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Autore: TotalEclipseOfTheHeart    08/02/2018    1 recensioni
Helena Montgomery non ricorda nulla del suo passato.
Semplicemente, un giorno di mezza estate, si risvegliò, sola e abbandonata, in un campo di grano presso la città di Los Angeles.
A quel tempo, lei non sapeva, non poteva sapere.
Non ricordava nulla, né della sua identità, come l'amata figlia di Regina della Foresta Incantata, né di come fosse giunta in quel mondo, messa in salvo per sfuggire alle ire di Lui.
Costretta a vivere in un mondo che non le appartiene, capisce in fretta di essere, in qualche modo, "diversa".
Abbandonata la sua famiglia adottiva, inizia a viaggiare, alla ricerca di sé stessa.
E' solo quando, anni e anni dopo, Emma Swan giunge a Storybrooke che, finalmente, i suoi ricordi tornano.
Ora, non deve far altro che ricongiungersi alla madre.
Ma gli anni sono passati, riuscirà a ricondurre la donna sulla via della luce?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Baelfire, Emma Swan, Nuovo personaggio, Regina Mills, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4
Finalmente in viaggio
 

Lasciare New York, per Helena Montgomery, o Hel, fu inaspettatamente difficile, ben più di quanto si fosse aspettata.
Ovviamente, non era la prima volta che abbandonava una città, il casco sui capelli color inchiostro, la moto come sola compagna di avventure, diretta verso chissà dove. Senza alcuna certezza, senza pretesti o obblighi. Solo lei.
Eppure, non le era mai accaduto prima che andarsene, lasciandosi tutto alle spalle, le fosse risultato così difficile.
Sapeva bene che se, infatti, fosse arrivata a Storybrooke, allora la sua vita non sarebbe più stata la stessa.
Sarebbe tornata finalmente a far parte di quel ciclo infinito che è dato dalla magia, composto da cuori infranti, promesse da mantenere e missioni utopiche da compiere. Avrebbe rinunciato definitivamente alla propria “normalità”, alla prospettiva di potersi costruire una famiglia, con due bambini dagli occhi verdi come i suoi e un cane sempre troppo esuberante. Non avrebbe mai vissuto in una casetta piccola ma confortevole, né avrebbe avuto una macchina, con cui andare al lavoro ogni mattina, alla stessa ora, o con cui uscire con le amiche.
No … avrebbe rivisto sua madre, e avrebbe dovuto spiegarle.
Spiegarle il perché della sua scomparsa, dirle che l’aveva fatto per il loro bene ma che ora voleva recuperare tutto il tempo perduto.
Probabilmente, avrebbe reincontrato anche Biancaneve stessa, la sua amatissima sorellina, e forse anche il suo salvatore, l’Uomo Col Cilindro.
Chissà cos’era successo durante la sua assenza dal mondo delle fiabe.
Come stava sua madre? Lui era riuscito a corromperla o, come invece si augurava, era infine riuscita a liberarsi dalle sue catene, trovando il proprio posto nel mondo?
E Biancaneve? Parlava così spesso del “vero amore”, quando erano bambine. Che avesse trovato il suo? Che tipo era? Avevano avuto dei figli?
Ma, soprattutto … perché erano tutti lì?
Perché si.
Lei non sapeva ancora nulla del Sortilegio … eppure, quando aveva recuperato la memoria, aveva capito subito che, durante la sua assenza, doveva essere successo qualcosa di molto, molto grave.
Per qualche strano motivo percepiva, in lontananza, la presenza di sua madre, di sua sorella, e di molte altre persone che, in qualche modo, semplicemente NON SAREBBERO DOVUTE ESSERCI.
Non sapeva cosa ne fosse la causa, ma più aveva cercato informazioni, su quella cosiddetta “Storybrooke”, più le sembrava di avere a che fare con una specie di città fantasma. Nessuno sembrava conoscerla, nessuno ne aveva mai sentito parlare o vi era mai stato.
Eppure, sapeva che quella città esisteva realmente.
