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Autore: _Lightning_    31/01/2018    4 recensioni
Dal Capitolo 2, "Odio gli indifferenti": Il mio era un mondo dorato che mascherava qualcosa di molto più turpe di cui non volevo curarmi minimamente. Ero corazzato dietro l'indifferenza perché, tanto, non sarei stato io a subire i risultati del mio stesso lavoro. Mi sarei limitato a coglierne i frutti.
È facile parlare quando sei dalla parte sicura, quando il tuo punto di vista è l'unico che conosci.

Dopo Iron Man 3 troviamo un Tony diverso, cambiato dagli eventi nella mente e nel fisico, con una realtà del tutto nuova con la quale confrontarsi... e con una gran voglia di parlarne con qualcuno, meglio ancora se quel qualcuno è il suo migliore amico improvvisatosi controvoglia psicologo.
Non si parla però solo di Iron Man 3: si torna alle origini, al giorno in cui è nato Iron Man, alle scelte e alle decisioni che hanno portato Tony ad essere ciò che è adesso.
E tra un capitolo e l'altro qualche filosofo -e non- dice la sua.
[pre-Iron Man // Afghanistan // post-New York // Serie: Newborn]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bruce Banner, Tony Stark, Yinsen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Newborn'
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Capitolo 7
 
"Never tell me the odds"


 

 

"Io sono il padrone del mio destino
Io sono il capitano della mia anima."

[W. E. Henley]




"Ho un debole per le scommesse e un'attrazione fatale per i casinò. Mi è sempre piaciuto mettermi in gioco in qualsiasi contesto, tanto meglio se le previsioni sono contro di me. Tirare un doppio sei coi dadi, scoprire un poker o fare blackjack è una riprova che anche il caso è dalla tua parte e che non avrai mai nulla da temere da lui. Lo trovavo un concetto molto rassicurante.
Puntare sulla propria stessa vita porta la faccenda su un altro livello."

 

*

 

La fiamma traballante della lampada a petrolio illuminava appena il foglio stropicciato, ingiallito dalla sabbia e macchiato d'umidità. La punta della matita tracciava con precisione i contorni dei vari meccanismi, con linee secche ma leggere, dando forma a un componente dopo l'altro. Tony si fermò un istante, osservando l'ultimo schizzo con il mozzicone che penzolava tra le labbra, poi corresse un raccordo tra le placche di metallo e modificò il circuito che aveva abbozzato là accanto. Cercò di non calcare troppo il tratto come faceva di solito: lì non aveva il lusso di una gomma per cancellare.

Uno scricchiolio improvviso fece scattare i suoi occhi verso la porta blindata; coprì d'istinto il progetto con la mano e sentì il cuore singhiozzargli nel petto. Scrutò la sua cella sforzandosi di abituare gli occhi al buio e trattenne il fiato per lunghi secondi prima di rilasciare lentamente la tensione accumulata e tornare a capo chino sul banco di lavoro. Yinsen si rigirò nel sonno, facendo cigolare la brandina, ma continuò a dormire russando appena.

Tony abbassò ancora la fiamma della lampada, tanto che gli divenne difficile decifrare la sua stessa grafia. I segni di grafite sul foglio sembravano tremolare e prendere vita nel guizzare morente della fiamma, deformata dal vetro opaco e annerito. La fissò come ipnotizzato, indeciso se dare ascolto all'idea che quell'immagine gli aveva suscitato. Picchiettò piano con la punta della matita su un altro foglio, come a prendere le misure, poi abbozzò appena il meccanismo di un lanciafiamme incastonato nella placca dell'avambraccio. Riordinò i sottili fogli nell'ordine giusto, li sovrappose e li spianò appena, controllando che tutti i componenti si incastrassero a dovere l'uno sull'altro. Annuì tra sé: iniziava a prendere forma. L'elmo era ancora un semplice quadrato leggermente smussato, con due rozzi fori simili ad occhi spalancati. Esitava ancora a dare un volto a quella creazione. Rimescolò i progetti, che a prima vista sembravano semplici bozzetti di innocui rivestimenti metallici, e li ripose con cura sotto una cassa di munizioni, celati a occhi indiscreti.

