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Autore: Feathers    20/01/2018    2 recensioni
A quale grande fan di Crowley non è mai venuta voglia di dare uno sguardo al passato del demone, alla sua vita umana travagliata, alle vicende che hanno formato la sua personalità? Questa storia narra le sue debolezze, i suoi sentimenti e incomprensioni, dalla più tenera età fino alla fine di tutto.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Crowley, Nuovo personaggio, Rowena, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Prima dell'inizio, Più stagioni
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7 Gennaio 1683


Sembrava che quel dannato bersaglio lo stesse fissando da lontano, con quei disegni concentrici dai colori sgargianti ed il bull. Era l'ultimo round, l'ultimo minuto che aveva a disposizione per vincere. Preparò entrambe le freccette, si concentrò, prese un respiro profondo. Fu incredibile vedere lo scatto contemporaneo delle sue braccia, ma soprattutto, le due freccette conficcate proprio al centro del bersaglio.

Silenzio di stupore, poi due o tre piccoli applausi.

Fergus bevve il resto della sua vodka. "Lo dicevo io che era un fenomeno..." Ammiccò, facendo arrossire Scott che si era stretto nelle spalle.

"...da baraccone." Scott gli fece l'occhiolino, e prese i soldi della scommessa fatta con Louis, un simpaticissimo francese che avevano conosciuto lì, al locale che frequentavano. Durante le rare giornate di libertà, i ragazzi si preparavano un programma per divertirsi, ed il bar dei Molière era una delle mete preferite, oltre al bosco e alla spiaggia non molto distante dal cuore di Edimburgo.

"Sarà meglio andare adesso, farà troppo freddo fra qualche ora per girare a lungo." Fergus prese scherzosamente Scott a braccetto, e fece un cenno sulla porta.

Louis agitò la mano, sistemandosi il basco fra i capelli biondissimi e lisci. "I miei complimenti al gattino, ma la prossima volta sfido te, mon cher Fergus!" commentò, facendo tamburellare le dita sul tavolo.

"Anche la volpe ha un'ottima mira, non ti conviene sfidare neanche me. Au revoir!" rispose lui.

Louis sorrise e fece un gesto di presa in giro, guardando i due finché non uscirono dalla porta che tintinnò.

Fuori il vento sferzava producendo un gran frastuono e facendo volare via la roba stesa di una vecchia signora. Scott ridusse gli occhi a due fessure, ed i capi mezzi asciutti ritornarono al proprio posto, sotto lo sguardo incredulo della nonnina.

"Che eroe." lo canzonò Fergus. "Ma non pensi di essere... un po' disonesto, quando giochi?"

Scott si coprì il capo. "Eh?! Non ho usato poteri dai Molière. Posso realmente prendere la mira in quel modo. Non baro mai alle competizioni, neanche per soldi." replicò, deciso.

Il biondo rise. "Ma non sarebbe mica barare. I poteri fanno parte dei tuoi talenti, di te, e credo tu abbia il diritto di usarli."

Scott fece ruotare gli occhi. "Perché mi accusi di essere disonesto, allora?"

"Si chiama sarcasmo, sciocco." Le labbra di Fergus si piegarono in un sorriso furbetto. "Se fossi io un sensitivo, sai quante ne combinerei?"

"Saresti uno spasso. Cosa ti serve ora, per esempio?" domandò Scott, e diede un calcio ad un sassolino.

"Avere un'idea di come sarà il tempo. Credo di aver bisogno di una bella pioggia... non torrenziale, di quelle leggere che lasciano quel profumo di terra, sai..."

Il moro rifletté, la mano sotto al mento. "Sei fortunato, dovrebbe arrivarne una alle dodici e trenta precise."

Camminarono verso il boschetto per qualche minuto, finché ad un certo punto Scott non si accorse di quanto Fergus fosse impallidito. Aveva anche le labbra bianche, e lo sguardo smarrito. Il più giovane si arrestò.

"Hey... che ti prende?"

L'altro scosse il capo, prendendo dei respiri profondi. "Non... s-sì... è uno di quegli strani... momenti-" farfugliò.

"Ho capito... presto andrà via, su... vuoi che ci fermiamo?"

Fergus si portò una mano alla testa; il cuore gli batteva all'impazzata. "Non capisco, ho paura... di nuovo..."

