Storia scritta per l'Italian P0rn
Fest #11 organizzato da Fanfic Italia e Lande di Fandom.
Fandom: Originale
Pairing: F/M
Prompt: [Spy story] Il capo dei servizi segreti
affida loro una missione in cui devono partecipare a una festa come
fidanzati sotto copertura. Una volta soli nella camera d'albergo, la
notte prima della festa, emergerà prepotente l'attrazione
che provano l'uno per l'altra. "Guarda il lato positivo: con tutta
questa pratica saremo molto più credibili nella parte"
(Bonus: se i due sono fratellastri)
Note: Dato che qui su EFP le scene esplicite
incestuose (anche tra fratellastri) sono vietate da regolamento, ho dovuto
tagliare e modificare una buona parte della one-shot. QUI potete leggere la storia completa.
(Se qualcuno mi avesse detto che avrei scritto un'Originale per il P0rn Fest, l'avrei preso per pazzo ma tant'è... All'ispirazione non si comanda xD) Buona lettura ♥
AGGIORNAMENTO 19/07/2021: Potete leggere un piccolo seguito QUI (nella stessa piattaforma della versione integrale). Per adattarla al regolamento dovrei riscriverla da capo, quindi si fa prima a cliccare il link ;)
Perfetta copertura
Elijah fischiò di approvazione, non appena varcarono la
soglia della camera dell’albergo. Nonostante fosse una
semplice doppia – “matrimoniale” si
corresse notando il letto –, ogni dettaglio era ben curato e
di gran gusto: pareti bianche e tappezzeria rossa, coperte e
rivestimenti broccati in tonalità, mobilio e testata del
letto in legno scuro. Pareva un peccato avanzare su quella soffice
moquette con scarpe e valigie!
«È una piccola bomboniera» disse,
lasciando che Cara lo precedesse. «Degna del Bel
Pese».
La donna, avvezza all’umorismo del collega, avanzò
nella camera glissando sulla sua galanteria. Arrivata davanti al letto,
senza pensarci troppo, sollevò il trolley e si
apprestò ad aprirlo.
Elijah continuò ad osservarla con aria tranquilla e,
soltanto quando lei gli lanciò un’occhiataccia, le
rivolse un sorriso.
«Non entri?» gli domandò, innervosita
dal suo sguardo.
Annuì con un cenno del capo e si chiuse la porta alle
spalle, girando la chiave nella toppa.
«Inizia già a piacermi questa missione»
sogghignò. Sfilò la giacca in ecopelle e
l’abbandonò sulla prima sedia che
trovò: per quella sera potevano pensare soltanto a
rilassarsi.
Con un brontolio Cara strattonò la cerniera del trolley, che
non voleva saperne di aprirsi.
«Ah, quanto mi mancava andare ad una festa! Non vedo
l’ora di vederti in abito da sera, amore».
L’epiteto la fece andare su tutte le furie. «Se non
ti cuci quella bocca, non la vedrai neppure questa stupida
festa!» berciò, infastidita dal suo parlare e
dalla zip inceppata. La valigia finì a terra con un sonoro
tonfo, appena attutito dalla moquette.
Cara iniziava ad averne fin sopra i capelli: quell’idea della
copertura da fidanzati era ridicola. Assurda!
Elijah, poi, non aiutava:
dal breve viaggio in auto per raggiungere l’hotel non faceva
che chiamarla “tesoro” e
“amore” – «Così
iniziamo ad entrare nella parte» le aveva detto col fare di
chi si divertiva un mondo a punzecchiarla.
Elijah arcuò appena un sopracciglio e le labbra si aprirono
in un mezzo sorriso divertito. Terminò di arrotolarsi le
maniche della camicia su fino al gomito e recuperò la povera
vittima della sua furia. «Almeno è atterrato sul
morbido» commentò, sollevandola dal manico.
