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Autore: Emmastory    05/02/2018    2 recensioni
La vita di Rain e del suo gruppo continua, ma purtroppo senza uno dei compagni di viaggio. Sono passati ben quattro anni da quando la povera Samira è morta da eroina sul campo di battaglia, tentando assieme agli amici di eliminare una minaccia ormai conosciuta, ovvero i Ladri. Ora come ora, con la calma che regna sovrana ad Ascantha, nessuno sa cosa sia successo davvero, se la guerra sia finita, o sei ai nostri eroi sia stata concessa una tregua. Sempre uniti e fiduciosi, sono decisi a combattere le loro battaglie, e sperare, con tutte le loro forze, in un nuovo e sereno domani. Come andrà a finire? Scopritelo unendovi di nuovo a loro, nell'ultimo capitolo della saga di Aveiron.
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-VII-mod
 
 
Capitolo LVIII
 
Maternità difficile
 
Erano passati appena altri trenta giorni, e quasi ignorandole e non curandosi minimamente delle sue creature, il tempo non aveva fatto altro che passare. Il piccolo Gabriel aveva ora un mese di vita, e grazie all'intervento di Lady Fatima, che si era prese cura della sua gattina seguendo i consigli di uno dei dottori più esperti del regno, nessuno, guardandola, avrebbe mai detto che aveva partorito appena poche settimane prima. Seduta sul letto nella stanza che condivideva con l'amata, Rachel era sfinita. Non dormiva da giorni, e il piccolo non era certo d'aiuto. Piangeva ogni notte per un motivo diverso, e sembrava non dormire mai. Entrando nella camera da letto, la Leader si sedette sul bordo del letto, facendo attenzione a non disturbare troppo Rachel che riposava. Il bambino era finalmente riuscito a darsi pace, e come la giovane madre, dormiva beato nella sua culla. Ad ogni modo, continuava ad essere preoccupata per la ragazza. Non aveva alcuna esperienza in merito, ma trovò strano che dopo un intero mese dal parto non avesse ancora ritrovato le forze. Sentendola entrare, Rachel aprì lentamente gli occhi, riuscendoci con non poca fatica. Si sentiva stanca, ma era più che normale. Grazie alla sua Lady, aveva recuperato in fretta la forma fisica, ma lo stesso discorso non era certo applicabile alle sue energie, che ora più di prima, sembravano costantemente abbandonarla. "Come ti senti, gattina?" Azzardò a chiederle la donna, pur conoscendo perfettamente la risposta. Era chiara, e poteva benissimo leggergliela nel volto, più pallido e magro del solito. Senza pensare, le accarezzò una guancia con delicatezza, trovandola fredda. "Male, Fatima." Rispose soltanto, per poi rigirarsi nel letto e darle le spalle. Forse era colpa della stanchezza, o forse degli ormoni ancora fuori posto, ma in quel momento, le domande stupide e retoriche come quella le davano sui nervi. Ascoltandola, Lady Fatima sospirò, abbattuta. Non poteva biasimare il tono di ghiaccio con cui le aveva risposto. Si passò una mano sui capelli, scompigliandoseli. Si sentiva frustrata, non sapeva cosa fare nè che cosa dire, e per la prima volta, un senso di pura e deprimente impotenza prese il controllo del suo corpo e della sua anima. Pentita, Rachel si voltò ancora verso di lei. Era stanca e nervosa, certo, ma dentro di sè sapeva che non avrebbe mai potuto far del male a Fatima. Alla sua Fatima. La guardò negli occhi, ma non disse nulla, limitandosi a togliere la mano da sotto la coperta e stringere la sua con forza. Rinfrancata, la donna ricambiò la stretta senza farle alcun male. Avrebbe voluto sorriderle, e ci provò, ma era troppo amareggiata per farlo davvero. Persa nei suoi pensieri, riversò la sua muta collera sui dottori, che secondo lei non facevano abbastanza. "Mi dispiace." Sussurrò, con il dolore dentro. "Di cosa? Non mi hai fatto