Rimase a fissare il piano di lavoro flebilmente illuminato, un isolotto chiaro in mezzo all'oscurità densa della grotta. Il suo sguardo fu calamitato dall'occhio rosso della telecamera. Era sicuro che se l'avessero visto ancora sveglio dopo il coprifuoco avrebbe passato grossi guai. Si tastò d'istinto la costola ancora dolorante: non poteva permettersi altri impedimenti. Ormai il tempo era agli sgoccioli. Avevano una settimana per assemblare il missile... o meglio, la loro via d'uscita. E mancava ancora il passo più importante. Il suo sguardò seguì i fili che dal suo petto si protendevano come serpi fino alla batteria poggiata sul bancone, la sua fonte di vita e la sua dannazione. Controllò che il foglietto accuratamente ripiegato fosse ancora incollato sotto di essa. Non aveva bisogno di aprirlo per ricordarne il contenuto. Aveva memorizzato quel progetto fin nei suoi minimi dettagli e già prima lo conosceva approfonditamente. In fin dei conti era il retaggio di suo padre.

I suoi occhi oscillarono tra i progetti dell'armatura e quelli del reattore Arc, poi si posarono sulla telecamera e avvertì la stretta della paura. La respinse con ferocia, ancorandosi al puntino rosso che lo fissava nel buio. Non poteva permettersi di aspettare ancora.

 

*

 

«E a cosa ti servirebbe tutto questo palladio?»

Tony rimase in silenzio, riluttante a rispondere, e continuò ad armeggiare con un cacciavite per disarmare la centralina elettronica del secondo missile. Staccò poi con un colpo secco la punta della fusoliera, mettendone a nudo i componenti interni e rimuovendo con delle pinzette il successivo frammento di palladio, che adagiò in una vaschetta assieme all'altro. Ne mancavano nove. Scoccò un'occhiata a Yinsen, che non si era ancora mosso né sembrava intenzionato a farlo.

«Ti ricordo che abbiamo solo una settimana prima che il nostro soggiorno giunga al termine. Non ci faranno credito ancora a lungo,» lo spronò, passando al missile successivo.

Colse con la coda dell'occhio Yinsen che scuoteva scetticamente la testa.

«Questo sarebbe un tuo piano fantasioso per farci ammazzare prima di quella scadenza?»

Tony sollevò lo sguardo dall'arma, interrompendo l'operazione di disarmo con un sospiro scocciato.

«È un piano fantasioso per farci uscire di qui.»

Quell'affermazione non parve convincere il dottore.

«E quelle?» accennò al cumulo di placche metalliche che Tony aveva saldato per conto suo e accatastato in un angolo in disparte negli ultimi giorni.

«Fanno parte del piano fantasioso,» replicò seccamente l'altro, incrociando le braccia dinanzi al magnete. «Ora, se vuoi aiutarmi a smantellare gli altri nove missili, guadagnerei un'ora di tempo che potrei impiegare in qualcosa di più utile. Altrimenti, per quanto mi riguarda puoi anche continuare ad assemblare il Jericho,» concluse, tornando a smontare la coda del missile quasi con rabbia.

Vide Yinsen che esitava ancora, probabilmente preso in contropiede da quella sua improvvisa veemenza. Non poteva biasimarlo. Nelle settimane precedenti era stato apatico, rissoso, frustrato, irascibile; un coacervo di irrequietezza pronto a saltare al minimo turbamento come un fusibile difettoso. Si rendeva conto di aver perso la bussola ed essersi arenato senza un obiettivo preciso, se non quello fumoso e ovvio di volersi liberare, senza per questo fare nulla di concreto per rendere quella meta più raggiungibile. Anche con la guida di Yinsen gli era risultato difficile rimettersi in rotta.