O, per meglio dire, lo SENTIVA. Da quando era giunta in quel mondo, aveva perso quasi tutti i poteri che invece, nel mondo delle fiabe, l’aveva sempre accompagnata. Tuttavia, il suo sesto senso magico sembrava funzionare ancora alla perfezione, e con la scoperta della Voce aveva avuto modo di comprendere a fondo quanto fosse diversa dalle altre persone di quel mondo senza magia.
Ed era suo preciso dovere andarci, a Storybrooke, se davvero desiderava rivedere sua madre e trovare una risposta a tutti quegli interrogativi.
Per questo doveva partire.
 
Sospirò, osservando nuovamente quello che, prima, era stato il suo appartamento.
Un posticino decisamente angusto, un misero monolocale che non aveva nulla di pretenzioso in sé ma che, comunque, in quei mesi era diventato la sua casa. Il suo carattere caotico e ribelle, la sua indole indipendente si riflettevano in quelle semplici mura … in quel letto sempre sfatto, o negli abiti sparsi ovunque per il salotto. Erano nel dentifricio sempre aperto del bagno, nelle lattine di birra iniziate e lasciate a metà nel frigo, nel perenne odore di bruciato che proveniva dalla cucina.
Quel luogo era diventato parte di lei, e lei parte di esso.
Lasciarlo le costava uno sforzo immane.
Anche perché, per quanto, ogni volta, si fosse ripromessa di non creare legami, lì aveva coltivato amicizie.
Matt, Hana … i ragazzi del campetto da calcio e quelli della discoteca del sabato sera. Loro erano la sua famiglia.
Certo, forse un po’ caotica, degli eterni “Svalvolati on the road” che bruciavano l’asfalto sotto la forza delle loro moto, con gli occhiali da motociclisti addosso e quell’aria da “non m’importa di nulla” perenne.
E lei avrebbe dovuto lasciarli, per sempre.
Perché, probabilmente, non si sarebbero più rivisti.
Sospirò appena, indossando il casco prima di balzare in sella.
Fece per dare gas quando …
“HEL!”
Si voltò di scatto.
Dall’altra parte della strada c’era Hana, accompagnata da Matt, da Seth, Brandon e tutti i ragazzi che aveva imparato a conoscere e apprezzare.
Reggevano un grosso cartellone, un po’ pacchiano, forse, con quel ridicolo “DIVORA IL MONDO CON QUELLE RUOTE, VECCHIA BEFANA. TI VOGLIAMO BENE, HELENA!” stampato a lettere cubitali sul fronte, con tanto di faccine buffe e foto scalcagnate delle loro gite in montagna.
Sorrise, scuotendo appena il capo.
“Matt! L’hai detto a tutti. Razza di scemo, e io che volevo andarmene con stile.”, borbottò lei, cercando di nascondere come, a dire il vero, quel saluto le stesse facendo salire lacrime di commozione negli occhi.
Quello sorrise, facendo spallucce: “Beh … mica pensavi che ti avremmo fatta andare via così, vero?”
“Prometti di scriverci, chiaro?”, fece invece Hana, correndo ad abbracciare l’amica e avvolgendola in quella morsa letale che era il suo “abbraccio”.
Helena sorrise, ricambiandola, il volto immerso nei boccoli vermigli di lei, a inspirare quel profumo che, ogni volta, sembrava seguirla ovunque.
“Prometto … e appena avrò sistemato le cose tornerò a trovarvi. Tranquilla.”, fece, sebbene con un nodo alla gola.
Probabilmente, non avrebbe mai mantenuto quella promessa.
Ma se significava farli stare meglio, allora ben vada.
Lei annuì, asciugandosi goffamente le lacrime dagli occhi, prima di riprendere: “Ci mancherai, sai? Insomma … ti ho seguita per moltissimo tempo e anche gli altri ti adorano e … mi raccomando, riguardati.
Non farti sbattere in prigione … niente risse, niente alcool e soprattutto …”
“… STARE SEMPRE ALLA LARGA DAI RAGAZZI!”, terminarono insieme, in coro, come facevano fin troppo spesso.
Scoppiarono a ridere, simultaneamente, fino a quando non fu Matt stesso a farle smettere, avvolgendole in un caldo abbraccio.