niente, sai?" Le chiese la ragazza, cercando poi di rassicurarla. "Mi dispiace... di non riuscire a fare nulla più di così." Ammise la donna in risposta, scoraggiata. "Fatima, non dirlo. Pensaci, se non avessi fatto quello che hai fatto, se non avessi ignorato le regole del regno, noi... noi non saremmo qui, e nemmeno Gabriel." La riprese allora Rachel, quasi arrabbiata. "Sì, ma tu non saresti in queste condizioni!" Sbottò lei, alzandosi dal letto con uno scatto degno di un felino. Una volta in piedi, inizò a camminare avanti e indietro, nervosa. Non l'avrebbe mai detto, ma aveva paura. "Non riusciamo neanche a capire il perchè della tua debolezza fisica!" quasi urlò di nuovo, prendendosi la testa fra le mani. Il tempo passava, e lei aveva sempre più paura. La sua storica calma l'abbandonò proprio nel momento più inopportuno. "Ho appena avuto nostro figlio, è del tutto normale. Adesso calmati e torna qui, avanti." Le rispose Rachel, terminando la frase con quella preghiera. Sentendola pregare, Lady Fatima si rimise seduta, stanca ed esausta. "Perdonami, micina. Ho soltanto tanta paura per te." Confessò, con la voce che quasi le tremava. "Mi riprenderò, perciò non averne, d'accordo? Respira e sta tranquilla." Continuò la ragazza, prendendole ancora la mano in maniera più delicata. Senza dire nulla, la Leader annuì in silenzio, regolando il respiro come le era stato consigliato. "Accidenti..." Le disse con più dolcezza e azzardando un sorriso imbarazzato. "E pensare che dovrei essere la tua roccia in questo momento." Continuò poi, sempre più abbattuta. "Le cose cambiano in fretta, non è vero?" Osservò la ragazza, sorridendole amorevolmente. "Vero." Sospirò a quel punto la donna, ancora triste. "Forse anche troppo in fretta." Aggiunse poco dopo, di nuovo pensierosa. Di lì a poco, il silenzio riempì la stanza, e senza una parola, accarezzò il ventre piatto della sua ragazza da sotto le coperte. Era strano a dirsi, ma quasi le mancava quella piccola rotondità che aveva fatto loro compagnia per nove mesi. Dal suo canto, Rachel era stanca e nervosa, ma guardandola, dovette darle ragione. In fondo, anche a lei mancava il periodo della gravidanza, durante il quale era stata trattata meglio del solito, quasi come se fosse stata una principessa o perfino una regina. Sempre in silenzio, Lady Fatima le passò con delicatezza la mano sulla pancia, ma senza premere, non volendo comunque farle alcun male. "Rachel..." Chiamò, dando un'occhiata alla culla in cui dormiva il piccolo Gabriel. Appena un attimo dopo, una domanda che le ronzava in testa da tempo le tornò in mente. "Secondo te saremo delle brave mamme per lui?" Azzardò, con l'incertezza che si leggeva nel suo povero sguardo tormentato. "Cosa? Ma certo! Sei stata bravissima anche con Rose, ricordi?" Le rispose lei, dandole coraggio e ricordandole il modo in cui si era presa cura della figlia dell'amica. "Tu dici, Rachel? Il fatto è che... per la prima volta ho dei sentimenti su cui non ho più il controllo. Insomma, da quando Lady Fatima prova incertezza, ansia, paura?" Azzardò, alzando bruscamente il tono di voce e rischiando di mettersi ad urlare senza un motivo. "Da quando ti sei innamorata, ecco da quando! Adesso smettila, e vieni qui." Rispose a quel punto la sua dolce Rachel quasi redarguendola per quelle parole prive di senso e invitandola a sdraiarsi accanto a lei. Ormai stanca, Lady Fatima sospirò, arrendendosi mentre alzava un lembo della coperta. Lentamente, tolse le scarpe e il vestito, poi infilò il comodo e leggero pigiama, sdraiandosi e cercando di fare il minor rumore possibile. Con il mattino appena sfumato in pomeriggio, il bimbo dormiva, e aveva alcuna intenzione di svegliarlo. Non proferendo parola, Rachel si voltò verso