"È solo paura, ecco. Prova a pensare a questo, io li ho sconfitti proprio così. Cerca di dominare ciò che stai elaborando..."

Entrambi i ragazzi non avevano idea di cosa fossero quelle brutte sensazioni di malessere; non ne avevano fatto parola neanche con i signori Anderson, per quanto questi ultimi si fossero dimostrati comprensivi nei loro confronti. Scott sfiorò il braccio dell'altro, fissandolo mentre andava in iperventilazione, e sentendosi impotente. "Entriamo nel bosco che porta al mare, quel posto ti fa sempre stare meglio. Che ne dici?"

Fergus finalmente lo guardò. "Okay."



---



La spiaggia era deserta, la sabbia dorata appena dal sole tiepido. Non tirava un filo di vento lì, stranamente, e non faceva nemmeno troppo freddo. Il mare era calmissimo. Fergus si era ripreso da pochi minuti, ed era rimasto a qualche passo dal bagnasciuga, in piedi, a guardare l'orizzonte senza vederlo davvero.

Scott passeggiava avanti e indietro più vicino all'acqua, tutto coperto ed incappucciato, ed era estremamente tenero. Fergus si sforzò di ricordare che aspetto avesse quel povero ragazzino quattro anni prima. Tentò di pensare a come fossero entrambi. Il più giovane pesava così poco che si poteva facilmente sollevarlo, e taceva per la maggior parte del tempo. Non che ora fosse di molte parole.

Anche Fergus era più magro in precedenza; man mano che passavano gli anni aveva messo qualche muscolo in più grazie alle escursioni che facevano regolarmente. Portava i capelli un po' più corti, ed anche gli ultimi brufoli erano scomparsi. Non era cambiato solo fisicamente, però. Era sempre più nervoso. Aveva una rabbia dentro che lo soffocava e lo accecava di fronte a tutti, e che talvolta lo rendeva quasi cattivo. Soffriva di scatti d'ira apparentemente ingiustificata, urlava per sfogarsi, e se ne pentiva ogni volta che gli capitava per timore di aver ferito le persone a cui voleva bene. Si chiedeva in continuazione da dove provenissero quei comportamenti, quei disturbi di personalità che lo stavano accompagnando nella crescita, e trovò con facilità le risposte alle sue domande. Sua madre aveva abusato di lui. Gliene aveva combinate di tutti i colori quando lui era solo un bambino, per poi abbandonarlo in uno schifoso ospizio pieno di muffa e di gente urlante, nel quale veniva picchiato e abusato ulteriormente. Era fuggito chissà come, aveva patito la fame e gli stenti per strada, ed era stato cacciato via dalla sua nuova casa per aver amato una persona del suo stesso sesso. Ed ora che la serenità sembrava star regnando nella sua vita, quei malesseri stavano rovinando tutto, come una ricaduta da una lunga malattia.

Si sentiva in colpa per comportarsi in quella maniera, e si scusava spesso con Scott perché sapeva che quel ragazzino non meritava di essere trattato male. Sapeva che non meritava i suoi sfoghi, perché il tempo gli aveva permesso di accorgersi di quanto fosse buono. Proprio nel momento in cui questo pensiero stava attraversando la sua mente, Fergus si accorse che Scott lo stava sbirciando. Era piegato sulle ginocchia, ed aveva smesso di giocare con la sabbia.

"Stai bene?"

Il più grande aveva uno sguardo freddo. "No."

Scott si alzò, e si avvicinò di pochino come per abbracciarlo, ma Fergus fece un passo indietro. "Scusa, non ne ho voglia adesso."

"Okay. Ti va di parlarne?"

"No."

Scott annuì, ritirando le mani dentro le tasche. Fergus si accomodò sul masso più vicino a sé, ed appoggiò i gomiti sulle gambe, reggendo il mento sui palmi. Il mare faceva pochissimo rumore, e non riusciva quasi ad attenuare quel silenzio insopportabile.

"Io mi preoccupo per te, lo sai." disse Scott in un mormorio sommesso, ma Fergus non sollevò il capo. "Vorrei solo che tu non stessi così... e vorrei sapere se c'è qualcosa che posso fa-"

"Niente, non puoi fare niente. Fidati." Fergus si rimise in piedi, e marciò in direzione del bosco. "Andiamo..."

