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Autore: Ellery    25/01/2018    0 recensioni
Luna riceve il suo Cutie Mark scoprendo di poter controllare i ritmi della notte. Nonostante ciò, non riesce ad inserirsi nella società; costretta a vivere all'ombra della talentuosa sorella, Luna finirà per consegnarsi a Nightmare Moon.
La regnante tacque, sconvolta. Quella persona non era Luna. Non era la sorellina che aveva tanto amato. Si era trasformata in qualcosa di diverso: in un concentrato di rabbia e di gelosia. Perché? Non lo sapeva. Che fosse davvero colpa sua? Che fosse il frutto di un’ombra lunga che aveva inconsapevolmente gettato su Luna? Non seppe rispondere. Luna non poteva continuare così. L’odio la stava lentamente consumando. Come affidarle una magia tanto potente, se non sapeva neppure tenere a bada i propri sentimenti?
La ff partecipa al Cowt-8, indetto da Lande di Fandom.
Week 2, Missione 3 - Prompt: Shine (Tolmachevy Sisters)
Parole: 14742.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nightmare moon, Princess Celestia, Princess Luna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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5. Nightmare Moon


Note: la ff partecipa al COWT8, indetto da Lande di Fandom.
Week 2, Missione 3 - Prompt: Shine (Tolmachevy Sisters)
Parole: 2642


 
Luna sapeva che stava sbagliando. Sapeva che quel gesto avrebbe fatto infuriare nuovamente Celestia, ma non le importava. Dopo tutto, l’amata sorella si era preoccupata delle sue condizioni? No, affatto. Non si era fatta viva nemmeno per sincerarsi che fosse tutto a posto e che i cristalli neri fossero svaniti. L’aveva lasciata sola, fingendo quasi che non esistesse.

Nei dì seguenti, si erano incontrate poco: soltanto all’alba e al tramonto avevano avuto occasione di scambiare qualche parola, prima di rientrare ciascuna nei propri alloggi. Per lo più, si era trattato di saluti affrettati e di scarni “Come stai?” a cui erano seguite le solite risposte monotone: “tutto bene”, “non c’è male”, “scusami, sono stanca e non mi va di chiacchierare”.
Nient’altro aveva scandito il passare di quei giorni.

Alla fine, stanca della propria solitudine perpetua, aveva preso una decisione. Si sarebbe recata nuovamente all’orfanotrofio, a trovare i suoi nuovi amici. Solo… non lo avrebbe fatto apertamente, no! Di nascosto, anzi… Nessuno doveva sapere di quella visita notturna. Sarebbe stato un segreto tra lei ed i Puledri della Notte. Così li aveva chiamati ed a loro, ovviamente, il nome era piaciuto subito: aveva una sfumatura libera, selvaggia e ribelle. Li faceva sentire importanti e benvoluti.

Luna aveva caricato i pony di terra su un piccolo pallone aerostatico. Si era passata le redini sul muso e sulle spalle, per poterlo trascinare nel cielo buio. I tre pegaso erano sfrecciati accanto a lei, prodigandosi in evoluzioni strepitose.

Si era sentita felice, ancora una volta. Amata, desiderata e non più sola. Aveva raccolto i sorrisi e gli schiamazzi di quegli sfortunati ragazzi, stringendoli a sé come fossero un grande tesoro. Li aveva osservati volare, giocare ed essere tutto ciò che desideravano: dei maghi, dei piloti di mongolfiere, degli abili acrobati.
Erano rimasti fuori tutta la notte, bagnati dalla luce delle stelle e del satellite che, ancora una volta, si era mostrato nella sua forma più completa.

«Tornerai domani, Luna?» avevano chiesto i ragazzi.

Lei aveva annuito, piegando le labbra in un dolce sorriso:
«Tornerò tutte le volte che vorrete.»
 

***
 

Il rientro all’orfanotrofio, però, era stato più brusco e turbolento del previsto. Fuori dalla porta si era radunata una folla di curiosi. Miss Camilla piangeva, seduta in un angolo, mentre alcuni poliziotti cercavano di interrogarla.

