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Autore: Ayla    19/01/2018    0 recensioni
La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul forum EFP, ‘Fairy and Spirits - Raccontami una Favola.
"Molti secoli fa, grazie ai portali, la Terra era in contatto con un mondo fantastico, completamente diverso: esso rispondeva al nome di Faeria. Essa era una terra fertile, rigogliosa; ricca di foreste, campi, fiumi e laghi; punteggiata da cittadine e grandi castelli occupati da re, regine, principi e principesse. Ma un giorno la loro esistenza sarà messa in pericolo e solo una persona potrà tentare di salvarli..."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CINQUE

 

I tre faeriani e Roth atterrarono all’interno di una biblioteca immensa, interamente costruita in cristallo bianco, toccando terra persero l’equilibrio Seamsoors urtò la libreria dietro di sé facendogli crollare in testa una serie di pesanti tomi, Eleswin atterrò rovinosamente sopra una statua in cristallo frantumandola in mille pezze, Dalen cadde sopra un lungo tavolo dove scoprì esserci degli elfi che leggevano quei vecchi tomi e Roth si ritrovò catapultato in un vaso pieno di fiori.
Si scatenò il caos: elfi che accorrevano a vedere cosa stesse accadendo, altri che parlottavano incuriositi o sbalorditi nel veder altre specie lì dentro, quando videro una Úmarth nel loro territorio repentinamente si gettarono su di lei, che sgusciava via, cercando di afferrarla, Roth che galoppava al loro inseguimento per difendere la sua compagna, comparve l’alce e tutti gli elfi si spaventarono correndo avanti ed indietro temendo che stesse arrivando la loro fine.
Una voce femminile tuonò “silenzio”, che prese ad echeggiare nel salone fino a morire; i presenti crearono un varco dal quale emerse un elfo donna, custode di quel luogo, i capelli argentei ricadevano sulle spalle e un diadema semplice le circondava la nuca.
Il suo sguardo autoritario passò su ogni suo simile: -Siamo nella biblioteca sacra della Città di Cristallo, chi osa profanare questo luogo?- le vennero indicati il trio e furiosa avanzò verso essi, i suoi occhi adirati da dorati divennero rossi, si posarono sulla Úmarth e sul suo amuleto, per un attimo sul suo volto si posò un’ombra di sbalordimento, ma passò subito; si rivolse agli altri elfi assicurando che da quel momento i poi se ne sarebbe occupata personalmente, con tono pacato intimidì il trio a seguirla nei suoi appartamenti.
Giunti a destinazione la donna chiuse dietro di sé le porte e con occhi umidi disse a fil di voce solo una parola: Iris, ad essa Eleswin trasalì e con un misto di incredulità ed emozione sussurrò un “mamma” prima di gettarsi tra le sue braccia, fu un abbraccio riempito da lacrime di gioia, le mani della madre accarezzavano ogni singolo centimetro di quella figlia alla quale aveva rinunciato per sempre, scoccò sonori baci sul suo viso spazzando via i ricordi strazianti della separazione e i suoi occhi colmi di lacrime osservavano la ragazza che era diventata; continuava a ripeterle come le dispiacesse, come non volesse lasciarla ma se lo avesse fatto sarebbe stata una disgrazia per entrambe, come la sognasse e pensasse ogni singolo giorno.
La Úmarth era inebriata dalla felicità di aver ritrovato sua madre e ridendo le disse che il suo nome non era più Iris, ma Eleswin e seppur significasse “Piccola Lacrima” voleva tenere quel nome per ricordare l’enorme sacrificio della la donna che sorridendo accettò di chiamarla così.
L’elfo si presentò col nome di Glamis e che si trovavano all’interno della Città di Cristallo, costruita appositamente per gli elfi da Nimrodel in modo che essi non si mischiassero con le altre specie; spiegò che la Biblioteca di cui era custode era il passaggio tra Faerith e il castello degli dei e per quello era considerata sacra, il suo ruolo è quello di impedire ad estranei o ai poco meritevoli di oltrepassare il portone d’oro che ne avrebbe garantito l’accesso.
Dalen le raccontò da dove venisse, di come Brax avesse intenzione di mettere a ferro e fuoco l’intera Faeria aiutato da Balcthel; raccontò dei suoi genitori, di come fosse l’ultimo Hybris rimasto, delle ninfe, dei trolls e del cuore datogli da Rikt; la pregò di fargli incontrare gli dei per avere quel pugnale col quale purificare il cuore del tiranno e far tornare la pace sui due mondi e chiedere alla dea della Natura di togliere la maledizione ingiusta dei mezzi elfi.