Cara incrociò le braccia al petto spazientita dalla sua
flemma: lo sapeva che avrebbe odiato ogni singolo secondo di quella
missione! Lo sapeva, eppure non avrebbe mai potuto
rifiutarsi. Jean
Rhodes, il grande capo della CIA, era stato chiaro: i suoi due migliori
agenti a Venezia, sotto copertura, ben forniti di giocattolini, pronti
a tenere sotto controllo quella pagliacciata di festa e a prendere in
consegna importanti documenti per la sicurezza degli USA. Non si
aspettavano grosse sorprese, a parte interventi di terzi –
altre organizzazioni straniere – interessati alle stesse
informazioni. Cara sperava andasse proprio così, giusto
perché sarebbe stata autorizzata a sparare e picchiare duro.
Colpa di Elijah e delle lotte che ingaggiavano da bambini…
Elijah aveva sconvolto la sua vita per colpa di papà, una
sera così tranquilla che era impossibile non venisse turbata
da qualcosa. Quel qualcosa era stato il frutto di una sua vecchia
relazione, di cui lei e la mamma non erano a conoscenza. La madre di
Elijah aveva voluto tenere segreta la gravidanza, ma era morta a causa
di un tumore. Papà, contattato dal notaio per il testamento
e scoperto così tutto, ne aveva parlato alla mamma e insieme
avevano deciso di tenerlo con loro. Da figlia unica, si era quindi
ritrovata con un fratellastro più grande di lei di tre anni
che adorava farle i dispetti.
«Fatto». Elijah trafficò giusto un paio
di secondi e finalmente il trolley venne aperto.
Cara annuì distrattamente, immersa nei propri pensieri.
Fu l’innaturale silenzio a riportarla bruscamente alla
realtà e i suoi occhi focalizzarono il sedere di Elijah,
scolpito e ben fasciato dai jeans scoloriti. Cara distolse in fretta lo
sguardo, maledicendosi, e si accorse che lui aveva appena tirato fuori
l’abito che lei avrebbe messo l’indomani.
Sicuramente era poco adatto alla missione ma non all’evento:
un gioco di trasparenze e ricami preziosi caratterizzava il tessuto
morbido, dal corpetto allacciato al collo e la gonna vaporosa con
spacco.
«Mi vuoi morto?» mormorò con uno sguardo
che non le riuscì di decifrare, lontano
dall’usuale canzonatorio.
La sua voce era appena bassa e arrochita, irresistibile: Cara
soffocò a stento il brivido caldo che la scosse dalle dita
dei piedi alla punta dei capelli. Inspirò profondamente e
riuscì a ribattere: «Sempre».
Elijah annuì con un leggero cenno della testa, riponendo
l’abito. «Ordiniamo qualcosa?»
Cambiò discorso, schiarendosi al contempo la gola.
«Hai già fame?» Si stupì
Cara, dato che entrambi avevano cenato da poco. Per distrarsi
dall’innaturale calore in cui pareva essere immersa la
camera, spostò le sue cose ai piedi del letto e si sedette
sulle morbide coperte.
L’uomo le rivolse un’occhiata divertita.
«Preferirei champagne e caviale, ma fai tu». Si
godette il cipiglio irritato del suo viso e le saette che parvero
lanciare i suoi occhi castani.
«Stai tirando troppo la corda, Elijah»
cercò di avvertirlo con i nervi a fior di pelle.
«Tesoro, dobbiamo fare pratica e tu non ti stai
applicando» la provocò.
«Smettila!» sbottò lei con il volto in
fiamme, che nascose dietro i mossi capelli. Non sarebbe mai riuscita ad
andare fino in fondo con quella storia della copertura, men che meno a
dormire nello stesso letto quella notte; eppure, non avrebbe dovuto
avere particolari problemi… Erano fratellastri, no? Non
c’era nulla di male.
Nulla di male.
Cara cercò di convincersene, come aveva sempre fatto,
rispondendo al buonsenso piuttosto che alle proprie pulsioni
– era una maestra nel soffocarle. Strinse le mani a pugno sul
letto: doveva prendersi a schiaffi da sola per non pensare a quanto
avesse aspettato un’occasione simile con lui, che non
l’aveva mai degnata di particolare attenzione –
com’era ovvio che fosse, tra fratelli.