Luna planò dolcemente, trascinando con sé la mongolfiera. I pegaso atterrarono poco dopo, accalcandosi subito attorno alla direttrice:
«Perché piangi, Miss Camilla?» li sentì chiedere.

«Non stai bene, Miss Camilla?»

«è successo qualcosa di brutto?»

La direttrice, tuttavia, ignorò quelle domande. Luna la vide alzarsi e trottare verso di lei. Si sentì afferrare per le spalle e le sue iridi incrociarono quelle disperate della anziana pony:
«Perché lo avete fatto, principessa? Perché li avete rapiti?»

Quelle parole la lasciarono di sasso. Rapiti? Che intendeva dire?

Scosse frettolosamente il capo, cercando di radunare i pensieri. Era stato un gesto d’amore il suo! Desiderava soltanto far divertire i ragazzi e li aveva portati a sgranchirsi le ali ed a conoscere le meraviglie della notte. Che male c’era in tutto ciò?

«Non li ho rapiti!» protestò immediatamente «Siamo soltanto usciti a fare una passeggiata. Io… li avrei riportati a casa prima dell’alba. Non sarebbe successo niente.»

Si guardò attorno, in cerca di sostegno. Nessuno, tuttavia, osava guardarla: sui volti dei pony lesse riprovazione. Negli sguardi non vi era altro che biasimo ed incertezza. La temevano, ancora una volta. Non potevano fidarsi di lei: le avevano già concesso troppo credito ed ecco cosa avevano ottenuto! Una principessa ladra, infida, che strappava i bambini ai loro letti per trascinarli chissà dove.

Sentiva già le voci delle madri apprensive:
“Mangia la tua minestra, tesoro… o verrà la principessa Luna e ti porterà via.”

Sarebbe diventata un racconto del terrore, un’ombra che ogni notte usciva dagli armadi per spaventare i puledri capricciosi.
Cosa rimaneva del suo sogno d’essere finalmente amata e capita? Nulla. Era andato tutto in pezzi e, ancora una volta, era colpa sua.

«Non temete, Miss Camilla. Sono sani e salvi, come vedete.»

Ancora quella irritante voce! Possibile che fosse dappertutto? Come il prezzemolo, dannazione!

«Principessa Celestia! Mi dispiace avervi fatto preoccupare… se avessi saputo che erano con vostra sorella…»

Quante moine inutili! Perché la direttrice non veniva a scusarsi con lei, piuttosto? Le aveva dato della rapitrice così, senza neppure un motivo! Eppure… ora, quella stupida invocava il perdono di Celestia.

“Scusate adoratissima Celestia se vi ho tirato giù dal letto tanto improvvisamente” sussurrò Luna tra sé e sé “Sono così addolorata d’avervi fatto preoccupare. Ehi, Luna… quanto torni a rapire i bambini, lasciami un biglietto! Così starò tranquilla e non correrò il rischio di svegliare mezza Canterlot per niente!”

«Non temete, Camilla. Sono lieta che tutto si sia risolto nel migliore dei modi. Quanto a Luna, sono certa che non commetterà più lo stesso errore.»

Roteò gli occhi. Possibile che dovesse sempre parlare in sua vece, facendola apparire così sbagliata ed immatura?

«Ne sono certa. Grazie, Celestia… grazie per avermeli restituiti.»

Cosa?! Celestia non aveva fatto proprio niente. Li aveva riaccompagnati lei! Celestia aveva soltanto alzato il suo regale sedere dai cuscini e si era degnata di trotterellare fin lì, dopo aver allertato inutilmente le forze dell’ordine.

«Vai al diavolo…» ringhiò, infine. Spiegò le ali, prendendo una leggera rincorsa. Luna guizzò via nella notte, incurante delle voci che la richiamavano indietro. Non si fermò, decisa a raggiungere l’orizzonte ed a lasciarsi tutto alle spalle.
 

***
 

Stava soltanto rimandando l’inevitabile, ne era consapevole. Era rientrata soltanto all’alba, chiudendosi immediatamente in camera. Non voleva vedere nessuno, men che meno la sua eccellentissima sorella. Non aveva niente di meglio da fare che romperle le scatole con qualche tediosa ramanzina? Evidentemente no. Colse un bussare insistente.