Il piccolo abbassò gli occhi, mortificato, e lo seguì. "Ti ho offeso?"

"No, smettila, per favore."

"Va bene..."

Dopo qualche minuto di marcia, il biondo rallentò di poco, e si voltò, aspettando che Scott arrancasse ed arrivasse di fronte a lui. "Perdonami. Prima mi hai ricordato una cosa, dicendomi quella frase... una persona a cui preferisco non pensare... ma non è colpa tua, sono io ad essere impazzito..." Scosse il capo.

"No." Il moro lo prese per mano. "Mi dispiace di averti fatto pensare a qualcosa di brutto. E non sei pazzo." disse, usando il tono più rassicurante del mondo.

Fergus sospirò ancora, lasciandogli la mano. "La colpa non è tua." Lo strinse a sé, e socchiuse gli occhi. Scott rimase inizialmente sorpreso, ma poi ricambiò l'abbraccio, ignorando i bottoni della giacca dell'altro che lo punzecchiavano. "Vorrei solo non essere tanto scorbutico, ma è come se non riuscissi a..."

"Lo so, lo so. Non ti condanno, perché capisco."

"Ma questa non è una scusa valida per trattarti male. Hai sofferto anche tu..."

Scott non rispose più. Rimase solo fra le braccia di Fergus, quasi a farsi cullare. Amava quei momenti in cui si riappacificavano, anche dopo la lite più stupida; amava poggiare la testa al suo petto ed ascoltare il suo battito. E non sapeva bene il perché; non voleva saperlo. "Credo di avere una canzone nuova in testa da oggi." sussurrò.

"Cantamela un po'."

Il più giovane sospirò. "If you ever find yourself stuck in the middle of the sea, I'll sail the world... to find you... If you ever find yourself lost in the dark and you can't see, I'll be the light to guide you. Find out what we're made of... when we are called to help our friends in need. You can count on me like one two three, I'll be there..."

"Ma come ti vengono?" domandò Fergus, divertito.

"Le sogno la notte. Questa è una canzone del futuro che si chiama 'Count on me', e parla di un ragazzo che farebbe di tutto per il suo migliore amico. L'artista si chiamerà Peter, ma la gente lo conoscerà con un altro nome."

"... non sarà che te le inventi queste storie?"

"No!" Scott rise. "Le sogno sul serio, più volte, e me le ricordo. Non so come io faccia a prevedere cose così future. Sento che questa canzone è lontana... ma proprio lontanissima..."

"Quanto?"

"Tre secoli, più o meno... ti piace?"

"Caspita... comunque sì, è molto carina."

"Adesso però andiamo... è tardi e non manca molto per la pioggia." disse Scott, e si staccò da Fergus, sorridendogli. Gli diede una pacchetta sulla spalla, e si incamminò, continuando a canticchiare quella canzone.

Di colpo, però, si girò di scatto. "Fermo! Stai lì!"

"Che succede?"

"Non ti muov-"

Un colpo secco spezzò il silenzio di quel bosco, ed una quantità inverosimile di animali fuggì lontano dalla radura.

Quando Fergus lo vide stramazzare a terra, inizialmente rimase immobile, pietrificato. Poi scattò in una corsa fulminea, spargendo a destra e manca le foglie sotto i suoi piedi. "Scott!"

Il ragazzino cercava di muovere un braccio. C'era sangue sotto di lui. Sangue ovunque.

Il biondo si gettò quasi sulle ginocchia. "Dove-"

"Fa troppo male." rantolò il piccolo, portando una mano al ventre. "Sto morendo. Vattene, scappa, vattene..."

Un'ombra si stava avvicinando dietro il più grande che si voltò, il viso pallido per lo spavento. Un uomo scuro e minaccioso teneva un'arma da fuoco in mano. In uno scatto d'ira, Fergus si alzò in piedi, aggredendolo. "Stai lontano da lui, vigliacco!"

L'uomo tentò di scansarlo con violenza, ma una seconda voce urlò a qualche metro da loro: "Ketch, non ti avvicinare! È pericolo-"

Poco prima che l'altro cacciatore potesse avvertirlo, in un nanosecondo l'uomo venne scaraventato contro un albero e perse i sensi. Fergus lanciò uno sguardo a Scott, che richiuse gli occhi allo stremo delle forze. La telecinesi era difficile da usare in quelle condizioni.