“Ci mancherai Hel. Il Fast Break non sarà più lo stesso senza di te … insomma, chi mi coprirà quando non mi suona la sveglia alla mattina?”, chiese, con aria falsamente disperata.
“Tranquillo … te la cavi già perfettamente da solo.”, rispose lei, montando nuovamente in sella.
Indossò il casco, osservando ancora una volta quella che era stata, seppure per poco tempo, la sua “famiglia”.
Sentì il cuore stringersi nel petto, a guardare quei sorrisi contenti e ottimisti, quegli occhi così pieni di vita, convinti ancora di poterla rivedere. Anche se, e lei lo sapeva bene, probabilmente quel sogno non si sarebbe mai avverato.
Sospirò, sorridendo nuovamente prima di esibirsi in un ampio saluto e, infine, partire verso la sua meta.
 
Per raggiungere Storybrook, Maine, da New York, USA, Helena Montgomery dovette prendere l’Interstatale 95 North.
Era riuscita a racimolare solo pochissime informazioni sulla cittadina che si, pareva segnata sulle mappe, ma purtroppo oltre a questo né su internet né altrove si riusciva a scoprire molto.
Dopotutto, però, non ne era così sorpresa.
Probabilmente se così tanti personaggi delle fiabe erano giunti in un solo luogo, all’interno di quel mondo, erano anche comparsi in una città magica … magari persino protetta da un qualche tipo di incantesimo che la rendeva quasi inaccessibile agli esterni.
Fortunatamente, però, il suo intuito magico funzionava ancora perfettamente bene e, quindi, sapeva più o meno verso dove dirigersi.
Munita quindi di cartina e bussola (sotto quell’aspetto, preferiva sempre e comunque i vecchi metodi) Helena proseguì spedita per oltre tre ore di viaggio, fino a quando l’immancabile fame da 30enne consumatrice di hamburger confezionati iniziò a farsi sentire.
Fu quindi, sebbene a malavoglia, a quel punto che si trovò costretta a uscire temporaneamente dall’interstatale, cercando un fast food abbastanza economico da permetterle di consumare un pasto in tutta fretta per poi ripartire nuovamente verso la sua tanto ambita meta.
Trovò un Burger King poco prima dell’entrata per Worchester, dove decise infine di fermarsi, anche perché, di quel passo, si sarebbe trovata ben presto a secco. Dopo aver fatto il pieno, lasciò la sua Bimota Tesi presso il parcheggio.
Il Buger distanziava qualche isolato, ma dopo tutte quelle ore di viaggio iniziava a sentire un bisogno disperato di sgranchirsi un po’ le gambe, per cui decise di andare a piedi.
Fu solo dopo alcuni minuti di cammino che, improvvisamente, il suo sguardo venne attratto dall’insegna di un negozio.
Si avvicinò appena, osservandosi attorno incerta mentre lo sguardo percorreva diffidente l’aria sfatta e consumata di quel posto abbandonato dal mondo.
Si trovava in una zona abbandonata, in cui spiccavano alcuni vecchi magazzini ormai in disuso, con pezzi di lamiere ed erbacce che coprivano il pavimento, lattine e vetri di bottiglie rotte sparsi praticamente ovunque e, a coronare il tutto, un odore d’immondizia decisamente acidulo che per poco non le diede il voltastomaco. Sul ciglio della strada poté notare persino alcuni grossi scatoloni di carta, assieme a delle coperte sgualcite e a borse della spesa che dovevano aver avuto giorni migliori … probabilmente, oltre a qualche senzatetto, quella zona doveva essere completamente disabitata.
Il negozio, un vecchio locale d’usato, si trovava proprio sul ciglio della strada. L’insegna in legno risultava a malapena leggibile, tanto era sbiadita la vernice con cui inizialmente era stata dipinta, mentre la vetrina era quasi completamente coperta da un fitto strato di polvere e ragnatele.
Eppure, a dispetto di tutto, qualcosa in quel luogo la invitava a entrare.
Si osservò nuovamente attorno, prima di spingere il battente d’ingresso ed entrare, con un lieve scampanellio, dentro il locale.