Una ciocca venne spostata dietro l’orecchio e Cara
ansimò nel trovarsi il suo volto fin troppo vicino: le
fronti quasi a sfiorarsi, il suo fiato caldo che si infrangeva sulla
bocca schiusa e i suoi occhi verdi che parevano scoperchiarla come il
vaso di Pandora – soltanto che da lei sarebbero usciti
pensieri sconci e, sul fondo, sentimenti sbagliati.
«Altrimenti?» sussurrò Elijah ad un
soffio dalle sue labbra, la voce di nuovo bassa, calda e roca.
«Cosa farai, Cara?»
Cara ingoiò il vuoto e il suo respiro che sapeva di
caffè, convinta fermamente che da quella missione non ne
sarebbe uscita viva – e non a causa di un probabile scontro.
Come agente della CIA aveva imparato a gestire ogni situazione, ma
nessuna l’aveva messa così alle strette e nessuna
portava il nome e il fascino di Elijah.
«Non provocarmi, Elijah» esalò a corto
di fiato. La sua vicinanza le infondeva un calore che si irradiava
lungo tutto il suo corpo, concentrandosi tra le gambe. Smaniava ancora
di mettergli le mani addosso, tuttavia… Non era
più certa che l’avrebbe picchiato.
«Fallo, Cara» le intimò.
«Qualunque cosa tu voglia, la voglio
anch’io».
E quelle parole sancirono la loro condanna: Cara si sporse verso di
lui, allentò la presa sulle coperte per infilare le dita tra
i suoi capelli, inclinò il viso e ad occhi aperti gli
sfiorò le labbra.
Elijah rimase fermo e lei comprese di non essere più sola in
quella follia: lui avrebbe dovuto respingerla, allontanarsi, scoppiarle
a ridere in faccia – anche! E invece l’aspettava,
ma…
Se non fosse stato assurdo, Cara avrebbe giurato che l’aria
nella stanza stesse crepitando.
«Non… Non dovremmo» fu
l’ultima, debole, protesta che si perse nel bacio con cui lo
assalì.
Elijah le rispose con una foga tale da sbilanciarli entrambi: il letto
li accolse in un morbido abbraccio, mentre si divoravano le labbra a
vicenda, invadendo uno la bocca dell’altra, in una lotta che
li lasciò ansimanti. Cara non poteva resistergli, non voleva
resistergli: lo sentiva nelle sue braccia che lo stringevano, lo vedeva
in quegli occhi grandi che, socchiusi, non riuscivano a nascondergli
nulla. Le scostò i capelli dal viso con dolcezza,
accarezzandole le guance calde, e le sorrise con una soddisfazione tale
che Cara ebbe paura stesse per rovinare l’atmosfera con una
delle sue pessime battute.
«Non ricominciare con la scusa della copertura!» lo
minacciò, nascondendo nell’ira la propria
vulnerabilità – era sempre stato facile
arrabbiarsi con lui piuttosto che affrontare i propri sentimenti.
Ricordava la prima fitta di gelosia e le successive, mascherate e
nascoste dalla scusa “è normale, è mio
fratello”.
Aveva l’innocenza dei quattordici anni, allora, e la
convinzione che la cotta sarebbe passata. Al college, invece, era stato
più difficile credere a quella balla e si era imposta di
dimenticarlo, fallendo miseramente con la furiosa scenata che gli fece
alla festa di laurea. Almeno, una volta entrati alla CIA, erano stati
entrambi troppo impegnati nel fare carriera ed era stato raro anche
solo incrociarsi per i corridoi del quartier generale.
Cara era davvero convinta che fosse tutto finito, sepolto, ma poi era
arrivata quell’assurda chiamata. Sarebbe stata la prima volta
che avrebbero lavorato insieme ed era stata subito investita a
tradimento dai sentimenti repressi negli anni.
Lo odiava. Lo amava. Era tutto così confuso, ma lui
l’aveva messa alle strette.
