Purtroppo però lo scontro era appena iniziato; infatti non appena Jhin li raggiunse, di fronte a loro apparve un portale da cui si materializzò il sicario più fidato di Zwey: Ethan, l’uomo a cui venivano commissionati i lavori più crudeli e difficili. Sebbene Selene avesse promesso a sé stessa di non farsi prendere dalla rabbia, non appena lo vide, l’odio e la furia si fecero largo in lei: voleva la sua testa e la sua anima che avrebbe dato in pasto a Thanatòs. Strinse i pugni sui suoi pugnali, quando vide l’altro togliere il suo cappuccio e rivelare la sua identità; Ethan era alto e aveva un fisico ben allenato su cui aderiva la casacca nera dell’Ordine di Zwey, i suoi occhi ambrati erano attraversati da simboli arcaici, così come il suo naso perfettamente dritto e le sue labbra. Inoltre indossava un lungo mantello nero sotto cui erano nascosti la cintura con le sue spade, i pantaloni in pelle e alti stivali in cuoio. Selene sapeva che i simboli che aveva sparsi su tutto il corpo erano sinonimo del fatto che anche lui era stato inizializzato da tempo al rito oscuro di Zwey, attraverso il quale i suoi adepti ricevevano poteri incommensurabili a patto che la loro vita venisse risucchiata piano piano dal sigillo, finché poi la loro anima non cadeva nelle mani di Zwey stesso che le divorava, potenziandosi. Di fatto l’unico suo scopo era di diventare talmente potente da poter controllare Thanatòs anche contro il volere del demone stesso, ma questo lei non lo avrebbe permesso.

-Attendevo da tempo di incontrarti, mia cara regina – disse Ethan, sollevando le braccia e creando dei portali da cui si materializzarono due bestie oscure alte e dall’aspetto mostruoso: occhi rossi, denti affilati, muso lungo simile a quello di un lupo, lunghe corna e un corpo robusto su cui aderiva un’armatura ricca di aculei – è un peccato doverti uccidere, così come Zwey ha fatto con tuo padre –

Selene serrò la mascella e sentì gli occhi pizzicare per le lacrime; avrebbe posto fine al ciclo di violenza e morte che era nato con l’ordine di Zwey, per quanto dolore e sacrificio potesse costarle avrebbe terminato le loro esistenze e con loro i riti proibiti che praticavano. Avrebbe affrontato da sola Ethan, mentre i suoi compagni avrebbero affrontato le bestie; voleva vendicare la morte di suo padre, fargli pagare per averla privata di un affetto a lei così caro.

-Mi occuperò io di lui – disse Selene, facendo un passo avanti.

-Selene, è rischioso…– obiettò Hadmon, prima di essere interrotto da Jhin il quale aveva sollevato una mano nella sua direzione e aveva scosso il capo.

Jhin conosceva alla perfezione i sentimenti che agitavano il cuore di Selene; il tentativo di contenere la rabbia e l’odio, la coscienza che la vendetta dava solo origine a un ciclo di morte, insoddisfazione e dolore, e che di certo non avrebbe riportato in vita i morti. Sapeva che lei stava scacciando via quei pensieri nel tentativo di contenere la sofferenza, eppure rimase sorpreso dalla sua espressione calma e decisione che aveva dipinte sul volto mentre fronteggiava l’assassino. In cuor suo sperava solo che non avrebbe rischiato la vita in quello scontro, e se fosse accaduto lui avrebbe fatto il possibile per aiutarla.

Prima di proseguire oltre Selene sentì la voce di Thanatòs nella sua mente chiamarla ma differentemente dalle altre volte il suo tono di voce non era ammaliatore bensì quasi amichevole. Percepì i suoi sigilli bruciare e da essi vide levarsi un fumo nero da cui prese forma la figura umana del Demone che si manifestò in piedi di fronte a lei. Hadmon fissò il fratello con occhi sgranati, non avrebbe creduto di poterlo vedere lì in quella situazione.

- Cosa diavolo ci fai qui tu? – chiese Hadmon, sulla difensiva, vedendo il fratello sollevare una mano e rivolgersi alla Guardiana.

