Mancanza
Alex osservò Lena Luthor
scendere dalla berlina blu e consegnare le chiavi al ragazzo in attesa, per poi
entrare nel ristorante e scomparire dalla vista.
“Non posso più vedere i suoi colori,
ma non dubito che ci sia un bel po’ di rosso e blu ad avvolgerla. Dico bene?”
Leslie Willis la guardò interrogativa e Alex annuì. La donna scosse la testa,
esasperata, alla sua conferma. “Quando lavoravamo assieme e io ero ancora…” Si
interruppe e fece una smorfia, poi continuò. “Ebbene, i colori di quell’El sembravano quasi svanire nei giorni in cui le cose
andavano bene, ma bastava che passasse Lillian a
trovarla o che suo fratello finisse sui giornali per un altro scandalo che
veniva, letteralmente, avvolta da quelle tonalità.” Leslie scosse la testa e
Alex sorrise a quell’affermazione. “In quei momenti non potevo fare nulla per
scatenare in lei le emozioni che desideravo provasse, era come se fosse avvolta
e protetta. Era frustrante! Ero sicura che non ci fossero angeli a proteggerla
eppure il mio lavoro veniva puntualmente battuto e mi ritrovavo Lena intenta a
dipingere figure alate, oppure a giocare con occhiali che non portava, molto
più calma e rilassata, di nuovo intenta ad occuparsi di problemi come una fonte
di energia rinnovabile o un composto nutritivo per combattere la fame nel
mondo, invece di dedicarsi alla vendetta o al lasciarsi andare ad un po’ di
sana aggressività.”
Questa volta Alex alzò gli occhi al
cielo.
“Sono felice che tu non sia più un
diavolo!” Affermò e Leslie fece roteare gli occhi.
“Non era così male, dopo tutto agli
uomini serve anche abbandonarsi alle passioni e agli istinti, non possiamo
tutti vivere come voi angeli: mente e cuore. Ci vuole anche rabbia e terrore,
frustrazione e desiderio di rivalsa, egoismo e autopreservazione, altrimenti il
mondo non andrebbe avanti.”
“Risparmiami la predica
sull’equilibrio! La vostra regina Rhea ce la fa ogni
volta che passa da noi per un tè al vetriolo con Miss Grant.”
Leslie ridacchiò.
“Come abbiano fatto a non uccidersi
in tutti questi anni è ancora un mistero per me.” Commentò e Alex annuì.
“Dunque, perché sono qua?” Domandò
allora Leslie e Alex sorrise.
“Lasciare le ali è stato difficile
per Kara.” Leslie corrugò la fronte.
“Quando, due giorni fa, mi hai
contattata e mi hai spiegato perché il mio vecchio lavoro su Lena Luthor avesse sempre fallito, mi avevi detto che questa
Kara non aveva nessun dubbio, che aveva deciso nel momento stesso in cui il
portale si era chiuso alle sue spalle, ormai anni fa, che sarebbe tornata da
Lena come un’umana e sarebbe invecchiata e morta accanto a lei. Non che a me
interessino cose come l’amore e i lieti fini, ma mi hai fatto promettere di
essere qua in cambio della verità su quel fallimento della mia carriera di
diavolo, quindi…” Ruotò gli occhi infastidita, ma Alex non ebbe difficoltà a
notare che fingeva solo indifferenza.
“Kara non ha mai vacillato, malgrado
i tentativi di farle cambiare idea.” Le spiegò Alex con un tono fiero.
“Quindi?” Chiese Leslie, perplessa.
“Noi non abbiamo la vostra stessa
politica liberale.” Specificò Alex.
“Cioè?”
“Niente ricordi. Se perdi le ali,
allora perdi anche ogni ricordo di quello che eri e di quello che hai vissuto.”
“Oh… ecco perché sono anni che è
sulla Terra, ma non ha ancora contattato Lena.”
“Esattamente.” Alex sorrise e vide la
seconda consapevolezza colpire Leslie.
“Ed ecco perché mi hai contattata.”
“Sì, mi serve il tuo aiuto, io ho le
ali legate, non posso farle incontrare, se ne accorgerebbero e mi punirebbero
allontanandomi da mia sorella. Lo farei lo stesso, ma, probabilmente,
allontanerebbero anche loro due, amano troppo il concetto di destino, per
accettare che si interferisca nella vita degli umani. Ma tu… tu hai rinunciato
alle corna, so che sai cos’è l’amore, malgrado fingi di non interessartene, e
sei ancora amica di Lena. Puoi capire quello che deve essere fatto, senza che
io ti debba spiegare altro.”
Leslie, guardò Alex.
“Sono amica di Lena perché non voglio
rischiare che un altro diavolo riesca lì dove io ho fallito! Ne andrebbe della
mia reputazione, corna o non corna.”