Anche lì dentro il posto sembrava aver avuto giorni migliori, e farsi strada fino al banco di vendita non le fu affatto facile, vista la quantità apparentemente finita di cianfrusaglie che ricopriva ogni singolo centimetro della stanza.
Il pavimento, in semplici assi di quercia, cigolava a ogni passo, coperto a intervalli regolari da fogli di giornale ingialliti e grossi tomi polverosi, molti dei quali dall’aria decisamente vissuta e dalle copertine ormai completamente rovinate. Sulle pareti spiccavano quelli che forse, un tempo, dovevano essere stati dei magnifici trofei di caccia … roba da collezionisti non fosse che, ormai, pure quelli erano completamente distrutti. Le pellicce delle fiere erano staccate in più punti, alcune erano persino prive di occhi e l’alce, posta proprio sopra il bancone, non possedeva nemmeno le corna. Oltre a essi poté vedere anche alcune spade d’epoca, completamente coperte dalla ruggine, in aggiunta alle quali vi erano anche dei set di vecchie spille militari. A parte questo, sembrava quasi che, col passare degli anni, tutte le persone che erano passate da lì vi avessero lasciato qualcosa, come una discarica della vita di mille e mille persone: vi erano vecchie bambole di pezza, orologi a cucù, set di porcellane e mappe, molte, moltissime mappe.
Fu un oggetto in particolare ad attirare, però, l’attenzione di Helena.
Un vecchio libro, dalla particolare copertina in cuoio marrone su cui spiccava, in lettere dorate, la semplice ma fin troppo famigliare scritta “Once upon a time”. Un libro di fiabe.
Lo osservò per qualche istante, prima di avvicinarsi appena, sfiorandone la copertina, in un silenzio quasi reverenziale che, da sempre, l’accompagnava quando aveva a che fare con oggetti simili.
Sussultò, mentre un brivido gelido le percorreva la mano, facendola scostare bruscamente, imprecando appena.
Lo sapeva … anzi, più che saperlo, lo SENTIVA.
Quello non era affatto un libro qualsiasi. Aveva qualcosa di particolare in sé, qualcosa di magico che, forse, a qualcun altro sarebbe parso quasi ridicolo.
A lei che, però, con la magia ci aveva avuto anche troppo a che fare, non parve affatto anormale.
Fece per toccarlo nuovamente, quando una voce la fece sussultare, voltandosi bruscamente.
“Davvero un bell’oggetto. Avete un ottimo gusto, signorina.”
Di fronte a lei sorrideva, pacata, una donnina minuta, gli allegri occhi grigi che la osservavano in silenzio mentre i capelli, ormai bianchi e candidi come la neve, erano raccolti in un semplice chignon.
Sorrise di rimando, accennando quindi al libro: “Quanto viene?”
L’altra lo osservò per un istante, prima di dire: “Ohhh, stia tranquilla. Quel vecchio tomo è qui da una vita … se vuole, posso anche regalarglielo.”, rispose, prima di porgerglielo con un sorriso.
Lievemente imbarazzata di fronte a quell’atteggiamento così insolitamente gentile, Helena non sapeva esattamente cosa dire, tuttavia non ve ne fu bisogno, visto che quella, subito, proseguì: “Sapete cara, non mi capita spesso di avere visite. È da molto tempo che nessuno entra nel mio negozio. Ditemi … cosa vi porta da queste parti?”, chiese, invitandola a seguirla nel retrobottega.
Incapace di dire di no alla donna, Helena si trovò, sebbene a malavoglia, a seguirla oltre le tende di perline colorate, fino a un ampio tavolino circolare in legno d’acero, con un servizio di the completo su di esso e alcune candele accese a illuminare l’atmosfera.
Diversamente dal resto della bottega, lì l’odore della polvere e della vecchiaia era molto più ridotto, sormontato da quello più deciso della cera sciolta, della lavanda e dell’incenso, odori che riscaldavano profondamente l’atmosfera.
Osservò per qualche istante la donnina che, decisamente rapida per quel corpo che di anni doveva averne visti molti, iniziava ad armeggiare indaffarata con la teiera del the, fischiettando allegramente un motivetto scozzese.