«Apri subito!»

«Sei così prevedibile, sorella.» snocciolò, con uno sbuffo secco «è aperto, vieni pure.»

Celestia si palesò sull’uscio, lo sguardo duro e l’espressione stanca:
«Non so più cosa fare con te!»

«Non mi interessa.» Luna scrollò le spalle, appoggiando il muso al davanzale. Quanto doveva durare ancora, quel giorno? Quante ore prima che potesse finalmente chiamare la sua omonima.

«Perché non ti rendi conto di ciò che fai?! Hai rapito dei puledrini!»

«No! Li avrei riportati all’alba. Eravamo usciti a divertirci… da quando uscire con degli amici è considerato un sequestro?»

«Sono ancora piccoli! Sono dei bambini. Non sanno badare a loro stessi.»

«Erano con me! Non gli sarebbe successo niente.»

«Avresti dovuto chiedere il permesso a Miss Camilla.»

«Lo so! Ma… non volevo che nessun altro sapesse. Doveva essere un nostro segreto. Un modo per scappare insieme la notte, per essere finalmente uniti come una vera famiglia. Hai rovinato tutto, come al solito.»

Celestia batté gli zoccoli, nervosa:
«Non osare incolparmi di qualcosa! Fai tutto da sola e quando le tue azioni sconsiderate ti si ritorcono contro… diventano sempre un mio problema.»

«Oh, sai che peso! Ti adorano tutti, no? Sei sempre pronta a correre in loro soccorso. Che vita monotona avresti senza la sorellina cattiva, non trovi? Non potresti essere più l’eroina di Canterlot.»

La regnante tacque, sconvolta. Quella persona non era Luna. Non era la sorella che aveva tanto amato. Si era trasformata in qualcosa di diverso: in un concentrato di rabbia e di gelosia. Perché? Non lo sapeva. Che fosse davvero colpa sua? Che fosse il frutto di un’ombra lunga che aveva inconsapevolmente gettato su Luna? Non seppe rispondere. Tuttavia, doveva prendere una decisione drastica. Luna non poteva continuare così. L’odio la stava lentamente consumando. Come affidarle una magia tanto potente, se non sapeva neppure tenere a bada i propri sentimenti? Non poteva lasciarle oltre l’incarico di far sorgere la luna. Quella mansione sarebbe tornata appannaggio dei Pony della Luna, almeno finché la sorella non fosse rinsavita del tutto.

«I Pony della Luna prenderanno il tuo posto.» sentenziò, secca. In fondo, non c’era un modo delicato per dirlo. Tanto valeva, dunque, che la minore affrontasse la dura realtà «Non sei pronta per gestire il ritmo del giorno e della notte con me. Quando starai meglio… quando sarai maturata ed avrai dimostrato di potercela fare, allora…»

«No! Scordatelo! È il mio compito. Non puoi usurparmelo.»

«Non te lo sto chiedendo, Luna! È un ordine.»

«Me ne sbatto dei tuoi ordini!» il corno di Luna si coprì di magia nera. Dei lampi scuri saettarono verso la sorella, che innalzò immediatamente uno scudo dorato. Gli incantesimi si infransero, cadendo nell’aria come sottili scintille «Non puoi portarmela via! Non puoi!»

«è troppo tardi! Ho già dato ordine ai Pony della Luna di radunarsi. Ti sollevo ufficialmente dall’incarico, sorella e…» non abbassò le difese. Non poteva fidarsi: Luna era come impazzita. Aveva osato attaccarla e, anche se si era trattato di un blando tentativo, era un cenno di ribellione che non poteva passare inosservato. Non doveva essere clemente, non questa volta. Occorreva mantenere il controllo, senza lasciarsi intenerire dalle lacrime che solcavano ormai le guance della minore «Non osare mai più cercare di colpirmi. Rimarrai qui, questa sera. Domani, parleremo del tuo destino.» terminò, voltandosi e sbattendo la porta alle proprie spalle.

Un “Ti odio!” la raggiunse prontamente.

Celestia decise di non badarci. Trottò via, lungo il corridoio, richiamata da ben altri affari.
 