-Per questa volta collaborerò con te Selene, ma dato che io e te non abbiamo un patto sfrutterai il mio potere per un tempo limitato prima che il tuo corpo possa risentirne – spiegò Thanatòs, lasciando apparire nella sua mano il coltello in manico d’osso che aveva anche Selene – termineremo lo scontro prima che scada il tempo –

Detto così il Demone prese la mano sinistra di Selene su cui era presente la cicatrice tramite la quale evocava le creature sotto il suo dominio, la incise e si portò alle labbra la mano per berne il sangue; la Guardiana sussultò non appena l’altro, inciso il suo palmo della mano la costrinse a bere il suo sangue dal colore nero pece. Fu un istante e non appena fluì nel suo corpo, percepì la gola e i sigilli bruciare; di fronte a lei il Demone sorrise e si dissolse in una nube nera per prendere la forma di un’armatura di ossa: il teschio di un dragone sul capo, la lunga spina dorsale disposta sulla schiena con tanto di coda affilata, un mantello nero con cappuccio che copriva il suo capo e i suoi capelli argentei con alcune ciocche divenute nero pece; i suoi occhi erano divenuti del colore del sangue e sotto di essi si erano definite lunghe linee scarlatte e nere che si estendevano lungo le sue guance per giungere fino al collo; infine le sue unghie erano divenute lunghe e affilate come quelle del Demone e tra le sue mani era apparso lo scettro degli Abissi. Selene percepiva il suo corpo più leggero e allo stesso tempo più forte, una sensazione diversa da quando Thanatòs aveva preso possesso del suo corpo, di fatto stavolta le anime contenute nel corpo del Demone non minacciavano di inghiottirla, anzi non ne avvertiva la presenza. Osservò le sue mani, su di esse i sigilli si erano espansi e avevano assunto una tonalità rosso fuoco, ed erano arrivati fino al suo viso; strinse lo scettro e si preparò ad affrontare il suo avversario. “Cerca di far valere il mio sforzo di lavorare con te ragazzina, non voglio finire nelle mani di un pazzo” disse Thanatòs, solo lei poteva ascoltarlo “non sottovalutarlo, il suo corpo è potenziato dai riti che Zwey ha compiuto su di lui, se dovesse rubare tramite le sue katane il tuo sangue, potrebbe avviare il rito tramite il quale strapperebbe il mio potere”.

-Selene ti senti bene? Che sta succedendo? - chiese Hadmon, ancora sorpreso e preoccupato per l’amica: perché suo fratello di punto in bianco collaborava con loro? Che stesse tendendo uno dei suoi trabocchetti?

-Si, ti spiegherò tutto più tardi per adesso fidati di me; sarete in grado di tenere a bada le sue bestie? – domandò la donna.

-Considerale già morte – disse il pistolero accanto a lei, impugnando la sua arma.

Sebbene quello non fosse il momento più opportuno, aveva percepito una strana gelosia ribollire nelle vene nel momento in cui quella creatura aveva stretto quel patto quasi “intimo” con Selene; nonostante non fosse una minaccia dal momento in cui lui non era un uomo vero e proprio, l’idea che quella creatura come Hadmon potesse conoscere i lati più nascosti e personali della Guardiana faceva crescere in lui un’insolita quanto conosciuta gelosia accompagnata al desiderio di possessione, ad essa relegata. Tuttavia nonostante quei sentimenti che aveva seppellito quattro anni addietro, riconosceva che accanto ad essi era rimasto estremamente affascinato e sorpreso dall’immenso potere e dalla spaventosa furia omicida della creatura e adesso di Selene. In cuor suo sperava che lei non avesse rischiato la vita come la notte in cui avevano affrontato Zed, non avrebbe sopportato di perderla o che la sua vita si potesse infrangere con lui lì presente a difenderla.

-Te sei un’anima morta Selene e io avrò il piacere di far morire la Morte stessa, abominio – disse sprezzante Ethan.