Glamis, che stava ammirando ed accarezzando il manto candido e opalescente dell’alce, sobbalzò al nome di Zerkatt, ma poi si ricompose guardando la figlia e accarezzandole il volto, sospirò e disse che non era facile incontrare gli dei, soprattutto Nimrodel e dovevano dimostrare di esserne all’altezza, di non bramare altro se non la salvezza dei faeriani e dei terrestri, deciso il ragazzo disse che sarebbe disposto a sottoporsi a quella prova anche subito, ma lei consigliò di aspettare e li invitò a cenare con lei in quanto dovevano essere affamati.
Dopo un bagno rigenerante e aver indossato abiti nuovi e puliti l’elfo accompagnò Dalen ed il folletto in una stanza con una grande tavolata imbandita, piena di succulente portate che fecero venire l'acquolina ai due, Glaimis li invitò a sedere mentre aspettavano sua figlia.
Eleswin entrò nella stanza poco dopo e Dalen rimase rapito dalla sua bellezza: un vestito regale nero ed azzurro le accarezzava il corpo asciutto ed aggraziato, i capelli raccolti in una bassa crocchia morbida e il suo viso non più coperto da terra e stanchezza metteva in risalto i suoi due simboli e i suoi occhi dorati e rossi ridenti; sentendosi osservata da lui arrossì ed abbassò lo sguardo, quando si guardavano era l’unico momento in cui la ragazza lasciava trasparire il suo lato dolce e femminile, lasciando da parte quello duro e guerriero quotidiano.
Si sedette a fianco a lui e la madre si complimentò per quanto fosse bella: -Non è vero Dalen?- chiese ridendo per aver notato l’interesse del ragazzo, che tossì imbarazzato sentendosi preso in causa.
-S-sei molto bella stasera E-eleswin- riuscì a dire arrossendo come un pomodoro e facendo diventare bordò anche la ragazza che fu capace di rispondere solo con un grazie.
Con una smorfia disgustata Seamsoors chiese a Glamis se per lei non era un problema ospitare un folletto, un Hybris e a maggior ragione un mezz’elfo maledetto; la donna sorrise assicurando che essendo la custode del luogo nessuno poteva entrare nei suoi appartamenti a parte la servitù e solo col suo permesso ed inoltre gli dei si fidavano di lei per cui non controllavano i suoi movimenti, lì erano paradossalmente al sicuro.
Timidamente la ragazza chiese di suo padre e il volto della madre si rabbuiò chiedendole se ne era davvero sicura perché la risposta potrebbe non piacerle, la ragazza annuì confermando la sua richiesta, con un sospiro iniziò: -Anni fa decisi di scappare dalla mia mansione, ero giovane e non sopportavo più il peso di questo lavoro. Partii per un viaggio e conobbi un uomo fantastico, dolce e gentile, mi vergogno a dirlo ma mi innamorai a prima vista ed utilizzai un incantesimo proibito per nascondere la mia natura elfica… Non mi avrebbe mai accettato sapendo chi ero in realtà… Ci sposammo dopo poco e speravo di poter vivere così per sempre, sarei stata disposta anche a sopportare la magia proibita che lentamente mi stava logorando dall’interno, poi nascesti tu e venni riportata alla realtà… Quanto sono stata crudele, egoista ed arrogante, credevo di poter cambiare le cose ed invece tutto quello che ho ottenuto è stato ferire mio marito e impedire a mia figlia di avere una famiglia- Dalen comprese subito dove stesse andando a parare il discorso di Glamis -Piccola mia, tuo padre è un grande re, lui è Re Leithan di Zerkatt-.
Calò un silenzio gelido, Eleswin si alzò facendo crollare con un tonfo la sedia: -Non può essere lui! Ci siamo scontrati più volte e non mi ha mai riconosciuto… Anzi ha provato più volte ad incarcerarmi nonostante cercassi solo cibo per far sopravvivere la mia gente… Ha persino tentato di uccidermi dandomi in pasto alle belve dei monti Úroth! Non può essere mio padre- la madre tentò di aprire bocca per spiegare ma la ragazza uscì dalla stanza, l’elfo fece per alzarsi ma Dalen le disse che sarebbe andato lui, sorvolò sulla battuttina del folletto e andò a cercarla.