***
 

Luna spiò oltre il davanzale della propria finestra. Celestia si stava ritirando, cedendo il posto ai Pony della Luna. Riconobbe Betelgeuse, seguito dal figlio Orion. Li osservò disporsi in cerchio e sollevare i musi al cielo ancora tinto di screziature rossastre.

«Non sorgere, ti prego.» sussurrò, volgendo gli occhi all’orizzonte. La luna non l’avrebbe tradita. Non sarebbe apparsa, non senza di lei. Celestia avrebbe dovuto scusarsi e supplicarla di tornare. Sì, sarebbe andata così.

Sospirò, cercando di sgombrare la mente. Si sentiva irrequieta, nonostante tutto. Si stava sforzando di credere che la sua omonima non sarebbe arrivata, ma… che sarebbe successo se avesse comunque fatto capolino oltre le montagne lontane? Avrebbe perso ulteriormente di credibilità. I Pony della Luna l’avrebbero rimpiazzata per mesi, anni o forse per sempre.

Spiò sottecchi il proprio Cutie Mark. Che si fosse sbagliato? Era apparso sulla groppa di una puledra incauta, affatto talentuosa e che per nulla al mondo avrebbe dovuto guidare il sorgere della notte. Abbassò il capo, afflitta. Era tutto così ingiusto! Era condannata a vivere sola nell’oscurità, ad osservare in silenzio la propria vita scorrere, tornando ad essere un pony anonimo, senza futuro né speranze.

«Non verrà per voi, brutti stupidi.» sibilò, cercando di rincuorarsi. Non doveva essere tesa. La luna non sarebbe mai apparsa!
Si azzittì nel quando dal cerchio sottostante prese a levarsi una cantilena nota:
 

«Splendi nella mia oscurità
Splendi nella notte, la mia luna che sorge
 
 
Aggrottò la fronte. I Pony della Luna stavano aggiungendo parole alla solita nenia fastidiosa?
 
 
«Puoi essere il capolavoro dell'amore?
Mandando un messaggio,
Dicendo a tutto il mondo di mostrarti un po' d'amore
Nessuno ci abbatterà,
Sei la mia luna che sorge»
 
 
Scattò in piedi. Quelle maledette serpi! Avevano copiato le sue note, aggiungendo le strofe di sua invenzione. Stavano chiamando la luna usando la stessa intonazione, il suo medesimo ritmo e simulando la sua voce.

«No…» sussurrò, mentre il disco pallido sbucava da oltre l’orizzonte «Non farlo!» gridò, mentre l’omonima appariva in tutto il suo splendore «Non sono io! Ti stanno ingannando. Non sono io!»

Troppo tardi! Il satellite, ormai posizionato in cielo, iniziò il suo lento cammino. Luna crollò a terra, senza riuscire a soffocare le lacrime. Era tutto sbagliato e così ingiusto! Non sapeva fare altro che far sorgere la luna, ma… se non serviva più nemmeno a quello, che ne sarebbe stato di lei? Forse, avrebbe dovuto ritentare con la pasticceria o il giardinaggio…

«No!» scattò. Non lo avrebbe permesso. Non si sarebbe castigata diventando una semplice cameriera di corte o una bibliotecaria. Avrebbe lottato per se stessa, per proteggere i propri diritti. Il Cutie Mark le aveva indicato la via! Non l’avrebbe abbandonata tanto facilmente. Non si sarebbe arresa.

Balzò oltre la finestra, dispiegando le ali e catturando la brezza serale. Digrignò i denti, lanciandosi in una picchiata. Virò stretto, tagliando la strada ai Pony della Luna. Ignorò le loro grida, mentre un bruciore si irradiava dalla sua fronte fino al corno. Di nuovo, la magia sfuggì al suo controllo: permise alla rabbia di impadronirsene, all’odio di farsi strada nel suo animo.

«Bugiardi! Traditori!» gridò, mentre un bagliore cupo scaturiva dal suo corno e, come un’onda inarrestabile, travolgeva gli astanti.