Senza dire nulla Selene scattò nella sua direzione dando inizio allo scontro; con estrema velocità corse nella sua direzione e si preparò a colpire il suo collo con i suoi lunghi artigli, ma l’altro agitò le spade e la costrinse a pararsi dai suoi fendenti tramite lo scettro. L’uomo si era scoperto, così lei approfittò per colpirlo sul costato, facendolo indietreggiare e fu a quel punto che l’uomo posò a terra le sue mani e con un incantesimo creò una serie di catene che si avvolsero intorno al collo di lei costringendola a inginocchiarsi; poco prima che potesse trafiggerla con le sue katane, lei si dissolse in una nube riapparendo alle sue spalle. L’assassino non fece in tempo a voltarsi che fu colpito in pieno dallo scettro affilato che ferì il suo torace; successivamente con un calcio lo spedì a terra e posate le mani a terra delle ossa presero forma dal terreno e avvolsero il suo corpo in una morsa letale. Camminò nella sua direzione posando un piede sulla sua ferita e vi affondò il tacco degli stivali, l’uomo gemette di dolore e ghignò maleficamente. Di fronte a quel sorriso sentì la rabbia crescere in lei e afferrò il suo viso con la sua mano artigliata, gli avrebbe strappato l’anima e consegnata a Thanatòs stesso che avrebbe provveduto a divorarla.

Nel frattempo Hadmon e Jhin stavano combattendo contro le due bestie; Hadmon si era destreggiato tra i pugni della creatura, mettendola spesso in difficoltà tramite i suoi incantesimi temporali. La sua innata abilità di dominare il tempo, gli permetteva di racchiudere il demone in una bolla ove il tempo sembrava raggelarsi per sempre e lui ne approfittava per infliggergli colpi mortali; tuttavia il potere curativo dell’avversario lo salvava di volta in volta, finché non comprese il segreto dietro l’immortalità della creatura: esso altro non era che una gemma situata sotto la corazza, in prossimità del cuore. Purtroppo non appena lo notò, la creatura sembrò comprendere le sue intenzioni e non appena lui si distrasse lo afferrò per la gamba e lo lanciò a terra per poi gettarsi su di lui immobilizzandolo; vicino a lui, Jhin lo aveva salvato sparando un colpo con il suo fucile a distanza sulla schiena della bestia, la quale si era voltata e insieme al suo fratello lo avevano preso di mira.

-Mira al loro cuore! È il loro punto debole – urlò Hadmon, rimettendosi in piedi e correndo a salvarlo.

Alle strette il pistolero cercò di elaborare qualcosa velocemente e agì subito; le due creature, una alle sue spalle e una di fronte a lui, correvano nella sua direzione, così corse nella direzione della seconda smontò Sussurro dalla canna del fucile a distanza, ricaricò i proiettili e quando fu abbastanza vicino scivolò tra le sue gambe. Fu un istante, quando fu tra le sue gambe, mirò nello lo spiraglio tra armatura e corpo del demone e sparò; il colpo esplose non appena urtò la gemma sul suo cuore che all’impatto esplose. La prima bestia cadde a terra senza vita e lui si rialzò da terra con l’aiuto di Hadmon; rifletté che quelle creature erano fuori dal normale, nel combatterle sia lui che il dragone avevano riportato diverse ferite, Hadmon gli aveva detto poco prima della battaglia che se solo avessero preso il suo sangue gli avrebbero prosciugato la linfa vitale nel corso del combattimento perciò dovevano evitare il corpo a corpo. Entrambi videro la bestia fermarsi e guardare nella direzione del suo padrone e poi nella loro, istantaneamente Jhin comprese le sue intenzioni: Selene. Il tempo di voltarsi che la bestia corse nella direzione di lei, e lui scattò senza pensarci minimamente.

-Selene! Spostati – urlò il pistolero, la bestia sarebbe arrivata prima di lui doveva farcela; la creatura si era già preparata a colpirla.

Selene non fece in tempo a sollevare il capo che vide la creatura incombere su di lei; deglutì a vuoto preparandosi a incassare il colpo. Improvvisamente vide Jhin saltare sulle sue spalle, e sparare un colpo sul suo capo stordendolo.