Dopo svariati tentativi la trovò sul terrazzino che dava sul lungo parco che portava fino al castello titanico in cristallo bianco dove abitavano gli dei, reso luminescente dalla luce lattea delle due lune piene, si avvicinò e si mise a guardare le piccole fatine che giocavano con le lucciole.
-Non voglio credere che sia re Leithan… lui odia gli Úmarth- esordì lei.
-Non puoi biasimarlo più di tanto, purtroppo Nimrodel ha fatto in modo che tutti vi odiassero- ribattè Dalen portando il volto all’altezza di quello della ragazza e notò che era rigato dalle lacrime.
-Mi ha condannato a morte, Dalen… Mio padre mi voleva morta, come posso accettare una cosa del genere?- riprese a singhiozzare ed il ragazzo l’abbracciò per consolarla.
-Vuoi fare a gara? Io ho uno zio tiranno che ha ucciso i miei genitori e sta collaborando con la dea degli Inganni e della Guerra per uccidermi e comandare sulla Terra e Faeria… Ho dovuto dar via l’unica cosa a cui tenevo di più per avere in cambio un cuore in pietra che non capisco a cosa mi possa servire- tentò di non dare peso a queste parole, che invece gli facevano male, riuscendo a far tornare il sorriso ad Eleswin.
-Hai ragione, vinci tu- rise lei, tirando su col naso ed allontanandosi leggermente fissandolo con i suoi occhi oro e rossi che ricordavano molto le fiamme calde di un falò, lo stesso calore che Dalen sentì pervadergli il cuore -Grazie Dalen, so cosa ti costa dire tutto questo-.
Lui la strinse più a sé: -Eleswin… Ti prometto che farò in modo che Nimrodel tolga la maledizione su di voi, che mi voglia ascoltare o no- lei spalancò incredula gli occhi, puntando le sue iridi in quelle blu mare dell’Hybris, notando come le pagliuzze rosse e dorate si stessero illuminando; piegando la bocca in un sorriso si sporse verso di lui mettendosi sulle punte dei piedi, le labbra lontano un soffio l’una dall’altra quando la porta alle loro spalle si aprì.
I due ragazzi si separarono all’istante: -Ops scusate… Non volevo disturbarvi… Seamsoors si è addormentato con tutto quello che ha mangiato e l’alce e Roth stavano giocando insieme… Così ho pensato di venirti a cercare… O per gli dei- disse Glamis sorridendo imbarazzata, la Úmarth alzò le mani affermando che non aveva interrotto nulla e con una gomitata allo stomaco convinse l’Hybris a dire lo stesso, allora la donna si avvicinò posando una mano sulla guancia della ragazza.
-Volevo solamente dirti che non devi incolpare tuo padre, è solo a causa mia se hai sofferto tutto ciò e ti chiedo scusa… Lui non poteva riconoscerti, assomigli più a lui che a me, di mio hai preso solo entrambi i colori degli occhi, in più devi riconoscergli che è un uomo addolorato dalla perdita delle due persone più importanti della sua vita ed accecato dal desiderio di ritrovarle… Ma ti assicuro che ti amerà in quanto sua figlia- si rivolse a Dalen allarmata -In quanto a te, domani mattina verrai con me nei giardini e ti spiegherò come entrare in completo contatto con il tuo spirito guida… Ho potuto avvertire l’energia che vi collega, ma non è abbastanza forte per affrontare gli dei e la battaglia, tu non sei ancora in grado di controllare a pieno i tuoi poteri, l’alce fa fatica a comunicare con te perché ogni volta crei un muro tra voi due e abbiamo poco tempo-.
-Cosa vuol dire poco tempo? Abbiamo passato solo mezza giornata qui… Brax non riuscirà a radunare un esercito così potente ed attraversare i monti Úroth così in fretta- fece presente il ragazzo.
Glamis abbassò lo sguardo: -Brax ha Balchtel e la magia proibita dalla sua parte, potrà radunare quanti uomini vorrebbe anche solo con uno schiocco di dita, ora che sa che sei vivo vorrà estrarre la tua energia magica il prima possibile, le creature di Nimrodel non hanno scampo con la dea così forte, se riuscirai ad arrivare al cospetto di Nimrodel non sarà facile convincerla… Ti sembrerà restarci per poco quando in realtà passeranno giorni. Se non impari subito a governare i tuoi poteri, non avremo scampo- fece una pausa guardando verso il castello -Domani mattina ai giardini e dovrai impegnarti, la porta d’oro sarà accessibile solo quando una delle due lune comincia a calare cioè domani sera- detto ciò si ritirò.