Alex la guardò divertita e lei ruotò
di nuovo gli occhi.
“E va bene, ti ho assecondato con
l’appuntamento e Lena ormai mi aspetta, quindi tanto vale andare in fondo a
questa faccenda. Cosa devo fare?” Il sorriso sulle labbra di Alex si ampliò
tanto da far fare una nuova smorfia a Leslie. “Angeli…” Commentò, ma poi
ascoltò attentamente il piano.
“Benvenuta, miss Luthor.”
L’uomo la accompagnò al suo solito tavolo e le scostò la sedia come ogni volta,
lei gli fece un sorriso e si accomodò. Visto che la sua ospite non era ancora
arrivata estrasse il tablet dalla borsa e visualizzò
il suo ultimo progetto, un prototipo ad energia pulita che avrebbe
rivoluzionato il modo di muoversi sulla terra e ridotto drasticamente
l’inquinamento, se solo fosse riuscita a farlo funzionare, ma mancava poco,
davvero poco.
La porta si aprì e la sua testa si
alzò alla ricerca di qualcuno, di qualcosa. Sbatté le palpebre nel vedere un
uomo alto, elegante, i capelli scuri, e poi riabbassò il capo sul suo lavoro,
senza neanche riflettere su un gesto diventato più che normale per lei.
Dieci minuti dopo la porta si aprì
per lasciare entrare la sua compagna per il pranzo, sorrise nel vederla, eppure
percepì anche quel solito senso di leggera delusione, non era lei che stava
aspettando…
“Leslie! Come stai?”
“La solita noia, tu? Sempre alla
ricerca di qualcosa, vedo.” Lena la guardò sorpresa, poi seguì lo sguardo di
Leslie e si ritrovò a guardare un disegno ormai diventato famigliare. Una
figura con ampie ali che sembrava irradiare forza e al contempo… Lena osservò
lo schizzò fatto a penna, corrugando la fronte: dolcezza.
“Non è nulla, solo uno scarabocchio.”
“Sarà, ma sappi che mi piace di più
quando lo fai a colori, quel rosso e blu ha qualcosa di intenso.”
Lena abbassò il capo, ma la porta
tornò ad aprirsi e lei alzò lo sguardo: nulla, solo una coppia che
chiacchierava. Quando la guardò di nuovo Leslie aveva un sorriso divertito
sulle labbra.
La donna però, non le disse nulla,
invece le chiese della L-Corp e le parlò, con il suo
solito modo schietto e deciso, di quello che le suggeriva di fare a Edge se si metteva di nuovo ad infastidirla.
“Non capisco perché non lasci fare a
me. Siamo amiche, lo farei volentieri.”
“Non merita la mia attenzione.”
Specificò allora Lena. Leslie socchiuse gli occhi e si avvicinò di più a lei, i
bianchi capelli che le circondavano il volto pallido.
“Se si azzarda a farti del male, lo
uccido.”
Lena sorrise, Leslie era una di
quelle persone che fingevano indifferenza, ma sulle quali si poteva sempre
contare.
“Ti ringrazio, suppungo.”
“Non che tu non possa difenderti da
sola.” Precisò la ragazza e Lena annuì, divertita.
Rimasero in silenzio, poi Leslie la
guardò.
“Sai, riguardo a quello che cerchi…
lo troverai.”
Lena, sbatté gli occhi sorpresa.
“Ho ventinove anni, se doveva
magicamente comparire, sarebbe già dovuto succedere.” Leslie annuì piano, poi
le sorrise.
“Arriverà, fidati, lei arriverà.”
“Non…” Tento di negare.
“Cosa provi?” Domandò allora la donna
ed era una domanda strana, Leslie non era portata per i sentimenti o le
esternazioni, tanto strana che decise di provare a darle una risposta.
“È difficile da spiegare.” Lena
scosse la testa, gli occhi persi nel vuoto. “Rimane lì, in una parte della
mente, quasi dimenticata, ma mai davvero sparita.” Era difficile esprimersi,
eppure lei di solito era così eloquente. “Come un puzzle a cui manca un pezzo,
un disegno che manca di un colore, un paesaggio famigliare a cui manca qualcosa
di ovvio che, però, non riesco a individuare.” Sorrise, imbarazzata da se
stessa, eppure non smise di parlare. “A volte, nei miei sogni sento che ci sono
quasi, che un piccolo sforzo basterebbe perché, finalmente, il suo volto mi si
mostri.”
Leslie si tese in avanti
osservandola.
“Ed è mai successo?”