Si chiese come dovesse essere, vivere una vita del genere. Chissà da quanto tempo quella signora non riceveva visite … probabilmente tutti coloro che conosceva erano morti, o semplicemente scomparsi.
Non c’era da sorprendersi se l’aveva accolta in quel modo.
Probabilmente, era la prima persona a passare in quel posto da molto, molto tempo.
Si morse il labbro.
Effettivamente, le ricordava un po’ lei.
Nessuna casa, nessuna famiglia.
Solo tanti, troppi rimpianti alle spalle e quell’intramontabile sensazione di estraneità che la faceva, sempre e puntualmente, sentire fuori posto.
Aveva passato tutta la sua vita a chiedersi perché si sentisse tanto diversa, come se quel mondo non le appartenesse realmente, come se non fosse quella la vita a cui era destinata semplicemente perché NON ERA NATA PER VIVERE LI’.
Un peso che aveva trovato la sua risposta solo il giorno prima quando la memoria, più forte e dirompente che mai, era tornata.
Ricordandole chi era, da dove veniva ma, soprattutto, cosa si era lasciata alle spalle.
Scosse il capo, rispondendo: “Sono solo di passaggio. Sono diretta verso il Maine … diciamo che devo incontrare delle persone che non vedo da molto tempo, ecco.”, spiegò, senza troppo entrare nei dettagli.
Lei, d’altro canto, annuì, come se sapesse con esattezza ciò di cui stava parlando: “Certo, certo … stai viaggiando verso te stessa, giusto? Tutti coloro che sono in viaggio verso qualcosa di più grande passano qui, ogni tanto … a volte prendono qualcosa con sé, altre lasciano un po’ del loro passato a farmi compagnia.
E dimmi, dove sei diretta esattamente?”
Helena si morse il labbro, quindi fece spallucce, rispondendo: “Sono diretta a Storybrooke.”
Sorprendentemente, quella alzò gli occhi, fermandosi per un istante.
Si era aspettata che, come in tutti i casi precedenti, quando aveva chiesto indicazioni sulla cittadina, nessuno la conoscesse. Eppure la donna sembrava proprio aver fatto il contrario.
Tuttavia, dopo qualche istante di silenzio, riprese: “Capisco … per questo hai scelto il libro. Ebbene, in questo caso meglio che non ti intrattenga oltre, la tua famiglia ti starà aspettando e io non voglio certo farti fare tardi.”
La giovane la osservò per qualche istante, mentre la conduceva nuovamente alla porta.
Più ci pensava, e più quella situazione le sembrava assurda.
Uscì dal negozio col libro in mano, ancora troppo basita per spiccare parola, quando improvvisamente si rese conto di non averle nemmeno chiesto come si chiamasse. Si voltò di scatto, facendo per dire: “Ehm … posso sapere come si chiam …”
E niente.
Il negozio era svanito.



Note dell'Autrice:
Ebbene, eccomi di ritorno.
Dopo una brutta influenza, ho pensato di provare a tirarmi un po' su pubblicando un paio di nuovi capitoli (si, ne inserirò un altro ... eheheh) di questa mia Fanfic.
Come avrete letto, finalmente la nostra Helena è partita, e c'è stata qualche piccola sorpresina.
Anche lei, come Henry, ha trovato un libro di fiabe, sebbene non contenga tutte quelle presenti nella versione originale. Questo perchè, per motivi di trama, al suo interno non sono presenti i racconti inerenti al Sortilegio, di cui come avrete compreso lei di fatto non sa ancora nulla. Dopotutto lei è venuta nel nostro mondo prima che venisse lanciato, e sebbene sappia che i personaggi delle favole sono a Storybrooke non è ancora a conoscenza del motivo di tale viaggio tra i mondi.
Comunque sia, spero che la storia vi stia prendendo.
Ringrazio ancora Ghillyam ed EragonForever per le loro recensioni, assieme a tutti coloro che hanno aggiunto la storia ai preferiti e che tutt'ora mi seguono.
Detto questo, passo al prossimo capitolo!

Teoth

 
   
 
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