La mattina dopo Dalen trovò Eleswin, Seamsoors e Glamis ad attenderlo fuori dalla sua camera, pronti per l’allenamto; attraversarono il labirinto di corridoi vuoti fino a raggiungere un maestoso giardino variopinto che sembrava essere spuntato da un quadro di un abile pittore.
Roth e l’alce stavano allegramente giocando e quando videro arrivare il gruppo si ricomposero e Glamis prese la parola: -Quello che dobbiamo fare oggi è evitare che tu crea un muro tra te e il tuo spirito guida… Per prima cosa fammi vedere di cosa sei capace-.
Dalen provò a concentrarsi e controllare il vento ma non ci riuscì, non accadde nulla: -Non riesco… Ma prima ce la facevo… Non capisco- le raccontò di come quando era arrabbiato od era disperato riusciva a creare delle potenti trombe d’aria, ma a comando non ce la faceva.
L’elfo ascoltava attentamente, analizzò le sue parole e gli spiegò che erano le sue emozioni che non permettevano all’animale di aiutarlo, lui non può intervenire se non è direttamente lui a chiederglielo, cosa che fa inconsciamente quando comincia a perdere il controllo arrabbiandosi, preoccupata disse che ci vorrebbe più tempo di quello che avevano a disposizione ma avrebbe fatto tutto ciò che avrebbe potuto.
Passarono la giornata a far capire all’Hybris come canalizzare i suoi sentimenti, a come rafforzarne alcuni rispetto ad altri, a comunicare con il suo spirito guida e senza accorgersene arrivò la sera e lui era solo in grado di sollevare un venticello leggero. Improvvisamente dei corni lontani attirarono l’attenzione del gruppo e Glamis con uno schiocco di dita creò uno specchio che riflettè ciò che si poteva vedere da una delle enormi torri della Biblioteca: una fila intera di fiaccole illuminò il profilo degli Úroth e come un fiume in piena si riversarono lungo i fianchi.
L’elfo guardò in cielo osservando come la luna più grande, che stava sorgendo, avesse già perso un piccolo spicchio, guardò Dalen con gli occhi di chi aveva un’ultima speranza e gli comunicò che era arrivata l’ora di attraversare il varco verso gli dei.
Arrivato davanti la porta dorata Dalen sentì che tutta la sicurezza provata si volatilizzò in un attimo, trasalì quando sentì il peso della mano di Glamis sulla sua spalla.
-Cerca di fare tesoro di quello che hai imparato e chiedi aiuto… Non sei da solo anche se solo tu potrai attraversare questa porta- disse Glamis passando lo sguardo dal ragazzo all’alce.
-Come solo lui può attraversarla?- domandò sua figlia -Perchè non anche noi?-.
-Io non mi lamento- disse Seamsoors, immediatamente fulminato dallo sguardo della ragazza.
-In quanto custode posso vedere all’interno del suo cuore e lui è l’unico in grado di affrontare gli dei- ribattè l’elfo sollevando le braccia, i suoi occhi da dorati divennero rossi e pronunciando un incantesimo in una lingua mai sentita prima aprì lentamente la porta pesante dorata, oltre la quel non ci fu il lungo parco, ma solo una grande luce luminosa.
Ritrovato il coraggio, l’Hybris guardò i suoi compagni di avventura, si rivolse verso l’alce e avanzò verso la luce; improvvisamente la voce di Eleswin lo fece voltare e la osservò mentre gli correva incontro, lei gli gettò le braccia al collo e posò le labbra sulle sue, fu un contatto leggero ma che fece perdere un battito al cuore di Dalen, la faeriana si allontanò sorridendo, ritornando a fianco della madre: -Vedi di tornare intero- sussurrò portandosi due dita alla fronte ed allontanandole mimando un saluto militare.
Il ragazzo non fece in tempo a risponderle che repentinamente le porte si richiusero con un tonfo, lasciandolo all’interno della luce assieme al suo spirito guida.
Davanti a quella porta Eleswin ripensò per un attimo al veloce bacio scambiato e al sentimento che l’aveva travolta, sorrise alla madre posando la mano sull’elsa della spada, ancora nel suo fodero, pronta ad essere sguainata e che sua madre le aveva donato quella mattina perché una volta apparteneva a suo padre. Sospirando il folletto si sollevò le maniche guardando le espressioni sbigottite delle due: -Che c’è? Oramai ho capito che devo buttarmi in battaglia sebbene non voglia. Dimostrerò che noi folletti sappiamo superare la nostra codardia-.

  
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