-Lanciami la tua arma! – gli ordinò l’uomo.

Selene la lanciò e lui la afferrò al volo: rabbrividì, quello scettro sembrasse pesare come un macigno e sprigionare un potere letale che lui non avrebbe potuto sostenere per più di pochi secondi; senza pensare alle miriadi di urla che stavano venendo rievocate dall’arma nella sua mente, si calò su di lui e lasciandosi cadere colpì la gemma sotto l’armatura; mentre la creatura era caduta a terra e aveva rilanciato lo scettro all’altra, Ethan si era liberato dall’incantesimo e aveva colpito subito Selene, avventandosi sul pistolero. Con violenza lo aveva colpito col l’elsa della spada sul torace e gettato a terra; l’altro aveva tossito violentemente e aveva ringhiato quando l’altro aveva conficcato una katana nella sua mano, impedendogli di muoversi e preparandosi ad avviare su di lui il rito tramite il quale gli avrebbe rubato l’anima.

Subito Hadmon insieme a Selene si erano diretti verso di lui: uno con la sua falce e l’altra con lo scettro degli Abissi. Subito le catene avvolsero il corpo di Jhin e lungo di esse una polvere rosso sangue iniziò a levarsi dalle sue membra per convergere nei simboli sulle mani dell’assassino. Sotto l’effetto del rituale Jhin sentì la sua coscienza venir meno, mentre le urla delle sue vittime rimbombavano nella sua mente mentre veniva avvolto dal buio più totale.

-Allontanati! – ringhiò Hadmon, colpendolo alle spalle e costringendolo ad allontanarsi dal corpo di Jhin che fu subito liberato dalle catene.

Tramite quel rituale fallito Ethan era riuscito a carpire molte informazioni su di lui, era riuscito a leggere la sua anima e a comprendere che era lacerata da rimorso e odio e il suo cuore era ormai devoto alla Guardiana; avrebbe potuto sfruttare quelle informazioni a suo vantaggio. Ciò che lo preoccupava di più era il potere della ragazza che a quanto sembrava era riuscita a giungere a un accordo con Thanatòs; l’aveva sottovalutata e aveva rischiato di soccombere a inizio scontro, perciò come primo obiettivo avrebbero dovuto mettere per primi le mani sul libro che l’avrebbe guidata a stipulare un patto con lui. Sorrise maleficamente, quelle informazioni per lui erano una grande vittoria, decise così di ritornare indietro e aperto un portale di fronte a lui vi scappò dentro prima che Selene potesse raggiungerlo.

La Guardiana vide l’uomo dissolversi di fronte a loro, ma lei estremamente preoccupata per il compagno ferito aveva rinunciato sin dall’inizio a rincorrerlo; insieme ad Hadmon si erano inginocchiati vicino al pistolero il quale ancora non era rinvenuto dal sonno. Selene pregò che per quanto breve, il rituale non avesse intaccato la sua anima con il suo potere oscuro; sentì gli occhi pizzicare, presa dalla sua rabbia aveva abbassato la guardia e il pistolero aveva dovuto rimediare al suo errore rischiando la vita. Lo chiamò quando una lacrima rigò la sua guancia e finì per bagnare la sua maschera; l’armatura sul suo corpo si era dissolta in una nube nera e lei aveva sentito gravare la stanchezza sul suo corpo. Accanto a lei Hadmon, aveva continuato a chiamare il compagno insistentemente e scuotendolo.

Improvvisamente Jhin tossì violentemente e riprese coscienza, accorgendosi subito della Guardiana che ora lo osservava con gli occhi ricolmi di lacrime; accanto a lei aveva visto Hadmon trarre un sospiro di sollievo che si era massaggiato la fronte scaricando la tensione dei momenti precedenti. Sotto la maschera sorrise alla loro vista, se qualche settimana prima gli avessero detto che quel giorno lui si sarebbe affezionato così tanto a loro, non vi avrebbe creduto, invece in quel momento non vi era cosa più vera.