Così alle strette da farla scoprire per prima.
«No, non potrei mai» le rispose, poggiando la
fronte sulla sua.
Cara chiuse gli occhi e sospirò: «Giuro che se mi
stai prendendo in giro-».
«Cara, non è stata un’idea di Jean la
copertura, né che mi accompagnassi».
La donna aprì gli occhi. «Che cosa?!»
esclamò, sorpresa.
Elijah rise. «Sciocca ragazzina! Aspettavo
un’occasione così da una vita e tu non mi degnavi
di uno sguardo… E Jean mi doveva un favore».
Cara scoppiò a ridere. «Jean ha una cotta per te,
agente Cobb! Te ne sei approfittato!»
L’uomo le sfiorò il collo con la punta del naso,
smorzando le sue risate e facendola rabbrividire. Annusò la
sua pelle a pieni polmoni e la sentì trattenere il respiro.
«Adoro la tua risata» soffiò, leccandone
un lembo.
«Elijah!» Cara gli strinse le mani tra i capelli,
preda delle sue attenzioni.
Elijah lasciò piccoli baci e leggeri morsi, tracciando un
percorso fino al mento e alla conchiglia del suo orecchio destro.
«Avrei dovuto accorgermene prima, ma… Sono sempre
stato uno stupido e tu troppo intelligente per aspettarmi»
sospirò, scendendo ancora a tormentarle il collo.
Lei mugolò e gli lasciò un bacio sulla tempia.
«Era impossibile! Siamo…»
«Non lo dire», la fermò prendendole il
viso tra i palmi.
«Siamo fratelli, Elijah» completò lei in
tono fermo e con gli occhi severi. Voleva che si rendesse conto che il
sesso tra loro li avrebbe cambiati, che non sarebbe stato come con
altri partner. Era un vicolo cieco, un salto nel vuoto che li avrebbe
sfracellati al suolo.
«Fratellastri» la corresse con la stessa
serietà.
Cara annuì ad occhi chiusi e sospirò:
«Sì, ma adesso non importa». Gli
accarezzò le guance ispide di un accenno di barba.
«Siamo sotto copertura e tu sei il mio uomo.
Dimostramelo», sorrise con un accenno di malizia.
«Non hai idea di cosa vorrei farti». Elijah
ridacchiò nervoso per quello scambio di ruoli: Cara era
bellissima così riversa sul letto, sotto di lui.
«Fallo, Elijah. Qualunque cosa tu voglia, la voglio
anch’io» lo citò.
Lui espirò pesantemente e tornò a baciarla.
I vestiti vennero tolti in fretta, quasi strappati via dai loro corpi
impazienti di toccarsi. Finirono sulla moquette, sulle sedie vicine, in
fondo al letto, sull’abat-jour.
Per Elijah era stata un’eccitante sorpresa trovare sotto i
suoi vestiti della biancheria provocante, pizzo e raso neri:
«Ogni occasione può essere quella buona per noi
che non riusciamo ad avere una relazione duratura» gli aveva
fornito come spiegazione. Aveva scorto anche una punta di tristezza
nelle sue parole e nei suoi occhi sfuggenti, che si era premurato di
spazzare via.
«Sei fatta per stare con me» le mormorò
all'orecchio, accarezzandole la pelle calda.
La sua risposta si perse in un ansito.
Orgogliosa, indipendente, bellissima Cara… Quanto
era stato
cieco!, si rimproverò.
Quando la passione venne appagata da entrambi, Elijah le
crollò sul petto.
«Sei incredibile», sorrise stanco, baciandole la
pelle. «Se non fosse per la missione, non ti farei uscire da
questa camera».
Lei scoppiò a ridere, ferendolo nell’orgoglio.
«Non sfidarmi» le intimò, divertito.
Cara si allungò languidamente sotto di lui e con il piede
tracciò il profilo della sua gamba.
«Be’, hai parecchie ore per dimostrarlo»,
ammiccò. «E poi… Guarda il lato
positivo: con tutta questa pratica saremo molto più
credibili nella parte».