“No.” Ammise Lena, ridendo piano,
come se si ritenesse una sciocca, poi indicò la porta. “Mi siedo sempre di modo
da poter vedere la porta, in ogni ristorante o luogo pubblico e ogni volta devo
controllare i nuovi arrivati… è un’ossessione, so che non dovrei, ma non
resisto.” Spiegò, chiaramente infastidita dalla sua debolezza. “Sento che se
potessi incrociare i suoi occhi, anche solo una volta, saprei. Lo saprei. È
ridicolo, ma so, dentro di me, profondamente dentro di me, che basterebbe.
Finirebbe questo senso di… mancanza.”
Di nuovo cadde il silenzio. Lena era
persa nei suoi pensieri e Leslie si lasciò ricadere di nuovo sulla sedia. Come
se fosse finalmente soddisfatta.
“Se tua madre sapesse che credi
all’anima gemella, probabilmente ti farebbe internare!” Le disse con il suo
solito tono e Lena rise.
“Sì… meglio non dirlo a Lillian!” L’assecondò.
Si alzarono e Leslie fece un passo
avanti stringendola, un gesto che non aveva mai fatto prima.
“Mi ha fatto piacere vederti.
Divertiti, scatenati e… se ti serve liberarti di Edge
chiamami, lo faccio gratis.”
Lena la osservò andare via, senza
riuscire a dirle altro, sorpresa da quell’ultimo gesto.
Pagò il conto e recuperò il suo
cappotto, poi uscì, osservò la macchina che la stava aspettando, poi respirò
l’aria fresca della giornata e decise che avrebbe camminato.
“Come sta?” Alex guardò la donna con
aria interrogativa.
“Come sempre.” Affermò Leslie.
Entrambe osservarono Lena che fissava il cielo, chiaramente decidendo se
tornare in ufficio a piedi o in macchina.
“La aspetta ancora, vero?” Domandò
Alex
“La aspetterà per sempre.” Dichiarò
Leslie. “Me ne sono assicurata prima di dare il via al tuo piano.”
Alex le lanciò un’occhiataccia, ma la
ragazza estrasse un oggetto dalla tasca. “Mi ringrazierai offrendomi da bere al
matrimonio.” Le disse e poi quando Alex ebbe finito di scrivere, scese dalla
macchina e rientrò nel ristorante, chiamando il primo cameriere che le passò a
tiro.
Kara correva lungo la strada,
agitata. Attraversò due semafori con il rosso e finalmente vide l’insegna del
ristorante.
“‘Questa non è un’insalata, Codino.
Vai a prendermi una vera insalata!’ Dice lui, poco importa che sia dall’altra
parte della città!” Mugugnò salendo in fretta le scale, facendosi quasi
investire da un vettorino che stava portando fuori dal parcheggio una lussuosa
berlina blu.
Entrò di corsa e fissò il maître che
la squadrò, probabilmente infastidito dalla sua aria agitata.
“Snapper
Car.” Disse solo lei e l’uomo scattò sull’attenti. “Un’insalata, in fretta, per
favore.” Sorrise, ricordandosi sempre di essere gentile, mentre il maître
faceva un gesto imperioso e dava l’ordine ad un cameriere che tornò correndo in
cucina.
Kara guardò l’orologio, aveva i
minuti contati, l’ospite di Snapper non era paziente
e sarebbe stato brutto farsi licenziare per un’insalata dopo aver passato le
ultime due settimane a fare di tutto per superare il periodo di prova per
diventare una reporter del CatCo magazine.
Lena infilò le mani nelle tasche del
cappotto e corrucciò la fronte. Controllò nella borsa e poi aprì il cappotto
per verificare nelle tasche del suo tailleur. Confusa si fermò a riflettere.
Doveva averli tirati fuori mentre lavorava aspettando Leslie e, distratta dalla
ragazza, doveva averli dimenticati lì. Senza esitare ruotò su se stessa e tornò
indietro.
Non ci volle più di un paio di minuti
perché il cameriere tornasse con un’insalata perfettamente confezionata.
“Ottimo, mille grazie!” Girò sui
propri piedi e si scontrò contro qualcosa, anzi, qualcuno.
“Scusi! Mi dispiace moltissimo!”
“Sta bene, Miss Luthor?”
Domandò il maître, ma Kara lo sentì appena, la donna contro la quale si era
scontrata era l’essere umano più bello che avesse mai visto, non che avesse
visto esseri non umani...
“Colori…” Mormorò, senza neanche
sapere il perché.
“Tu…” La ragazza scosse la testa, ma
sembrava a sua volta incapace di parlare.
“Io…” Kara ricordò l’insalata che era
miracolosamente intatta nella sua mano, e ricordò l’aria di disappunto
dell’ospite di Snapper. “Devo andare.” Disse e fu
quasi doloroso. Corrugò la fronte, sopraffatta dalla sensazione.
“Certo.” La donna davanti a lei
scosse di nuovo la testa e poi le sorrise.
“Scusi se l’ho urtata.”
“Non è nulla.” Le assicurò.