di lei, e baciandola, la zittì completamente. Finalmente felice, la donna ricambiò quel bacio inaspettato e le passò una mano sulla schiena, ma consapevole del suo stato di salute, non si azzardò a fare altro. "Fatima, ascolta. So quanto mi ami, e so anche che hai paura, ma preoccuparti non serve a nulla." le disse Rachel, tentando di convincerla ad aprire gli occhi e dare uno sguardo alla realtà. Ne avevano passate tante, forse troppe insieme, ed era vero, ma era proprio questa la cosa che permetteva a Rachel di andare avanti. Lei voleva stare con la sua ragazza e l'avrebbe fatto, anche a costo di dover camminare fra mille tempeste. Ammaliata da quelle parole così dolci e determinate insieme, la Leader non potè che annuire, concordando con lei. Tranquilla, le accarezzò i capelli, scompigliandoglieli dolcemente. "Hai ragione, mia piccola gattina..." Sussurrò, per poi scuotere la testa in una negazione e correggersi, e per la prima volta le disse due parole che non le aveva mai detto prima, nonostante i suoi sentimenti per lei fossero inequivocabili. "Amore mio." A quelle parole, Rachel non rispose, sentendo qualcosa dentro di lei mutare lentamente. Era innamorata, e l'amava davvero, e avrebbe davvero voluto sentire quei due semplici lemmi ripetuti all'infinito. Cedendo alla tentazione, la baciò ancora, e tenendola stretta a sè, le sussurrò qualcosa all'orecchio. "Ti amo anch'io, amore mio." "E sai di cosa ho bisogno proprio ora?" le chiese poi, con voce calma e suadente. "No, di cosa avresti bisogno?" indagò la donna, ricambiando il tono di voce sensuale. Nel parlare, le afferrò il mento con due dita, alzandoglielo fino alla sua stessa altezza d'occhi, così che i loro sguardi s'incontrassero. In quel momento, tutta la sua ansia e la sua paura cessarono di esistere, completamente spazzate via dal romanticismo che la ragazza aveva risvegliato. "Di una fidanzata che la smetta di preoccuparsi e si goda insieme a me questo bellissimo momento. Rispose, conservando quello stesso tono di voce e facendo scivolare le dita sul suo braccio in un continuo e romantico andirivieni. "Dimmi, ce la farai?" chiese poi, attendendo silenziosa. In quel preciso istante, un ghigno fintamente malefico si dipinse sul volto della donna. Con calma, afferrò il braccio con cui Rachel la stava accarezzando e ricambiò le sue dolci coccole con amore, convincendola a sdraiarsi al suo fianco e non muovere più un muscolo. Assecondandola, Rachel fu subito con lei, e non appena il pomeriggio si tramutò in sera, le due si addormentarono. Pacificamente, e l'una fra le braccia dell'altra, non pensando, poco prima di scivolare nel sonno, al loro amore e al loro nuovo ruolo, che aveva portato entrambe ad una maternità difficile. 
 
 
Di nuovo salve a tutti i miei lettori. Questo capitolo, molto più corto del precedente, è il penultimo della storia intera, e da qui si evince che il numero 60 chiuderà ufficialmente la saga. Siete liberi di pensare e immaginare come andrà a finire, e mentre in quanto autrice non posso dirvi nulla a riguardo, sento comunque di dover ringraziare ognuno di voi, recensori e non, includendo quindi i lettori silenziosi, che da sempre si nascondono fra noi autori qui nel sito. Oltre che a tutti coloro che mi supportano, un ringraziamento speciale va alla mia amica KaronMigarashi, che nella conclusione di questa lunga saga mi sta aiutando moltissimo, come ha fatto con il capitolo precedente, con questo e con quello che leggerete presto, che ho scritto proprio grazie al suo aiuto. Che altro dire, se non per l'ennesima volta grazie, e alla prossima? Nulla, in quanto credo davvero di aver esaurito le parole. Al prossimo capitolo,
 
Emmastory :)
   
 
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