Colse delle urla terrorizzate e degli zoccoli calpestare rapidamente il terreno, in un inutile tentativo di fuga. Espanse il proprio potere, concesse ai lampi neri di saettare ancora una volta nell’aria. Colpì i Pony della Luna senza esitazione, lasciandoli tramortiti al suolo.

Planò, infine, toccando il suolo. Il respiro affannato si spezzò quando vide la conseguenza delle proprie azioni. Si stava trasformando in un mostro spietato, un concentrato di ira e odio che non riusciva a governare. Celestia aveva ragione! Non avrebbe dovuto…

Scosse il capo. Non doveva pensare alla sorella. Non si sforzava nemmeno di capirla, quella! Troppo intenta a presenziare a fiere e banchetti per potersi interessare della sorte della piccola Luna. Non doveva niente a Celestia, anzi. Quello sfacelo era, in fondo, anche colpa sua: se non l’avesse rinchiusa in camera, se non l’avesse cacciata, niente di tutto ciò sarebbe successo.

«Sono qui, luna.» sussurrò, volgendo l’attenzione al cielo. Piegò le labbra in un sorriso selvaggio, riprendendo la melodia da dove era stata interrotta:
 
 
«Stavo guardando il cielo
Desiderando la luna
Aspettando un inizio nuovo per me
Vivendo sull’orlo
Ormai vicina al crimine
Attraverso il confine un passo alla volta»
 
 
«Ben fatto.» una voce la fece sussultare, interrompendo il suo canto.

Luna si voltò di scatto. Era convinta d’essere sola, invece… c’era una pony accanto a lei. Le assomigliava in modo sorprendente. Il manto nero ricordava un cielo senza stelle, mentre la criniera blu fluiva dal bordo di un elmo lavorato. La bocca era storta in un ghigno, oltre cui si intravedevano delle zanne acuminate.

«Chi sei?» domandò, senza indietreggiare. Per qualche strana ragione, non si sentiva intimorita dall’altra. Avrebbe dovuto esserlo, visto l’aspetto minaccioso, ma era come se la conoscesse da sempre.

«Sono te e non sono te.»

«Che significa?»

«Sono una parte di te, Luna. Sono quell’essenza che ti sei sempre sforzata di celare. Sono il tuo lato nascosto.»

Quelle parole contenevano una sfumatura calda, invitante, che cozzava con l’aspetto terrificante della creatura.
«Perché sei qui?» domandò la principessa, accostandosi di un passo.

«Vorrei che tu mi accettassi, Luna. Sono ancora un potere sopito. Non posso fare nulla, senza il tuo consenso, ma… ascoltami. So cosa desideri realmente, mia cara. Vuoi che la gente ti capisca, non è così? Che gli altri pony possano ammirare le bellezze della notte, che possano capirle ed apprezzarle.»

«Sì, è così, ma… come fare? Celestia dice che…»

«Celestia?» la sconosciuta si lasciò sfuggire una risata graffiante «Oh, non dovremo più preoccuparci della tua cara sorella, Luna. Se uniremo le forze saremo potenti, molto più di lei. Allora… Celestia non avrà più alcun controllo su Equestria. Porteremo la notte, Luna; sarà eterna e magnifica. I pony impareranno ad amarla, te lo giuro.»

Luna tentennò. Quelle promesse erano così ammalianti, ma… poteva davvero credere a quell’emanazione? Era davvero parte della sua coscienza? Celestia e Betelgeuse le avevano ripetuto spesso quanto fosse importante mantenere l’equilibrio nel tempo, ma… che sarebbe successo se la notte avesse spazzato via il giorno?

L’altra parve cogliere quei dubbi.
«Sono la tua unica amica, ormai, Luna.» riprese, con voce suadente. «Gli altri pony ti odiano. Ti hanno ignorato, schernito, tradito… Che cosa devi loro?»

«Nulla.» rispose Luna, facendo un ulteriore passo avanti. Chinò il capo quando vide le ampie ali nere avvolgerla strettamente. Percepì un nuovo vigore, una sensazione di gelo assoluto che, tuttavia, le risvegliava i sensi e spingeva al limite la sua magia «Ti accetto come mia compagna» disse, chiudendo gli occhi ed esalando un profondo respiro «Aiutali ad amare la mia notte.»
  
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