-Siete così rumorosi – scherzò Jhin, mettendosi in piedi.

-Scusaci, non saresti dovuto rimanere coinvolto – disse Hadmon, incrociando le braccia.

-Colpa della mia distrazione…- commentò Selene, estremamente mortificata.

-Va tutto bene… non credo che possa essere riuscito a fare molto se mi sono risvegliato - rispose lui, bendando la ferita sanguinante sulla mano.

Selene lo aiutò nel sistemare momentaneamente la ferita e sia lui che Hadmon colsero l’estremo dispiacere negli occhi di lei; con sorpresa vide il dragone scuotere il capo e passare un braccio dietro le spalle di lei, cercando di farla rilassare ora che tutto era finito. Nuovamente sentì il sangue bruciare nelle sue vene, ma era qualcosa di diverso dalla rabbia o dall’odio, era qualcosa che aveva giurato di aver seppellito tempo addietro: la gelosia. Deglutì cercando di allontanare quelle sensazioni a lui così aliene, ma non appena lo faceva queste tornavano con maggiore insistenza; non appena il viso di lei riprese a sorridere per merito del dragone, fu costretto a stringere i pugni per rimanere indifferente a quella loro profonda amicizia. Lei era e doveva essere sua…

-Hai molto da spiegarmi Selene…- disse Hadmon, incrociando le braccia.

-Quando avremmo sistemato tutto ti spiegherò ogni cosa, prima dobbiamo pulire il sangue in cucina e recuperare Ana – disse la giovane, notando lo sguardo affilato di Jhin perforare i suoi occhi; si sentì senza difese di fronte al suo occhio scarlatto che la scrutava. Fu un attimo e lui distolse lo sguardo, avrebbe fatto domande più tardi, del resto il giorno prima si erano accordati che si sarebbero dovuti incontrare solo di notte tutto per non destare sospetti.

Prima che Hadmon potesse posarle di nuovo la mano sulle spalle, Jhin avanzò di un passo e si pose tra di loro, invitandoli a sbrigarsi a mettere tutto a posto prima che qualcuno potesse notare il sangue sparso per il giardino e i cadaveri dei combattenti, presenze alquanto insolite per una casa di campagna. Hadmon parve notare la rigidezza del compagno ma non ci fece caso, dicendo a sé stesso che era solo una sua parvenza; Selene invece rimase incuriosita dal suo comportamento e allo stesso tempo lievemente preoccupata, uno strano nodo si era creato all’altezza del suo stomaco e non l’avrebbe lasciata finché non gli avrebbe parlato. Così in silenzio, presa dalle riflessioni sulla battaglia precedente e sul comportamento di Jhin, iniziò a sistemare i corpi degli accoliti; un fremito sinistro percorse la sua schiena quando tocco il primo cadavere che si dissolse sotto il suo tocco mortale. Quel pomeriggio, lo scontro non era finito in parità, lei era stata sconfitta: Ethan aveva raccolto informazioni su di loro e avrebbe fatto di tutto per mettere le mani sul libro prima di loro, Jhin aveva quasi rischiato la vita e lei sentiva come un vuoto nel suo cuore, creatosi non appena la rabbia e l’odio avevano abbandonato il suo corpo, nonostante lei avesse contenuto ogni forma di rancore e furia per non farsi trasportare dalle emozioni. “È così che ci si sente allora…” pensò Selene, volgendo lo sguardo al cielo azzurro; il sole riversava i suoi caldi raggi sul suo viso, riscaldandola; promise a sé stessa di non farsi prendere più dal desiderio di vendetta, di certo il sangue non avrebbe colmato il vuoto lasciato dalla morte di suo padre: a quel pensiero i suoi occhi si inumidirono nuovamente e una sua lacrima si infranse al suolo. Non sarebbe stata sconfitta nuovamente e non avrebbe più esposto i suoi compagni, sarebbe stata disposta a tutto anche a caricarsi il fardello di quella battaglia che ormai si protraeva da millenni sulla sua isola. Non sarebbe caduta, non più.

  
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