Era servita una minaccia diretta, un colpo di speroni inatteso e bruciante, per smuoverlo e farlo tornare in sé, per riscuoterlo da quell'indolenza rassegnata e pericolosa. Scoccò un'occhiata a Yinsen, chiedendosi come potesse sopportare la condanna a morte che incombeva sulla sua testa per causa sua. Per quanto lo riguardava, era la cosa più reale a cui riuscisse a pensare in quel momento. La parola "responsabilità" gli era sempre sembrata estranea, ma adesso pesava più che mai sulle sue spalle. Non avrebbe permesso che qualcun altro morisse per colpa sua.

Yinsen esitò ancora, per poi afferrare un missile e piazzarlo sul tavolo di fianco al suo, iniziando a seguire il suo esempio per rimuovere il palladio. Tony gli rivolse un cenno grato, senza commentare.

«È un piano sicuro?» chiese il dottore dopo un po', facendo cadere con un tintinnio la scheggia di palladio tra le altre.

La sua voce era apparentemente disinteressata, ma tradiva un tremito di aspettativa. Tony assottigliò le labbra, concentrato a manovrare il cacciavite con i gesti rapidi di un meccanico consumato che smonta l'ennesimo motore.

«Cosa, non ti fidi di me?» lo sviò, lasciando trapelare una traccia superstite del suo solito tono scherzoso prima di imprecare a mezza voce contro la fusoliera che non voleva saperne di cedere.

Si rese conto del silenzio dell'altro e si girò a guardarlo, cogliendone infine la risposta intrinseca.

«Figurarsi,» mormorò tra sé, amareggiato, dando con tutto il suo peso una gomitata alla punta dell'ordigno e riuscendo finalmente a staccarla.

Qualche minuto dopo, il quinto frammento di palladio cadde nella vaschetta.

«Non è un problema di fiducia,» rispose Yinsen dopo un lungo silenzio, ancora alle prese col suo terzo missile. «Se non avessi avuto neanche un briciolo di fiducia in te, ti avrei lasciato morire.»

«Sicuro. Ti vedo molto bendisposto e collaborativo, infatti,» ribatté acidamente lui, ignorando l'affermazione del medico che l'aveva suo malgrado colpito.

Poté percepire l'altro uomo che alzava gli occhi al cielo anche senza guardarlo.

«È una questione di probabilità.» Yinsen sollevò lo sguardo nel suo. «Quante ce ne garantisce il tuo piano?»

Tony si sentì minacciato da quella domanda e non rispose. Yinsen sospirò piano e non insistette oltre. Lui continuò a tacere, finendo di scomporre altri tre missili. Al nono si fermò e si passò una mano sul volto, poggiandosi sul piano di lavoro e chiamando a raccolta i suoi pensieri. Dopo qualche minuto, riprese a lavorare.

«Conosci il paradosso del gatto di Schrödinger?» esordì quindi, a mezza voce.

Yinsen alzò lo sguardo dai suoi circuiti e lo guardò con aria perplessa, spaesato dall'improvviso cambio di tono e argomento.

«Certo, ma non vedo come la meccanica quantistica...»

«Lascia perdere la quantistica e segui l'analogia,» lo anticipò Tony, lasciando cadere la scheggia di palladio nella vaschetta. «Finché non apri la scatola, il gatto è contemporaneamente vivo morto, giusto? Non puoi saperlo finché non la apri. Vedi questo piano come quel gatto: non ne sapremo la sorte finché non lo metteremo in pratica.»

«È un modo molto elegante per dire che è un piano con il cinquanta percento di probabilità di fallire.»

«O di avere successo.»

Tony non trattenne una smorfia al pessimismo di Yinsen.

«Non è un pronostico rassicurante,» commentò tetramente l'altro. «Siamo praticamente nelle mani del caso.»

«Se può consolarti, ho una discreta fortuna al gioco,» borbottò lui di rimando, a corto di argomentazioni ma stizzito da quelle parole.