Il secondo uomo corse nella loro direzione, preparandosi a sparare un altro colpo, ma Fergus si avventò contro di lui. Non era la prima volta che picchiava qualcuno. Quest'ultimo era meno abile del precedente e dopo qualche minuto di lotta, Fergus riuscì ad atterrarlo. Gli venne un'idea improvvisa.

"Age nunc intellectum. Age nunc intellectum atque voluntatem omnem meam." recitò, quasi urlando. In poco tempo, il cacciatore morì, schizzando sangue dalle orecchie.

Un orribile fremito invase il corpo di Fergus. Era la prima persona che uccideva, il suo primo assassinio, ma non aveva tempo per pensarci.

Si rialzò e tornò da Scott, che sanguinava copiosamente dall'addome. "Chiamerò aiuto. Non ti preoccupare, non morirai. Non morirai... tu-"

"No no no... fermo dove sei..." Scott gli toccò il braccio. "Fermo."

Fergus tremava mentre apriva frettolosamente il fagotto.

"Sto morendo..."

Fergus fissò quel viso pallido che sudava freddo. "Ed io farò il possibile affinché non accada." disse, risoluto.

"È inutile, fidati. Stai con me... voglio solo che tu stia qui con me... non durerò." mormorò l'altro, fra un lamento e l'altro.

Il più grande si coprì la fronte con una mano. "Ma... perché non l'hai previsto... perché? E chi diamine sono quelli...?" La voce di Fergus si incrinò orribilmente.

"Non lo so... m-mai visti..."

Fergus si tolse velocemente i vestiti che aveva di sopra, restando a petto nudo. Gli posò qualcosa sotto il capo, con delicatezza, ed usò il resto degli indumenti per tentare di fermare l'emorragia.

"Sei matto, ti becchi una polmonite con questo freddo."

"Zitto." Fergus parve volerlo prendere per mano, ma gli diede semplicemente un altro sacchetto. "Questo attenua il dolore."

Improvvisamente, la ferita di Scott smise di bruciare così forte, ed il ragazzino rilassò i muscoli del viso. Fergus non smise di tenergli la mano. "Tua madre te ne ha insegnate di cose..."

"Oltre a cercare di vendermi, già."

Rimasero a guardarsi per un lasso di tempo indeterminato. "Mi dispiace." disse Scott.

Fergus sembrò perplesso, nel mentre piangeva in silenzio. "Per...?"

"Perché non ti ho mai detto una cosa troppo importante. È che non è facile per me, e neanche io in realtà so il perché di ciò che è successo. Avevo paura... di come mi avresti guardato... se ti avessi detto la verità. Se ti avessi-"

Fergus sorrise lievemente, e si asciugò gli occhi con la mano libera. "Credo di sapere, dai, l'avevo capito, smettila. Va tutto bene." disse, e per un istante tutto tornò alla normalità.

Ma Scott fece no con la testa. "No no... non hai capito invece."

L'altro parve interdetto. "Eh?"

"Non è quel che credi, anche se..."

Fergus era sempre più confuso. Sbatté le ciglia, gli occhi a fessura.

"Ti ricordi quando il primo giorno che ti ho incontrato a casa di Ryan... ti ho detto che credevo di averti già visto?"

"No..."

"E quando mai? Non ti ricordi nulla tu."

Fergus emise un risolino che parve più un singhiozzo.

L'altro ricambiò il sorriso, e gli accarezzò la guancia. "Il fatto è che io ti avevo riconosciuto, ma tu no, perché... perché quando ci siamo davvero conosciuti la prima volta, io non avevo questo aspetto."

"E che aspetto avevi?"

Fergus compresse dolcemente la ferita, come se avesse rischiato di fargli provare dolore dopo quell'incantesimo.

"Quando sono nato... credo di aver combinato un casino. I miei poteri, forse, non so. Devo aver fatto succedere qualcosa di brutto. Sono pieno di memorie represse sulla mia infanzia. E quindi, chi mi stava crescendo pensò bene di trasformarmi in un animale."

"No..." Fergus sentì il sangue andare in testa per lo sconvolgimento. "No..."

