Fumetti/Cartoni americani > Voltron: Legendary Defender
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Autore: DonutGladiator    28/01/2018    0 recensioni
Raccolta di brevissime oneshot (max 700 parole) slegate tra loro che avranno per protagonisti diversi.
[1: Hunk vuole finire il suo progetto, ma Lance non sembra pensarla allo stesso modo
4: Una piccola Pidge fa un regalo al fratello maggiore
5: Lance si è beccato una terribile malattia, ma Keith ci crede poco
8: Sheith preKerberos al crepuscolo
9: Momenti di affetto familiare passato (SPOILER S5)
10: Lotor è degno della fiducia di Allura? (SPOILER S5)]
Genere: Angst, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa storia partecipa al COWT8
 

"Se parte Shakira..."



Tutto quello che voleva era un po’ di tranquillità.
E invece il cubano gli stava togliendo anche quel poco di quiete che era rimasta nella loro stanza. Eppure gli aveva chiesto quel favore con il cuore in mano e l’altro sembrava avesse capito che quella cosa era veramente importante.
In biblioteca avevano esaurito tutti i posti disponibili, così l’unica scelta che gli era rimasta era finire quel maledetto progetto in camera loro.
Unico inconveniente era che Lance non doveva fare niente e si era quindi messo a smanettare sul proprio portatile, ascoltando musica pop di dubbio gusto.
Sembravano aver risolto dopo che si era messo le cuffiette, ma c’era comunque qualcosa che non andava. Probabilmente, nel vocabolario di Lance Mcclain la parola “quiete” non esisteva.
-Lance. Per favore, sto cercando di finire, potresti evitare di cantare a squarciagola?- domandò il ragazzo passandosi una mano sul viso, distrutto dall’ennesima nota alta dell’altro che parlava di amori dimenticati e appassiti.
Il progetto era per il giorno dopo, e lui era ancora anni luce lontano dalla sua fine. Lance però, con le cuffiette nelle orecchie, non lo aveva sentito. Hunk, dopo aver cercato di attirare inutilmente la sua attenzione, si alzò dalla scrivania e si avvicinò al letto a castello, togliendogli stizzito una delle cuffiette.
Quando era troppo era troppo.
-Ohi, Hunk, che è successo?- domandò il ragazzo, sinceramente sorpreso.
-Lance stai facendo troppo casino. Quando ti ho chiesto se potevi mettere le cuffie perché la musica era troppo alta speravo evitassi anche di cantarmi in diretta tutte le canzoni.- disse con tristezza, sperando che l’altro capisse che stava cercando di impegnarsi veramente in quel progetto e cercasse veramente di concentrarsi.
-Amico, scusami, è più forte di me. È che se parte Shakira non so proprio come non seguirla nel suo ritmo latino.- rispose accennando a una risata, tagliandola subito dato che Hunk non sembrava propenso a unirsi a lui.
-Dammi due ore ok? Penso di potercela fare.- tagliò corto l’altro, ritornandosene a sedere alla scrivania, sperando di recuperare i pensieri di quanto stava facendo.
Lance annuì e portò una mano a simulare una zip che si chiudeva sulle labbra: -Certo. Sarò più muto di una tomba. Nulla uscirà dalle mie labbra.- Hunk quella volta sperò che avesse effettivamente capito.
Effettivamente, per circa dieci minuti Lance stette completamente in silenzio, poi, come trascinato da chissà quale canzone, iniziò a canticchiare a bassa voce, cosa che era ancora sopportabile, fino a quando, altri cinque minuti dopo, un urlo acuto non aleggiò di nuovo nella stanza, facendo quasi venire un infarto a Hunk, completamente preso nella stesura.
-LANCE!- urlò Hunk, questa volta facendosi sentire dal ragazzo che alzò le spalle mimando qualcosa che poteva apparire come “è più forte di me”.
Il si portò le mani sul viso, esausto nel dover combattere con quella calamità ambulante che gli era toccata come compagno di stanza.
Si alzò dalla sedia recuperando portatile e libri e poi disse a un Lance che ora iniziava anche a mimare mosse di qualcosa simile alla bachata: -Vado in biblioteca, sperando si sia liberato qualche posto.-
Lance sorrise, si alzò dal letto, mimò una mossa sperando che l’altro si unisse a lui, e vedendo che Hunk aveva ormai quasi richiuso la porta dietro di lui, lo salutò con un adios, continuando a scuotere le spalle come se niente fosse.
Hunk sbuffò, e si appoggiò alla porta.
Già solo fuori da quella stanza c’era tutto il silenzio e la quiete di cui aveva bisogno.
   
 
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