Kara fece qualche passo verso la
porta, ma sembrava che i suoi occhi non volessero separarsi da quel volto. La
porta si aprì e lei dovette schivarla, ridacchiò arrossendo e si portò la mano
agli occhiali, un gesto che rivelava il suo imbarazzo.
“Miss Luthor
è tornata per questi, non è vero?” Richiamò l’attenzione della giovane, il
maître.
Kara non poté fare a meno di notare
gli occhiali che la ragazza riceveva dall’uomo. Alzò la mano e sfiorò di nuovo
i suoi: erano identici.
La donna corrugò la fronte, anche a
lei non era sfuggito il dettaglio.
Ma la stavano aspettando...
Kara osservò l’insalata e poi osservò
di nuovo la giovane ferma davanti a lei. Sorrise e posò l’insalata sul bancone.
“Posso… posso scusarmi? Magari
offrendole un gelato?” Chiese e un ampio sorriso illuminò il viso della
giovane.
“Sì.” Disse, poi le tese la mano.
“Lena Luthor.” Si presentò e Kara arrossì.
“Ehm… Kara, Kara Danvers.”
La portiera della macchina si aprì e
Alex sbiancò.
“Agente Danvers.”
La salutò la donna infilandosi accanto a lei sul sedile.
“Miss Grant.” Disse, cercando di
controllare il senso di panico.
“Vedo che ha preso alla lettera il
mio consiglio di non intervento.” Commentò la donna, osservando Lena e Kara
uscire assieme dal ristorante, due sorrisi luminosi sulle labbra, le auree che
sfumavano una nell’altra ora che erano, finalmente, di nuovo vicine.
“Io non… le ho solo consigliato di
venire a National City, non ho spinto per quest’incontro, non sapevo neppure
che Kara fosse qua! L’ho vista entrare per puro caso!”
“Oh, vuoi dirmi che non hai arruolato
quell’ex diavolo di Livewire per scrivere il numero
di Kara sugli occhiali che Lena si porta sempre dietro?”
“Io non so di cosa lei stia
parlando.” Negò, ma era senza parole, non solo il suo perfetto piano era stato
inutile visto che, a quanto pare, Kara si era precipitata nel ristorante
proprio nel momento migliore per incontrare Lena e le due donne stavano già
andando via assieme, ma la potente Miss Grant, capo del Consiglio degli Angeli,
sapeva già ogni cosa.
“Oh, andiamo, non c’è bisogno di
mentire.” Il tono della donna ora era decisamente divertito. “Chi credi che abbia
mandato Kara dall’altra parte della città per un’insalata?”
Questa volta Alex fissò la donna con
aria sbalordita.
“Ma… la regola di non ingerenza… il
destino che non deve essere forzato…” Miss Grant scosse la mano scacciando le
sue proteste.
“Se non fosse stato per Rhea che ha messo sulla strada di Kara quel bamboccio che
chiama figlio, il destino le avrebbe già fatte incontrare. Ho contato ben dieci
occasioni che Rhea ha dirottato. Ho deciso che era
ora di sistemare la faccenda, personalmente.”
Il tono deciso di Miss Grant fece
sorridere Alex.
“Se Rhea le
vuole divise potrebbe ancora…” Obiettò, ma la donna ruotò lo sguardo su di lei,
un sopracciglio alzato.
“Credi davvero che ora che si sono
incontrate qualcosa possa dividerle di nuovo? Ho come l’impressione che
riuscirebbero a trovarsi anche se fossero nate in pianeti diversi.”
“Grazie.” Disse allora Alex. “Sentiva
acutamente la sua mancanza, anche se non sapeva cosa fosse.”
“Lo so.” Commentò Miss Grant. “Ora,
da brava, vammi a prendere quell’insalata. Kiera l’ha
lasciata sul bancone del maître.”
***
Kara sapeva di non poter volare, nessun
umano poteva farlo, era un’idea ridicola, eppure, quando Lena le diede il primo
bacio, una settimana dopo il loro fortunato incontro, seppe che la fisica, a volte,
non aveva importanza. Volare tra le braccia di Lena era, decisamente,
possibile.
Note: Ed eccoci giunti alla fine di questa semplice e romantica storia. Spero che abbia preparato i vostri cuori all’arrivo della festa degli innamorati, per chi la festeggia nella realtà e per chi se la gode con le proprie OTP! ;-) Valanga di cuoricini in arrivo, dovevo pur dare il via.
Ringrazio Gio per il disegno, la torturerò per averne altri, Anna per aver letto la storia in anteprima e per avermi convinta a cancellare il finale e a riscriverlo quasi completamente e Jessica che ha convalidato la scelta.
Almeno un’altra storia è in arrivo, grazie all’iniziativa di San Valentino del gruppo LongLiveToTheFemslash, magari anche due… chissà! ;-)