«Speriamo che non ti abbandoni anche quella.»

Tony scosse la testa, ma incassò il colpo in silenzio. Comprendeva lo scetticismo di Yinsen, ma avrebbe voluto urlargli addosso per fargli capire che adesso sapeva quello che stava facendo. Non era più un bambino lanciato in un mondo sconosciuto che doveva imparare tutto da zero. Sentiva di aver assorbito più nozioni ed esperienza in quei tre mesi che in tutta la sua vita. Adesso si sentiva finalmente pronto ad accettarle e farle sue. Guardò la batteria, poi l'angolo nel quale era ammassato il materiale per l'armatura, infine i frammenti argentei di palladio davanti a lui. Era tutto pronto: non gli rimaneva che unire i puntini col suo ingegno, senza tirarsi indietro. Avrebbe dovuto credere che non fosse tutto merito suo, che fosse stato il caso a guidare le sue azioni?

«Il caso non esiste,» sbottò all'improvviso. «È solo una scusa conveniente per giustificare il fallimento.»

Yinsen distolse l'attenzione dal suo missile, interdetto. Tony alzò le spalle, come se ciò che aveva affermato fosse ovvio, poi riprese ad armeggiare col suo circuito e prelevò la decima dose di palladio. Poteva percepire gli occhi di Yinsen puntati su di lui, ma si accorse che non lo stava realmente guardando. Sembrava perso in riflessioni cupe, che gli adombrarono le iridi chiare di una luce inquieta e lontana.

Tony passò a lavorare sull'ultimo missile sovrappensiero. Lo smantellò rapidamente e arrivò al nucleo di palladio senza difficoltà, trattenendolo tra le pinzette. Lo osservò soddisfatto alla luce fioca dei neon, prima di lasciarlo cadere tra gli altri con un tintinnio metallico che sancì l'inizio del suo piano.






 

Nota dell'autrice:

Vabbè, ormai lo sapete. Pubblico, sparisco per due anni, poi ritorno, ripubblico e mi do alla macchia per altri due anni. Il lupo perde il pelo, ma non il vizio...
Che dire, l'aver mancato di completare questa raccolta non mi andava proprio giù, così ho deciso di riprenderla sull'onda di un prepotente ritorno d'ispirazione.

Questo capitolo non è tra i miei favoriti, ma sicuramente lo preferisco al precedente, che a rileggerlo è un po' raffazzonato. La stesura ha richiesto un consulto tecnico, causa mia ignoranza in materia scientifica, nonostante abbia affrontato il paradosso del gatto di Schrödinger in filosofia qualche lustro fa. Quindi grazie ad M. che è stato coinvolto suo malgrado nel processo creativo :)
Ho sempre visto Tony come una persona scettica riguardo al "caso", ma più propensa a credere nel destino (soprattutto dopo le esperienze in Afghanistan e a New York). Non ho voluto dare forma ai pensieri di Yinsen per il semplice fatto che è un personaggio che funziona da solo, coi suoi silenzi e le sue occhiate indecifrabili. Ha sofferto molto e perso la sua famiglia, è plausibile che voglia attribuire tutto a un caso malevolo, ma in fondo se ne sente responsabile e sa che ne è responsabile indirettamente anche Tony.
Chiudo il papiro dicendo che, nonostante il fulcro di questa raccolta sia il reattore, la sua creazione materiale non verrà trattata, principalmente perché già l'ho descritta in una mia vecchia fic (
Guiding Light). Sarebbe ridondante riprenderla qui.

Piccola nota aggiuntiva: la raccolta è finita, nel senso che ho terminato di scriverla. I i tempi di aggiornamento saranno di un capitolo a settimana (ne mancano due).

Grazie a chiunque leggerà o recensirà <3

-Light-

P.S. Il titolo è una citazione di Han Solo, tradotta in italiano con un opinabile "risparmiami i pronostici" rivolto a C3P0.

   
 
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