"...sì..." replicò il ragazzino. "Ma poi mi sono liberato dalla gabbia, ho volato e volato fino a raggiungere una città... ed ho visto un bambino che giocava col suo aquilone..."

"...oddio..."

"Mi piaceva giocare con te, sai..."

"Ma che stai dicendo...?" Fergus guardò quella testa nera arruffata sotto di sé, quegli occhi chiari e inondati, le guance un po' sporche. Non poteva crederci. Non poteva davvero.

"Quella pozione era un antidoto a qualunque incantesimo. Ho riacquistato il linguaggio e poche ore dopo sono tornato umano. Allora ero molto piccolo. Sono io. Crowley. Mi avevi chiamato così, ricordi?"

Fergus annuì. "Certo." Gli accarezzò la fronte più volte, e Scott socchiuse gli occhi. "Tu sei... quello che mi ha salvato la vita, io non sono riuscito a salvarla a te... "

"Ma vuoi scherzare? Eccome se l'hai fatto. I momenti migliori della mia vita... li ho avuti con te. Sono gli unici ricordi che ho mai voluto conservare nella memoria. Non sentirti in colpa solo perché non hai evitato che-" Si toccò il ventre. "Non potevi."

"Quanto ti resta?"

"Due minuti..."

"Okay... o-okay. Cosa ricordi di me da bambino?"

"Oh, mi ricordo tutto. Il tuo faccino buffo, i tuoi vestiti, i tuoi giochi, il mulino... tutto. Anche le caramelle. Ti piacciono ancora?"

"Quelle caramelle. Sì..."

"E mi ricordo soprattutto di una cosa... che non hai mai ricevuto tutto l'amore che meritavi, e... sappi che te lo meriti, capito? Tu meriti di essere amato, e non pensare mai il contrario, mai. Giurami che te lo ricorderai sempre..." La voce di Scott pareva spegnersi secondo dopo secondo.

Le parole del ragazzo risuonavano nella mente schiantata di Fergus. Meriti di essere amato. Non pensare mai il contrario.

Scott iniziò a socchiudere le palpebre. E come un lampo, visualizzò una scena di fronte a sé. Tutto si muoveva al rallentatore; i suoni e le voci rimbombavano, producendo un eco. C'era un uomo vestito di nero legato ad una sedia, con delle manette che gli circondavano i polsi. Aveva un'aria distrutta, ed un po' di sangue accanto alle labbra ed al naso, come se qualcuno lo avesse appena preso a pugni. Ed urlava a squarciagola: "Anche noi - tu, ed io - meritiamo di essere amati, io merito di essere amato! Io voglio essere amato..."

La visione scomparve, e Scott riaprì gli occhi come uno scatto.

"Fa di nuovo male? Che ti succede?" chiese Fergus, con premura nella voce.

Il moro lo guardò, ed allungò il braccio fino a toccargli la spalla. "No. Nulla... solo, vieni qui..."

Fergus annuì, e si sdraiò lentamente accanto al piccolo, poggiando il naso sulla sua spalla e lasciando che l'altro lo stringesse a sé. "Merito di essere amato. Me ne ricorderò."

"Lo so."

Erano le dodici e mezza, ormai. La pioggia iniziò a scendere piano piano, come era stato previsto. La prima goccia cadde sulla fronte del ragazzino, il cui battito cardiaco si fermò un istante dopo.


---


Angolo di Feathers: Volevo risparmiarmi questo capitolo all'inizio, ma poi ho deciso di farmi uccidere dai lettori *sends virtual hugs*

Note:
1)So molto bene quanto gli abusi (sia psicologici che fisici) possano influire sulla vita ed il comportamento di una persona, e ho fatto in modo di manifestare qualche effetto su Fergus, dato che mi sembrava corretto farlo;

2)Gli uomini che hanno ucciso Scott non sono altro che British Men of Letters in cerca di noi poveri *coff* sensitivi innocenti dal XVI secolo, (e quel Ketch, ovviamente, è un antenato del nostro caro Arthur Ketch);

3) Per quanto riguarda il soprannome "il gatto e la volpe", tranquilli, non è un errore (!) anche se Collodi ha scritto Pinocchio molto più tardi. Saprete perché leggendo i prossimi capitoli. Kisses *si rinchiude*
   
 
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